Attualità spirituale

Il 20 settembre cade l’anniversario della presa di Roma da parte dell’esercito piemontese. In quel giorno dell’anno 1870, preceduti dai bersaglieri di Lamarmora, piume al vento e trombe squillanti, i granatieri di Sardegna e i cacciatori delle Alpi irruppero nell’Urbe attraverso la breccia praticata dai cannoni nelle Mura Aureliane a Porta Pia. Questi i fatti della storia che ci confermano come, con quell’atto di forza militare, terminava il potere temporale della Chiesa e iniziava il Regno d’Italia.
Quali e quanti degli ideali che avevano alimentato il Risorgimento e portato all’aggregazione delle varie realtà locali in un’unica nazione sono riscontrabili oggi nello scenario sociale e politico del nostro Paese?
Adesso piú che mai sarebbe attuale e impellente l’assunto categorico di Mazzini, che intimava a chi di competenza, ma forse a tutti i suoi compatrioti, di dover fare gli italiani avendo fatto l’Italia. Cristiana e fraterna misericordia impone di stendere un velo davanti al desolante spettacolo delle baruffe da cortile in cui sono impegnati i politici delle varie aree e correnti, sui feroci duelli all’ultimo scandalo, sul meschino tira e molla tra Nord, Centro e Sud per le pensioni da ridurre o abolire, il tutto scandito dalle viete invettive che si scambiano i rappresentanti dei partiti e che ricordano come, ahimé, la piccola Italia dei campanili non abbia ancora ceduto il passo al solenne popolo di poeti, artisti, eroi, santi, scienziati e pensatori che solo epigraficamente ci siamo ridotti a essere.
E allora, consapevoli di tanto smarrimento antropologico, morale ed estetico, ecco guardare alla soluzione che ci sembra, se non la migliore, almeno la piú adatta all’evenienza. Cerchiamo luci nella nebbia, oasi nel deserto, stelle polari, punti di riferimento certi e affidabili. Subiamo perciò l’inganno di modelli appariscenti, dimenticando la lezione che da sempre la storia ci impartisce sui corsi e ricorsi, e che conferma come a fasi alterne e per periodi piú o meno lunghi ci siano popoli che fanno la storia e altri che la inseguono. Questi ultimi, incapaci di elaborare un proprio destino, camminano, anzi arrancano, nella scia dei popoli staffetta, imitandone metodi e modi. Si genera cosí un equivoco: si scambia il carattere dei popoli battistrada per unzione quasi divina al primato, il vitalismo e il dinamismo di cui essi danno prova nella loro avanzata dominante, per virtú connaturate alla loro posizione di eminenza, e infine le loro prestazioni materiali e tecniche per qualità animiche elettive.
Col tempo, proseguendo in tale atteggiamento di imitazione passiva e remissiva, si finisce col rinunciare in toto alla propria identità, ritenendo le acquisizioni, vuoi territoriali vuoi economiche e scientifiche del popolo dominante, quali esiti meritori di una superiore civiltà e non piú realisticamente quali strumenti funzionali alla realizzazione di un progetto egemone. Mezzi cioè che qualunque etnia o società umana vincente e prevaricante è in grado di approntare per giustificarsi moralmente e culturalmente agli occhi della storia.
In realtà sono le qualità animiche a stabilire i gradi di una civiltà. Esse vengono elaborate nel corso di millenni, attraverso varie e plurime vicissitudini e contingenze. Non nascono all’impronta, in un batter di ciglia. Di fronte alla rinunciataria trasandatezza delle folle indiane, ad esempio, siamo portati, superficialmente giudicando, a ritenere arretrato e renitente quel grande popolo. Il Mahatma Gandhi dimostrò invece quale possente energia vitale e morale celasse l’anima indú, messa alla prova suprema della lotta per riscattare una identità spirituale prima che politica.
Ed è cosí per altri popoli, che scivolano nell’abulia sociale e culturale in virtú dei meccanismi di cicliche alternanze cui si accennava, sclerotizzando i propri valori interiori, riducendo tradizioni e costumanze etniche e persino teologiche ed esoteriche, a pratiche formali che nulla conservano delle originarie esperienze. L’essenza profonda e sorgiva di tali forze rimane, tuttavia, nonostante ogni caduta, viva e pronta a riaccendersi, a proliferare in ritrovate doti animiche.
Il sangue non è acqua, si dice, e allo stesso modo lo Spirito non è capriccio di vento. Una volta che esso abbia improntato di sé un individuo o un popolo, si fissa quale marchio indelebile nella sua essenza animica, assurge a dato integrante della costituzione intima, a livello quasi cromosomico di un’etnia, di una comunità.
I popoli si plasmano quindi non tanto e non solo sulla estensione territoriale che occupano, né tanto meno sui raggiungimenti di natura materiale, siano essi politici, tecnologici o finanziari. Ciò vale forse per le nazioni nella loro genericità, ma non per i popoli che forgiano la loro entità vera sui valori propriamente animici.
Malauguratamente le virtú dei popoli vengono incessantemente insidiate dalle panie dell’Ostacolatore. E cosí l’utilitarismo economico, il razionalismo dialettico, gli avidi imperialismi, il produttivismo cinico e disumano, corrompono in nefaste evoluzioni degenerative i caratteri ideali e spirituali, partorendo modelli negativi cui purtroppo gli altri popoli fanno riferimento adottandoli.
Contro tale rischio Rudolf Steiner metteva in guardia già molti anni fa:
«Vi sono infatti tre correnti che, per la loro intima affinità, sono distruttive per l’evoluzione dell’umanità. Lo sono perché nei modi piú diversi hanno assunto l’eredità del passato e gli impulsi nuovi. …Vi è forza distruttiva soprattutto in tre correnti.
Anzitutto in quello che chiamiamo americanismo, perché tende sempre piú a creare paura verso lo Spirito, a organizzare il mondo solo come un’occasione per potervi vivere fisicamente. È del tutto diverso, se i britannici vogliono organizzare il mondo come una specie di casa di commercio. L’americanismo vuole in effetti organizzarlo possibilmente in modo da renderlo come un appartamento fornito di ogni comfort fisico, nel quale si possa vivere comodi e ricchi. L’elemento politico dell’americanismo è quello di poter vivere comodi e ricchi nel mondo. Chi non lo rileva non vede le cose come sono, ma vuole stordirsi. Sotto l’influenza di questa corrente cesserebbe il contatto dell’uomo con il mondo spirituale. Nelle forze americane vi è ciò che porterebbe la terra alla sua fine, vi è l’elemento distruttivo che alla fine porterebbe la terra alla sua morte, allontanandola dallo Spirito.
Il secondo elemento distruttivo non è solo il gesuitismo cattolico, ma ogni forma di gesuitismo, poiché in sostanza è affine all’americanismo. Se la corrente americana fa sí che si sviluppi la paura dello Spirito, il gesuitismo cerca di sviluppare la convinzione che non ci si debba occupare dello Spirito, al quale non si è in grado di avvicinarsi, lasciando amministrare i beni spirituali da chi è chiamato a farlo, secondo la dottrina della Chiesa cattolica. Questa corrente tende ad atrofizzare le forze della natura umana che vanno verso la sfera soprasensibile.
La terza corrente è quella che si presenta tanto spaventosa in Oriente e che ha la sua base nel socialismo che socializza solo l’elemento animale; senza volerne subito fare un dogma, è quello che si indica come bolscevismo e che l’umanità avrà difficoltà a superare.
Sono questi i tre elementi distruttivi della moderna evoluzione umana. È possibile comprenderli solo sulla base della Scienza dello Spirito, al fine di porsi giustamente di fronte agli avvenimenti del presente»(1).
Ovviamente, Steiner prendeva ad esempio le problematiche della sua epoca e si riferiva ai popoli che facevano la storia, o si preparavano a farla, e fissavano modelli sociali e politici. Ma ogni popolo, recitando al suo momento storico il ruolo di protagonista, può cadere nella trappola di un traviamento animico, poiché è ormai chiaro che, come lo Spirito soffia dove vuole, anche il Male si insinua ovunque l’anima dell’uomo apra spiragli di vulnerabilità.
Pertanto, volendo auspicare il recupero di un’identità animica, per l’Italia come per le altre nazioni, si rende necessario lavorare allo sviluppo dell’anima cosciente, la sola in grado di creare nell’uomo, e di riflesso negli ambiti piú vasti delle comunità nazionali e sopranazionali, la forza invincibile del pensiero vivente. Soltanto individui pervenuti a tali traguardi interiori saranno capaci di preparare l’ordine nuovo del mondo. Quello che oggi indebitamente affidiamo a organismi, paesi e personaggi condizionati dagli effetti deleteri di quel relativismo di valori e ideali che il Maestro dei Nuovi Tempi denunciava agli inizi del secolo scorso.
Ma avendo consapevolezza dell’azione del Male, si è già sulla strada della sua sconfitta. Non è mai troppo tardi, soprattutto se si chiamano in campo le Gerarchie, chiedendo il loro ausilio con un pensiero illuminato, una volontà decisa e un cuore puro.

Ovidio Tufelli

(1) R. Steiner, Le necessità della coscienza per il presente e l’avvenire, O.O. 181, Ed. Antroposofica, Milano 2003, pp. 122-123.

Immagine: «Breccia di Porta Pia»  Ricostruzione virtuale