
Con
il tipico stile giornalistico “mordi la notizia
(spulciata qua e là ) e fuggi” si susseguono a ondate,
da qualche anno, trafiletti, inserti-spot e articoli sul
condizionamento genetico del comportamento umano. Dalle
prime rilevazioni di piú di un secolo fa sul rapporto fra
alcune caratteristiche fisiche (colore degli occhi, forma
dei capelli, gruppo sanguigno) e trasmissione ereditaria,
gli scienziati sono saliti a metà Novecento sulla scala a
chiocciola del DNA e, senza farsi prendere dalle
vertigini, hanno contemplato dall’alto di questo faro
tutta la realtà visibile. Da qualche anno l’ebbrezza
dell’altitudine ha spinto alcuni ricercatori ad indagare
i nessi del codice genetico con varie esperienze
psichiche, tipo la ricerca del rischio, la pigrizia, la
dipendenza dalla nicotina, nonché il comportamento
sessuale e l’attraversamento con il semaforo rosso. C’è
chi si preoccupa della possibilità di arrivare a schedare
la popolazione secondo codici predeterminati, paventando
scenari totalitaristici e l’avvento di futuri
baby-designer.
- Senza
prefigurare fin d’ora mostri apocalittici, osservo
alcune incongruenze e le annoto a futura memoria (DNA
permettendo): la maggior parte delle ricerche sono
effettuate su animali, e pertanto non tegono conto della
variabile individuale dello spirito incarnato nell’uomo.
Noi uomini abbiamo una linea eredofamiliare, apparentata
alle forze cosmiche lunari, a cui possono riferirsi tutte
le scoperte che fanno capo al patrimonio genetico. Ma
abbiamo anche una linea eredoindividuale, incrociantesi
all’altra. Essa è apparentata alle forze cosmiche
saturnine, depositarie del principio d’individuazione,
del seme-essenza spirituale che viene trasmesso vita dopo
vita nel corso delle epoche terrestri. Ascoltiamo difatti
cosa scrive uno scienziato accreditato, Edoardo
Boncinelli, nel suo testo I nostri geni: «Come
esseri umani abbiamo sviluppato una cultura e una vita
sociale che ci permettono di venire a patti entro ampi
limiti con la nostra predestinazione genetica, fino al
punto di neutralizzarla nella sua quasi totalità» (!).
E, ancora, afferma clamorosamente: «Ognuno di noi è
diverso da tutti gli altri anche per differenze genomiche
un po’ piú grossolane e piú facili da mettere in
risalto, che investono le cosiddette sequenze ripetute».
- C’è
una terza variabile, di cui parla lo stesso Rudolf Steiner
nel ciclo di conferenze Aspetti dei misteri antichi:
le condizioni ambientali. A dargli manforte possiamo
citare lo stesso Boncinelli: «Se per un dato carattere la
concordanza tra gemelli monovulari è del 60%, ne deriva
che la componente non genetica è del 40%. Esiste cioè un
40% che non può essere puramente genetico, e che deve
essere spiegato di conseguenza tramite l’ambiente». A
questo punto mi sorge la domanda: perché gli scienziati
non osano il passo successivo, e cioè pensare, quando
ascoltano il concerto di un’orchestra di geni (quelli
del DNA!), al ruolo del direttore e del compositore? O in
altri termini, rispettivamente, al ruolo dell’io
inferiore e dell’Io superiore?
Angelo Fierro
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