- Nel
vasto universo delle conoscenze mediche di nuova cultura,
ecco spuntare l’astro della chinesiologia, una
disciplina nata intorno agli anni Sessanta del secolo
scorso, dalla mente del chiropratico americano Gorge
Goodhearth. Ce ne danno un saggio garbato ed esauriente
due eminenti medici triestini, Fabio Burigana e Roberto
Pietro Stefani, spiegandone le scaturigini scientifiche e
le prassi operative e diagnostiche.
- Che
cos’è la chinesiologia? Facciamo parlare gli stessi
Autori, nella loro introduzione:
- «L’interpretazione
del linguaggio dei muscoli, cosí come fatto dalla
chinesiologia applicata, rappresenta l’originalità
stessa di questa tecnica, e la pone di diritto tra le
metodiche di sicuro utilizzo nel contesto di un corretto
approccio ai tanti malesseri dell’uomo.
- Tramite
la lettura chinesiologica è possibile compiere un’attenta
indagine di qualsiasi problema e individuare le cause che
ne stanno alla base, arrivando a comprendere dove sono
localizzate, come si correlano nella catena lesionale di
causa ed effetto, quali siano le piú importanti e come si
differenzino tra di loro sotto l’aspetto strutturale,
chimico ed emotivo.
- Nello
stesso modo l’indagine muscolare permette di individuare
le correzioni piú adatte da apportare al sistema per far
rientrare i problemi affrontati nell’àmbito di una
funzionalità corretta ed efficiente. Questa tecnica d’indagine
fonda la propria esistenza sul fatto che tutte le funzioni
dell’organismo, tra cui quella muscolare, sono gestite
da un unico sistema che attraverso il loro funzionamento
manifesta nel bene e nel male le condizioni in cui
opera».
F. Burigana e
R.P. Stefani, La chinesiologia, una dolce medicina
Xenia Edizioni, Milano 2005, pagine 126, € 6,50.
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- …Piú
che di una storia si tratta di una iniziazione, che nell’ambito
di una sapienza tradizionale conduce da sé a sé. È il
lungo cammino che il giovane Ben percorre nello spazio e
nel tempo, ma si tratta di un cammino circolare in cui non
si consumano né spazio né tempo, in cui la grande opera
consiste nel non produrre niente, nella consapevolezza,
raggiunta la meta di partenza, di non dover produrre
niente.
- …Il
viaggio si sposta dalle contrade dell’India o da quella
Via Lattea che conduce a Santiago, verso altre galassie
nel corso di un tempo ben piú diradato. Ma il punto
finale, per chi ha comunque saputo viaggiare, o meglio ha
saputo comprendere il senso di questo suo muoversi, è il
medesimo.
- Ritrovare
se stessi in una apparente alterità. È vero che tutti
ritrovano se stessi alla fine di ogni piccolo o grande
viaggio, o meglio ritrovano il loro doppio, come Ben che
si imbatte in Neb, ma generalmente tutti credono di aver
realmente viaggiato e non riconoscono sé in quest’altro.
- …Riuscirà
Ben a scoprire il segreto del punto fisso, del centro,
dell’uno che ride di ogni affannosa molteplicità?
Dalla
prefazione al libro di Luciano Arcella
Bartolo
Madaro, Cosmo senza inizio e senza fine
Gruppo Tipografico Editoriale, L’Aquila 2004, pagine 92, €
10,00.
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