Antroposofia

L’insegnamento di Rudolf Steiner c’induce a un’importante osservazione: nei primi tempi dell’evoluzione terrestre a ogni stato elementare corrispondeva un particolare regno della natura. Cosí possiamo dire che nel fuoco viveva l’umanità, nell’aria dominavano gli animali, nell’acqua si manifestavano i vegetali, nel solido terrestre riposavano i minerali. E tutto ciò naturalmente in modo concreto e reale e nel senso che la Terra costituiva i corpi dei minerali, l’acqua i corpi delle piante, l’aria i corpi degli animali e il fuoco i corpi dell’umanità. Non è però da dimenticare che gli elementi che abbiamo nominato avevano allora una forma del tutto diversa da quella che noi oggi conosciamo.
Queste condizioni perdurarono fino al distacco cosmico della Luna. Dopo tale evento si produsse una modificazione radicale nella costituzione degli esseri, che ebbe come conseguenza la graduale immersione di tutti gli esseri nella terrestrità, cioè nell’elemento solido. A un certo momento tutte le creature si trovano immerse nella materialità piú densa. Ciò significa nello stesso tempo che avviene una separazione tra le quattro sfere elementari e i quattro regni della natura che fino allora avevano costituito una cosa sola.
Conviene subito notare che con questi fatti siamo già dentro la primissima era geologica, perché essi si svolgono durante l’epoca lemurica. Ne La Cronaca dell’Akasha troviamo scritto appunto con riferimento all’epoca lemurica: «Il regno vegetale era avanzato fino alle piante somiglianti alle nostre paludi e alberi affini. Ma tutte le forme erano affatto diverse dalle attuali. Tutto ciò che oggi appare soltanto in piccole proporzioni, era allora gigantesco. Le nostre piccole felci erano alberi e formavano grandi boschi».
Queste parole potrebbero benissimo stare anche in un trattato di geologia che descrivesse le condizioni di ere primitive. Ed ora, alla luce delle descrizioni de La Cronaca dell’Akasha, anche se ciò non riguarda direttamente il nostro argomento, vogliamo rettificare un concetto unilaterale della geologia. Questa nega o perlomeno dubita grandemente che, durante l’era mesozoica, la grande età dei mostruosi e giganteschi sauri, l’uomo fosse già presente sulla Terra. La geologia, però, si basa in gran parte su preconcetti. Notiamo che a quell’epoca la crosta terrestre era ancora in via di formazione e solo in alcuni punti del globo si era consolidata. In queste zone già indurite vivevano i giganteschi sauri coperti di loriche, squame e creste poderose. L’uomo invece aveva ancora un corpo semidenso, simile a quello delle meduse, e poteva vivere nelle zone piú fluide. Il suo aspetto esteriore non era molto dissimile da quello di un sauro, di un drago, ma il suo contenuto interiore era umano. Ciò va naturalmente contro i preconcetti della scienza occidentale, mentre, per esempio un cinese, che si basa sulla realtà della tradizione, trova del tutto naturale ancor oggi rappresentarsi il progenitore umano nella forma di un drago.
Queste condizioni si riferiscono naturalmente a tempi anteriori dell’epoca lemurica. Allora il corso del tempo era molto piú rapido che oggi e in brevi periodi le specie passavano attraverso grandi trasformazioni. L’uomo divenne ben presto un essere eretto, capace di dominare con le sue forze magiche sugli animali e sulle cose della natura.
A questo punto ci preme di far rilevare quali erano allora le condizioni ambientali secondo le rappresentazioni della Scienza dello Spirito. A questo proposito dobbiamo mettere in massima evidenza il fatto che la separazione degli elementi non era ancora avvenuta. Il fuoco e la terra erano ancora congiunti tra di loro e cosí pure l’acqua e l’aria formavano come un solo elemento. Perciò ne La Cronaca dell’Akasha troviamo scritto che durante l’epoca lemurica l’acqua era piú fluida e l’aria piú densa. La terra era compenetrata dal fuoco. Le rocce erano molli e calde. Dovunque si manifestavano fenomeni vulcanici e torrenti di fuoco solcavano in ogni direzione la crosta terrestre.
Il Dottore ci dice che la Lemuria ebbe fine in seguito a una catastrofe di fuoco. Si tratta ora di comprendere il significato di queste gigantesche catastrofi telluriche che separano un’epoca da un’altra. Nel passato queste catastrofi furono elementari; in futuro saranno catastrofi eteriche.
I grandi sconvolgimenti tellurici del passato ebbero sempre come conseguenza un nuovo assestamento degli elementi. La catastrofe lemurica segna in concreto la separazione dell’elemento fuoco dall’elemento terra. I Lemuri erano vissuti in strettissima unione naturale con l’elemento unico terra-fuoco. Ben altre furono le condizioni che, dopo la catastrofe lemurica, si presentarono alla nuova razza atlantica. Gli Atlantidi avevano ormai sotto i loro piedi una crosta terrestre spessa, fredda e consolidata, mentre sapevano che il fuoco aveva costituito una sfera separata che fasciava in alto la Terra. L’acqua e l’aria erano però rimaste unite in un solo elemento misto, che era destinato a formare la base vitale dell’esistenza atlantidea. L’uomo dell’Atlante non ha mai visto il cielo azzurro, non ha mai visto risplendere il Sole e brillare la Luna e le stelle. La sua esistenza si svolge tra le perpetue e densissime nebbie e sulla riva dei mari, dei laghi, dei fiumi. Perché le nebbie e le acque che circondano l’Atlantide sono vive e animate, pervase di potenze spirituali. Tra la nebbia vivente e l’anima dell’atlantideo vi è un rapporto diretto che fa sí che l’uomo d’allora si senta inserito in grandiosi processi elementari della natura. L’atlantideo capisce che cosa significhi il mormorio del bosco, il sibilo del vento, lo scroscio dei torrenti eccetera. Ma vi è di piú. Per mezzo delle forze della natura, egli può potenziare la sua anima e il suo corpo, allo stesso modo che per mezzo del suo contenuto interiore gli è concesso di agire fino a un certo punto sui processi elementari del mondo.
Alla fine dell’evoluzione atlantica sta pure una catastrofe elementare. La Lemuria fu distrutta dal fuoco, l’Atlantide dall’acqua. La scienza è ancor oggi incerta nello stabilire le cause effettive del cosiddetto diluvio. Una delle ipotesi preferite è quella che riguarda il lento aumentare della temperatura sulla superficie terrestre. L’antroposofia ci offre però anche altri concetti. Nel corso dell’evoluzione mondiale giunse il momento in cui fu necessario che i due elementi ancora uniti, cioè l’acqua e l’aria, si separassero. A base di questa separazione stanno cause spirituali, non cause fisiche. Queste sono solo il risultato di quelle. Alla fine dell’Atlantide, noi assistiamo dunque all’ultimo assestamento elementare, alla separazione dell’acqua dall’aria. Cominciano quelle condizioni terrestri che noi oggi conosciamo e che abbiamo descritte al principio. La terra, l’acqua, l’aria, il fuoco si squadernarono separati e divisi davanti allo sguardo dell’uomo.
A questo punto bisogna porre un’importante domanda: che significato specifico ha per l’uomo questo lungo processo di separazione elementare giunto al suo termine con la catastrofe diluviale atlantica? Per rispondere a questa domanda vorrei dapprincipio usare un concetto goethiano. L’uomo fu una volta in grembo alla Natura. Poi dovette uscirne. Il diluvio segna il definitivo distacco dell’uomo dal grande grembo materno della natura.
A questo concetto possiamo connettere in giusto modo quelli che ci sono offerti dalla Scienza dello Spirito. Al principio della sua evoluzione terrestre l’uomo viveva nella elementarietà. Il suo stesso corpo era una particella elementare dell’universo. Subito dopo il distacco del Sole, l’uomo era una “nube di fuoco”. Viveva ed era tutt’uno con i processi della natura proprio come oggi lo sono i venti, le acque, le nubi eccetera. Per tale fatto la sua coscienza poteva vivere nella coscienza degli Esseri divini. Con il distacco della Luna, cominciò la graduale discesa dell’umanità, l’abbandono dello Spirito, l’immersione nella materia. Il Lemure è (e non solo in senso figurato) ancora un drago. Egli respira il fuoco. E per il fatto di essere congiunto con questo elemento, è congiunto allo stesso tempo, e sa di esserlo, con gli Spiriti del fuoco. Intuizioni ed ispirazioni spirituali passano attraverso la sua anima, ancora ottusa alle impressioni del mondo esteriore. L’uomo atlantideo ha perso il contatto con il fuoco, ma ha conservato la comunione con l’acqua. E questo elemento acqueo, oltre a tutto il resto, riempie di potenti immaginazioni la sua anima. I suoi sensi fisici percepiscono stentatamente il mondo, ma la sua anima vive nel sogno della spiritualità.
Ed ecco il diluvio! Esso significa sí l’uscita dell’uomo dall’elementarietà della natura, ma significa anche nello stesso tempo che l’ultimo vincolo tra anima e cielo è definitivamente spezzato. Incomincia la grande solitudine umana. Essere nella natura ha soprattutto un significato spirituale. Perché erano appunto gli elementi della natura che mantenevano in antico il rapporto fra l’anima umana e la spiritualità. Cosí era l’acqua a formare e a sostenere le immaginazioni, l’aria a portare le ispirazioni, il fuoco ad accendere le intuizioni.
Ora l’uomo non è piú nella natura, il che ha semplicemente questo significato: egli non è piú nella spiritualità. Avendo perso il contatto con l’acqua, l’aria e il fuoco, non può nemmeno suscitare nella sua anima immaginazioni, ispirazioni e intuizioni.
E questo è un fatto nuovo di estrema importanza per tutta l’evoluzione dell’umanità e di tutte le creature in genere connesse con questa evoluzione.
Sappiamo che la Bibbia si riferisce alla distruzione atlantica quando narra del Diluvio. Nel capitolo nono della Genesi leggiamo che, dopo la fine del diluvio, l’arcobaleno risplendette nel cielo. E questo meraviglioso cerchio di colori, che mai prima gli uomini avevano visto, è il segno fisico della nuova conformazione assunta dagli elementi. Ma è anche un segno spirituale. La Bibbia ce lo dice. Esso è il segno del nuovo patto stabilito tra Dio e la Terra. Dunque, dopo il diluvio, si presentano sulla Terra condizioni cosí singolari che la Divinità vede necessario stabilire un nuovo patto con gli esseri viventi sulla Terra. Questo nuovo patto non può significare altro che un nuovo legame, del tutto speciale, dev’essere stabilito tra l’uomo e la spiritualità. Per comprendere ciò, chiediamoci: che cosa è rimasto all’uomo, dopo la scomparsa dell’Atlantide? È rimasto indubbiamente un piú stretto contatto con l’elemento terra, con la piú densa materialità fisica. Anzi questo strettissimo contatto con la materia terrestre è stato reso possibile solo dalle separazioni elementari che oggi abbiamo considerato. Prospettiamoci nel modo seguente i gradini della discesa umana:
Epoca iperborea
Epoca lemurica
Epoca atlantica
Epoca nostra

Fuoco
Aria
Acqua
Terra 

Intuizione
Ispirazione
Immaginazione
Pensiero
L’uomo ha perduto dunque successivamente il contatto con il fuoco, con l’aria, con l’acqua, finché, nell’epoca nostra, è venuto a battere con forza contro il puro elemento terrestre. A contatto con questo elemento ha suscitato nella sua anima il pensiero concettuale. Orbene, il senso del nuovo patto, riguardato dal punto di vista umano, non può essere che il seguente: l’uomo deve sviluppare il suo pensiero in modo da portarlo alla fine al pieno riconoscimento concettuale della divinità dell’universo.
Ciò viene convalidato da alcuni passi de La Cronaca dell’Akasha (2° capitolo): «...il Manu voleva introdurre quello che è il vero compito della quinta razza radicale: imparare, cioè, a guidarsi da sé per mezzo dei propri pensieri. Però una tale autodeterminazione non può essere salutare se non quando l’uomo mette anche se stesso al servizio delle forze superiori. L’uomo deve servirsi della propria forza di pensiero: ma questa forza di pensiero deve venir santificata dalla sottomissione al Divino».
«...Nulla doveva forzare l’uomo a riferire a un ordinamento universale divino quelle cose ch’egli dominava con il suo pensiero; egli doveva riconoscerlo spontaneamente nei suoi pensieri».
«...Il pensiero terreno doveva elevarsi fino alla concezione del Divino».
«...Il mondo è sottoposto ad una direzione divina, l’uomo però non deve essere forzato ad ammetterlo, bensí deve riconoscerlo e comprenderlo per libera riflessione. Quando è giunto a tale punto, gli Iniziati gli rivelano gradatamente i loro segreti. Ciò non può avvenire repentinamente; ma tutta l’evoluzione della quinta razza radicale è un lento avanzare verso questa meta».
Portiamo dunque con noi, con calore d’anima, questi pensieri di Rudolf Steiner, i quali risuonano come motivi conduttori della nostra quinta epoca di civiltà e hanno in sé forze creative per l’avvenire.

Fortunato Pavisi
(2. Fine)

Trieste, 3 luglio 1948 – Per gentile concessione del Gruppo Antroposofico di Trieste.