
- Dopo aver scritto il libro
riguardante Artú, m’era doveroso compiere una sorta di
pellegrinaggio nella lontana Cornovaglia. Un caso del
destino, come spesso avviene, mi ha dato l’opportunità di
visitare i luoghi del mio immaginare e questo è un breve
resoconto di quanto ho potuto osservare lassú.

- Quando si giunge in Cornovaglia e
ci si avvicina alla costa, risulta subito evidente che quei
luoghi sono davvero particolari. Per capire meglio quale sia
l’impressione che essi danno ad un viaggiatore attento a
un aspetto piú sottile dei fenomeni, si potrebbe cogliere,
ad esempio, la differenza che si nota se si confronta questo
territorio con la vicina Irlanda. Quest’ultima appare in
certo modo immersa in un primordiale mondo dorato, come se
la sua atmosfera fosse immersa nell’oro. La Cornovaglia
sembra immersa nell’argento(1).
Il protettore della Cornovaglia è San Michele e la
severità complessiva del paesaggio sembra testimoniarne la
presenza. Il Mount St. Michael è la sede principale
del culto micaelita della Cornovaglia. Il monastero fu
fondato dai monaci benedettini provenienti dal francese, e
vicino, Mont Saint Michel, al quale somiglia anche per il
fatto di essere isolato dalla terraferma quando c’è l’alta
marea.
- Il luogo dove questa severità si
configura come una estrema richiesta è Land’s End,
l’estrema punta occidentale della Cornovaglia. Sulle sue
scogliere, battute dal vento e dalle fortissime onde
oceaniche, ho avuto l’esatta immagine di un luogo che ho
sperimentato interiormente molto spesso. Vento e nuvole
nere, la scogliera battuta dai flutti, mi ricordano l’immagine
di un incontro con la donna “celeste” cui si è sempre
accompagnato un grandissimo dolore, un monito terribile ed
assoluto che ho ritrovato in certe pagine di Massimo
Scaligero. Land’s End sembra il simbolo fisico di questo
momento interiore e mi ha dato un grande e rinnovato dolore.
È stato importante avere accanto una persona capace di
accogliermi in un silenzioso abbraccio.
- L’arrivo a Tintagel mi ha
provocato un immediato, potente e inaspettato senso di
sollievo. Ho vissuto quel momento come la conferma ad un’intera
vita dedicata a certi contenuti, ed anche in questo caso l’apparire
fisico dei luoghi è diventato simbolo di ben altro, come a
volte una musica ci riporta ad un sentimento o ad un ricordo…
Forte impressione ha costituito per me la vista, mentre si
arrivava a Tintagel, delle due colline
tra le quali
Artú sarebbe morto, come descritto nel mio libro(2),
e che ho riconosciuto subito, in lontananza, mentre ero in
macchina. Si accavallavano nell’anima meraviglia e un
senso di vertigine, specialmente osservando il paesaggio.
Cosí ho visto come il ricco manto vegetale, costituito da
grandi alberi di latifoglie, sia ormai del tutto scomparso.
Difficile, dunque, riconoscere i luoghi immaginati nel
libro, anche se, in linea di massima, la conformazione delle
rocce sembra essere piú o meno la stessa. Si rileva, ad
esempio, come la cosiddetta “testa” di Tintagel, sulla
quale sorgeva il castello, ora collegata da un ponte, sia
attualmente divisa dalla costa da un avvallamento meno
pronunciato di un tempo, fatto questo dovuto, con tutta
evidenza, al crollo di una parte di roccia i cui sfasciumi
si possono vedere con chiarezza. La maceria di crollo che ha
riempito parzialmente lo spazio tra la costa e la “testa”
è visibile, evidenziata con una linea gialla nell’immagine
a destra. Nei secoli precedenti la nostra èra, dunque, lo
spazio tra la testa e la costa era diviso da una sorta di
profondo burrone scosceso, e il collegamento era possibile
mediante uno strettissimo ponte, quello che poi fu chiamato
“ponte della spada”, l’attraversamento del quale
costituiva una sorta di “prova di coraggio”.
L’immagine a destra, tratta da
un dipinto del XIX secolo, dimostra come, ancora ben poco
tempo addietro, lo spazio tra la costa e la “testa”
fosse molto piú profondo di quanto lo sia oggi.
- Stranamente nessuna impressione
particolare ha destato in me il castello normanno,
ossia quello comunemente attribuito ad Artú, e che risale
al XII secolo. Mi è sembrato evidente, invece, come il
castello al quale il mio libro si riferisce debba essere
ricercato nella posizione che ho individuato sul posto,
ossia al centro del pianoro soprastante il castello
medioevale. Sebbene Rudolf Steiner parli del castello
normanno, specificando addirittura dove era posta la Tavola
Rotonda e dove dormivano i cavalieri, non c’è
contraddizione. Infatti, lo stesso Dottore afferma come il
nome Artú sia stato in realtà l’indicazione di un rango,
e quindi applicabile a molti personaggi nel corso dei
secoli. Il primo Artú dovrebbe essere vissuto ai tempi di
Alessandro Magno e l’ultimo nel XII o XIII secolo. È
evidente come il castello normanno si riferisca a quest’ultimo
periodo, mentre è presumibile che il castello
pre-cristiano, anteriore al primo di almeno 1.400 anni, non
poteva assolutamente coincidere con la costruzione
medioevale. La tipologia delle costruzioni insulari
precedente all’arrivo dei Romani, infatti, è quella
tipica dei ring-fort irlandesi e britannici, e non ha
alcuna somiglianza con un castello medioevale. Se pensiamo
che le condizioni meteorologiche del III secolo a.C. erano
ben diverse da quelle successive all’anno Mille,
comprendiamo il perché del trasferimento in zona riparata
del secondo castello, quello cosiddetto “normanno”.
Infatti, nei primi tempi il clima era sicuramente migliore e
piú caldo. Successivamente, intorno all’epoca nella quale
la Groenlandia da “terra verde” si trasformò in un
enorme ghiacciaio, il clima si fece piú freddo e quindi si
cercò un posto piú riparato per la sede della Tavola
Rotonda, la quale presumibilmente divenne proprio l’oggetto
indicato dalle tradizioni leggendarie e che fu inserito
nella sala indicata da Steiner. Sul posto ho potuto
costatare persino le dimensioni del primo insediamento di
forma circolare, le cui tracce sono visibili nei sentieri
che delimitano l’area centrale della “testa”.

- Nella foto a destra si può
osservare l’area cerchiata che indica il castello
normanno, mentre al centro si può notare l’area occupata
dal primo insediamento, con i raggi che convergono nel punto
centrale dove presumibilmente vi era la struttura lignea che
ospitava i cavalieri per la loro attività spirituale. In
questa struttura avevano posto i 12 cavalieri principali,
rappresentanti le costellazioni, con Artú e Ginevra
rappresentanti il Sole e la Luna, mentre intorno a loro
sedevano i 72 cavalieri di rango minore, rappresentanti le
stelle fisse. L’immagine a destra, tratta dal catalogo
della mostra sui Celti tenuta a Venezia nel 1991, può
avvicinarsi a quello che si sarebbe potuto osservare come
luogo della Tavola Rotonda. La obiezione che nulla è
rimasto di questo primitivo insediamento, mentre rimangono
evidenti emergenze altomedioevali nelle immediate vicinanze,
indicando il sito di un villaggio e di un mo-nastero di tipo
insulare, è facilmente superabile pensando che separano
queste ultime vestigia e l’insediamento pre-cristiano
almeno novecento anni, e che le pietre della co-struzione
arturiana possono senz’altro essere state adoperate sia
per costruire il villaggio sia per costruire il successivo
castello normanno. L’assenza di tracce di fori di palo è
possibile sia dovuta alla natura del terreno roccioso e
compatto. Difficilmente, infatti, si sarebbero potuti
piantare dei pali sulla superficie della “testa” di
Tintagel se questa si fosse presentata com’è ora. Ma
secoli di tempeste possono bene aver rimosso il manto di
terra ed erba che la ricopriva, e inoltre è possibile che i
pali fossero sostenuti da un muraglione a secco di bassa
elevazione ma di notevole spessore.
- Sotto il castello medioevale c’è
una grotta che attraversa, come una galleria, tutta
la “testa” nel suo punto piú stretto e che consente di
passare da un lato all’altro di essa. Questa galleria
naturale, che oggi è denominata “grotta di Merlino”,
veniva presumibilmente usata per esperienze collegate alla
terra e all’acqua, alle maree e alla luna. La grotta si
riempiva d’acqua con le forti maree del luogo e il
discepolo poteva sperimentare l’influenza della luna sull’elemento
acqueo e sulla terra.

- Una particolare impressione si
ricava dalla cascata che scende sulla spiaggia nell’insenatura
a nord della “testa” e sulla quale si apre la grotta. La
presenza di questa cascata rendeva il posto molto appetibile
per qualunque antico navigatore che avesse voluto ripararsi
e fare provvista d’acqua. Ma la cascata offre anche un
meraviglioso gioco di luce, mentre il vento disperde l’acqua
in nuvole di vapore che assumono forme “eteriche”
evidenti. Al tempo degli Artú, questo fenomeno doveva
costituire una fonte notevole di esperienze. Rimane attuale
la forte impressione suscitata dal gioco di luci
continuamente variabile tra cielo e mare, terra ed acqua.
- La costa presso Tintagel Head,
ossia il promontorio di Tintagel, presenta numerose
isolette, una delle quali, situata a nord del sito, risulta
essere quella che ha ispirato, provenendo quale immagine di
un’incarnazione precedente, la famosa “Isola dei
morti” di Arnold Bőcklin. Rudolf Steiner afferma
che Bőcklin era stato uno dei cavalieri di Artú e che
questo fatto si poteva cogliere proprio dal suo dipinto piú
famoso, riproposto in numerose versioni. L’isola che
rimase nel profondo della memoria dell’artista, passando
da quell’incarnazione come cavaliere della Tavola Rotonda
a quella successiva come pittore, è nella foto qui sotto.
Si deve tenere presente che a quest’immagine, ovviamente
trasformata dal tempo, l’artista aggiunse altre immagini e
altri sentimenti che modificarono il risultato definitivo.
Il fatto che Bőcklin abbia eseguito numerose copie del
quadro, dandogli aspetti leggermente diversi, dimostra l’incertezza
che viveva nella sua anima riguardo a questa immagine, la
cui origine gli rimase sconosciuta.
- Constatare questo fatto mi ha
indotto anche a considerare come Steiner procedesse nelle
sue indagini. Lasciando stare le grandi comunicazioni che
egli traeva mediante la sua chiaroveggenza, il metodo
seguito procedeva sempre da un percepito che poteva essere
ritrovato nel mondo fisico sensibile. Ma, mentre questa
immagine non diceva nulla ad un comune osservatore, al
Dottore essa rivelava un mondo intero. Ecco perché egli
parla spesso di un “lasciar agire su di sé” le
impressioni del mondo: esse stesse ci dicono molte cose che
nessuna scienza materialistica potrebbe rivelare.
- Il circolo di pietre erette
visitato nei pressi di Porthcurno mi è sembrato indicativo
di cerimonie, riti e attività legate alla Terra e al Sole.
Ogni pietra eretta segnava il posto di un officiante,
riproponendo cosí lo schema della Tavola Rotonda. All’esterno
del cerchio ci sono due pietre cadute e semisepolte, oppure
semplicemente naturali. Queste costituiscono l’immagine
del sole e della luna. Difficile cogliere oggi quali rituali
fossero eseguiti quando la struttura circolare era in
funzione. Manca, ad esempio, come a Stonehenge, la foresta
che doveva circondare il luogo, e il sito stesso è meta di
persone sicuramente attratte da morbosa curiosità e che
eseguono cerimonie anche a carattere erotico. Tutto ciò ha
svilito e deformato gravemente l’atmosfera del posto. Lo
stesso si può dire di Stonehenge: il sito, pesantemente
sfruttato dal turismo e meta di “sperimentatori New Age”
è ormai soltanto un cadavere in decomposizione.

- Bellissima la spiaggia nei
pressi di Porthcurno, sulla costa meridionale dell’estrema
punta della Cornovaglia. Quello che mi ha meravigliato è il
rumore delle onde, per la verità non molto alte. Si direbbe
che qui fanno un rumore piú forte che da noi, anche se la
sabbia non è molto diversa. Ciò può essere dovuto al
fatto che la riva scende piú dolcemente e che le onde
devono quindi percorrere un tratto piú lungo. Meraviglioso
anche in questo luogo il gioco di luci e il brillío
fantastico dell’acqua quando l’onda si curva per
ripiegarsi su se stessa e frangersi sulla spiaggia. Tutta la
Cornovaglia, come del resto la vicina Irlanda, presenta
questo alternarsi di luce ed ombra e c’è sempre un vento
teso e continuo.
- Deludente è risultata invece la
cattedrale di Wells, peraltro interessantissima dal
punto di vista architettonico. Il luogo sembra vuoto di
Spirito come una stazione ferroviaria. L’ipotesi piú
attendibile, che però dovrebbe essere confermata da una
visita ad altre cattedrali inglesi, è che il passaggio dal
cattolicesimo alla religione anglicana abbia costituito una
cesura determinante, e che questa forma religiosa
britannica, priva di profondità e di tradizione, abbia
spazzato via quanto ancora di solenne permane nelle nostre
chiese.
- Invece la cattedrale di Glastonbury,
pur essendo in rovina dopo la distruzione inglese del 1539,
manifesta ancora una grande potenza. In questo luogo i
monaci scoprirono la tomba di Artú e quella di Ginevra, e
il sito è indicato da un cartello piantato in mezzo ad un
prato. I monaci traslarono le salme all’interno della
cattedrale, dove è visibile la lapide apposta in seguito.

- Il “Pozzo del Calice”,
nel quale si racconta fosse stata celata la coppa del Graal
da parte di Giuseppe d’Arimatea, è inserito in un
bellissimo giardino ma è, con ogni evidenza, una colossale
menzogna. Innanzi tutto, l’atmosfera new age del
posto è pesantissima, e l’intero sito è costruito al
fine di promuovere riti e meditazioni secondo quell’orientamento.
Nastrini appesi agli alberi, persone che meditano tenendosi
per mano, visitatori che prelevano litri d’acqua da portar
via: tutto indica un uso ingenuamente folcloristico della
leggenda. Però la presenza di sorgenti ferruginose
conferisce alla zona di Glastonbury, insieme all’aspetto
generale di essa, un’atmosfera unica. È pure evidente l’antica
presenza di vaste paludi, o di una laguna, intorno alla
collina del Tor, sotto la quale, ma in posizione già
elevata, si trova il pozzo. In un’immagine del secolo XIX
si vedono ancora i vasti acquitrini. La zona è inoltre
assolutamente piatta, al contrario del paesaggio intorno,
costituito da un susseguirsi di modeste colline.
- Alla fine, tornato a casa, gli
occhi colmi di quelle immagini e l’anima piena di quelle
impressioni, mi sono posto la domanda: «Come potrebbe
essere rinnovato il Mistero collegato alla Tavola Rotonda di
Artú»? Se pensiamo a come i cavalieri di Artú
contemplavano il gioco di luce sulle acque dell’oceano e
nella cascata di Tintagel e incarnavano l’armonia
zodiacale, se pensiamo a come essi dovettero imprimere quest’armonia
solare nelle anime dell’Europa settentrionale per
prepararle all’incarnazione del Logos, possiamo avere una
indicazione che potrebbe portarci a rispondere a quella
domanda. Innanzitutto rileviamo come allora i cavalieri di
Artú fondassero le loro osservazioni (non dunque una forma
di misticismo, bensí di scienza) sulle forze eteriche. Oggi
siamo esattamente nella stessa situazione. Quello che conta
è la conquista di una consapevolezza del piano eterico nel
quale soltanto può avvenire l’incontro con il Logos. Ora
però non è possibile procedere come si faceva un tempo.
Sebbene a Tintagel io abbia avuto una chiara consapevolezza
della differenza tra i tempi antichi e l’attuale terra “cristificata”,
sono convinto che non sia piú possibile pervenire a dei
risultati mediante le stesse operazioni compiute allora.
Oggi si deve sviluppare quanto indicato da Massimo Scaligero
mediante la concentrazione. Ma questa non può ridursi ad
una corretta ma limitata operazione “tecnica” che giunge
al suo culmine concludendosi con la cosiddetta “immagine
sintesi”. Occorre giungere alla “contemplazione”,
fase chiaramente indicata da Scaligero stesso, ma che viene
normalmente elusa, trascurata dagli operatori. La
contemplazione corrisponde esattamente a quanto i cavalieri
di Artú potevano operare stando sulle scogliere. Le forze
dello Zodiaco, invece, vengono riprodotte ogni volta che un
gruppo di persone compie questa operazione insieme, perché
il Logos è il Fondamento del Pensiero Vivente ed è tutto
lo Zodiaco.
- La “percezione pura”
sembra avvicinarsi maggiormente a quanto sperimentato dai
cavalieri a Tintagel, ma è impossibile attuarla senza
passare per la “contemplazione” come atto finale della
concentrazione.
- Di fatto la contemplazione
corrisponde alla percezione pura del pensiero.
- Coloro i quali si riunissero per
compiere l’atto finale della concentrazione, dove questa
cessa di essere pensiero per divenire Essere, attuerebbero i
rinnovati misteri della Tavola Rotonda.
Renzo Arcon
(1)La Cornovaglia,
del resto, oltre alle miniere di cassiterite, dalla quale si
ricava lo stagno, e che venivano sfruttate persino dai
Fenici, era anche una grande produttrice d’argento.
(2)R. Arcon, Di Artú e della Tavola Rotonda,
Edizioni Il Cinabro, Catania 2001. |
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