
- È
accaduto di recente al Makati Medical Center di Manila,
uno dei nosocomi piú moderni e attrezzati della capitale
filippina. Nel reparto di medicina intensiva, alle undici
in punto della domenica mattina, un paziente moriva.
Essendosi il fenomeno verificato puntuale e inesorabile
per alcune domeniche, le autorità sanitarie decisero di
monitorarlo con tutti i possibili metodi e strumenti
disponibili alla scienza diagnostica, per tentare di
scoprire la causa di quei misteriosi decessi: esami
autoptici sui deceduti, e sui degenti in vita esami e test
fra i piú aggiornati e cospicui, come TAC e risonanza
magnetica, complementati da consulti ad alto livello con
luminari delle varie discipline mediche. Inutilmente.
Subdolo e ignoto, il gene, batterio, virus o cos’altro
fosse all’origine delle letali casualità, si negava all’identificazione.
- Popolo
incline, quello filippino, alla magia di sciamani e curanderos,
molti dei quali anni fa, durante gli irrequieti Anni
Settanta in particolare, clamorosamente agirono anche in
Italia, i responsabili dell’ospedale cominciarono a
pensare seriamente a un qualche maleficio, a un diabolico
intervento di forze occulte che avessero preso di mira le
strutture del Makati e dei suoi ospiti in terapia
intensiva. Dopo aver scartato l’assurda ma verificabile
ipotesi dell’opera decimatrice di un Dottor Morte
locale, epigono del famigerato Harold Shipman – medico
inglese autore di ben 215 omicidi “compassionevoli”
eseguiti con iniezioni di eroina e morfina overdosate –
e non potendo per motivi di efficienza e decoro
professionale ricorrere alle pratiche di guaritori e
maghi, fu deciso un controllo sul campo, che fosse a metà
tra la seduta esorcistica e l’indagine paranormale. L’ordine
del giorno era: «Perché le morti si verificano proprio
alle undici del mattino della domenica?». Vennero
convocati tre professori dell’Ateneo Superiore del
Paranormale di Manila. Una domenica mattina, di buon’ora,
armati di avveniristiche apparecchiature ottiche a raggi
infrarossi, detector ultrasonici e speciali radar
sensibili alle onde motorie, i tre superesperti
allestirono nella camerata di degenza una rete
ipertecnologica onde catturare la “cosa”, l’essere,
la presenza, se non materialmente almeno in forma d’immagine
o traccia sonora.
- Poco
prima delle undici, tutta l’équipe medica addetta alle
cure dei pazienti di quel reparto si uní ai tre
acchiappafantasmi. Con loro il personale paramedico,
alcuni muniti, senza vergogna e per ogni evenienza, chi di
trecce d’aglio, chi di croci di legno benedette, chi di
reliquie miracolose, amuleti e vari altri oggetti
apotropaici. Alle undici, minuto piú minuto meno, tale
Mang Joe, addetto precario alle pulizie, si fece largo tra
la compagine di controllori, assistenti e curiosi e,
rompendo l’estrema tensione vibrante nell’aria, si
avvicinò al letto di uno dei degenti, si chinò verso la
parete, staccò la spina del sistema elettromedicale di
sopravvivenza dalla presa a muro e vi introdusse quella
dell’aspirapolvere…
- Paradossale,
vero? Ma non piú dell’episodio verificatosi in una
clinica milanese qualche anno fa, quando otto persone
morirono asfissiate nella camera iperbarica, perché chi
doveva girare la manopola dell’apertura di emergenza si
era assentato per un cappuccino o per chissà quale altro
diversivo. E cosí per la motonave entrata in collisione
con una petroliera, non nell’oceano aperto ma nella rada
del porto di una delle città piú solerti d’Italia in
fatto di traffico marittimo. E che dire dei due Jumbo
appartenenti ad altrettante prestigiose compagnie, uno in
fase di decollo e l’altro in atterraggio all’aeroporto
di Tenerife, che si scontrarono come due macchinette del
Luna Park, causando centinaia di morti. Nell’una e nell’altra
catastrofe, responsabile fu la passione per il calcio:
pare che sia gli addetti alla plancia di comando delle due
navi sia quelli alla torre di controllo fossero presi da
raptus calcistico guardando una partita alla TV.
- Di
colpevoli trasandatezze come queste, magari di piú
modesta portata, la cronaca è piena. E non sempre esse
vengono rilevate e pubblicizzate. Drammi segreti e anonimi
si svolgono in abitazioni, uffici, comunità, ospizi,
prigioni, con vittime che mai avranno la postuma
soddisfazione che al mondo venga notificata la malasorte
loro toccata per mano di persone le quali, per
sbadataggine, o peggio per accidia – ché tale è il
gesto di cosciente noncuranza – mettono in moto un
processo di causa ed effetto dagli imprevedibili esiti:
dal black out che oscura un’intera nazione, all’avvelenamento
di chi distrattamente beve, da una bottiglia con l’etichetta
di acqua minerale, l’acido muriatico che qualcun altro
per sciatta, corriva pigrizia vi ha versato, senza darne
avviso, cambiando l’etichetta o cercando un altro
recipiente piú idoneo e plausibile.
- Cinismo
e logorio animico stanno incidendo nel tessuto della
nostra civiltà un divario enorme tra le disponibilità
tecnico-scientifiche e i valori umanistici necessari a
consentirne l’impiego in maniera giusta e profittevole
per la dignità dell’individuo. Viviamo distrattamente,
superficialmente, in una dimensione inflattiva e pletorica
di parole, pensieri e gesti. E benché spesso siamo
avvertiti delle conseguenze che tale condizione può
causare, perseveriamo deliberatamente e colpevolmente
nello sciupío delle nostre risorse interiori ed esteriori
in futilità dispersive, quando non deleterie per noi
stessi e per chi incrocia il nostro cammino. Cosí
facendo, creiamo intrecci karmici che, attraverso un
effetto domino, toccano i destini di persone anche da noi
distanti e sconosciute alla nostra vicenda esistenziale.
Osserviamoci vivere, calcoliamo e pesiamo ogni nostra
parola, sentimento e pensiero, affinché, come predicava l’Uomo
di Galilea, abbia per noi importanza quello che esce dalla
nostra bocca e anima le nostre azioni, illumina i nostri
sguardi e gli slanci umani. Soltanto cosí la nostra
civiltà, che sta imbastendo ambiziose quanto improbabili
conquiste planetarie, potrà essere veramente degna di
tale nome, senza cioè le contraddizioni e gli
inconvenienti che la caratterizzano.
Il
rischio, in caso contrario, è che i viaggiatori spaziali
al posto di valori fondanti portino alle popolazioni
extraterrestri, come già fecero gli Spagnoli con gli
Amerindi, patologie scabrose o letali. O peggio, che
durante un viaggio interstellare un addetto alle pulizie
dell’astronave colleghi il suo avveniristico tricorder
igienizzante ai sensori del generatore di energia
propulsiva. Con le immaginabili conseguenze.
Leonida I. Elliot
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