Montségur, l’estrema roccaforte catara

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Montségur, l’estrema roccaforte catara

Il “Pog” con il castello di Montségur

Il “Pog” con il castello di Montségur

 

Questo scritto nasce in seguito a quello che chiamo un “pellegrinaggio” fatto in quei luoghi negli anni Novanta. Dopo un lungo approfondimento su validi testi riguardo alla storia del movimento cataro e albigese, decisi di intraprendere un viaggio dove le testimonianze sono ancora evidenti e sentite dalle popolazioni locali. Tenterò di trasmettere quel che sono stati gli incontri lasciando parlare i luoghi, le rovine di castelli e roccaforti, che dalla Valle dell’Ariège si diramano su poggi (in lingua d’oc: Pog) e alture, creando cosí un itinerario che divenne un tributo al movimento cataro, del quale lo stesso Rudolf Steiner, in alcune sue conferenze, parla come di una pagina luminosa nel travagliato periodo in cui esso si manifestò.

 

Non è fuori luogo indicare poi nei Cavalieri Templari una parentela con loro. Alcuni Autori sostengono infatti che gli stessi Templari affidassero la custodia del Santo Graal ai Catari, ed entrambi subirono la sorte di essere schiacciati dalla Chiesa di Roma e dai suoi alleati, che fecero anche in modo di far scomparire la maggior parte degli scritti del tempo a loro favorevoli.

 

Rovine del castello di Queribus

Rovine del castello di Queribus

 

I Catari, dal greco “katharoi”, i “puri”, seguivano dottrine manichee, dualiste e gnostiche, profondamente cristiane. Si svilupparono tra il XII e il XIV secolo per lo piú nel Sud della Francia, ma anche nel Nord dell’Italia e altrove in Europa. Scrivere qui della loro storia sarebbe troppo lungo, ma esiste una gran messe di opere, piú o meno valide, sul loro operato. Piuttosto, è interessante sapere che la fortezza di Montségur, che al tempo aveva assunto il ruolo di “estrema roccaforte catara”, faceva parte di un insieme di castelli, come quello di Foix, poco distante, di Peyrepertuse, Puivert, Puilaurens, Quéribus e Carcassonne: tutta una complessa rete di fortificazioni che aveva l’appoggio di Signorie come quella di Raimondo VI, Raimondo VII di Tolosa e Ruggero Trencavel, per citarne alcuni, nobiltà locale che aveva a cuore la propria autonomia, e in questo si trovarono spesso a confrontarsi con le mire espansionistiche dei Re di Francia, come Filippo II, Luigi VIII, come pure con la Chiesa di Roma.

 

Le rovine di Peyrepertuse

Le rovine di Peyrepertuse

 

I primi presero sotto la loro protezione il movimento cataro e parteggiarono per loro in quella che venne chiamata “la crociata contro gli albigesi e i catari” indetta da papa Innocenzo III nel 1209 e che si concluse nel 1229. La vittoria fu del partito della Chiesa e dei re di Francia. Contro le popolazioni dell’Occitania e della Linguadoca fu perpetrato un vero e proprio genocidio, riconosciuto anche dalla Storia, che non sempre è una “favola convenuta” quando gli accadimenti di fatti atroci sono scritti nei documenti salvati dal tempo. Secoli dopo, sul finire del ‘700, un altro genocidio macchierà la Storia della Francia, quello della Vandea, perpetrato durante il Terrore dalla Rivoluzione Francese, un’altra occasione persa, ma quella è un’altra storia. La crociata albigese ebbe un ruolo funesto anche nella creazione del­l’Inquisizione medievale, portata avanti dall’Ordine dei Domenicani e da una parte dei Francescani.

 

Miniatura medievale «Il rogo dei Catari»

Miniatura medievale «Il rogo dei Catari»

 

Ma torniamo alla roccaforte di Montségur. La fortezza venne edificata nel 1204 sotto la direzione di Raymond de Pereille come luogo di difesa dei Catari. Le forze crociate attaccarono Montségur nel­l’estate del 1243, la difesa della rocca fu organizzata da Pierre-Roger de Mirepoix. L’assedio durò oltre un anno, e solo con stratagemmi e per il prevalere delle forze degli assedianti il castello fu espugnato.

 

Oltre duecento degli occupanti furono arsi vivi ai piedi della rocca. Il prato ove venne eretto il rogo fu chiamato “Prat dels cremats” prato dei bruciati, e inseguito vi fu eretto un cippo a memoria dell’eccidio.

 

Il cippo a ricordo dell'eccidio dei Catari al Prat dels cremats, nei pressi di Montsegur

Il cippo a ricordo dell’eccidio dei Catari al Prat dels cremats, nei pressi di Montségur

 

La Tradizione narra che nell’ultima notte quattro Perfetti (cosí erano chiamati i Catari), protetti dalle tenebre e dai Mondi dello Spirito, si allontanarono dalla fortezza portando al sicuro il piú grande dei Tesori: la coppa del Graal, intagliata nello smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero al tempo della sua cacciata dal Cielo. In quella coppa il Cristo Gesú celebrò l’Ultima Cena, in essa il Suo sangue fu raccolto ai piedi della Croce da Giuseppe d’Arimatea, e in seguito fu da lui portato in Europa, insieme a Maria Maddalena e ad altre pie donne (“le tre Marie”). La coppa, portata in salvo, è tuttora custodita in un luogo segreto dai Cavalieri del Graal.

 

La coppa del Graal

La coppa del Graal

 

Al termine del viaggio, nonostante del castello non rimangano che rovine, resta comunque la certezza che il Male in ogni tempo e in ogni sua forma, non prevarrà sul Bene.

 

Una ricostruzione grafica del castello di Montségur

Una ricostruzione grafica del castello di Montségur

Come ebbe a dire il Maestro dei Nuovi Tempi: «C’è tanto odio nel mondo, quanto occorre trasformarne in Amore».

 

 

Davide Testa