- M.:
Giuseppe, guarda, stanno preparando
- carta-montagna, sughero e
stagnola:
- fanno il presepio per la
grande nascita.
-
- G.:
Malgrado i tempi e le follie sataniche,
- qualcuno tiene vive certe
usanze
- di schietta devozione
popolare.
- Me ne compiaccio. Viene
tenerezza
- osservando quest’opera
che unisce
- la fede alla geniale
fantasia.
-
- M.:
Certo che il mondo non è piú lo stesso,
- Giuseppe caro! Quella
gallinella
- che razzola davanti alla
capanna
- potrebbe avere addosso l’influenza
- aviaria, l’infezione che
contagia
- volatili e pollame da
cortile.
- La portano gli uccelli di
stagione
- che migrano da Oriente
verso l’Africa.
-
- G.:
Dici sul serio? Non ci posso credere!
- Da Levante verranno anche
i Re Magi,
- con mirra, incenso e oro,
per offrirli
- a nostro Figlio in segno
di rispetto.
-
- M.:
Mi dispiace informarti che Levante
- vuol dire adesso
terrorismo e bombe,
- filo spinato, muri e
kamikaze.
- Nei campi di papavero
coltivano
- l’oppio che fa degli
uomini pupazzi
- incapaci di intendere e
volere.
-
- G.:
Vuoi dire che persino i tre Re Magi
- potrebbero finire
dilaniati
- sulle mine anti-uomo, e
addio Befana?
- Ma che fanno i gagliardi
centurioni
- posti a guardia del ponte
sul torrente?
|
- M.:
Controllano bestiame e vettovaglie,
- ci fosse qualche mucca
diventata
- pazza per il flagello dei
bovini,
- o un agnellino vittima del
morbo
- cui danno il nome “lingua
blu” gli esperti.
- Ma in piú i soldati
guardano il bagaglio
- di pastori, servotte e
contadini
- con sporte colme di ogni
ben di Dio,
- celassero le uova una
granata
- e i provoloni
nitroglicerina,
- oppure le pagnotte nella
gerla
- dosi di cocaina e
allucinogeni.
- Osserva il fruttivendolo:
non smercia
- carote e mandarini, fa da
complice
- al fornaio che occulta il
ricavato
- di una rapina dentro il
forno a legna.
- E l’oste che sorride ha
appena dato
- un pesce congelato al suo
cliente
- spacciandolo per fresco di
paranza.
-
- G.:
Ma che presepio vanno ad allestire?
- Questo è un groviglio di
serpenti, un covo
- di briganti che fingono di
essere
- gli adoratori dell’Onnipotente.
-
- M.:
Ma è la Terra, Giuseppe, lo scenario
- che stenta a farsi
paradiso, e uomini
- le figurine variopinte in
creta,
- dolenti nello sforzo di
mutarsi
- da famelici lupi in
pecorelle
- e da bruti incalliti in
cherubini.
- Ma prima o poi, lo sento,
riusciranno
- gli individui carnali a
sublimarsi.
- Per questo nostro Figlio
scenderà
- anche quest’anno, tra
miserie e gelo,
- a dare loro un buono per
il Cielo.
Il cronista |