- Dolce dormire…
Imparano sognando,
- la notte, per
memoria dei materni
- gorgheggi, uccelli
implumi a cinguettare.
- Pure è detto
crudele questo acerbo
- mese fresco di
giunchi e di rugiade,
- diviso tra ricordi
e desideri.
- Suscita e innalza
voci che sopivano
- nel serpeggiare di
radici ed ora
- arrivano stremate
al nostro orecchio,
- mormorante
battigia di relitti
- con cui
ricomponiamo senza tregua
- provvisorie
dimore. Questo portano
- il vento e la
risacca, e poi, solenni,
- da vacuità di
templi le parole
- con gli odorosi
incensi. Dal passato
- reminiscenze,
foglie sibilline
|
|
- su cui la mano
rivelò gli arcani,
- che altro non sono
che la vita schiusa
- in verdi gemme, e
la stagione nuova,
- la musica tra i
rami, il canto, i giorni,
- e questo amore che
rinasce e tesse
- refe per nidi, e
filo che ci guidi
- fuori dai
labirinti dell’inverno.
- Forte linfa risale
sillabando
- lungo l’ansia
del corpo. Ne ascoltiamo,
- plettro su cuore e
tendini, il richiamo,
- arpa che vibra e
desta, corda a corda,
- le antiche deità
nel nostro sangue.
- Cosí l’anima
apprende l’indicibile
- sonorità celeste,
modulata
- sul ritmo e la
cadenza delle cose
- create, l’armonia
che la sublima.
Fulvio
Di Lieto |