AcCORdo

Nell’abbandono alla Shakti divina, alla Iside-Sophia, c’è la forza che risorge come potenza dell’aurora: aurora sul buio, sulla lunga notte, luce oltre l’esaurita tenebra, virtú di ascesa pura dalla sfera del dolore e dell’angoscia, di superamento di ogni urto umano, di pace segreta e profonda oltre ogni parvenza, di vita rinascente come sbocciare di bellezza e di grazia, fiorire di sicurezza infinita. Soprattutto gioia di una realtà che sovrasta le umane finzioni, le umane illusioni, le umane malvagità, le umane meschinità. Resurrezione secondo una purità che dissolve per intensità di donazione il male umano.
Si accende una passione calma e infinita, superatrice del dolore, vasta come la serie dei cieli dell’increato: ma perché divenga elemento creatore di vita, grazia elevatrice, le occorre il circuito della forza, ossia la connessione con il pensiero autocosciente. La potenza del cuore deve essere connessa con l’atto della volitiva chiarezza del pensiero individuante: questa potenza va colta fuori delle correnti vitali, come vita possente incorporea. La virtú del Sacro Amore deve divenire nell’umano potenza creatrice: è richiesto un moto d’avviamento di questo fluire trasmutante. Comincio a capire cosa voleva dire Hanuman parlando della corrente noetica luminosa, come di una forza travolgente. È l’identica potenza di cui si avviva per divenire creativa la corrente del Sacro Amore, che per ora si affaccia solo come Amore del sentire, dell’astrale, dell’anima: deve divenire ciò che è nell’essenza, splendore trasumanante dell’Io.
Tutto tende a deteriorarsi: sto sorreggendo questo, quello, sto correggendo quell’altro, impedisco a un altro che compia un passo falso, a un altro indico il precipizio verso il quale va, puntello una situazione, poi un’altra, mi affanno a sradicare una falsa veduta ad altri, debbo tamponare una falla qua, cercare di ristabilire una concordia pericolante, e poi correggere, correggere di continuo distorsioni ininterrotte. Ci sono momenti in cui mi chiedo se non sia meglio che a ciascuno lasci fare come vuole, ma poi so che non me lo posso permettere, perché è in giuoco una delicata formazione di comunità spirituale, necessaria, perché forse l’unica che mantenga intatta la purità della comunione con il Dottore. Si è formata una famiglia spirituale, quella che, secondo la profezia, dovrebbe continuare ciò che [altrove] si è interrotto: posso lasciar andare tutto, perché le difficoltà si moltiplicano? No, certo. Ma è molto faticoso, in certi momenti impossibile.
Poi torno all’opera col senso del dovere e della responsabilità.
Lo splendore trasumanante dell’Io è la radianza della Forza che supera l’anima e tuttavia deve operare mediante essa, anzi fa vivere le essenze di cui le Gerarchie l’hanno intessuta. È la Forza dell’Io che quasi mai affiora pura nell’umano, perché sempre le occorre la mediazione astrale. Ma nell’Io è in sintesi tutta l’anima, tutto l’astrale, tutto l’eterico, tutto il fisico: esso solo è il centro nel quale noi sorgiamo dicendo “Io”: raramente si esprime nella sua pienezza, anzi mai. La nostra pienezza è appena il suo affiorare: e tuttavia v’è un veicolo nell’anima, sicuro e perfetto, per il suo pieno fluire: questo veicolo è l’Amore abnegante, il piú donato e sacrificale, il piú fiammeo e passionale e al tempo stesso di una tersità adamantina: impetuoso e tuttavia dolcissimo, il Sacro Amore, la Forza che restituisce tutto il vigore e l’equilibrio e il senso dell’impresa iniziatica: quella che connette ogni contenuto umano con la sua realtà ultima. L’esperienza risolutiva dell’Io, epperò la ricongiunzione con il Cristo.

Massimo Scaligero

Da una lettera del maggio 1972 a un discepolo.