Etica


Le cosiddette “Librerie dell’Occulto” traboccano di testi d’ogni tipo, dalla cartomanzia alla chiropratica, dai testi new age (i cui cultori, unitamente ai seguaci di certe sette millenariste americane, sono forse un po’ delusi perché non è ancora alle viste la fine del mondo), alla fantasy. Anche gli amanti del tradizionale rimpinguano le esauste casse dei librai con l’acquisto di testi esoterici i piú diversi, fra i quali autori come il Guénon sono il punto di riferimento obbligato. E tutti sono accomunati da un medesimo impulso: quello che vellica (il termine mi sembra appropriato) una certa curiosità intellettuale direttamente connessa a determinati centri nervosi; il risultato è una sorta di aspettativa sentimental-emozionale fine a se stessa, come il ricordo un po’ confuso di un bel sogno passato o la nostalgia verso un-certo-non-so-che mai definibile compiutamente a livello cosciente, che spinge verso un rafforzamento del desiderio sentito quasi a livello fisico (il kama-rupa indú?).
Tutto questo quando – seguendo un processo sottile assai piú pericoloso – non ci si cominci a sentire sprezzantemente superiori al “volgo”, massa bruta e informe dai sentimenti abietti, da cui – per fortuna! – ci si può separare slanciandosi alati verso... verso... ma verso dove?
Già, perché alla fine il risultato è quello che il rifiuto dell’umano (non si è mai troppo umani: rifiutarsi di esserlo in parte equivarrebbe a rifiutare il Cristo stesso) in nome di un preteso coraggio che consentirebbe di stare in piedi in mezzo alle rovine, di fatto conduce ad una sostanziale e devastante svalutazione dell’esperienza quotidiana del proprio Sé, al baratro di una depressione profonda, oscura e sempre piú tragica, conseguenza inevitabile di chi, all’inseguimento della fredda luce lunare del passato, ha sacrificato il proprio cuore sull’altare di potenze oscure.
Rudolf Steiner stesso diceva che – cito a memoria – se lui si fosse messo una cappa e avesse chiesto ai suoi seguaci di venirgli appresso su una montagna a compiere misteriosi riti esotici, in molti lo avrebbero seguito con entusiasmo. Ma, proseguiva, quanto è difficile convincere qualcuno a sforzarsi di modificare il proprio carattere, rinunciando ad uno qualsiasi dei propri difetti!
Sí, perché quello che è cosí difficile capire è che la vera rivelazione del mondo spirituale non si attua attraverso una conoscenza puramente intellettuale delle cose. La fase del nominalismo, che il pensiero occidentale ha attraversato nel periodo della scolastica, lasciandosela alle spalle, è degenerata in un fantasma chiamato dialettica.
Degli angeli (e/o dei demoni) puoi parlarne quanto ti pare, ma se vuoi davvero conoscerli dovrai guardarli attraverso te stesso, qualora, naturalmente, la mente sia stata purificata, non vi siano passioni ad avvelenarla, il pensiero sia chiaro, puro, terso. Un pensiero allenato, attraverso l’esercizio costante della concentrazione, come un vero atleta spirituale che brucia le proprie energie animiche nello sforzo, non nervoso ma puramente volitivo, rivolto ad affinare i propri “muscoli spirituali” eliminando, eliminando sempre piú il “grasso” e le imperfezioni del proprio karma, della propria visione del mondo. Una visione condizionata dal convenzionale, dai vizi e dalle illusioni che agiscono “da sotto”, dal piano dell’essere piú difficile da vincere perché piú difficile da oggettivare alla coscienza: quello della profonda volontà corporea, quello in cui le abitudini di pensiero, le paure, i desideri, si sono cristallizzati in istinti.
Altrimenti – ed ora se ne cominciano a vedere i guasti anche in politica – quei giovani generosi che si rivolgono per moto spontaneo, verrebbe da dire “ancestrale”, allo Spirito, si corromperanno anch’essi degradandosi in quanto vi è di meno “eroico” e piú triviale, mentre gli altri precipiteranno negli abissi di un vuoto dell’anima senza speranza, cui i rimedi di droghe sempre piú potenti, dai vari prozac agli allucinogeni veri e propri, diventeranno presto peggiori del male.
È necessario dunque evitare che la conoscenza intellettualistico-dialettica del Mondo dello Spirito legato ad una Tradizione spenta valga come nel motto di quel tal mio amico – nobile d’antica schiatta, il cui capostipite era un traduttore arabo di Aristotele dell’anno Mille – che campeggia nell’avito stemma, al di sopra di una cometa sfavillante (ah, potere d’un arcano infallibile sapere!): Empie gli occhi di luce, il cuor di gelo.

Griphus