- Ringrazio
Piergiorgio Odifreddi, l’autore di un paio di articoli
comparsi su «La Repubblica» del 10 e 12 marzo sul tema
dell’origine della vita, di darmi parecchi spunti per
commentare l’arretratezza culturale, la tragica miopia e
la spocchia unilaterale sulla visione dell’universo
imperante al giorno d’oggi.
- Come
è possibile che il racconto “mitologico” della
creazione descritto nella Genesi venga ancora frainteso
con tale banalizzazione: «Il tutto in sei giorni:
misurati chissà come, visto che prima del quarto giorno
il Sole non c’era?».
- Disconoscere
ed irridere il linguaggio scientifico-spirituale dei miti
dell’Antichità getta una cappa di ignoranza sulla
sintassi conoscitiva tessuta nella dimensione
simbolica/analogica del giorno terrestre-epoca cosmica.
- Per di
piú, pretendere di ridurre la grandiosità della
creazione dell’universo alla sua “miliardaria”
datazione annuale, o ancora parametrare con i sensi ciò
che non fa parte della realtà sensibile, è come scalare
una montagna di notte. Prima di tentare l’impresa,
consiglio di immergersi nella lettura del testo del dottor
Kaspar Appenzeller, La Genesi alla luce dello sviluppo
embrionale umano (di prossima pubblicazione presso la
casa editrice CambiaMenti): l’atmosfera di profonda e
meditata devozione dipinge per il lettore un manto di
stelle che lo illumina nella ricerca delle lontane verità
della creazione.
- Il
novello Mosè della “vera Bibbia” (cosí Odifreddi
definisce il verbo della scienza di cui si fa araldo)
afferma testé: «Gli scienziati sanno invece che ad un
certo punto c’erano l’idrogeno e l’elio. ...Le
stelle sono le fucine degli elementi dell’universo.
...Le stelle come il Sole non sono (quasi) altro che
ammassi di idrogeno ed elio. ...Il Sole e la Terra sono
nati cosí: senza l’intervento di nessuno, con buona
pace della Bibbia. ...Secondo la mitologia ebraica del
Genesi, la vita nacque mediante una serie di interventi
divini. ...La
realtà è un po’ piú complicata. ...E si può
raccontare facendo riferimento solo a processi naturali,
governati dalle stesse leggi che hanno portato alla
formazione del Sole e della Terra: in particolare, senza
nessun bisogno di far appello a vitalismi, finalismi e,
meno che mai, creazionismi».
- Io
invece faccio appello al buon senso della verità, che si
edifica, grazie all’impulso artistico, sul senso del
bello, che a sua volta si fonda sul senso del sacro
partorito dal senso del bene. Il caro Odifreddi ha
smarrito il ben dell’intelletto e si accoda (d’altronde,
come lui stesso ha affermato in altro contesto, l’uomo
non deriva dalla scimmia?) alla visione unilaterale del
materialismo scientista di De Duve, che considera la vita
come «una manifestazione obbligata delle proprietà
combinatorie della materia».
- La
spirale involutiva della conoscenza odierna ha portato gli
uomini a nascondere dapprima l’operato divino dietro le
leggi di natura, e piú recentemente a disconoscerlo con l’evidenza
del caos (mentale...) del caso, del tiro di dadi della
Materia, il novello Demiurgo. La conoscenza approfondita
della Materia, fino a giungere al suo cuore terrestre, ne
rovescerebbe, come in un disegno del punto secondo la
geometria proiettiva, la periferia della sostanza nel
punto dilatato all’infinito dello Spirito cosmico
polverizzato. Allora lo scienziato si esprimerebbe con le
parole di Pierre Teilhard De Chardin: «La potenza ancora
inosservata e senza nome che costringe la Materia a
strutturarsi (via via che si raggruppa sotto pressione) in
corpuscoli sempre piú grossi, differenziati e
organizzati» si renderebbe visibile alla lente del
pensare.