
Come
si consola l’uomo inurbato e nevrotico di oggi? Per
infrangere gli esigui orizzonti cementizi entro cui lo
costringe a vivere la civiltà delle usure finanziarie e dei
ricatti tecnologici, tenta disperate quanto patetiche
sortite alla ricerca del riscatto naturalistico.
- Ma non
sempre la natura è a portata di mano. Quella vera e genuina
latita, si defila. Ecco allora l’ultima trovata: la natura
alligna sui terrazzi dei grattacieli di Manhattan,
prosperando in veri e propri orti metropolitani, che
producono pomodori, melanzane, peperoni, cipolle, patate e
carote: una autentica e variegata messe di ortaggi e
verdure, in un ciclo completo e autosufficiente. Anche il
concime è ricavato in forma autarchica dalla composta
ottenuta per fermentazione batterica degli avanzi della
tavola e della cucina. I veg-garden stanno spopolando a New
York e presto, è da ipotizzarlo, fisseranno la tendenza di
moda per l’intero pianeta.
- C’è
chi invece, potendo, la natura nella sua manifestazione piú
nuda e cruda va a cercarla nei luoghi dove essa furoreggia,
con fenomeni e creature esprimentisi allo stato brado e
imprevedibile. Ma vale veramente la pena affrontare
logoranti periegesi a costi esorbitanti per cercare l’insolito
e il selvaggio, l’abnorme e il rischioso? È inutile
spendere migliaia di euro per andare in Africa e lí
visitare i parchi naturali, detti anche “santuari”, con
la speranza di vedere animali feroci e uccelli rari in
libertà, o, come dicono gli etologi, “nel loro habitat
naturale”. Si rischiano cocenti delusioni. Per un motivo o
per l’altro i leoni si eclissano, i coccodrilli s’inabissano,
gli aironi ritardano a tornare dalle migrazioni e gli
elefanti si sono trasferiti da qualche altra parte, alla
ricerca di foreste intonse da divorare, essendo questi
pachidermi dei vegetariani mai sazi di foglie tenere e
arbusti sfiziosi. Quanto a leopardi e pantere, trattandosi
di predatori notturni non si riesce mai durante il giorno a
incontrarne neppure l’ombra guizzante. Se poi da
inguaribili temerari e insoddisfatti esploratori alla
ricerca di un trofeo visivo – ché quelli veri da impagliare
e mostrare in lugubri panoplie venatorie sopra i camini
delle ricche dimore europee e americane sono vietati,
finalmente, da severe leggi protettive – ci si determina ad
avventurarsi nell’oscurità totale della notte africana
per un eccitante incontro con quei favolosi ed elusivi
felini è quasi scontato che l’evento sia della quinta
dimensione, quando cioè una delle parti che entrano in
contatto fisico divora l’altra. Ed è qui inutile dire,
nel caso di una pantera che incroci un turista sprovveduto
ancorché audace, chi sarà il divoratore e chi la preda.
- Alla
fine, tornando alle chiassose e ipercivilizzate metropoli
dopo tante frustrazioni zoologiche, ci si accorge che è
possibile acquistare ogni specie di animale o volatile negli
appositi negozi specializzati in fauna esotica e rara.
Potete diventare proprietari di un ornitorinco, di uno
sciacallo dello Zambesi e persino di un leopardo delle nevi
del Bhutan. Per non parlare delle tartarughe della
Galapagos, varani di Komòdo e dell’ultimo moa rinvenuto
in uno sperduto atollo delle Tuamoto. E poi ragni, serpenti,
scorpioni, squali chitarra, salamandre ignifughe e
camaleonti insettivori. Negli acquari domestici di casa
nostra nuotano ormai milioni di pesci palla e arlecchino,
predati alle barriere coralline di tutta la fascia tropicale
del mondo. Globalizzazione, questa sí che lo è! Il
problema è che a un certo punto, cessata l’iniziale
infatuazione di sapore sandokanico, il trofeo dell’incivilito
e capriccioso homo voraciraptor viene a noia, oppure
richiede troppe cure, spese veterinarie e di nutrimento. Si
rischiano inoltre grane con la protezione animale e coi
vicini di condominio, che si sono trovati la vostra iguana
screziata nella vasca da bagno o la vostra vedova nera
dietro il cuscino del sofà. Succede allora che nottetempo,
furtivamente, vi liberate del vostro gingillo esotico,
trasportandolo fuori porta, o magari abbandonandolo tra le
rovine dei Fori, o persino all’angolo della strada dove
abitate.
- Fino a
qualche tempo fa è stata avvistata nelle campagne a nord di
Roma una pantera, non si sa se fuggita da uno dei tanti zoo
clandestini creati da mercanti e allevatori senza scrupoli,
oppure se abbandonata da un circo fallito dopo una
sfortunata tournée nella capitale. Dato che il felino in
questione non risulta a tutt’oggi catturato, è probabile
che si sia ambientato in quella fascia di territorio che va
dal suburbio romano alle propaggini dei monti laziali.
Habitat diventato ormai piú selvaggio del Serengeti in
seguito alla dismissione del latifondo e al successivo
abbandono delle attività agricole, in attesa della ennesima
aggressione edilizia che alla natura selvaggia sostituirà
il cemento selvaggio.
- Non è
da dire per contro che l’ambiente urbano di Roma scherzi
in fatto di fauna selvatica allo stato brado. Sulle rive del
Tevere e dell’Aniene sono stati avvistati caimani delle
Everglades e anaconde amazzoniche, tartarughe-coccodrillo
dalle fauci che tranciano in due una pecora, e tra i ruderi
del Palatino condor delle Ande, mentre pitoni corallo del
Malabar si avvitano ai lampioni di Campo Marzio o si
spingono fino alle piazzette piú esclusive del centro
storico. Pesci siluro dalle proporzioni cenozoiche
sommozzano in marrane e laghetti, aquile e falchi si
contendono il dominio dei tetti nei quartieri piú
addomesticati dell’Urbe, con gabbiani, taccole,
Parrocchetti dal collare, pappagalli del Borneo e Amazzoni
frontegialla del Venezuela. Qualche ornitologo piú
informato e zelante asserisce di aver avvistato persino il
rarissimo Tessitore del Madagascar nella tenuta della
Caffarella. Quest’uccello è detto cosí dalla sua
abitudine di costruirsi il nido tessendo e intrecciando
filamenti vegetali e sospendendo alla fine il prodotto di
tanta sapiente fatica da un ramo nel vuoto, per evitare che
i serpenti divorino le sue uova. Ma non esistendo qui tale
pericolo, probabilmente col tempo questo ingegnoso
clandestino imbastirà il suo nido meno elaborato tra i rami
di una delle tante palme da dattero che allignano copiose e
folte nei parchi e ville di Roma, nutrendosi dei frutti di
quegli alberi che gli ricordano la sua terra d’origine.
- Migrazioni,
importazioni piú o meno legali, acclimatazioni forzate,
mutazioni: la parabola evolve in progressione
consequenziale. Variando patria e clima cambiano usi,
costumi e finanche gli attributi tipici della specie, con le
loro precipue funzioni: le rondini non si fanno vedere ormai
piú tanto da noi e preferiscono, secondo gli esperti che ne
osservano il comportamento, rimanere in Africa, tra i monti
dell’Atlante, e allo stesso modo la capinera che passava l’estate
in Gran Bretagna e svernava in Spagna e Marocco, da tempo
preferisce le nebbie albioniche al clima secco dell’Andalusia.
Come pure, stando alle indagini degli studiosi, sembra che
la zanzara anofele, tipica dei climi tropicali e temperati,
si sia insediata con sua grande soddisfazione nelle regioni
uraliche della Russia, dove non si era mai vista prima, a
memoria delle popolazioni locali.
- Tali
anomali trasferimenti si ipotizza che avvengano con gli
aerei, nei container delle navi supertank, magari nelle
partite di frutta, grano e persino coi giocattoli e nei
copertoni delle ruote delle automobili. Di quest’ultimo
tipo di veicolo di propagazione si è servita l’Aedes
albopictus, nome latino altisonante con il quale si
designa la minuscola ma temutissima zanzara tigre, piaga
delle nostre estati.
- L’incontrollabile
dromomania umana non è certo stata nel tempo foriera di
ricchezze e salute: la smania di globalizzare il pianeta ha
prodotto nei secoli danni ben piú gravi dei vantaggi che
scoperte e colonizzazioni promettevano di elargire. Morbi
letali esportati da conquistadores, trafficanti e
avventurieri, con o senza l’avallo ufficiale delle potenze
regnanti, hanno decimato intere etnie, annientandone la
cultura, la religione e i costumi. Sappiamo soltanto ora che
intere biblioteche ospitate nei palazzi reali e nei templi
dei Maya e degli Aztechi, contenenti tutto il patrimonio
sapienziale, culturale e misterico di quei popoli, sono
state deliberatamente date alle fiamme, seguendo il retrivo
principio che uccidendo i valori interiori di un’etnia se
ne cancelli integralmente l’identità e la capacità di
riprendersi storicamente.
- E
perciò le stranezze climatiche, le aberrazioni
meteorologiche, le rondini restie a migrare, i caimani nell’Aniene
e i pesci siluro nei canali e nelle gore di casa nostra, non
devono riempirci di stupore e ancor meno devono rallegrarci.
Sono segnali che indicano fino a che punto siamo riusciti a
stravolgere il perfetto orologio della natura, meccanismo
che ormai cammina segnando un tempo svagato e inaffidabile.
Persino sinistramente eccentrico e grottesco. Dicono sempre
gli addetti ai lavori che i merli indiani, le cosiddette
maine o gracule, care alla dea Parvati, imitino ormai
soltanto i suoni di cellulari e computer. Chi ne ha
acquistato degli esemplari importati si è reso conto del
plagio tecnologico subíto dai volatili, che altrimenti
erano apprezzati per la loro capacità di imitare suoni e
voci gradevoli.
- Distacco
quindi dalle radici profonde dell’ordine naturale,
avulsione coatta dal proprio ambiente e in termini piú
immateriali sentori di una minaccia planetaria avvertita a
livelli piú profondi della sostanza animica. La stessa che
è forse all’origine della voluttà di morte che prende
alcuni cetacei, a volte interi branchi, portandoli a
spiaggiarsi sui lidi australiani e neozelandesi. La
globalizzazione dovrebbe scambiare valori,
diffondere virtú e conoscenza. Ma poiché essa avviene per
spinte materialistiche, finisce per operare baratti di
veleni. Ci rendiamo conto adesso che un’occulta
condiscendenza alla immigrazione selvaggia ha prodotto piú
miseria sia nei Paesi che si privano dei loro figli, e
quindi di forze di lavoro con relative capacità
intellettuali e creative, sia nelle aree dove approdano i
carichi di disperazione, soprattutto allorché i Paesi di
accoglienza, spesso forzata, sono a loro volta gravati da
problemi sociali ed economici, come è il caso dell’Italia.
Si diceva scambio di veleni. Ci lamentiamo dell’immigrazione
islamica, addebitandole fanatismo e intransigenza dogmatica,
ma nessuno, neppure tra i piú avveduti esperti, ha rilevato
che ad esempio gli albanesi, ultimamente responsabili di
gesti di violenza particolarmente efferata, provengono da
una nazione che a suo tempo volle assumere l’ateismo come
religione di Stato. Non è che il timor di Dio freni tutto
il male e la propensione a delinquere degli individui, ma
diciamo che aiuta, in qualche modo funziona da deterrente e
crea all’interno dell’uomo un substrato di coscienza che
ne frena gli istinti, inducendolo alla temperanza. Numa
Pompilio insegna. Il mondo è diventato un gran frullato di
miserie generalizzate e ricchezze mal distribuite, di
contaminazioni e promiscue realtà umane. In tutto questo
confuso e vorticoso agitarsi, vanno depauperate soprattutto
le qualità identitarie dei popoli, che perdono le loro
peculiarità animiche e spirituali in cambio di effimeri
gadget. I popoli devono invece conoscersi e frequentarsi per
libera scelta, recando i doni dei propri valori
tradizionali. Le migrazioni forzate e gli scambi innaturali
sono l’espressione di una civiltà condizionata dall’etica
materialista, di cui a vario titolo i diversi popoli si sono
serviti nei loro processi evolutivi.
- Ma come
sempre avviene, ai mali procurati dal materialismo si
intende porre rimedio con iniziative a loro volta
materialistiche. Come potrebbe essere altrimenti? Chi
ritiene che reddito e utilità siano gli unici dèi da
venerare e i soli àmbiti nei quali operare interventi,
apportare riforme e iniziative di sussidio, non riesce a
immaginare soluzioni di tipo spirituale o semplicemente
ideale. Obbedendo a tali princípi promette di cancellare i
debiti africani, o innalza palchi nelle maggiori città del
mondo, reclutando grossi nomi dello spettacolo a esibirsi
gratuitamente per sensibilizzare, dicono, i governi dei
paesi ricchi, affinché finanzino a fondo perduto le riprese
socio-economiche del Terzo Mondo. Summit, G8, concerti live,
megashow, Telethon, la gigantesca macchina della
fantasmagoria umanitaristica si mette in moto a ogni segnale
di estrema tensione delle masse per evitare irreparabili
rotture. Di questi atti edulcorativi rimangono soltanto
buone intenzioni e, come il recente Live Aid 8 al
Circo Massimo di Roma, tonnellate di rifiuti. Se poi mai le
invocazioni e sollecitazioni dei protagonisti che si sono
esibiti pro bono sortiranno collette danarose, i
soldi raccolti, non è certo ma probabile, finiranno nelle
mani di pochi, come risulta da un rapporto della UNECA, l’Agenzia
ONU per l’Africa. Le loro cifre dicono che soltanto il
20%, o in qualche caso addirittura solo il 6% delle somme
ricavate dalle sottoscrizioni pubbliche mondiali, è stato
investito in Africa. La gran parte di questo denaro
caritatevole finisce nelle banche e organizzazioni
finanziarie dei paradisi fiscali.

- La
soluzione, nota a chi segue la Scienza dello Spirito, è
nello Spirito. Nel senso morale delle azioni compiute dagli
individui singoli o facenti parte di organismi di potere,
purché siano capaci di elaborare idee creatrici, le sole in
grado di risolvere i problemi pratici. Cosa non possibile a
chi persegue elusivamente finalità pratiche. Concetto cosí
esposto da Rudolf Steiner nelle sue Note in margine alla
Tripartizione dell’organismo sociale (Ed. Bocca,
Milano 1950, pp. 204-205): «Il mondo
è arrivato alla situazione in cui si trova, per causa di
coloro che, fuggendo le idee, ne rendono impossibile l’efficacia.
Una salvezza è ancora possibile soltanto se coloro che
riescono ancora a sviluppare una sufficiente consapevolezza
di questo stato di cose, formino tra loro una unione
potente. Essi non devono perdersi di coraggio in questo
momento cosí grave. Saranno ancora scherniti con gli
epiteti di idealisti, utopisti, sognatori ecc. Ma faranno il
loro dovere se costruiranno mentre gli schernitori
distruggono. Perché noi vedremo cadere ciò che con tanto
orgoglio hanno conseguito coloro che, fuggendo le idee,
hanno costruito o ancora costruiscono sulle sabbie mobili di
una ingannevole “realtà”. Il loro pensiero si esaurisce
nell’illusione sulla loro “praticità”, mentre si
creano un appagamento interiore a buon mercato con la
derisione di ciò che è vera pratica della vita. È
sommamente importante, per tutti coloro che non temono di
mutare la rotta dei loro pensieri, il riconoscere
chiaramente ciò che in questo senso si offre all’intelletto
senza pregiudizi. La vita del nostro tempo ha sete di idee
creatrici; per quanto la spensierata agitazione dei nemici
del pensiero cerchi di eluderla, la sete non si estingue».
- Si
coglie nelle società umane a livello planetario un vibrante
desiderio di riedificare un ambiente, interiore ed
esteriore, in cui sia degno per l’uomo vivere, in un
proficuo scambio tra gli individui e tra le popolazioni, tra
gli uomini e la natura, animale e vegetale, e nel ritrovato
accordo tra le creature e il Creatore.
Ovidio Tufelli
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