- Il
tenore climatico del giorno si vede dal mattino, e il
neoeletto papa della Chiesa di Roma ha voluto tener
fede al detto, indicando con le prime mosse del suo
mandato quale sarà la linea guida della sua missione
pontificale. Naturalmente si portava addosso la nomea di
Grande Inquisitore, essendo stato per anni, e per
volontà del suo predecessore, Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede, un eufemismo
di comodo del fu Sant’Uffizio. E quindi, proprio per
sconfessare questa taccia e rompere ogni legame con una
funzione che è sempre stata in odore di fondamentalismo
canonico, ha voluto assumere il nome di Benedetto, a
memoria sia del santo eremita di Norcia, fondatore del
monachesimo d’assalto occidentale,
contrapposto a quello ascetico ma solipsistico della
Tebaide, sia di Benedetto XV, il papa pacifista che
apertamente condannò il primo conflitto mondiale,
adoperandosi per attenuarne le conseguenze politiche e
sociali. E per dare piú enfasi a questa scelta di
pacifismo impegnato, oltre che per meglio connotare
termini e progetti della sua futura collocazione
operativa, Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger,
bavarese di Marktl am Inn, non si è recato, come
pessimisti e detrattori avrebbero immaginato, alla
Chiesa di Santa Maria sopra Minerva, a due passi dal
Pantheon. Se lo avesse fatto, avrebbe manifestato una
dichiarazione di intenti. In quella chiesa, che
fronteggia un’amena piazzetta con un elefante al
centro, riposano infatti le spoglie del cardinale Juan
de Torquemada, zio di quel Tomás de Torquemada che fu
appunto Grande Inquisitore sotto i cattolicissimi
regnanti Ferdinando e Isabella di Spagna. Inoltre,
visitando quella chiesa officiata dai domenicani, papa
Ratzinger avrebbe chiamato in causa Domenico di Guzman,
“il martello degli eretici”, fondatore dell’ordine
dei frati bianconeri, il predicatore che infiammò con
la sua tonante dialettica dogmatica la crociata contro i
Catari di Linguadoca.
- Benedetto
XVI non ha voluto suscitare pertanto gli spettri di una
Chiesa repressiva e leguleia, ma recandosi dai
benedettini a San Paolo Fuori le Mura ha inteso ribadire
quello che aveva già detto nella omelia tenuta durante
la Via Crucis al Colosseo,
e che cioè errore e trasgressione non allignano solo
fuori, nell’àmbito secolare, ma covano dentro vaste
porzioni del clero, malato, a suo dire, di scetticismo e
di relativismo, attanagliato dai dubbi e dalle seduzioni
del potere e della mondanità. Mali che esondano dall’apparato
ecclesiastico pervadendo il tessuto della società
laica, di conseguenza sempre piú smarrita e priva di
ancoraggi a figure e proposte che forniscano affidabili
modelli di vera spiritualità
evangelica.
- Gli
osservatori avranno forse visto nelle folle che si sono
accalcate in centinaia di migliaia a Piazza San Pietro,
in Via della Conciliazione e in tutte le viuzze di
Borgo, un certo qual desiderio di protagonismo, un voler
dire al mondo e agli amici: «C’ero anch’io!». Ma
potrebbe darsi che, in forma inconscia, le moltitudini
che si sono disciplinatamente incolonnate per ore,
fossero in qualche modo una riedizione moderna delle
turbe misere e sconfortate che cercavano e seguivano per
le vie della Palestina quello strano Profeta che operava
miracoli, parlava di amore e riusciva a sfamare
cinquemila persone moltiplicando cinque pani e due
pesci. La gente, oggi come allora, corre dovunque si
promettano consolazioni e catarsi sentimentali, salvezze
interiori e forse anche qualche vantaggio materiale. L’uomo,
tutto sommato, non ha grandi pretese, ma si attende
verità e liturgie di amore e di comunione col Divino e
col trascendente. Arriva ad accontentarsi di una fumata
bianca, o di una semplice parola detta con levità di
cuore.
- Quelle
folle che hanno onorato le spoglie di Giovanni Paolo II
e plaudito all’elezione e all’incoronazione del suo
successore, si aspettano probabilmente qualcosa in piú
dello sfarzo e della gratificazione scenografica:
chiedono garanzie certe di salvezza dal baratro nel
quale la civiltà umana rischia di precipitare. La
cronaca, con le sue efferatezze, le sue palesi
ingiustizie e i suoi insanabili sanguinosi conflitti, ce
lo attesta con drammatica evidenza. Il biblico grido di
dolore si leva dall’umanità afflitta e batte al trono
di Dio, passando per le mani dei ministri del culto che
operano in ogni fede e religione del mondo.
- Il
teologo Joseph Ratzinger, umanista e profondo
conoscitore dei princípi fondanti del cristianesimo,
questo lo sa e ne avverte l’enorme peso insieme all’urgenza
che non concede indugi e perplessità. Nella Camera del
Pianto, l’angusta stanzetta attigua alla Sistina in
cui si è tenuto in Conclave, e dove ogni neoeletto papa
si spoglia dei suoi abiti talari per indossare quelli
del pontefice, papa Ratzinger, tedesco di Baviera, ha
parlato della sua missione come di una ghigliottina. E
alla folla che lo acclamava quando si è affacciato al
balcone della basilica, presentandosi quale successore
di Pietro, ha chiesto preghiere. Poiché si rende conto
che quello affidatogli è un compito immane. Dovrà
gestire una metamorfosi epocale: far evolvere la
dottrina della Chiesa di Pietro nella rivelazione di
Giovanni, portando il gregge dei devoti verso l’individualità
spiritualizzata.
- I
tempi sono maturi per questa trasformazione. In tal
senso vale anche il detto che la storia si ripete e che
il nuovo si innesta all’antico in una catena di cui
ogni anello tiene uniti passato e futuro, prima e dopo,
ricevendo un lascito di valori da perpetuare, rinnovare
e tramandare in eredità.
- La
sunnominata chiesa di Santa Maria sopra Minerva prese
questo nome perché fondata nell’VIII secolo sulle
vestigia di un tempio dedicato a Minerva Calcidica, l’Atena
dei Greci, dea della sapienza combattiva. E Benedetto da
Norcia, lasciato l’eremo di Subiaco, fondò sul monte
di Cassino il primo cenobio del suo nascente ordine
sulle strutture, in parte ancora integre, del tempio di
Apollo, dio della luce e della cosmica armonia, della
veggenza illuminata.
- E da
noi giunga perciò a Benedetto XVI, impegnato a guidare
la Chiesa di Roma nella piú difficile transizione della
sua già tanto travagliata vicenda storica, l’augurio
che la sua sapienza di teologo e di filosofo esoterico
venga infusa di quello Spirito Creatore, il Verbo che
Giovanni pone all’inizio e alla fine di tutte le cose.
Poiché soltanto la forza del Logos farà sí che la sua
opera non fallisca e possa portare luce e coraggio a chi
ora naviga nel buio, a chi teme che la barca non regga
la tempesta e dispera di vedere nuovamente il Figlio
dell’Uomo venire in aiuto camminando sulle acque.