Dopo Londra, New York, Parigi
e Montreal,
sta per sbarcare in ogni capoluogo
del continente Europa la tendenza
in voga presso i broker di Wall Street,
che per scontare pratiche volpine
di giochi in Borsa e il cinico maneggio
di capitali in via speculativa
e farsi perdonare un’agiatezza
che ha del sibaritico, si spogliano
degli abiti firmati da Versace,
e indossati gli stracci da barbone
lasciano i loft coi marmi di Carrara
e si danno alla vita da accattoni,
dormendo su panchine e cartoname,
circondati da topi e spazzatura.
Un pasto al giorno ai centri d’accoglienza,
niente Rolex, laptop e cellulari.
Ma dato che in America si deve
dare un nome a ogni forma di mania
assegnandole un ruolo e una valenza,
hanno chiamato Street Retreat la moda
che ha allargato la fascia degli adepti,
annoverando tra i suoi praticanti
anche attori, scrittori e religiosi.
Il monaco buddista Francis Lugo
afferma che chi vuole veramente
calarsi nella mistica esperienza
di rinunciare al mondo della maya,
deve puzzare, non lavarsi, scendere |
ai livelli piú bassi dell’umano
se vuole risalire alla purezza.
«Un’esperienza unica – dichiara
l’autore di best seller David Wolfowitz –
alternativa ai Centri di benessere».
E anche Robert Dumme, investment bunker,
ovvero esperto nel gestire i soldi
dei piú ricchi magnati made in Usa,
rivela che la Street Retreat gli ha fatto
calare dieci chili in dieci giorni,
e la consiglia come terapia
dimagrante, efficace e a costo zero.
Ma non tutti la pensano cosí.
L’avvocato degli homeless, Robert Roten,
condanna la “libido da penuria”
di tanti personaggi ipergriffati
e stanchi di un benessere eccessivo:
«È un oltraggio all’autentica miseria
– tuona – uno schiaffo ai senzatetto che
piegati dai rovesci della vita
si fanno vagabondi e mendicanti».
Hanno ragione tutti, anche i seguaci
di questa austerità di nuovo conio.
Privandosi di lusso e autorità
si preparano forse all’emergenza
che sentono diffondersi e toccare
ogni uomo e nazione del pianeta:
prove di povertà, prove di dieta.
Il cronista |