Etica

Poniamoci subito la domanda: cos’è esoterico e cosa non lo è? Poi per rispondere procederemo per gradi. La parola esoterico prende origine negli ambienti filosofici dell’antica Grecia. Esoterikos significava “ interno” ed exoterikos va tradotto come “esterno”. Il primo si riferisce a quegli insegnamenti che venivano riservati ai discepoli scelti, mentre il secondo termine è indicativo di quanto poteva essere comunicato pubblicamente. In breve, il termine esoterico ha acquistato nei secoli successivi il senso di “cosa molto segreta” riferita ai misteri dello Spirito che non dovevano essere divulgati.
Perciò, nel nostro passato, le arti magiche, l’alchimia, la gnosi, la quabbalah ecc, permeate da una visione del tutto contrastante rispetto alla concezione di pensiero del dominante potere politico-religioso, ebbero caratteri esoterici, venendo coltivate in circoli esclusivi ed espresse con simboli ed analogie pressoché incomprensibili al non iniziato. Le comunicazioni, in certi casi scritte o persino pubblicate, erano velate e criptiche, comunque scientemente fuorvianti per il profano.
In Occidente la segretezza fu sovente una necessità giustificata dalle azioni repressive dell’ortodossia cattolica, tendente ad estirpare con ogni mezzo le idee, concernenti lo spirituale, ritenute pericolose o eretiche. Come gli occhi abituati alle lontananze spesso si confondono a pochi centimetri dal proprio naso, cosí le “male piante” a volte crebbero e prosperarono vicinissime alla Chiesa: ciò vale ad esempio per le conoscenze iniziatiche dei mastri costruttori di chiese e cattedrali o per le arti alchemiche, a volte praticate nei sotterranei di francescani conventi. In genere tutte le arti ed i mestieri, adottando i simboli dell’opera quotidiana, trasmisero agli adepti importanti conoscenze che riguardavano le metamorfosi dell’anima e la sottile trasformazione spirituale della corporeità.
La reale segretezza è stata una caratteristica peculiarmente occidentale. L’opinione della cultura contemporanea che valuta il tantrismo quale parte esoterica del bramanesimo, o al pari lo zen del buddismo, è solo uno tra gli innumerevoli esempi di come l’astratto pensiero deduttivo, continuando per forza d’inerzia la sua attività e allontanandosi dal fenomeno osservato, smarrisca il sufficiente legame con la realtà..
In Oriente, accanto al bramanesimo ed al buddismo popolare e ingenuamente devozionale, hanno sempre convissuto, consapevolmente contigue, le correnti piú alte, dirette e per molti aspetti eterodosse: ovvero quelle comparabili a quanto in Occidente fu prerogativa dell’esoterismo. La rigidezza del corpus dottrinale ed ascetico è stata (e sembra rimanere ancora) un carattere di natura occidentale. In Oriente, i passaggi, le osmosi da una scuola minore ad un sodalizio di rango iniziatico sono stati un privilegio naturale dettato dalle reali forze interiori (illuminative) e dalle scelte del singolo. Non pochi asceti orientali hanno transitato dallo hinayana al vajrayana, integrandovi magari talune pratiche del Tantrismo. In Cina ad esempio, la scuola Chan (risveglio immediato, privo di gradualità) ha, di solito, sempre onorato, ricambiata, la vasta corrente dello jing-tu-zong o Terra pura, via semplice di tipo monastico-devozionale. La permeabilità dottrinaria e tecnica si rende evidente con l’autorevole figura di Aurobindo. Incarcerato dagli inglesi, inizia il suo apprendistato con Lele, yogin mussulmano. Superati in poche settimane gli stati di coscienza offerti dagli insegnamenti di Lele, Aurobindo approfondisce l’esperienza interiore tramite tecniche tantriche impartitegli da Vivekananda, morto in un albergo di Torino qualche tempo prima, per poi approdare a nuovi sentieri dello Spirito.
 
Ai tempi nostri anche se l’esasperazione mediatica della cultura dell’informe utilizza aggettivi come esoterico, iniziatico, karmico in serie televisive o in aggiunta ai titoli di modesti romanzi popolari (raddoppiandone la tiratura), nei Sodalizi poggiati su di una schietta ricerca interiore l’idea dell’esoterismo, generalmente vaga, assume comunque un significato abbastanza alto e nobile. Permane invece, per l’infelice colpa di indicatori, invero di scarsa statura interiore, sia pure onesti in quanto ricercatori dello Spirito ma nemici della Libertà (per la coscienza umana contemporanea che si risveglia questa è una contraddizione perfetta), una grande confusione tra l’esoterico ed il segreto. Quando ci si rappresenti l’esoterismo identico ad una conoscenza riservatissima e posseduta da associazioni qualitativamente differenziate, che ritengono opportuno non comunicarla a causa dell’intrinseco potere in essa contenuto, il correttivo informale a una simile rappresentazione ingenuo-romantica potrebbe essere una bella risata liberatoria. Nei casi in cui tali associazioni esistono davvero, lo Spirito, se un tempo c’era, si è ormai ritirato, e ciò che rimane è solo la segretezza aggiunta ad una entità psichica di dubbio segno, poiché portatrice di erranti cariche medianiche.
 
Se si è capaci di superare l’estroversione materialistica del pensato convenzionale, appare chiaro che una vera conoscenza esoterica non è qualcosa che per ragioni misteriose debba essere rifiutata alla conoscenza generale, ma che trova senza dubbio notevoli impedimenti a causa del grado di destità di coscienza necessaria per venir comunicata ed accolta.
 
La segretezza eccita come non mai la vanità umana personale e nelle grandi organizzazioni profane come nelle piccole conventicole occultistiche c’è molto dell’anelito a penetrare in ciò che si presume essere intimo, segreto: nel circolo piú interno. Esiste un bel libro di C.S. Lewis intitolato Questa orribile forza (raro caso in cui il piacere della narrativa fantastica si coniuga senza sforzo al racconto morale e ad originali intuizioni) in cui, incarnato nelle vicissitudini di un protagonista, l’autore descrive con arguta sapienza questo prepotente difetto.
Il quale, insieme alla presunzione ed alla litigiosità, ha pesato sulle organizzazioni di carattere esoterico (non esclusa quella antroposofica), confondendo il ragionevole riserbo con segretezze personalizzate, rendendo in pratica alquanto peregrina per molte anime una corretta connessione interiore con l’Insegnamento originario, ostacolato persino da pretese mediazioni formali-amministrative. Ingiustificabili lotte di distinzione e di potere hanno pesato, sulla bilancia dell’agire, molto piú di un corretto lavoro interiore, quest’ultimo anzi venendo di solito osteggiato o respinto. Il problema è mondiale, come dall’Oriente ci conferma Lu K’uan Yu, che dedicò molti decenni della sua vita a tradurre e pubblicare in lingua inglese i testi piú segreti ed antichi della grande tradizione alchemica e buddistica cinese per divulgarli presso gli occidentali: «Il buddismo in Oriente è in declino, perché il Dharma si è frantumato in diverse scuole in ostile contraddizione tra loro …invece di praticare si abbandonano a interminabili disquisizioni prive di concretezza e di risultati pratici …senza sforzarsi di comprendere il profondo significato dei Sutra…»(1). Ecco il triste ponte tra Oriente ed Occidente: la disgrazia comune!
 
Chi incontra la moderna Scienza dello Spirito occidentale dovrebbe riascoltare (o rammentare) le parole, nette e decise, di Massimo Scaligero: «Non c’è alcun segreto, il Dottore ha detto tutto». Scaligero aveva ragione. Un esempio? Due pagine della Scienza Occulta (testo diffuso in molte nazioni da quasi cent’anni, letto da milioni di persone) minuziosamente dedicate alla costruzione della piú importante meditazione d’Occidente, sintesi tecnica dell’immaginare, del meditare e della concentrazione, la cui dinamica reintegrativa può permettere al discepolo l’esperienza dell’astrale sidereo e la connessione sovrasensibile con la comunità interiore che guida l’umanità: in pratica l’accesso al piú grande dei Misteri dei nostri tempi.
 
Il segreto, quello inviolabile, certamente esiste, ed esiste una linea di confine tra l’esoterico e l’essoterico, ma essi non stanno nei libri o nelle conferenze e nemmeno nei testi della Classe, bensí nella capacità o nell’incapacità dell’uomo di mutare una parte di sé, di modificare la propria coscienza.
Finché l’approccio all’esoterismo rimane una curiosità da soddisfare o una facile risposta a questioni poste dalla leggerezza intellettuale, allora è soltanto l’incontro tra illusioni. Se la Scienza Sacra fosse veramente capace di rispondere in siffatta maniera, allora dimostrerebbe di essere Essa stessa null’altro che un prodotto illusorio (ed è proprio in questa visione che spesso viene giudicata da chi fuggevolmente Le si accosta). Per la coscienza immatura, le domande e le risposte che l’esoterismo pone ed insegna all’uomo non sono altro che parti di parole incrociate: essa è soddisfatta quando queste si combinano.
 
Il pensiero addormentato sogna fatalmente il materialismo: il dato oggettivo a sé stante. Il pensiero addormentato quando sogna lo Spirito lo sogna al pari di un oggetto, perciò può coerentemente sognare che il manoscritto riservato o la conferenza secretata contengano l’insegnamento piú esoterico. Il pensiero addormentato non conosce il proprio potere: quello di essere lui stesso lo Spirito cercato altrove. Troppo spesso il ricercatore del Sacro non riesce a destarsi alla sperimentabile realtà di essere lui stesso il pensatore che pensa la Scienza Occulta o il Trattato del pensiero vivente. È nostra l’attività di pensiero che riaccende significati e forze di risveglio giacenti come inerti segni in tali Testi. Il pensiero che, finalmente portato a coscienza, possa volere solo e semplicemente se stesso, si libera da ciò che esso non è. Abbandonato il riflesso di ciò che esso non è, permane il suo moto impersonale, perciò sovrasensibile, poiché inizia dove cessa il proprio sentire se stessi, ossia il limite della temporanea illusione sensibile. Sentire se stessi è l’inganno necessario alla nascita della coscienza individuale. Per l’asceta dotato di coscienza individuale il senso della vita è spezzare il prolungarsi dell’inganno. Da questo punto inizia l’esoterismo perenne (poiché di continuo rinnovantesi) che, come ripetiamo spesso, è essenzialmente esperienza: da cui si esce colmi di una speciale devozione, perché l’Infinito è divenuto parte del nostro essere.

Franco Giovi

(1) Lu K’uan Yu, The secrets of chinese meditation, Ed. Rider & Co. Londra 1964.