- Tra i Monti Tatra c’è una
vallata chiamata Koscielisko, ossia Grande Chiesa, poiché
in essa l’eco si ripercuote come il suono di un grande
organo. A questa vallata è legata una delle leggende
polacche piú popolari.
- Alcuni secoli fa viveva un giovane
pastore, che era solito portare il suo gregge per i boschi e
i prati intorno al suo paesino alle falde dei Monti Tatra.
Un giorno le sue pecorelle cominciarono a correre ed egli,
per inseguirle, si inoltrò nei boschi e lasciò il sentiero
senza accorgersene. Ad un tratto si avvide di aver perso il
gregge e di trovarsi in un luogo sconosciuto, dove gli
alberi si ergevano immensi e fitti fitti, sí che sotto di
loro si stendeva una grande densa ombra.
- Nessun suono, tranne lo scrosciare
di una cascata che precipitava dall’alto di invisibili
rocce.
- In un primo momento il pastore si
spaventò, ma poi si disse: “Se sono arrivato fin qui
allora ci deve essere una strada per tornare indietro!”. E
si mise a cercarla.
- Dopo un po’ giunse su un’altura,
che dominava una grande vallata, cui facevano corona
montagne immense. Lo spettacolo era cosí bello, che egli
riacquistò coraggio e cominciò a gridare:
- «Ehi! Ehi! Oh, ohoo!» L’eco
gli rispose con tanta forza che al ragazzo sembrò di
sentire il suono di un immenso organo, nascosto tra le rocce
e le vette solitarie.
- Con forza ripeté il richiamo e,
con sua grande sorpresa, vide che questa volta una parete
della montagna a lui vicina si apriva. Nel vano comparve un
uomo alto come un gigante, ricoperto di un’armatura d’oro,
che mandava bagliori ai raggi del sole. Sul suo capo vi era
uno scintillante elmo e in mano reggeva una larga spada.
Costui si guardò attorno e poi gridò:
- «Chi osa svegliarci dal nostro
sonno secolare? È forse già giunta l’ora?».
- Il povero pastore rimase muto per
lo sgomento; non aveva neanche la forza di muoversi, di
scappare.
- Il guerriero si accorse di quello
che passava nell’animo del giovane e subito cercò di
rassicurarlo.
- «Non aver paura, disse, io non
sono un brigante. Sono un cavaliere come i miei compagni,
che sono là dentro. La nostra spada difende, non uccide. Un
tempo noi combattemmo strenuamente per la nostra patria,
fino all’estremo delle nostre forze. Alla fine stanchi ci
coricammo in questa grotta ed una magia ci addormentò.
Abbiamo dormito e dormiremo ancora fino a quando le trombe,
non della guerra ma della pace, ci desteranno nuovamente.
Quando gli uomini si ameranno l’un l’altro, quando la
giustizia regnerà, noi allora saremo chiamati a scendere
tra gli uomini per difendere la pace del nuovo mondo. Tu hai
chiamato: è forse giunta l’ora?».
- Il ragazzo aveva ascoltato rapito,
poi rispose:
- «Ancora non è giunto quel
momento, prode cavaliere, perché gli uomini sono sempre
sciocchi, cattivi e combattono tra loro. Ma io adesso
ritornerò nel mio paese e racconterò ogni cosa. Dirò di
voi, del vostro incantesimo e della vostra promessa. Forse
cambierà qualcosa!».
- Il Cavaliere si commosse all’entusiasmo
del giovane e, presolo per mano, lo pregò di seguirlo
dentro la grotta, dove gli avrebbe mostrato i suoi compagni.
- Nella caverna enorme c’erano
lunghe file di cavalli bianchi con gli zoccoli dorati e le
teste ornate di grandi pennacchi rossi. Su ognuno di essi
stava seduto un guerriero coperto da una corazza d’oro,
con un elmo scintillante in testa e una larga spada in mano.
Cavalli e cavalieri dormivano.
- All’entrata del giovane e del
guerriero, un fremito serpeggiò per quelle schiere, i
cavalli alzarono le teste con un forte nitrito e i volti dei
cavalieri si mossero in un principio di risveglio.
- «Ancora no! – gridò la guida
del ragazzo. – Non è venuto ancora il momento, ma è
sorta la speranza». E con un sospiro i prodi ricaddero nel
loro sonno magico.
- Il cavaliere gigante disse allora
al pastore:
- «Hai visto e saputo: ora tornerai
indietro. In futuro, anche se ci cercassi, non troverai piú
questo luogo e forse... dimenticherai tutto questo. Una cosa
tuttavia ti raccomando: cerca tu, per primo, di lavorare per
la pace nel mondo. Basta un uomo per cominciare. Noi ora
abbiamo la speranza e attenderemo con fede il Segno».
Montò sul suo cavallo e si addormentò.
- Senza saper come il giovane si
trovò fuori della caverna; si guardò ansiosamente intorno,
ma non vi era piú alcun segno della porta che si era aperta
e la pietra della roccia risultava liscia, senza fenditure.
Il pastore tuttavia non dubitò e non dimenticò.
- Si affrettò verso il suo paese,
che raggiunse in poco tempo, come gli era stato promesso, e
raccontò a tutti quello che aveva visto. Parlò dei
cavalieri dalle armature d’oro immersi nel sonno magico,
riferí quanto gli era stato detto e rincuorò gli animi,
esortandoli al bene. Egli stesso, per primo, diede l’esempio,
lavorando con onestà, amando il prossimo e agendo secondo
giustizia.