Siti e Miti

 

Nel 1558 un gentiluomo veneziano, mercante e navigatore, tale Antonio Zeno, pubblicò un libro dal titolo Il racconto di Zeno. Corredato da mappe e portolani, il volume narrava la storia dei trisavoli di Antonio, dei quali uno di lui omonimo era stato protagonista di un’avventura che offuscava persino quelle vissute da Messer Marco Polo nel suo viaggio al Catai.
Carlo, Antonio e Nicolò Zeno erano fratelli. Carlo nel 1380 aveva combattuto eroicamente contro i Genovesi, tanto da meritare il soprannome di “il leone di Venezia”. Nicolò invece intraprese un viaggio per mare alla ricerca di nuovi mercati e merci di scambio. Si trovò cosí ad incrociare nel Mare del Nord lungo le coste scozzesi. Incappato in una terribile tempesta, fece naufragio e finí spiaggiato in un’isola delle Faroe. Recuperato dagli abitanti, venne accolto dal signore del luogo, una specie di re, chiamato Zichmi. Antonio venne richiamato da Venezia e raggiunse il fratello, e insieme ricoprirono la carica di ammiraglio della flotta di Zichmi.
La prima spedizione, nel 1393, toccò la Groenlandia, che venne mappata e descritta minuziosamente. Al ritorno, Nicolò morí e Antonio rimase unico capitano delle navi scozzesi. La sua fama aveva intanto raggiunto il principe Henry, signore di Orkney, Pentland e Rosslyn, il quale stava allestendo una grande flotta di ben dodici navi e duecento marinai per navigare verso Occidente oltre la Groenlandia. Era l’anno 1398. La flotta prese il mare dalle Orcadi e, passando per le Shetland, affrontò l’aperto oceano sconosciuto.
Dopo aver perduto cinque vascelli, la flotta approdò a Terranova, e quindi in un’altra regione che venne chiamata Nuova Scozia. Il principe Henry prese possesso di quelle terre abitate da indigeni pacifici, i Micmac. Vi si fondarono insediamenti. Nella primavera del 1399, la spedizione iniziò la rotta di ritorno in Scozia. Ma una furiosa tempesta spinse le navi verso Sud, costringendole ad approdare sulle coste di quello che è oggi il Massachusetts. Qui, colto da grave malattia, morí il cugino di Henry, Sir James Gunn of Clyth, e fu sepolto ai piedi di una collina, oggi denominata Prospect Hill, presso la cittadina di Westford. Un’incisione sulla roccia, bianco su nero, raffigurante un cavaliere in armi, indica con molta probabilità il luogo dove Sir James venne inumato. Si è potuto risalire all’epoca dell’episodio in quanto le armi e l’armatura del cavaliere sono quelle tipiche della fine del XIV secolo. In particolare lo scudo ha connotato il personaggio, essendo caratteristico dei Gunn di Clyth. Grazie al libro di Zeno, Rosslyn si affacciò alla storia mondiale con un alone di mistero.
Roslin è un villaggio a una decina di chilometri a sud di Edimburgo, feudo dei Duchi di St.Clair, con un castello e una chiesa. Il nome attuale del villaggio, Roslin, è una variante demotica del celtico Rosslyn, titolo di cui si fregia la casata dei St.Clair, composto da ross – monte, collina, roccia – e da lynn – cascata, fiume, acqua che scorre. E infatti nel glenn, la ridente vallata ai piedi della rocca, scorre il North Esk, uno dei piú romantici fiumi della Scozia.
In verità i St.Clair fecero onore all’etimo del loro casato: tetragoni al pari di una roccia, furono per contro dinamici come un fiume in piena, irruenti al pari di una cascata. Di origine vichinga, sul mare acquisirono i loro primi domíni, in particolare sulle isole Ebridi e Orcadi. Convertiti al cristianesimo, fondarono chiese e castelli, e dopo la vittoria di Rollo sul re Carlo il Semplice di Francia ottennero il Ducato di Normandia. L’investitura avvenne nella cittadina francese di St.Clair-sur-Epte. Da qui l’eponimo.
I duchi della casata assunsero nomi inglesi, per lo piú William ed Henry, e fu proprio un William che, al seguito di William the Conqueror, alias Guglielmo il Conquistatore, sbarcò in Inghilterra e partecipò da valoroso alla battaglia di Hastings, nel 1066, che sancí il dominio dei Normanni sull’isola e fruttò ai baroni di St.Clair la fiducia del re di Scozia, Malcolm Canmore. Questi concesse loro il feudo di Rosslyn e l’incarico di sorvegliare la regione dei Lowlands che si estendeva tra i due antichi valli costruiti dai Romani, quello di Adriano a Sud e quello di Antonino, che correva a un dipresso tra Glasgow ed Edimburgo.
I St.Clair passarono piú tempo a cavallo combattendo che a terra per amministrare il loro feudo. Da una battaglia all’altra, acquisendo onori, proprietà e titoli, un William dopo un Henry, con qualche Oliver e John intercalati: Dunbar, Bannockburn, Myton contro gli inglesi, la leggenda dell’eroe Robert Bruce, primo re della Scozia indipendente. Quando Bruce morí, Sir William di St.Clair, insieme a pochi altri scelti cavalieri, venne incaricato di portare il cuore del re in Terrasanta per seppellirlo nella chiesa del Santo Sepolcro. Scontratisi con i Mori in Spagna, vennero sconfitti a Teba e alcuni di loro furono uccisi, ma per il loro valore i superstiti ebbero salva la vita e poterono far ritorno in Scozia, dove il cuore del sovrano, eroe dell’indipendenza scozzese, fu sepolto nell’Abbazia di Melrose.
Intorno alla mirabolante spedizione oceanica del principe Henry e di Antonio Zeno, fiorirono leggende e cronache fantasiose. Qualcuno avanzò l’ipotesi che a finanziare l’impresa fossero stati i Templari, rifugiatisi in Scozia dopo l’uccisione del loro Gran Maestro Jacques de Molay nel 1314 e la dispersione dell’Ordine del Tempio. Scozia e Portogallo erano stati gli unici Paesi a non proscrivere i Templari fuggiaschi, condannati e perseguitati da Filippo il Bello e da Papa Clemente. In particolare i St.Clair protessero i cavalieri del Santo Sepolcro, istituiti nel 1118 da papa Innocenzo II e re Baldovino di Francia. Una St.Clair, Caterina, aveva sposato Hugues de Payen, primo Gran Maestro dei Templari e, con molta probabilità, anche primo Gran Maestro del Priorato di Sion, la cosiddetta Fratellanza, che era, si vociferava, la vera anima ispiratrice dei Cavalieri dai mantelli bianchi decorati con la croce rossa a otto punte caudate, e segnalati dal bauseant, lo stendardo bianco-nero.
Certo è che William, il figlio di Sir Henry, animatore della spedizione della scoperta dell’America ante litteram, ereditò cospicue ricchezze, oltre al titolo, e poté cosí dare inizio, nel 1420, alla costruzione di una cappella nella tenuta di Rosslyn. Per realizzare il particolare disegno ideato da Sir Henry, vennero chiamati carpentieri, muratori e operai da ogni luogo e regione del Paese, e persino dall’estero, in numero tale che Sir William fece costruire poco distante abitazioni e locali di servizio per tutte le maestranze addette all’opera. Nasceva cosí l’odierna cittadina di Roslin. Ogni capomastro riceveva quaranta sterline l’anno, e dieci sterline andavano a ciascun altro lavorante. La cappella venne consacrata nel 1450, e dedicata a San Matteo secondo il culto cattolico.
Sir William morí nel 1484. I successori, tra alterne vicende, aggiunsero parti di complemento all’edificio, quali dimore per il clero e giardini. Tuttavia il progetto originale di Sir Henry, di una grande collegiata a croce latina con un’alta torre al centro, non venne mai realizzato, e ciò perché di lí a pochi anni la Riforma di John Knox vietò le funzioni nelle chiese cattoliche e ne fece distruggere gli altari in tutto il Paese. Duranti i vari assalti al castello e alla cappella, gli incendi e i saccheggi fecero sparire, tra altri importanti documenti appartenenti alla famiglia, anche la cronaca della spedizione nelle Americhe. Unico segno tangibile rimasto di quella straordinaria impresa, il fregio dell’arco che decora una finestra della cappella: vi sono raffigurate delle spighe di mais, pianta originaria del Nuovo Mondo, e in quell’epoca sconosciuta in Europa. In seguito, nel 1650, le armate di Cromwell comandate dal generale Monk (ironia dei nomi!), dopo aver cannoneggiato il castello di Rosslyn, distrussero gli ultimi arredi e le vetrate della cappella, dove vennero stallati i cavalli dell’armata.
Ritenuta papista e idolatra, la cappella rimase in rovina fino al 1736. Le anime romantiche vi si recavano in pellegrinaggio: gli acquerellisti della scuola di Robert Norie per ritrarre le nobili rovine incastonate nella verzura della campagna; i poeti come Robert Burns per cantare il fascino e l’orgoglio della propria terra. Byron, che fu tra i piú assidui frequentatori di Rosslyn, vi compose questi versi dolenti:
…Oh Roslin! Time, war, flood and fire
have made your glories star by star expire.
Chaos of ruins! Who shall trace the void
o’er the dim fragments, cast a lunar light
and say “Here was or is” where all is doubly night…

…Oh Roslin! Tempo, guerra, diluvio e fuoco
hanno fatto spegnere le tue glorie stella a stella.
Caos di rovine! Chi potrà colmare il vuoto
sui grigi frammenti, gettare una luce lunare
e dire “Qui fu o è” dove tutto è doppiamente notte…

James di St.Clair iniziò l’opera di recupero di quanto restava della cappella nel 1736. Nel 1778, con la morte di un Sir William, si estingueva la linea diretta dei St.Clair. Dopo vennero gli acquisiti al titolo per discendenza indiretta, linee ereditarie e matrimoni, ciascuno dei quali aggiunse alla cappella simboli, stemmi e blasoni divenuti poi enigmi e segreti della stirpe. Qualcuno ci vede anche una specie di capitolato allegorico della massoneria, ma la decorazione scultorea rappresenta per lo piú simboli cristiani e riferimenti mistici ed esoterici derivanti dalla tradizione giovannea, che fu degli Ospitalieri e dei Templari.
In realtà, la devozione dei St.Clair non era tanto alla Chiesa di Roma e al papato, quanto alla tradizione del cristianesimo delle origini, e forse anche a quella pre-cristiana risalente a Davide e al re Salomone, e naturalmente al costruttore del tempio di Gerusalemme, quell’Hiram di Tiro i cui segreti edilizi si riteneva che il Priorato di Sion avesse ereditato e trasmesso ai Maestri massoni europei, con la tutela militare dei soldati del Tempio. Con tutti questi elementi i St.Clair erano collegati, e la cappella voluta da Sir Henry doveva costituire un repertorio dei diversi valori simbolici e sapienziali che da Salomone erano discesi ai Maestri costruttori di cattedrali, passando attraverso la sublimazione della rivelazione cristica. La colonna del Maestro Massone e quella dell’Apprendista, tuttora visibili nella cappella di Rosslyn, sembra vogliano ricordare le due colonne erette da Hiram nel Tempio di Salomone: “Boaz” (in Lui è la Forza) e “Jakhin” (Dio sorregge).
Lo scisma anglicano produsse una partizione inconciliabile tra due criteri basilari per intendere e praticare il rapporto con la divinità e il trascendente, e la massoneria inglese divenne anch’essa preda di questo delirio di separazione e contrapposizione spirituale oltre che materiale. Le corporazioni dei muratori e tagliapietre, le “Mason’s Guilds”, accettarono anche membri estranei alla professione, e ci fu cosí la creazione delle Logge di Pensiero, improntate a un’azione speculativa e simbolistica, politica e quindi collusa col potere dominante. Nasceva quella massoneria di stampo illuministico che Cagliostro tentò successivamente di riportare al primigenio spirito misteriosofico. In breve, quella massoneria giovannea di cui i St.Clair erano fedeli adepti e che causò loro non pochi danni a scapito dei privilegi del proprio rango. Quando la laicizzazione della massoneria inglese giunse all’apice, l’ultimo St.Clair di Rosslyn, Sir William, nel 1757 si dimise dalla carica di Gran Maestro della Loggia Scozzese, alla quale del resto aveva appartenuto per obblighi ereditari e non per assiduità di frequentazione e comunione d’intenti.
Di recente, un autore di thriller ha scelto Rosslyn e la regione circostante per farne un deposito di tutti gli arcani, misteri e tesori, veri o presunti, di cui si abbevera da secoli il bisogno umano di trascendente. Naturalmente, sensazionalismo e necessità di trovare filoni inediti per un pubblico di lettori viziati dai vari top secret catodici e libreschi, hanno preso la mano all’autore. In una grolla senza fondo né pudore ha infilato pentacoli e cryptex, sacre pergamene e compassi massonici, unicorni, rose mistiche e dee madri. Il tutto contenuto in bauli e sarcofagi, tombe e sotterranei, coinvolgendo nel feuilleton il buon re Dagoberto, l’Opus Dei, Goffredo di Buglione e un quadro di Caravaggio che viene brutalmente strapazzato nelle pagine d’apertura. Complice principale e ignaro di tutto il farraginoso plot, cooptato dall’arroganza della nuova cultura usa-e-getta, Leonardo da Vinci. Il suo “Cenacolo” viene chiamato in causa per giustificare il torbido e nevrotico intreccio del romanzo. Secondo la tesi di Dan Brown, nell’affresco sarebbe rappresentato lo Hieros Gamos di Egizi e Greci, ovvero le Nozze Sacre di Gesú e della Maddalena. Una valenza misterica che alcune scene del romanzo riducono però, per subdolo parallelismo, a un basso rito di magia sessuale da setta dopolavoristica, che spera di ottenere le beatitudini estatiche e nirvaniche chiudendosi nei sotterranei di castelli aviti, in cripte sepolcrali o cantine di ville e cascinali, dondolandosi in trenodíe tantriche al ritmo ossessivo del pentametro giambico. Oppure, per tenersi in linea con il dinamismo adrenalinico di moda, non privo di aspettative lucrose, cercare tesori e rarità testuali tra fughe, inseguimenti e sparatorie, in combutta o contesa con monsignori in limousine e sfoggianti anelli e pastorali di diamanti, sicari penitenti con cilici esasperati da uncini, raffi, e spine, gustando brut d’annata e steak au poivre.
Diversa è la via al Sacro, e certamente piú lineare e con meno segreti, cifrari e codici di quelli descritti nel corposo volume di Brown. Ma come recita l’adagio, non tutti i mali vengono per nuocere. Scritto, stampato e diffuso per portare altra legna al rogo che arde da ben duemila anni per bruciare personaggi e valori cristiani, il romanzo ha finito col creare un ennesimo polo d’interesse per il mistero e il trascendente legati alla figura del Cristo. Nel giro di pochi mesi il villaggio di Roslin e la cappella dei duchi di St.Clair sono diventati, grazie al thriller in questione (le vie del Signore!) meta di pellegrinaggi da ogni parte del mondo. Un vero e proprio culto per una terra già scrigno di tesori naturali: laghi, brughiere, pascoli fioriti, un cielo enorme e tenero d’azzurro, a volte ovattato di nebbie. Nebbie nelle quali si animano enigmi paleontologici come il mostro di Lochness, o si delineano configurazioni mitiche come Ayr, Stirling e Greenan, ritenute ubicazioni originarie dell’arturiana Camelot.
Miracoli, fede, mito. Tutto si intreccia nelle volute degli archi rampanti di Rosslyn, nei delicati merletti della pietra tempestata di stelle, margherite, gigli, soprattutto rose, antichi simboli sigillati dalla croce fiorita dei St.Clair. Questo e non altro attende i pellegrini che vanno a Rosslyn. Nessun tesoro nascosto di ordine venale. Solo cibo per gli occhi e per l’anima, consolazioni, apologo armonioso del bello, certezza della divinità dell’uomo nell’opera che realizza e difende.

Leonida I. Elliot