Tripartizione

La conoscenza del mondo che ci circonda è alle volte sgradevole o dolorosa. La speranza, però, per noi dovrà nascere dalla conoscenza.
Continuiamo allora la pubblicazione degli annali del Terzo Millennio. A noi posteri, alcuni aspetti di quell’epoca lontanissima appaiono decisamente incredibili. Può darsi che l’Autore abbia immesso elementi fantastici nel proprio racconto. Ad esempio l’idea che la ricchezza del mondo fosse governata dagli umori degli investitori simboleggiati da due figure animali, l’Orso ed il Toro, ci pare del tutto fantastica e destituita di fondamento…
Riportiamo comunque questo antico documento cosí come ci è pervenuto.

L’Impero nascosto e il modello liberaldemocratico

L’Impero d’Occidente, a differenza di altri Imperi del passato (come quello romano), per tutto il Novecento preferí non celebrare apertamente la propria vocazione di dominio del mondo. Era quasi un Impero “nascosto”. Fino alla fine del Millennio, lo Stato Guida dell’Impero lasciò un’apparente autonomia alle province piú evolute, non pretendendo che i vessilli imperiali sventolassero sopra a quelli delle province. L’Impero d’Occidente aveva fatto proprio, e cercava di esportare ovunque, il modello liberaldemocratico. L’esercizio del potere avveniva attraverso la suggestione degli elettori ed il condizionamento politico dei proconsoli.
La presenza imperiale era quindi tollerabile laddove lo spirito di popolo avesse maturato sufficienti forze di anima cosciente per meritarsi un sistema di democrazia liberale. Va detto però che in molte province le libertà individuali erano salvaguardate, e che era anche possibile pubblicare scritti di dissenso. Tali scritti, estranei ai grandi gruppi multimediali, non trovavano ampia divulgazione e circolavano solo in ambienti ristretti. La critica all’Impero si perdeva nel clangore assordate delle fatuità mediatiche allora in voga. Possiamo dire che in quel tempo c’era un’ampia libertà di dissenso solamente in ambienti catacombali o underground.

La leggenda del prevalere dell’elemento economico su quello politico

L’ Impero d’Occidente fin dal Novecento, dispiegò invece tutta la propria potenza comunicativa nella sfera economica ed in quella culturale. Lo Stato Guida non perse occasione alcuna per sottolineare pubblicamente il controllo delle multinazionali piú affermate. Inoltre i suoi artisti esportarono ovunque modelli seducenti per le giovani generazioni.
La grande esibizione del potere economico faceva parte di una precisa strategia: grazie all’esibizione della propria opulenza, l’Impero d’Occidente alimentò la favola d’esser assoggettato alla volontà di potentati economici.
Per rendere invisibile la propria assoluta vocazione politica, l’Impero d’Occidente aveva divulgato alcune strane leggende presso i primitivi delle tribú marxiane. Gli innocenti marxiani credevano che l’interesse economico fosse il motore d’ogni cosa sull’orbe terracqueo. Questi sprovveduti e violenti selvaggi furono allevati e segretamente nutriti dagli imperiali anche in funzione della divulgazione di questa leggenda. La leggenda raccontava che l’Impero fosse al servizio dei mercati multinazionali. Ciò non era affatto vero; era vero il contrario, ovvero chi deteneva il potere finanziario delle aziende multinazionali si cementava in un tutt’uno con la politica della corte imperiale. Troppo poche persone avevano preso coscienza dello stato di subalternità dell’economia alla politica imperiale: questo era il risultato d’una accorta strategia di disinformazione durata quasi un secolo*.

*«In tal modo è però anche possibile che proprio nell’àmbito della popolazione di lingua inglese, sotto la spinta preminente dell’egoismo e della potenza che si adeguano alla politica, vengano posti dei limiti all’elemento economico, ed è per questo che a quei popoli tocca necessariamente il dominio del mondo; l’elemento economico è messo cioè in sottordine, e anche la vita spirituale, in quanto appartenente al quinto periodo postatlantico, entra al servizio della politica; tutto, unitariamente, è in un certo qual modo al servizio della politica».

Rudolf Steiner

8.12.1918, Dornach, Svizzera: comunicazione contenuta in Esigenze Sociali dei Tempi Nuovi, O.O.186, Ed. Antroposofica, Milano 1994, p.136 .

La crisi economica

Ad un certo punto, la vita economica mondiale venne a risentire in modo pesante dell’interferenza imperiale. I commerci internazionali di fine secolo avrebbero dovuto produrre un’immensa ricchezza ed una grande quantità di tempo libero, affrancando dal lavoro i popoli piú evoluti della terra e creando le basi per un reddito vitale garantito agli abitanti dei Paesi piú ricchi. Invece, si faceva strada un fatto nuovo: cicliche crisi economiche facevano precipitare nello sconforto gli abitanti delle province, in quanto lavoravano tanto e raccoglievano poco. Il danaro non bastava mai. Il primo decennio del nuovo millennio fu connotato da questo elemento: non v’era provincia imperiale che non soffrisse una pesante crisi del bilancio statale.
La provincia d’Esperia, quella Franca e quella d’Alemagna erano casi eclatanti, in quanto non potevano piú garantire un sistema assistenziale, sbagliato ma pur sempre solidale. Non parliamo poi del resto del mondo, dove la miseria era indicibile. Perché queste province cosí evolute e ricche soffrivano congiunture tanto pesanti? Vi fu poi un secondo grave fatto imprevisto: lo stesso cuore anglofono dell’Impero, ovvero lo Stato Guida, soffriva ormai d’una penuria di risorse dovuto al proprio deficit statale. Anche il popolo dello Stato Guida pativa le conseguenze del dissennato sistema.

Subalternità delle province agli organismi “internazionali”

I governi delle varie province dell’Impero avrebbero potuto, forse, correre ai ripari tassando in modo pesante le rendite finanziarie internazionali. Sarebbe stata questa un’ingerenza illegittima dell’elemento giuridico in quello economico, ma avrebbe sortito un temporaneo beneficio per le popolazioni. Ciò era impossibile. I governi delle province-stato erano subalterni agli organismi economici “internazionali” e nessuno Stato in quell’epoca avrebbe potuto permettersi di legiferare sovranamente in materia economico-finanziaria.
La FED (Federl Riservam), il FMI (Fondus Monetario Internazionalis) o il WTO (Organizzazione dei commerci), erano direttamente controllati dalla corte imperiale.
Il potere di alcuni organismi internazionali si basava sulla legittima necessità che l’economia appartenesse a tutto il mondo, che fosse cosmopolita. L’economia ed il commercio infatti, non possono essere confinati, appartengono a tutti i popoli della terra. Il controllo di questi organismi diveniva allora uno strumento formidabile nelle mani della corte.

La ricchezza dissipata

Perché si diffuse questa nuova povertà? Qualcuno iniziò a comprendere che la causa della povertà era dovuta essenzialmente al sistema finanziario fondato sugli scambi in borsa. All’epoca, tutta la ricchezza veniva trasformata in proposte d’acquisto (danaro) ed in proposte di vendita (lettera) che incrociandosi formavano il prezzo. Cosí, in questa dualità diabolica, moriva l’elemento vivificante dell’economia.
In quel tempo, tutta la ricchezza in esubero, invece d’essere incanalata nel mondo educativo, scientifico e culturale, veniva indirizzata verso quello finanziario. La ricchezza, immobilizzata, spostata artificialmente da un luogo all’altro del pianeta, serviva soltanto a rafforzare un mondo di scambi avulso dalla vera economia di mercato. L’elemento economico venne penalizzato pesantemente dal mondo finanziario, il quale dipendeva dagli umori degli investitori simboleggiati da due figure animali: l’Orso ed il Toro. All’epoca, superstizioni di questo tipo erano molto diffuse. Gli umori decisivi erano pilotati ad arte da ristrette lobby vicine alla corte imperiale. Queste lobby potevano nel giro di pochi minuti, sull’onda dell’emotività piú sfrenata, bruciare la ricchezza accumulata in una vita di onesto lavoro da milioni di cittadini. Con la stessa facilità la corte premiava i suoi lacchè. Tutto ciò era un palese assoggettamento dell’economia alla politica imperiale.

L’ingiusta tassazione del lavoro

Gli Stati per mantenere i loro apparati avevano un solo modo di reperire le risorse: tassare, taglieggiare il lavoro degli uomini. Cosí, chi lavorava pagava una pesante imposta sul sudore della fronte. Questa tassazione del lavoro era peraltro liberticida e costava molto alle amministrazioni statali.
Chi invece operava nel mondo finanziario non produceva ricchezza reale e soprattutto non aiutava economicamente la comunità. Il mondo finanziario era il figlio prediletto dell’Impero, in quanto esso era il cardine con cui si paralizzava l’evoluzione cristiana del mondo. Tutto sul pianeta sarebbe potuto avvenire, purché si mantenesse l’orrendo nodo gordiano della Tripartizione Inversa: il bituminoso amalgama del potere politico, economico e spirituale (inverso) che stava nelle mani della corte.

Il meccanismo sfugge di mano

Quando il mondo finanziario, per sua stessa natura diabolicamente vorace, prosciugò anche casse dello Stato Guida, le cose si complicarono parecchio. L’Impero si trovò obbligato a palesare ciò che sempre aveva occultato: la propria politica di potenza. Una politica imperiale visibile ed aggressiva fino ad allora non era mai stata applicata in tempo di pace. Trovare nuove risorse per lo Stato guida divenne primario. Iniziò una nuova politica di potenza. All’interno della corte si formarono due fazioni: i falchi e le colombe.

Falchi e colombe alla corte imperiale

I falchi volevano trasformare l’Impero in un unicum giuridico-politico ben riconoscibile, l’affermazione liberal-democratica bipolare obbligatoria ed il relativismo culturale in ogni recondito ambito del pianeta.
Le colombe volevano invece proseguire nella politica di drenaggio delle risorse economiche attraverso il collaudato sistema finanziario. Le colombe preferivano le crisi regionali pilotate ad arte, un Impero “nascosto” dal punto di vista del dominio politico. Per le colombe era altresí molto importante vedere i cantanti alla moda ed i film di Hollywood esportati in ogni angolo del mondo.
Lo scontro era reale.

Salvino Ruoli
(3. continua)