
- Le
leggende, a detta dei Maestri dello Spirito, contengono piú
verità della storia ufficiale e piú veraci insegnamenti o,
come si usa dire oggi, linee guida, lungo le quali muovere i
nostri passi di individui globalizzati, nonché vittime
della new economy, della new technology, del politically
correct ecc.
- Una di
queste leggende, che potremmo, sempre in ossequio alla
terminologia corrente, definire “metropolitana”, parla
appunto di una metropoli, Parigi. Qui, riferisce la diceria
ufficiosa e sotterranea, a intervalli di tempo regolari
scanditi dalle naturali caducità fisionomiche, una
celeberrima diva del cinema, nostra connazionale, in là con
gli anni ma dall’inesauribile verve e tempra caratteriale,
affitta un intero piano di una famosa clinica per sé e per
la sua corte di agenti, segretarie e guardie del corpo.
Queste ultime, per la verità poco hanno a che fare con la
preziosa anatomia della diva, immortalata in centinaia di
pellicole di vario genere, che le hanno fruttato anche un
Oscar. Chi si occupa seriamente delle tuttora cospicue forme
della signora è un altrettanto celebrato chirurgo plastico,
il quale, ora una parte, ora un’altra, tirando e cucendo,
ingrossando o riducendo, riporta l’assetto anatomico della
sua illustre paziente ai parametri di un’attrice appena
agli esordi della carriera.
- Chimera
dell’immortalità che ora e qui fa uso del bisturi, ma che
ha assillato l’uomo sin dai primordi. Prometeo e Gilgamesh
sono tra le figure piú rappresentative del mito e della
storia a testimoniare tale determinazione a rendere
immortale la creatura umana. Il primo, eroe greco, osò
rapire il fuoco divino per cuocere un essere d’argilla
destinato a vivere in eterno senza l’aiuto della
divinità. Ecco nei versi di Goethe con quali termini il
sacrilego eroe si rivolge a Zeus:

- Ma
giocare a fare Dio con la materia senza Spirito è trastullo
diabolico. Narra infatti il mito che il superbo Prometeo
creò tutti uomini: un mondo di maschi. Zeus, adirato,
decise di punire il tracotante artigiano e ordinò a Efesto
di plasmare un’avvenente figura femminile, che sua figlia
Atena ornò poi di splendide vesti e di gioielli, animandola
e donandole l’astuzia. Era nata Pandora, che ebbe in dono
dal suo creatore un vaso che non avrebbe mai dovuto aprire.
Pandora, rifiutata come sposa da Prometeo (“colui che
pensa prima”), edotto dell’inganno divino, venne presa
in moglie da Epimeteo (“colui che pensa dopo”), fratello
di Prometeo. Il resto è noto: Pandora, vinta dalla
curiosità, aprí il vaso, e ne uscirono in forma di vento
tutti i mali che da allora affliggono gli uomini. Per ultima
però, a consolazione, venne fuori Elpis, la speranza, sotto
forma di un uccellino verde.
- Anche a Gilgamesh era stato rivelato il mezzo per
conquistare l’immortalità. Si trattava di un’erba
magica, una sorta di biancospino, che conferiva l’eterna
giovinezza. L’eroe sumero la recuperò dal fondo di un
pozzo, ma un serpente gliela rubò mentre, vinto dalla sete,
si stava abbeverando a una fonte, condannando cosí lui e
tutta la genía degli uomini a morire.
- Di quest’erba, piú che di ogni altro ritrovato, avrebbe
bisogno la celebre attrice che si reca a Parigi per
ritornare l’eterna Eva, capace di illudere ogni uomo con
la sua imperitura bellezza.
E forse quella magica pianta
avrebbe risolto anche il problema dell’onnisapiente
dottor Faust, che nell’omonimo poema di Goethe è
costretto invece a stringere un patto con Mefistofele, per
aver garantita una ritrovata giovinezza in cambio della
propria anima.
- E poiché i modi e gli uomini non cambiano, il mito
letterario si trasferisce nella realtà moderna, e l’ansia
umana di immortalità diventa, presso i sempre piú numerosi
fanatici dell’apparire fisico, un postulato dell’immutabile
condizione giovanile. Questi esaltati dell’avvenenza
corporea sono terrorizzati dal decadimento fisico implicito
nella vecchiaia, la quale, simile al vaso di Pandora,
conterrebbe secondo loro tutti i mali rappresentati dal
deturparsi delle forme unito all’inanità del dinamismo
armonico del corpo. Per esorcizzarla, quindi, si
assoggettano a procedimenti di restauro che sconfinano nella
negromanzia. Il demonizzare la vecchiaia nella sua essenza
fisica porta a denigrarne anche le virtú sapienziali, a
svilirne il patrimonio di qualità interiori che ogni
individuo accumula e affina nel ciclo di un’intera
esistenza.
- Oggi si dà poco o nullo credito ai vecchi, che nelle
attuali temperie previdenziali finiscono persino con l’attirare
su di sé l’indebita taccia di oneri parassitari per la
società in cui vivono. È ormai un’icona del mito,
sorpassata e abusata, l’immagine di Enea che porta sulle
spalle il padre Anchise fuggendo da Troia in fiamme.
- Fino a tempi recenti, nelle comunità si ricorreva all’esperienza
degli anziani, che tante ne avevano viste e sofferte, per
attingere a un sapere collaudato sulla propria pelle e non
per sentito dire. Oggi invece non ci si affida piú a questa
risorsa di saggezza, in quanto la senescenza è divenuta
sinonimo di demenza. E spesso sono gli stessi vecchi ad
alimentare questo pregiudizio, facendo di tutto per
enfatizzare un certo vitalismo esteriore e deteriore ai
danni di una interiorità forgiata dalle vicissitudini
esistenziali. Ecco allora che la cronaca ci mostra un tale,
Les Dizzy Sales, di ottantotto anni, passeggiare sulle ali
di un aereo in volo nel cielo del Sussex in Inghilterra. Al
termine delle sue temerarie acrobazie il vegliardo ha
dichiarato che solo tenendosi ritto in piedi sopra un aereo
lanciato a tutta velocità riesce a divertirsi davvero.
- Non sempre però tutto fila liscio agli attempati epigoni di
Icaro. Tale Fioravante Sbragi, di ottant’anni, è
precipitato col suo Piper poco fuori della Lanterna nel
porto di Genova, cavandosela con una bella nuotata a riva:
«Colpa dell’elica», ha dichiarato candidamente ai
cronisti.
- Del resto, è la stessa legge a incentivare tanto ardore
dinamico, se è vero, come riporta sempre la cronaca, che la
Prefettura di Teramo ha rinnovato la patente di guida a un
certo Giuseppe De Luca, novantaquattro anni suonati. «Non
vado neppure dal meccanico – ha rivelato l’ultranovantenne.
– Le macchine me le riparo da me». Chissà se il De Luca
conosce il Dr. Marcel Huguény, che a ottantuno anni
compiuti si è iscritto alla Parigi-Dakar. A chi gli ha
chiesto il segreto di tanto coraggio, il prode Marcel ha
risposto: «Basta saper leggere nella sabbia!». E lui,
ovviamente, ci riesce, se ha già sfidato per ben tredici
volte le dune del Sahara col suo Land Cruiser.
- A volte però l’energia della vecchiaia indomita viene
messa al servizio di imprese poco nobili, pur se
ardimentose. Tra gli arrestati di una minigang che aveva
rapinato la Banca di Marano Ticino, la polizia ha
individuato un Jessie James di ben settantasette anni,
autista della banda. Vittoria Benetti, invece, anche lei di
settantasette anni, le rapine le ha compiute da sola, dopo
aver addormentato le sue vittime. È stato perciò definita
“Lady Sonnifero”. Nel caso di tali eccessi di senile
stravaganza, la vecchiaia rinuncia alla propria dignità e
al suo ruolo di vigilanza sulle vicende delle famiglie e
della società nella sua dimensione piú allargata. Anch’essa
si lascia irretire dalla seduzione del Signore della Materia
e scivola nelle trappole, in fondo alle quali si annida,
piú di ogni oltraggio fisico e morale, una buona dose di
ridicolo.
- Non a tutti, però, il varco della soglia anagrafica fa un
simile effetto, e non tutti cercano nell’adrenalina l’elisir
di lunga vita. Illustri esempi lo testimoniano. Socrate
volle apprendere le figurazioni della danza sacra quando era
ormai in là con gli anni, poco prima che la cicuta ponesse
fine ai suoi giorni. A settantadue anni Colette pubblicò il
suo capolavoro Gigi, Michelangelo innalzava la cupola di San
Pietro, a settantasei il cardinale Angelo Roncalli fu eletto
papa, lo scrittore di fantascienza H.G. Wells si laureò a
settantotto, Benjamin Franklin fu tra gli estensori della
Costituzione americana avendone ottantuno, la stessa età di
Wolfgang Goethe quando terminò il suo Faust. Già oltre i
novanta, la fotografa del Reich Leni Liefenstahl volteggiava
con pinne e maschera tra le madrepore del Mar Rosso, con la
sua macchina da presa subacquea, per realizzare il
documentario “I giardini di corallo”. Dalle profondità
marine alle vette del Pamir e dell’Himalaya. Il grande
Giuseppe Tucci, con i suoi fedeli sherpa, fin nell’età
piú avanzata proseguiva nella sua instancabile ricerca
delle radici di civiltà millenarie, alle cui fonti di
saggezza lui ed altri orientalisti si erano dissetati per
anni. Come Lanza del Vasto, che prima di morire compí la
traversata a piedi dell’India da Trivandrum alle
sorgenti del Gange. Quale modo migliore per esorcizzare la
morte del corpo, affrontando con gli occhi dello spirito il
suo grande mistero! E quale ipoteca piú affidabile sull’istanza
di immortalità che l’uomo da sempre coltiva, dell’ansia
di coglierne il riverbero attraverso la percezione e l’immedesimazione
ottenute con le pratiche dell’arte e della conoscenza
superiore.
- Beninteso, il cammino è lungo e irto di ostacoli e
seduzioni, tra cui la tentazione di tutto affidare ai
rutilanti prodigi della materia, all’idolatria feticistica
del corpo, a un mai sopito epicureismo estetizzante. Questi
smarrimenti ci consegnano al Principe di questo mondo, che
simili strumenti adopera per possederci senza nulla darci in
cambio che non sia parvenza e inganno.
- Ma l’uomo ha la capacità di vincere tutti questi
tranelli, secondo quanto ci dice Prentice Mulford, il quale,
nel periodo in cui si affacciava alla storia il socialismo
ateo marxista, a metà del XIX secolo, trattava nei suoi
libri la capacità dell’uomo di acquisire l’immortalità
basandosi sullo spirito e non sulla materia: «Nell’affermare
la nostra fede che l’immortalità nella carne è una cosa
possibile, noi non intendiamo affermare che essa sia
possibile per tutti ora, ma riteniamo che non vi sia alcuno
non suscettibile di conseguirla. Neppure intendiamo
suggerire che l’umanità debba mettersi immediatamente all’opera,
in senso materiale, per ottenere il modo di “vivere
eternamente”. Noi riteniamo semplicemente che questo è un
risultato che presto o tardi dovrà avvenire assieme all’evoluzione
dello Spirito attraverso il Divino Crogiolo dell’anima
umana»(2).
- Materia e Spirito, ecco i termini di una contesa che dovrà
trovare la sua soluzione allorquando la prima, finalmente e
integralmente compenetrata dal secondo, consentirà all’uomo
il vero lifting al quale egli realmente anela: assumere
tratti e sostanza della natura angelica.
Ovidio Tufelli
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(1)W. Goethe, “Prometeo”, in Inni, Ed. Einaudi, Torino
1967.
(2)P. Mulford, I doni dello Spirito, F.lli
Bocca, Milano 1952.
Immagine: Friedrich Moritz
August Retzsch «Faust e Margherita nel giardino di Marta»
acquerello, 1816
Un dipinto che fu considerato dallo stesso Goethe molto
rispondente alla scena rappresentata.
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