Poesia

Affreschi dalla Tomba François di Vulci, Museo di Villa Albani, Roma

Può la bellezza assolvere la morte,
farne gaia e solenne liturgia?
Con estrosi pigmenti catturare
il cielo e regalarlo agli ipogei?
Per lo strazio represso elaborare
un alibi di tenue fiordaliso
nei motivi del fregio lungo i muri:
rari uccelli con delicate piume,
grazia di tenui veli intorno ai corpi
di figure danzanti fra girali
e ricami che ornano il mantello
rituale dell’augure. Già l’anima
freme sul pugno del fanciullo, rondine
pronta a spezzare il laccio che la tiene
e sciogliersi dal glutine materico.
Può l’espediente d’armonia lenire
l’efferata ecatombe che l’eroe
con mano ferma sta compiendo, pronubi
le infere deità librate in volo,
appagate dal sangue? Può la vita
estinguersi in silenzio e non gridare
il suo diritto a perpetuarsi, a uscire
da tenebre muschiose in pieno sole?
Dove torrenti cingono rovine,
riducendo quel regno trapassato
a un’isola distante, irraggiungibile,
può irrompere da ceneri neglette
a un mondo aperto di fulgore e suoni:
qui vento e nembi parlano di un Dio
che nutre l’erba e l’oro del tarassaco,
il miele nel gorgheggio dell’allodola,
segno che alterna foglia a seme, a voce
nel ciclo di un eterno divenire.
Solo questa è perfetta arcana pace.

Fulvio Di Lieto