- Quegli
anni me li ricordo molto bene, hanno segnato la mia
esistenza, i miei valori, la mia evoluzione. Furono anni, a
rivederli con il tempo, eroici, per quella volontà di
esserci, di condividere un progetto futuro; perché rispetto
all’umanità eravamo, pur se numerosi, un manipolo di
persone che affrontavano qualcosa che fino a quel momento
non era neanche concepibile.
- In
quegli anni il nostro Paese era sconvolto dalla “militanza”
di destra e di sinistra: si litigava, ci si picchiava,
persino ci si uccideva, accusandosi di essere comunisti o
fascisti. Dai due opposti schieramenti non si poteva
prescindere.
- Ricordo
le assemblee liceali, i tafferugli, la polizia davanti alla
scuola. Il senso di terrore che ci accompagnava. Si
studiavano i percorsi da fare: in quella piazza c’erano i
ragazzi di destra, lungo quella via la sede degli autonomi
di sinistra. E siccome bastava il modo di vestire per essere
identificati, l’attenzione era rivolta ad un abbigliamento
sobrio, neutro, nel quale era sufficiente cambiare qualche
particolare per apparire di destra o di sinistra. In
particolare a Roma andava di moda in quel periodo una borsa
artigianale fatta a Tolfa (da qui il nome di “borsa di
Tolfa”), che i ragazzi di destra portavano a tracolla di
traverso, cioè dalla spalla sinistra al fianco destro, e
quelli di sinistra facevano semplicemente scendere lungo la
spalla e il fianco. E c’era chi cambiava il modo di
portarla se entrava in territorio di destra o di sinistra.
Ridevamo di queste accortezze, come degli sguardi biechi e
torvi dei picchiatori. Non ci rendevamo conto della follia
che ci circondava. Bastava un particolare del genere
sbagliato, nel posto sbagliato, per essere identificati in
modo sbagliato, essere inseguiti, picchiati con spranghe e
catene, in alcuni casi uccisi.
- Ho
raccontato questi episodi ai miei nipoti. Sono stato
guardato con incredulità, eppure era quello che succedeva,
in quegli anni senza apparente luce. Anni in cui l’arroganza
della mediocrità dava per certo che la scienza di lí a
poco avrebbe risolto tutti i problemi dell’umanità. Il
materialismo era l’unico ad imperare. In quegli anni l’orientalismo
ancora non si era affacciato: vigeva solo la politica, ed
erano tutti concordi nel “pensare” che esistesse solo la
materia, e che fosse il “cervello” a secernere pensieri.
Le droghe psichedeliche la facevano da padrone, persino
sostenute da alcuni insegnanti che non le consideravano
affatto nocive, parlandone addirittura pubblicamente come di
una “esperienza da affrontare”. Parole come “destino”,
“anima” e “spirito”, venivano accomunate agli
stregoni o a una religiosità bigotta; altre come “karma”,
“reincarnazione” e “ascesi spirituale” erano del
tutto sconosciute, e se pronunciate andavano spiegate nel
loro significato terminologico. Paradossalmente, quando
pochi anni dopo l’orientalismo esplose, sembrò una specie
di miracolo: si ribaltarono i ruoli. Il proliferare di
associazioni, sètte e organizzazioni religiose di tipo
induista o buddista, pur avvenendo in maniera squilibrata e
con pratiche ascetiche spesso solo recitate e tendenti ad
alienare negli adepti ogni presa sulla realtà, diede
comunque vita alla possibilità di un dialogo: nessuno aveva
piú il coraggio di relegare l’anima e lo spirito fra i
tarocchi delle fattucchiere o le beghine di paese. Termini
come karma, dharma, chakra o mantram
iniziarono ad essere correttamente intesi, pur se molti ne
facevano abuso, o un uso improprio. E
il grido di allarme per la diffusione a macchia d’olio di
consumatori di “erbe”, o peggio di eroina, convinse gli
insegnanti a mettere in guardia gli alunni dall’uso di
sostanze stupefacenti.
- In
questo panorama, girava per casa il nome di un personaggio,
Massimo Scaligero, che teneva riunioni nelle quali si
trattavano argomenti i cui contenuti erano tanto alti da
poter essere accennati solo sottovoce, con la
raccomandazione di non parlarne in giro… Arrivai a lui
molto presto, anzi in realtà, anche se non lo ricordo per
ovvie ragioni d’età, egli era sempre stato presente nella
mia vita. Dopo averlo frequentato nella prima infanzia come
amico di famiglia, che consideravo un bonario giocherellone,
vi fu un giorno il primo vero mio incontro con lui. Quando
mi aprí la porta, sentii venirmi incontro la pura e
possente forza del Pensiero. Capii che non si stava piú
giocando.
- Entrai
nel gruppo dei suoi seguaci con la partecipazione mediata da
mia sorella Maria Francesca. Vi trovai figure di discepoli
della Scienza dello Spirito che mi apparvero imponenti, nel
guardarli dalla mia età immatura. In quel periodo, e nel
clima sopra accennato, vi si respirava un’aria del tutto
diversa dal mondo che ci circondava: vi si affermava che se
non si partiva dalla propria interiorità si rischiava la
distruzione della nostra civiltà. Vedevo in Massimo
Scaligero un eroe che non si piegava ad alcun compromesso,
che anteponeva al suo pane quotidiano l’evoluzione
spirituale di chi aveva il coraggio di seguirlo. E chi si
incamminava con lui lungo la Via tracciata da Rudolf
Steiner, arrivava a comprendere quanto l’urlo assordante
dell’ufficialità celasse una povertà di valori reali,
tesa com’era all’accaparramento della propria fetta di
potere e di beni terreni.
- Intanto
ci accorgevamo che giornalmente nuove persone si affollavano
intorno al Maestro, e fu necessario aggiungere alla riunione
del sabato quella del mercoledí, per tentare di venire
incontro alle maggiori richieste di partecipazione. Furono
installati microfoni e altoparlanti per permettere l’ascolto
anche nelle stanze attigue alla grande sala dell’appartamento
di via Barrili, stracolmo perfino nell’ingresso e sul
pianerottolo. Per trovare posto, bisognava arrivare con
almeno un’ora di anticipo.
- Altri
gruppi nascevano, sia a Roma che in altre parti d’Italia,
sotto l’attenta supervisione di Massimo. Anche lí le sale
erano piene, e ci si sedeva sui braccioli, per terra, sui
tavoli. Per leggere Steiner, lo stesso Massimo e per
meditare.
- Mi
recavo regolarmente alle riunioni plenarie, ma non a quella
del giovedí, che era un incontro puramente meditativo, al
quale ero troppo giovane per partecipare. Richiedeva un
impegno sacro, e quando vi si aderiva bisognava essere
sicuri di andarvi sempre. Quando piú tardi Maria Francesca
mi comunicò che potevo essere ammesso anche alla riunione
del giovedí, mi commossi e fui fiero di entrare a far parte
del gruppo ristretto dei “fedelissimi”. Ci si riuniva e
si meditava per circa quaranta minuti. Altri gruppi, come
quello fiorentino, avevano tempi di meditazione ancora piú
lunghi. C’era in ognuno di noi la volontà di andare
contro corrente, facendo ogni piccola o grande scelta senza
considerare la contabilità del mondo, ma solo l’Anima e
lo Spirito. Fedeltà, amore per la vita, cristianità, erano
parole che non era neanche necessario pronunciare, perché
erano fortemente impresse nella nostra piú profonda
coscienza. Gli esercizi di concentrazione e meditazione
erano il vero pane quotidiano.
- La
perdita del Maestro, nel 1980, fu un duro colpo per tutti.
Ma quel mondo resse, e continuammo il percorso, pur se con
qualche problema e diverse defezioni. Alcuni si sono persi
per le difficili strade della vita, ma la maggior parte di
noi ancora combatte, fedele all’impegno. Con gli
inevitabili errori e debolezze di un umano che tenta di
prendere il sopravvento, ma anche con l’aiuto sempre
provvido del Mondo Spirituale.
- Quella
Rivoluzione Interiore che ci infiammava, e che intendeva
sostituire alle “bombe” l’eroica azione della
trasformazione di noi stessi, ha continuato in diversa
forma, date le mutate condizioni esteriori, a coinvolgerci,
insieme al messaggio di Massimo Scaligero, che sempre piú
si spande per le strade del mondo. Attraverso i suoi libri,
pubblicati non solo in Italia ma anche negli altri Paesi in
cui sono stati tradotti, il suo insegnamento viene studiato,
apprezzato, seguito. Il suo collegamento vivente e
innovativo alla Scienza dello Spirito viene oggi
riconosciuto come basilare per un sano sviluppo spirituale
orientato antroposoficamente. Sta ora a noi, a ognuno di
noi, dopo aver ricevuto per anni quel che ci è stato tanto
generosamente donato, restituire al mondo ciò che quell’insegnamento
ha suscitato nella nostra interiorità, rendendoci liberi
dalle dipendenze estremistiche, politiche e settarie, di
ciascun colore e bandiera. In una società in cui ancora
vige il conflitto degli opposti e la legge del piú forte,
dovremo essere capaci di dimostrare che la vera forza è
quella dell’Uomo che realizza se stesso.