Costume

A furia di girare a destra e a manca
la testa per guardare le vetrine
debordanti di merci, una signora
reduce dal corteo dimostrativo
indetto dalla Triplice a favore
delle pensioni e contro il carovita,
per l’ossessivo scuotere del capo
ha contratto la sindrome da trance
consumistica, simile al deliquio
cui va soggetto quell’estimatore
che voglia visitare nel dettaglio
chiese, palazzi, ville e monumenti,
musei, pinacoteche e gallerie,
in qualche ora, mentre occorrerebbe
a dir poco un’intera settimana.
In memoria di un celebre scrittore
fanatico dell’arte, viene detto
Sindrome di Stendhal quel turbamento
che accomuna l’esteta e l’avventore
di boutique, negozi e fashion store.
Benché uguali nei sintomi segnati
da mancamenti, febbri e capogiri,
hanno diversa origine i malori:
prodigio di bellezza ispirativa,
splendore delle forme e dei colori,
armonia degli slanci architettonici
sono alla base dello stordimento
estatico di chi nel visitare
esagera beandosi in eccesso
di statue, quadri, affreschi e colonnati,
e si stupisce a tanta valentía
creativa espressa in dosi stratosferiche.
Per contro, lo stupore scaturisce
in chi percorre l’area commerciale
alla ricerca di regali e gadget,
dal vedere le cifre che compongono
i cartelli dei prezzi, favolose
piú di un Van Gogh se sono rapportate
agli articoli offerti: una cravatta
cento euro, duecento una camicia
una stilo trecento e passa. Insomma
è un supplizio di Tantalo l’andare
tra sogni irragiungibili, o altrimenti
ripiegare su tristi surrogati

che di quelli scimmiottano la forma.
Se poi non disponendo viene voglia
di consolarsi con le caldarroste,
si dovrà rinunciarvi, perché ormai
sono quotate come il Kohinoor.
E chi ha appena sfilato denunciando
il disagio economico, si chiede
perché tante famiglie non riescano
a raggiungere indenni il fine mese
onorando bollette, rate e mutui,
mentre qualcuno sciala lambiccandosi
la mente per decidere se prendere
un Rolex con diamanti o la pelliccia
dell’ultimo ghepardo maculato.
Ma reprimendo rabbia e frustrazione
e in barba agli ideali di riscatto,
corrono tutti insieme ad ingolfare
– avido brulicante formicaio –
strade, piazzette, vicoli e carrugi,
e spingono, si accalcano frenetici
lavorando di gomito e furbizia.
Per acquistare un paio di babbucce
danno l’assalto al Forno delle Grucce.
Passeranno in tal modo anche le feste,
bruciate da una sorta di libidine
che vuole tutto ad ogni costo, e quindi
chi disponeva di contanti e credito
ha brindato a champagne brut d’annata,
magari su una nave da crociera
che il 31 ha tagliato l’equatore,
onda su onda un periplo dorato,
al posto della Bora gli Alisei.
Gli altri hanno chiesto soldi agli strozzini,
finanziamenti a tassi da vertigine,
impegnato ricordi e vasellame
per il veglione e il pranzo di Natale.
Hanno sparato fuochi d’artificio
made in Taiwan per salutare l’anno.
Dissolti i fumi di spumanti e botti,
verranno le scadenze e i sacrifici.
Ma cosa importa, questa è l’esistenza.
In fondo non necesse navigare,
conta invece resistere e comprare.

Il cronista