- In
vari articoli, succedutisi nel tempo su questa rivista,
abbiamo cercato di evocare, con riflessioni e indicazioni
pratiche, parti del carattere di quell’intima aspirazione
interiore che possa presentarsi come punto riconoscibile d’incontro
con i lettori che possiedono, al di sopra delle innumerevoli
variazioni personali, un qualche impulso a partecipare in
piena e desta consapevolezza all’esperienza
responsabile di stati dell’Essere non soggetti alla
caducità del mondo comunemente sperimentato, che
apparentandosi come oggetto della nostra esperienza
personale è sempre mondo interiore umano anche quando,
secondo una visione ingenua, lo ci si rappresenti come
esterno ed oggettivo.
- Tale aspirazione può rafforzarsi
e confermarsi in organica concretezza attraverso eccezionali
modificazioni dei veicoli sovrasensibili individuali, le
quali, permettendo l’esperienza di percezioni affrancate
dai vincoli cerebrali e sensoriali, nel linguaggio esoterico
possono venire chiamate illuminative e iniziatiche.
La Scienza Iniziatica principia con l’aspetto interiore
dell’insegnamento spirituale, ossia con ciò che attua una
trasmissione ed un legame tra il Principio superumano e lo
stato umano, tra ciò che trascende il temporaneo perituro e
l’essere esistenziale contro i cui limiti l’uomo non
addormentato del tutto lotta durante l’intera vita per non
aderirvi completamente.
- Dovrebbe risultare comprensibile
che all’uomo contemporaneo, dotato di una coscienza lucida
e individualizzata, ma anche troppo coincidente con la
percezione sensibile, occorrerebbe da subito trovare una via
d’uscita dai limiti della categoria corporea. Al
contrario, sprezzando o ignorando l’unica facoltà che
contiene, già nella sua piú immediata manifestazione, il
Principio della libertà e della reintegrazione, troppi
fanno il possibile per aprirsi ai piani sub-sensibili dell’Essere,
anch’essi possedenti carattere di vastità ed ambiguo
splendore, a patto che la coscienza ne sia dominata.
- Un
fondamentale equivoco di prospettiva consiste nello
scambiare scopi contingenti con il fine dell’esperienza
spirituale ed iniziatica, la quale per la sua natura si
situa ben oltre le condizioni pensabili nell’ambito della
comune manifestazione umana. L’errore è comprensibile,
poiché l’ordinario pensiero è incapace di concepirla se
non come un’astrazione che non sfama e disseta, cosí per
dare concretezza all’aspirazione la si estroflette su
esigui obiettivi che con una vera spiritualità hanno assai
poco da fare. Quasi fatalmente non pochi vengono attratti,
piú secondo simpatia e antipatia che secondo autocoscienza,
dai cliché psichici dominanti nel mondo percepito come
esterna realtà materiale ed a tratti arbitrariamente
immaginato come spirituale. Ideali sociali, programmi
politici, indirizzi culturali (interni o esterni alle
comunità esoteriche), assorbono e neutralizzano quella che
in circostanze diverse avrebbe potuto essere una autentica
aspirazione all’azione spirituale, mentre gli stessi, se
subordinati ad una attiva vita interiore innescata dalle
precise discipline di concentrazione e meditazione,
diverrebbero occasioni indirette di maturazione interiore.
- L’umanità
contemporanea tende, giustificatamente, alla libertà, ma il
piú delle volte si arriva a concepirla nevroticamente come
un confuso svincolamento dalle costrizioni, non essendovi
né il sospetto né la contezza che una libertà non
illusoria è una conquista progressiva, ottenibile
attraverso maggiori gradi di identità con il Principio
vero: “La verità vi farà liberi”. In pratica la
libertà comincia ad essere una realtà solo per chi non si
identifica col proprio mondo istintivo, perciò è reale per
chi sa assumere una ferrea disciplina indissociabile da
rinunce e obblighi, essendo la via iniziatica la via piú
difficile: una formidabile battaglia contro il sé che
crediamo di essere.
- Oggi
piú che mai, qualora il ricercatore cerchi di non smarrirsi
e forse soccombere nella “selva oscura” di infiniti ed
illusori mondi intermedi, urge una disciplina cristallina e
consapevole non condizionata in alcun modo dagli stati d’animo
o dal corpo, e nemmeno dal vizio della razionalità che non
avverta la necessità della propria estinzione. Serve una
disciplina che possa manifestare nel suo canone la piú
coerente ragione d’essere, soprattutto se posta in
relazione all’autocoscienza immanente, pur enucleando un
orientamento conforme al carattere super-personale della
sfera iniziatica, affinché il ricercatore si rafforzi sulla
strada del coraggio e della dedizione assoluta, ossia
dell’impeto straordinario verso l’effettiva morte della
personalità che è il presupposto della realizzazione
trascendente. Possiamo indicare il superamento della Morte
come una caratteristica essenziale del percorso esoterico.
Il dominio dell’immortalità (innatalità) si situa al di
là del mondo umano-personale e non può realizzarsi senza
il presupposto di morire ad esso, completamente. In pratica,
tra coloro che affermano di possedere un’aspirazione
iniziatica, ben pochi sono quelli che si rendono conto della
ineludibile contropartita, e pochissimi, avendone contezza,
sono effettivamente decisi ad assumerla.
- Queste
considerazioni si riferiscono ad un orientamento interiore assolutamente
fondamentale, che non ha nulla in comune con le facili e
farisaiche prediche spiritualistiche contro le stolide
abiezioni dei nostri piú disgraziati fratelli, o con i
funambolismi circensi dell’esoterismo pensato,
perciò irreale quanto una teologia da parrocchia, o con
altre infinite e divaganti scorie. La Via del Pensiero, lo
si accetti o meno, è per l’uomo contemporaneo l’unica
strada verso la Reintegrazione, coincidente con il suo retto
bisogno di consapevolezza, conoscenza e libertà. Possiamo
comprendere che verso il pensiero qualcuno avverta
insofferenza e ostilità, poiché invero nel pensiero comune
manca vita e calore, tuttavia dal pensiero non si esce,
anche quando si formula un giudizio di pensiero biasimante
il nostro ‘accanimento’ a trattare di esercizi dedicati
alla liberazione della forza-pensiero. Pensando con minore
superficialità, non dovrebbe essere poi tanto difficile
giungere almeno alla comprensione logica del perché la
concentrazione sia il veicolo piú diretto per superare
il pensiero morto (e il sentire passivo ed il volere
esausto), ossia l’agghiacciato limite che ci impedisce di
vivere davvero Vita e Coscienza in una possanza e grandezza
tali che nessuna accesa fantasia potrebbe minimamente
evocare.
- L’occulta
o palese ostilità verso la Via del Pensiero, che
dovrebbe invece essere accessibile alla comprensione di chi
calca il terreno dell’autoconoscenza
scientifico-spirituale, introduce ad un problema che non è
culturale o sapienziale o di attività pensante quanto di
autocoscienza: piú esattamente del capire attraverso
quale veicolo essa si accenda realmente, ossia dove
il singolo individuo sente se stesso.
- Schematicamente si potrebbero
osservare tre grandi tipologie di individui: gli uomini del
corpo, quelli dell’anima e i rari dello Spirito. Gli
esseri della prima categoria sentono se stessi nell’emanazione
della sensazione corporea. Rivolgendosi ad una ricerca
spirituale trovano consone alla loro natura lo yoga delle asana,
del pranayama, ma anche, qualora si dedichino alla
meditazione e alla concentrazione, per essi il prius
alimentante la disciplina interiore è il senso di sé
corporeo nei diversi aspetti di vitalità, rilassamento,
volontà muscolarizzata, dieta, benessere ecc.
- I discepoli dell’anima non
possono staccarsi dal sentimento di sé che per essi è il
centro di ogni cosa, spesso possedendo le positive virtú
dell’entusiasmo, della devozione religiosa, dell’affetto:
virtú mai obiettivate ed obiettive, poiché sempre
subordinate all’incostanza e all’egoismo avido del
proprio sentire. In essi l’unica ascesi valida è ciò che
in qualsiasi modo possa fornire ulteriori impressioni al
sentimento personale.
- Possibili discepoli dello Spirito
sono invece coloro che possono dimenticare se medesimi nel
percepire e nel pensare, i piú diretti organi di mediazione
del principio spirituale umano: l’Io.
- Sovente è inevitabile che in chi
accende in sé l’aspirazione verso lo Spirito avvenga una
sorta di ricapitolazione del proprio remoto passato, che
soffia come un vento magico prima attraverso il corpo e l’anima,
ove un tempo dimorava possente lo Spirito, per poter
giungere là dove lo Spirito non c’è mai stato: il luogo
del pensiero astratto. Astratto perché fuori dal sensibile
e dal soprasensibile, onde possa manifestarsi la sostanza
della libertà, vuoto di essenza al punto da poter
accogliere l’essere dell’essenza: l’Io. L’Io che
già c’è ma che non è ancora, essendo l’autocoscienza
l’iniziale impronta dinamica della sua incompiuta
presenza.
- Per l’uomo contemporaneo è
quanto mai necessario realizzare o rafforzare questa
autocoscienza che ancora gli sfugge, a cui continuamente si
appella senza la consapevolezza del suo appellarsi. Si legga
in destità cosciente il primo capitolo del libro di Massimo
Scaligero La logica contro l’uomo, intitolato “Il
problema a cui si sfugge”, che anche preso a sé stante,
purché si sia almeno capaci di correlarlo concretamente a
se stessi, potrebbe indicare un assetto ed una direzione di
coerenza umana e spirituale valide per l’intera vita.
- Su
tale solco accenneremo ad alcune pratiche meditative che
potrebbero risultare assai utili (nel loro complesso o in
segmenti singoli) a diversi ricercatori, indipendentemente
dal loro presente livello d’esperienza.
- È la sintesi
adialettica delle precedenti, operante con modalità
alquanto diverse ma intrinseche al valore dell’esercizio.
La seguente disciplina non va inserita in ritmi stabiliti,
ma viene preparata ed attuata piú volte (da tre a cinque
volte al giorno) in qualsiasi momento della giornata per
brevissimi momenti (max. tre minuti) in totale indipendenza
interiore da luoghi e situazioni; ci si abitui ad eseguirla
con immediatezza, abbandonando l’ordinario in cui si è
immersi. Allontanare i pensieri e i sentimenti del momento come
una coscienza che cessa di sognare e si sveglia.
- Evocare la
consapevolezza immobile e inalterabile che esiste dietro
ogni nostra attività cosciente.
- Se tale atto è a tutta prima
difficile, prepararsi considerando ad esempio lo schermo
cinematografico che permane mentre su esso si susseguono
forme e azioni veloci, oppure immaginando il flusso agitato
del torrente contro la fissità della roccia affiorante.
Quando tale contrapposizione è divenuta chiara e sentita,
possiamo continuare proficuamente la meditazione.
- Tutte le
esperienze assumono forma nello spazio e si susseguono nel
tempo, l’Io testimone è senza localizzazione e forma,
libero da tracciati temporali: l’Io è il centro dell’universo.
Spazio e tempo si muovono intorno a Lui.
- Dimenticare per un attimo il senso
del tempo e dello spazio. Aprire cuore e coscienza a ciò
che non è mai nato e che non morirà mai, in un’ora
senza tempo e senza confini.
- Con la pratica, l’esercizio
consisterà in una intima, intensa e silenziosa
contemplazione dell’Io Superiore con caratteri non
dissimili alla preghiera pura.
- Come per tutte le discipline
meditative, l’operatore curerà che anche queste non
vengano attuate a ridosso e soprattutto non immediatamente
dopo l’esercizio della concentrazione.