- Avvertiamo
il lettore che questa nota è per certi versi contrastante
rispetto all’insegnamento generale di Rudolf Steiner.
Infatti nella sua Opera scritta non si trovano indicazioni
particolari riguardanti posture fisiche o suggerimenti in
qualche modo apparentati alla fisicità corporea.
- Perché
il Dottore non fornisce ragguagli in tale senso? Questi, lo
rimarchiamo, non si trovano in alcun punto del piú
importante testo (L’Iniziazione) completamente
dedicato alle discipline interiori ed alla loro
fenomenologia sovrasensibile. Tale assenza va forse
addebitata ad una qualche carenza? Chi conosce il modo dello
studio dei testi dello Steiner si accorge ben presto che
ogni parola, ogni frase ha un suo preciso e non semplice
significato, poiché rimanda ad una superiore capacità di
ideazione con cui si afferra molto all’interno di quanto
appare esposto e anche in ciò che non viene menzionato: il
senso dell’assenza (chi non condivide queste asserzioni
dovrebbe allora accordarsi con il giudizio di C.S. Lewis in
proposito: «C’è in essa [l’antroposofia] una
difficoltà e una rassicurante piattezza tutta tedesca che
finisce presto per scoraggiare coloro che vi cercano delle
emozioni»).Troviamo comunque una breve e chiara risposta al
quesito nel 5° capitolo de La Scienza Occulta: «L’evoluzione
ideale è che nessun esercizio sia eseguito per mezzo del
corpo fisico, ma che tutto ciò che deve verificarsi in
quest’ultimo si presenti soltanto come risultato
degli esercizi…».
- Solo in testi particolari, inizialmente riservati, come Indicazioni
per una Scuola Esoterica, sono descritte discipline
formulate per determinati discepoli della Scuola Esoterica
(1904-1914), nelle quali vengono coinvolte alcune funzioni
corporee. Positure particolari sono suggerite nel ciclo di
conferenze intitolate Sedi di misteri nel Medioevo e
ulteriori indicazioni individuali del genere si trovano nei
volumi Zur Geschichte und aus den Inhalten der ersten
Abteilung der Esoterischen Schule curati da Hella
Wiesberger e pubblicati nel 1984 dalla Rudolf Steiner
Verlag. Passando dalla parola scritta all’immagine,
possiamo osservare presso il Goetheanum, nella parte
superiore della Vetrata Rosa a Sud, l’uomo che medita
seduto.
- Frasi
assiomatiche come “la concentrazione principia dalla
concentrazione” o il titolo di un articolo comparso sull’Archetipo
“Concentrazione: l’esercizio a sé sufficiente”,
producono in alcune anime fastidio o irritazione poiché
rappresentano sintesi, in sé provocatorie, di una
esperienza interiore conquistata a caro prezzo sul campo, ma
non solo. Esse indicano un limite che molti non vogliono
oltrepassare, limite stabilito dal corpo e dalla psiche e
che ad uscirne implica per il discepolo una abnegazione e un
durissimo lavoro che continua, rinnovato giornalmente, per
tutta la vita. La situazione, spesso, è questa: l’inerzia,
la paura di cambiare, la costante brama del proprio
benessere, porta i sedicenti discepoli ad afferrare con
scarso impulso conoscitivo e tanta soddisfazione interiore
una personale e consolante elaborazione della Scienza dello
Spirito, sufficiente a nutrire il bisogno del Sacro (che a
tale livello non può non essere egoistico) ed il sentimento
di una interiorità qualificante rispetto alla miseria degli
altri uomini, che da una supponente superiorità vengono
facilmente compatiti e amati. Tutto ciò è già stato
sottolineato, per chi non si finge cieco, da Coloro che
riconosciamo come Iniziati nel segno della Rosacroce.
L’urgenza
dell’elemento-essenza dell’ascesi ha trovato moderni
paralleli anche in Oriente, dove in figure come Ramana
Maharshi, sullo sfondo del retroscena sovrasensibile in cui
opera il Logos, viene superato il limite formale della pur
grande ed antica tradizione. Ramana, giovanissimo, conduce
una sua ricerca, svincolata dalle dottrine che nemmeno
conosce, attraverso cui intuisce nell’Io il principio di
ogni realtà. Dopo una serrata e sostanziale discriminazione
(vicāra)
di cosa egli non è, Ramana coagula la sua coscienza in un’unica
domanda: «Chi sono io?». Nessuna pratica respiratoria,
nessuna positura rituale (asana e mudra),
nessun distacco ascetico. Con ardimento fatale, egli risale
gli abissi dell’Essere che si aprono oltre la mente,
guidato dalla sua domanda, per fondersi nell’Io, Signore
di sé e del mondo: «A cosa servono i ventagli quando
soffia il fresco vento del Nord?».
- Ci
pervengono comunque domande circa l’assetto corporeo del
meditante, domande che anche noi ponemmo, molti decenni or
sono, a chi poteva darci risposta. Perciò esamineremo
alcuni aspetti pratici del meditare in relazione al corpo
fisico, ricordando però che il libro Tecniche della
concentrazione interiore di Massimo Scaligero contiene
un breve ma illuminante capitolo sul tema. Dobbiamo
premettere, insieme a Scaligero, che la concentrazione e
quasi tutti gli altri esercizi non necessitano di alcuna
condizione esteriore particolare per la loro esecuzione,
ma anzi, condizioni disturbanti portano lo sperimentatore
all’abbandono dell’esercizio oppure stimolano ad una
piú intensa e dedicata attenzione verso l’immagine
ricostruita o evocata, al punto di estrarre, per
intensificazione, la coscienza concentrata dai pungoli della
sensazione e dai dolori dell’anima. In particolare, l’esercizio
basilare dell’ascesi interiore, la concentrazione, può e
dovrebbe a volte venire eseguito in situazioni di disagio
allo scopo di rafforzarne l’indipendenza da forme,
categorie e persino dalla sua collocazione esoterica. Per
questo l’esercizio può venir eseguito in piedi, ad occhi
aperti, nel fracasso di un luna-park oppure da seduti in una
stanza silenziosa in compagnia di un moscone furioso!
Inoltre il corpo stesso fornisce, con generosità sospetta,
una cornucopia di difficoltà che spaziano dal mal di testa
all’ossessiva invadenza del respiro. In questi casi o si
lascia che vinca la psiche, sempre pronta a perdere, o si
prosegue nell’esercizio, che può continuare poiché si è
fedeli al suo assunto di essere voluto attraverso un veicolo
(pensiero) la cui natura non ha nulla a che vedere con i
sensi e la psiche, e anche perché, nella direzione giusta,
la sua intensificazione supera vittoriosamente qualunque
disturbo od ostacolo. Non è soltanto un successo tecnico:
tutte le piú alte qualità dell’anima, sebbene non
percepite, vengono chiamate all’azione, come pure una
scelta conoscitiva profonda di coerenza e fedeltà alla Via
del Pensiero, indicata dalla Filosofia della Libertà
e dall’opera di Scaligero. Si insiste su questi aspetti
perché rappresentano un punto essenziale nella pratica
della Scienza dello Spirito. Ogni supporto che si ponga come
condizione all’esercizio condiziona l’esercizio,
il cui senso rimane puro e originario solo quando non venga
neppure sfiorato dalla rappresentazione di presupposti
fisici o psichici. La disciplina interiore, pur iniziando
nel caos sensorio e caratteriale, è ALTRO. Intuire
la sua assoluta a-psichicità significa operare rettamente
secondo l’Io e non come schiavi sottomessi all’entità
egoica in cui l’uomo crede di riconoscersi e che da nemico
perfetto lo trascina, di sconfitta in sconfitta, alla Morte.
Le
condizioni piú favorevoli all’esercizio della
concentrazione sono rappresentate anzitutto da una postura
relativamente comoda che esalti la verticalità della
colonna vertebrale ed una stabilità generale non forzata.
Perciò si scelga una posizione seduta su di una sedia di
buona ergonomia o su una poltrona che non sia troppo morbida
e bassa. La posizione del corpo sarà simile a quella che si
vede tramandata nelle statue degli dei e faraoni egizi: capo
e busto verticali, natiche e cosce orizzontali ed il
segmento dal ginocchio al piede nuovamente verticale
rispetto al piano del pavimento (che verrà lasciato come si
trova, senza pelli di tigre o altri ammennicoli). La zona
del bacino non dovrebbe poggiare sopra un piano inferiore al
livello dato dalle ginocchia. Se non si eseguono speciali
esercizi, le braccia cadono naturalmente ai lati del busto
mentre le mani poggiano sulle cosce. Mancando gli appoggi
conformi, si usino cuscini per alzare il piano di seduta e
per sostenere, all’altezza dei lombi, la schiena, ciò per
mantenere senza sforzo la naturale lordosi vertebrale e per
dare alla zona inferiore delle costole e all’intera area
ventrale (stomaco-addome) una leggera apertura in avanti. Se
l’abbigliamento non è abbastanza comodo, ricordarsi prima
dell’esercizio di slacciare scarpe e cintura. In
particolare la zona addominale non dovrebbe mai venire
compressa da indumenti troppo chiusi e stretti. Prima di
iniziare, abbandonare (far cadere) le spalle per sciogliere,
anche di poco, la contrattura piú ordinaria
(deltoide-trapezio-romboide); anche il capo non va tenuto
dritto e rigido: se rilassato, si chinerà di poco in
avanti. Queste sono condizioni ottimali che lo
sperimentatore, prima o poi, può anche trovare da sé.
- La
corrente verticale dell’Io non è un’astrazione
metafisica ma scatta in tutti quei momenti in cui l’operatore
si desta ad un grado maggiore di intensità volitiva
ed è, restando in tema, tanto forte da riposizionare a suo
modo la colonna vertebrale tra schiocchi e aggiustamenti.
Quando l’asse dell’Io scende lungo la schiena oltre la
cintura, può verificarsi il risveglio del Centro dell’addome.
La respirazione allora tende ad abbassarsi spingendo il
diaframma, poi si inizia a percepire il respiro come una
sostanza sottile che riempie lo spazio sub-diaframmale: la
pancia tende letteralmente a gonfiarsi di una “virtú
ferrosa” che emana in tutto l’essere stabilità e
impersonalità. A questo punto diviene possibile l’iniziale
percezione del respiro o “soffio” che si avviva tra il
perineo e il diaframma. Ora possediamo la “materia dell’opera”
per attivare attraverso concentrazione immaginativa il
circuito della Volontà magica ed al pari la Respirazione
Interiore che cancella l’impressione ordinaria della
respirazione polmonare. Ma forse occorre fermarsi ad un
punto che, irrisolto, potrebbe generare confusione.
- Qualcuno,
leggendo con spirito critico queste righe, potrebbe, non a
torto, domandarci: «Parlate sempre di concentrazione su un
quid immateriale, ma poi raccontate di tante impressioni o
sensazioni che si svolgono contemporaneamente all’esercizio.
Tutto ciò non appare come una vistosa contraddizione?».
Non possiamo che rispondere affermativamente a un tale
interrogativo, infatti la contraddizione esiste ed in essa
constatiamo il limite del pensiero dialettico anche quando
sia sano e sensato. Possiamo ancora rispondere che, quando
la concentrazione si solleva dal pensato comune, la
coscienza si amplia e diviene capace di fare
contemporaneamente molte cose o di percepire una vastità di
fenomeni. Infatti, ciò che fin qui è stato descritto cessa
con l’interrompersi dell’esercizio, ed è proprio
perché l’esercizio è intensificato che i fenomeni
descritti si manifestano e vengono percepiti. Se
qualche lettore studia i testi dell’Antroposofia, avrà
forse notato, come esempio di contraddizione, la scena in
cui Giovanni Tomasio, uno dei piú importanti personaggi dei
Misteri drammatici di Rudolf Steiner, mentre è
immerso profondamente in meditazione parla con se stesso,
riconosce ed ascolta la manifestazione dei due Ostacolatori,
di Capesio e Strader ecc. (La porta dell’Iniziazione,
IV Quadro).
- Accenniamo
ancora brevemente ad un’altra importante esperienza. La
discesa della solare potenza dell’Io lungo l’asse
spinale può interrompere quella parte della coscienza che
veste la parte anteriore del busto e che si ridesta dietro,
nella schiena: una parte del senso di sé fisico-eterico
abbandona la sua sede naturale, legata alla perenne
inquietudine del respiro, e si insedia dalla zona spinale a
tutta la schiena. Questo scambio viene sperimentato dall’astrale
al fisico come un’intensa esperienza di pace e
liberazione, infatti vuota il sistema nervoso dall’impropria
attività invasiva della psiche che lo danneggia e lo
consuma: è un rilasciamento radicale, perché opera da
fuori del corpo partecipandolo alla Quiete sovramentale dell’Io,
e che diverrà uno “stato” quando il potere della
concentrazione profonda trasferirà il supporto dell’Io
dal vuoto del sistema nervoso (vuoto d’anima) al calore
irradiante del sistema sanguigno.
- Con
questi cenni si indica che ad ogni mutamento qualitativo
della coscienza dell’asceta si attivano latenti circuiti
del corpo eterico che operano sin dentro lo spazio corporeo
che, liberato dal peso opaco dell’astrale inferiore,
perciò dell’ego, diviene ciò che per sua natura dovrebbe
essere: organo del Principio spirituale dell’uomo vero.
Principio su cui l’essenza dell’ascesi poggia ed a cui
tende attraverso l’azione umana tanto individuante da
risorgere in libertà pura, priva di egoismo. A condizione
che sia ardita, che sappia ignorare i comodi percorsi ed i
falsi percorsi: a cosa servono i ventagli quando soffia
il fresco vento del Nord?