Costume

 

Non villanelle adorne, non donzelle
amorose, leggiadre forosette,
fresche rose aulentissime, celesti
spiriti chiusi in forme verginali.
Ora per strade e piazze vi salutano
donne leopardo, diane cacciatrici,
ragazze tigri, veneri serpenti,
feline, sensuali, cipigliose
amazzoni fasciate in pelle nera,
dominatrici in riti sado-maso
o prede per il maschio che ha bisogno
di stimoli selvaggi senza i quali
non sa piú fare quello che dovrebbe
compiere per impulso naturale.
«Abbiamo inteso perlustrare i modi
in cui la moda sceglie ed utilizza
gli elementi animali per plasmare
la femminilità nei vari aspetti»
ha detto Andy Solton, curatore
della mostra “Wild Fashion Unashamed”
tenutasi a New York. Padrino e sponsor
lo stilista italiano Roby Ronzin.
E ha precisato per il volgo ignaro:
«Dalla preistoria, piume, pelli e simili
hanno rappresentato il paradigma
di ricchezza, potere e seduzione:
accessori che fissano i parametri
del successo in politica e in alcova».
A questa conclusione sono giunte
anche le donne della controparte
etica, le attiviste della BETA

(Board for Ethical Treatment of the Animals),
il gruppo animalista che imbrattava
di vernice vermiglia le signore
coperte di visoni e cincillà
all’uscita di night e ristoranti
e alle prime dell’Opera. Anche queste
suffragette pietose hanno mollato
dando l’avallo e il placet all’evento
che celebra il trionfo ultimativo
dei macellai sui rari ecologisti.
La stessa Cinthya Browford, nota diva,
che posò nuda nel novantaquattro
mentre abbracciava un gatto per protesta
contro la produzione di pellicce,
è la superpagata testimonial
di Bloodgame, il colosso americano
specializzato in capi ricavati
da pantere, ghepardi ed ocelot.
«Corsi e ricorsi storici – precisa
Andy Solton. – Lo stile animalier
s’impone ormai nei bodysuit, mantelli
da sera leopardati di satin,
nei parka foderati di duvet,
nei piumini e cappotti dal design
aggressivo, ferino, vitalistico».
È un trend che non ammette alternative.
E le dolci madonne vereconde
dei quadri di Luini e Raffaello,
le donne Donne, angeliche e devote
Scale al Fattore, non ci sono piú,
uccise da una felpa di zebú.

Il cronista