- Premessa
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- Prima d’iniziare
l’esposizione di alcuni concetti fondamentali atti a
distinguere l’elemento reale da quello illusorio nel
processo conoscitivo umano, non voglio mancar d’avvertire
lo studioso di Scienza dello Spirito che in questo mio
saggio egli forse non troverà nulla che già non sappia o
che già non abbia rilevato con maggior esattezza ed
evidenza nelle tante opere filosofiche ed antroposofiche di
Rudolf Steiner.
- Le idee
che andrò esponendo si sono maturate in me molto lentamente
in lunghi anni di continua intimità con la sfera ideale
dell’antroposofia, tanto diversa da quella da cui le altre
scienze spirituali e naturali traggono il loro contenuto
concettuale. Tuttavia esse si sono presentate a me d’improvviso,
come un lampo che di notte illumini tutto il cielo. Io le ho
intese come mie, perché sull’orizzonte della mia anima
esse brillavano chiare e perspicue come un diamante alla
luce del Sole. Questo è appunto il carattere delle idee che
deriva dalla loro realtà oggettiva. Una volta intuite, non
paiono essere state trasmesse a noi da un altro spirito, ma
sono intese come un portato del nostro stesso spirito. Ed è
ben vero che sono sempre una nostra conquista.
- Presumo
originale soltanto l’edificio concettuale che costruisco
col materiale d’idee già dato. Ed originali senz’altro
sono gli errori nei quali necessariamente incorro e che
potrò correggere con l’appoggio di coloro che mi
aiuteranno a scoprirli.
- Benché
nella mia indagine io voglia stabilire una correlazione fra
scienza naturale e Scienza dello Spirito, credo che il
fardello delle nozioni piú o meno scientifiche che aggrava
il nostro spirito fin dai banchi della scuola poco o nulla
gioverà al mio lettore. Son anzi persuaso che gli sarà di
danno. Lo invito perciò a sgomberare la sua mente, per
quanto può, dei concetti troppo rigidi e definiti. Le idee
che io credo di dover adoperare e che giovano alla
comprensione di quanto dico non sono razionali o
speculative, non sono in altre parole teoria che vuol
spiegare la realtà. Sono all’opposto realtà percepita
dallo spirito che vuol spiegare l’illusione percepita dai
nostri sensi.
- Una
critica del metodo conoscitivo deve avere il compito di
mostrare come la realtà e l’illusione, che sono frammiste
in ogni atto percettivo sia sensibile che ideale, abbiano l’origine
nella peculiare costituzione dell’essere umano immerso
nello stesso tempo nella realtà materiale o in quella
spirituale.
- Per l’antico
sapiente indiano, tutto il mondo esteriore era maya, ossia
illusione. Le scienze naturali hanno per oggetto lo studio
delle leggi che regolano il mondo delle illusioni.
- La
Scienza dello Spirito antroposofica vuol aiutare l’uomo a
superare l’illusione ed essere una via conoscitiva per
condurlo nella piena realtà spirituale di cui egli stesso
fa parte come entità eterna.
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- 1. La
tricotomia dell’entità umana
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- L’uomo,
per mezzo del suo organismo corporeo, è immerso nella
realtà del mondo fisico e per mezzo del pensiero vive nella
sfera ideale dello spirito. Cosí è messo
contemporaneamente di fronte a due mondi oggettivi: quello
dei sensi e quello delle idee. Egli appartiene a tutti e
due, perché è corpo e spirito nello stesso tempo, ma non s’avvedrebbe
mai di questa appartenenza se non sentisse se stesso come
soggetto. Della sua sensazione soggettiva è debitore alla
propria psiche, che posta in mezzo a due mondi oggettivi, ne
rispecchia i molteplici effetti in una coscienza soggettiva.
Nella psiche difatti s’accende la coscienza dell’Io come
naturale risultato della coscienza degli oggetti. L’una e
l’altra sorgono nell’uomo in uno stesso atto. Quando
vedo una rosa, so che sono io a vederla, e quando penso so
che sono io a pensare.
- Cosí l’uomo
è costituito di corpo, anima e spirito. Questa costituzione
fa sí che la realtà pervenga alla sua coscienza scissa in
due mondi diversi, quello dei sensi e quello delle idee. La
concezione dualistica del mondo sorge indubbiamente dall’esperienza
soggettiva della realtà. Solo l’analisi del processo
conoscitivo può dire se essa sia piú o meno giustificata.
- 2. Il
contenuto della coscienza: esperienza ed idea
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- La
percezione è l’atto per il quale il mondo oggettivo, sia
esso quello sensibile o quello ideale, perviene alla
coscienza. Quando riguarda un oggetto fisico, si effettua
per mezzo delle sensazioni legate all’organismo corporeo;
quando si volge a un ente ideale, ricorre all’intuizione,
che è attività puramente spirituale libera da restrizioni
corporee. La duplice percezione dell’oggetto sensibile e
dell’elemento ideale insito in esso, rappresenta il
processo conoscitivo dello spirito umano. Chiamando
esperienza il complesso delle percezioni sensibili che hanno
arricchito lo spirito ed idea la sua controparte intuitiva,
si può dividere il contenuto della coscienza appunto in
esperienza ed idea. Ma poiché tanto l’uno quanto l’altro
sono atti dell’ente umano completo, ne portano in sé il
suggello inconfondibile, sono cioè nello stesso tempo
spirito nel contenuto e materia nella forma. Cosí nella
percezione dell’albero non c’è soltanto la
molteplicità delle sensazioni mediate dall’organismo
corporeo, ma c’è pure il concetto che le assomma in un
tutto. E cosí l’idea del triangolo alla quale pervengo
per mezzo dell’intuizione, non è semplicemente astratta
dall’esperienza di tutti i triangoli percepiti, ma si
concretizza in un corpo concettuale preciso che la distingue
da tutte le altre idee.
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- 3. La
polarità fondamentale dell’atto percettivo sensibile
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- Un
oggetto del mondo dei sensi rivela all’osservatore prima
di tutto il suo aspetto esterno, la sua apparenza. In questo
senso è una pura immagine che si può contemplare anche da
lontano. Tutta la realtà materiale si riduce, a questo
primo gradino della percezione, a una visione di forme e di
colori. Anzi, per essere esatti, non si dovrebbe nemmeno
parlare di forme, perché la forma è un concetto e non una
percezione. Non percepisco un cerchio, ma una linea di un
determinato colore impresso dalla grafite. Il cerchio è una
linea conchiusa di cui ogni punto è equidistante dal
centro. Ciò è la definizione matematica di un concetto,
non una percezione. Dinanzi ad una rosa, posso senz’altro
dire se essa è bianca o rossa, ma non posso senz’altro
definire in parole la sua forma; posso tutt’al piú dire
che ha la forma di una rosa e che relativamente a quella
forma è grande o piccola. Cioè percepisco una estensione
colorata. La forma esula dalla percezione. La forma è solo
un concetto traducibile in una definizione e in una formula
matematica. Devo perciò dire che di un oggetto percepisco,
considerandolo da lontano, prima di tutto il suo colore come
una estensione determinata. Questo è il primo punto da
rilevare.
- In un
secondo tempo posso mettere l’oggetto direttamente a
contatto con la mia corporeità fisica. Cioè posso
prenderlo in mano, sollevarlo, portarlo. In tal modo ne
esperimento il peso. E questo è il secondo punto da far
rilevare.
- Colore e
peso, cioè apparenza e ponderabilità, sono gli estremi
polari in cui si scinde l’atto percettivo. Le altre
determinazioni percettive sensorie stanno frammezzo e si
avvicinano o all’uno o all’altro dei poli.
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- 4. La
polarità dei limiti della realtà percepibile: spazio e
punto
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- Considerando
la cosa nel suo aspetto meramente ideale, posso dire che la
percezione del colore si estende all’infinito, mentre la
percezione del peso non comporta estensione; quest’ultima
esige la immedesimazione nell’oggetto. Posso immaginare
tutta la ponderabilità concentrata in un punto. Ed è
realmente cosí. Potrei percepire una rosa stando a un
limite dell’universo e viceversa potrei percepire una rosa
grande come l’universo. Per percepire invece la gravità
della Terra dovrei concentrarmi nel suo punto magnetico d’attrazione.
- Il
colore riempie l’universo; il peso s’accentra in un
punto. La polarità colore e peso dell’atto percettivo
individuale presuppone la polarità infinito spaziale e
punto non dimensionale del cosmo. Immaginando la realtà
percepibile come il contenuto dell’universo, si può dire
che l’universo ha per limiti lo spazio infinito e il punto
infinitesimo. L’un limite equivale all’altro, se ha da
essere misurato in forza energetica. Un gas quanto piú
viene compresso tanto piú acquista forza d’espansione. Un
punto è sempre uno spazio in potenza.
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- 5. La
controparte soggettiva della percezione: sentimento e
volontà
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- La
percezione non mi lascia indifferente, ma suscita una
immediata corrispondenza nella mia anima. Il meraviglioso
mondo dei colori commuove il mio sentimento. Devo pur dire
che per ogni fiore che contemplo, c’è un corrispondente
sentimento nella mia anima. L’apparenza del mondo è
legata al sentimento individuale dell’uomo. Chi percepisce
un colore, percepisce nello stesso tempo il suo sentimento.
- L’altro
polo della percezione, cioè quello del peso, è legato
soggettivamente alla volontà. Quando porto un peso, faccio
uno sforzo e in questo sforzo percepisco la mia volontà.
Già per muovere il mio corpo sulla superficie della Terra,
devo fare un atto di volontà. Percependo il peso del mio
corpo, sento che la volontà della Terra è piú forte della
mia. In ogni percezione ponderabile, esperimento la mia
volontà che si contrappone ad un’altra. Soggettivamente
non posso esprimermi che cosí. Per alzare un braccio devo
esternare una certa volontà, per spostare una pietra devo
far uso di una volontà maggiore. Vivo insomma in un mondo
che mi appare come luce e come peso. Nella luce sento la
vibrazione del mio sentimento, nel peso l’impulso della
mia volontà.