L'attività delle forze dell'anima nell'uomo e la loro connessione con il suo essere eterno

Scienza occulta

L'attività delle forze dell'anima nell'uomo e la loro connessione con il suo essere eterno

In linea di principio, oggi voglio sottolineare qualcosa che può avvenire innanzitutto nella ricerca spirituale, come via per l’esperienza spirituale interiore, per cosí dire, che può poi aprire l’accesso al mondo spirituale. Il seguito delle mie argomentazioni mostrerà la natura piú o meno giustificata di ciò che sto dicendo.

 

Coscienza dormiente

Coscienza dormiente nel quotidiano

 

Se si sta con la propria esperienza nel momento presente o nell’oggi, non ci si può assolutamente avvicinare a ciò che nell’anima appartiene all’eterno. Ciò che il ricercatore spi­rituale nota per primo, se davvero rafforza la sua anima in modo che possa percepire indipendentemente dal corpo, è che l’uomo nella sua vita quotidiana ordinaria è immensamente dipendente da una certa presenza diffusa. Si usa sempre il corpo per sperimentare ciò che si sperimenta. E si può dire: se si sperimenta solo il presente, solo ciò che è intorno a noi e si svolge nel presente, allora si è esclusi dalla propria esperienza spirituale, cosí come si è esclusi dall’esperienza del giorno quando si giace in un sonno profondo e senza sogni. Per quanto possa sembrare strano e paradossale, lo spirituale, l’effettivamente eterno nella natura umana, dorme in quelle esperienze che il presente gli offre attraverso i suoi sensi e la sua volontà ordinaria. L’uomo dorme nella sua anima. Il sonno si estende a fondo nella vita quotidiana.

 

Come stanno le cose? È cosí: chi matura il dono dell’auto-osservazione – che deve essere prima sviluppato, non è facilmente disponibile nella coscienza ordinaria – si rende conto che ciò che ha vissuto oggi, ciò che ha vissuto anche ieri, non può essere portato nell’anima in modo tale da poterlo comprendere alla luce dell’eterno. Il nostro essere fisico influenza sempre ciò che stiamo attualmente vivendo. Solo quando, come dimostra l’esperienza interiore dell’auto-osservazione, sono trascorsi due o tre giorni da una certa esperienza, quando un’esperienza, un’osservazione, qualcosa che abbiamo vissuto nella vita quotidiana ordinaria, è passata da due o tre giorni, solo allora è arrivata in uno stato tale nell’anima da riconoscerla nella sua effettiva natura animica.

 

Prima che siano trascorsi due o tre giorni, ciò che percepiamo nell’anima è ancora cosí permeato nella nostra esperienza dagli impulsi sensoriali, dagli impulsi provenienti dalla vita interiore, che siamo incapaci di separare alcune cose, incapaci di cogliere qualsiasi esperienza cosí come vive nell’anima, e solo nell’anima in quanto anima. Dobbiamo quindi, di norma, astenerci dall’esaminare ciò che sperimentiamo nel presente per il suo contenuto animico.

 

Ma la particolarità emerge quando tutto ciò che è fisico, tutto ciò che risuona dai sensi, tutto ciò che lavora ancora dall’interno del corpo nelle sensazioni corporee, quando tutto questo non c’è piú e la cosa è solo un ricordo – possiamo naturalmente ricordare qualche esperienza in modo indeterminato – quando la cosa è solo un ricordo, allora non possiamo piú ricordare l’effettiva parte attiva che l’anima ha avuto nell’esperienza in modo cosí diretto. Possiamo ricordare l’esperienza, ma non possiamo avere questa esperienza davanti a noi nello stesso modo in cui elaboriamo ciò che stiamo attualmente vivendo. Ma se non siamo in grado di farlo, se non riusciamo a vivere qualcosa che è stato separato da noi per due o tre giorni in modo tale da sperimentarlo con la stessa vivacità di un evento presente, non possiamo assolutamente avvicinarci allo spirituale, all’eterno.

 

Un ricordo evocato

Un ricordo evocato

 

Tuttavia, ci si sbaglia di grosso se si crede che qualcosa che è accaduto due o tre o piú giorni o anni fa e che viene ricordato possa essere vissuto allo stesso modo di un evento presente. Non solo è sbiadito, ma soprattutto quell’attività interiore immediata che l’anima dispiega in un evento presente, non può svilupparsi quando si trova di fronte a un evento passato. L’anima dorme nella propria attività di fronte all’esperienza passata. L’esperienza passata emerge come un’immagine. Ciò che si sperimenta nel presente non emerge, ma deve essere risvegliato. Si può sviluppare ciò che qui deve essere sperimentato in relazione a ogni evento o esperienza del passato, se si è abbastanza contenti di farlo. La cosa migliore da fare, a meno che non siate per caso dei ricercatori spirituali, è non concentrarsi su ricordi molto lontani, ma prendere i ricordi a breve distanza di due o tre giorni, perché questo è il modo migliore per ottenere ciò che si vuole raggiungere. Prendete un evento accaduto due o tre giorni fa, la cosa migliore è scegliere un tale evento che perciò è già stato vissuto, per condurvi in questo modo all’eterno nell’anima. Le esperienze ordinarie non lo fanno affatto. Perciò il ricercatore spirituale sarà costretto a fare quelli che vengono chiamati esercizi di pensiero e di sentimento. Attraverso questi esercizi di pensiero e di sentimento, ad esempio concentrandosi sui pensieri molto piú a lungo di quanto si faccia di solito nelle esperienze ordinarie, si riesce a sperimentare l’anima interiore fin dall’inizio, prima di quanto gli uomini normalmente la sperimentino. E poi, come ho detto, se consideriamo il periodo di tempo piú breve – può accadere dopo due o tre giorni – ci troviamo nella posizione di guardare davvero indietro a questi due o tre giorni attraverso la memoria ordinaria.

 

Perciò capiamoci bene: dopo qualche tempo, il ricercatore spirituale arriva a vedere le esperienze degli ultimi due o tre giorni come in un quadro. Ciò è necessario. È necessario visualizzare realmente ciò che si è vissuto negli ultimi due o tre giorni. Se si è praticata la necessaria introspezione, si percepisce ovunque come gli organi corporei siano ancora coinvolti nelle esperienze degli ultimi due o tre giorni. Certo, se ci si è abituati a vivere nell’anima, i ricordi di questi due o tre giorni possono scorrere come in un istante, cosí da avere un’immagine di questi due o tre giorni davanti a sé. Ma in questi due o tre giorni non si ha l’anima davanti a sé, staccata dal fisico, bensí si ha l’anima davanti a sé per ciò che si ricorda di questi due o tre giorni, ma contagiata ovunque, influenzata ovunque dall’esperienza fisica. È proprio solo come un ricordo distribuito in questi due o tre giorni e che agisce rapidamente.

 

Le cose stanno diversamente per quanto riguarda l’evento accaduto due o tre giorni fa. Se vi siete resi capaci di vivere questo evento come se fosse un evento presente, dopo aver esaminato i due o tre giorni come ho descritto, allora state vivendo in un regno spirituale.

 

Vedete, non vi sto descrivendo nulla di astratto, non vi sto descrivendo concetti, ma vi sto descrivendo ciò che l’anima fa a se stessa per allontanarsi, attraverso un certo corso del tempo, da ciò che non può essere sperimentato semplicemente nell’anima, e per ritornare a qualcosa che ora può essere sperimentato nell’anima. Tuttavia, la vita dell’anima deve essere intensificata in modo che si possa davvero stare in qualcosa che è successo due o tre giorni indietro nel corso della vita. Allora si sa cosa significano questi due o tre giorni nell’esperienza spirituale interiore dell’essere umano.

 

In questo modo si impara a riconoscere qualcosa che si può imparare a riconoscere solo cosí. Si impara a riconoscere che ciò che viviamo nell’anima nel presente, tutto si stacca dal corpo, tutto si spiritualizza ed è veramente spiritualizzato solo dopo due o tre giorni. Ma poi giace per la coscienza ordinaria in una tale oscurità di coscienza che l’essere umano ci dorme sopra se non si è preparato a vivere in essa. Ma se si è preparato, sa che ora si trova con la sua anima creatrice, con ciò che la sua anima non ha mai sperimentato altrimenti: è dentro in un’esperienza puramente animico-spirituale.

 

Naturalmente, questo può essere fatto per le esperienze passate. Ma poi ci si trova di fronte all’im­portante necessità di ricordare davvero tutto ciò che è accaduto fino a questa esperienza, magari anni fa, come in un quadro. Questo è naturalmente molto piú difficile di ciò che è accaduto negli ultimi due o tre giorni e che si cerca di ricostruire attentamente nella memoria. Solo quando si è completato questo percorso, solo quando lo si è ripercorso pezzo per pezzo e si riesce ancora a conservare nell’anima la forza sufficiente per sperimentare ciò che poi sorge, si sa per esperienza diretta: ora hai afferrato ciò che nella tua anima è solo spirituale, che opera in te ma non appare affatto nella coscienza ordinaria. Nella coscienza ordinaria nemmeno la memoria funziona in modo tale che qualcosa si avvicini con la vivacità necessaria per sperimentarlo come anima. Ciò che porta alla luce i ricordi è sempre influenzato dal fisico. Il potere della memoria è inizialmente legato al fisico, anche se non deve la sua esistenza al fisico.

 

Vi ho quindi fatto notare che attraverso una esperienza interiore molto particolare, attraverso qualcosa a cui ci si deve preparare con cura, a cui ci si deve educare con attenzione interiormente, si scopre l’anima vera e propria nell’uomo. Quando avete scoperto questa anima reale, sapete che questa anima è dentro di voi. Sapete che se avete nuovamente l’opportunità di avvicinarvi a questa stessa anima, allora è lí. Perché scoprendola, sapete che quest’anima è ora indipendente da ogni sensualità. Il sensuale ha un effetto solo nel momento in cui lo scoprite. Questo animico ora è lí, è diventato indipendente dal sensuale, questo animico ora è diventato anche indipendente dalla volontà, non è legato agli organi esterni di movimento dell’es­sere umano. Si conosce afferrando questo elemento dell’anima: ciò che è dotato della qualità della durata, è ciò che afferra questa durata in sé in modo tale che l’uomo la porti con sé attraverso la morte. Questo è ciò che è eterno nella natura dell’uomo.

 

Prepararsi ad attraversare la Soglia

Prepararsi ad attraversare la Soglia

 

E ora sappiamo perché questo eterno sfugge alla coscienza ordinaria di tutti i giorni, perché questa coscienza quotidiana si sviluppa solo con l’aiuto del corpo, perché ciò che non si sviluppa con l’aiuto del corpo è sperimentato da questa coscienza ordinaria di tutti i giorni solo nello stesso modo in cui si sperimenta il sonno profondo. Come se si dovessero far emergere dal sonno profondo esperienze che sono cosí scialbe – qui ci sono – che la coscienza ordinaria semplicemente non percepisce, cosí si fa emergere dalla fonte interiore dell’anima ciò che si trova proprio nel modo che ho descritto.

 

Si può dire che una cosa del genere è il primo stadio della vita dell’anima, che già dà qualcosa direttamente, non solo concettualmente, ma c’è una percezione diretta dell’anima. Di fronte alla coscienza che guarda, si ha ciò che passa attraverso la Soglia della morte. E avendo questo, si sa che l’es­sere umano, vivendo direttamente all’interno di un’anima, non dipende dal presente con quest’anima: si sa che questa anima ha la durata in se stessa e che realizza ciò che l’es­sere umano ora sperimenta.

 

Quando il ricercatore spirituale vi descrive ciò che accade alla morte, non lo fa per fantasia, ma continuando ciò che ho appena spiegato. Egli sa che l’anima, liberandosi dal corpo, ha bisogno di due o tre giorni di retrospettiva prima di entrare in se stessa, nel proprio essere. Impara cosí a riconoscere nella propria anima ciò che l’anima sperimenta quando attraversa la porta della morte. Impara a riconoscere come quest’anima, nel momento in cui attraversa la porta della morte, abbia ancora una revisione di due o tre giorni, un quadro della vita; come questa revisione poi discenda; come l’anima poi, due o tre giorni dopo la morte, dopo che si è completamente liberata dall’esperienza corporea, quando entra nel regno spirituale vero e proprio, viva nello stesso elemento in cui vive il ricercatore spirituale nei due o tre giorni in cui compie l’esperienza interiore di cui vi ho parlato.

 

La Scienza Occulta

 

Questi esercizi dell’anima, che portano all’esperienza dell’anima e dell’ambiente animico-spirituale, si possono certamente trovare nei già citati scritti Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori? e nella mia Scienza occulta. Possono essere eseguiti da chiunque, ma non devono esserlo necessariamente. Devo sottolineare ancora una volta: il ricercatore spirituale introduce ciò che deve essere fatto dall’anima per raggiungere il mondo animico-spirituale; ma non è necessario che uno si sottoponga personalmente a questi esercizi se vuole essere convinto della verità di ciò che la ricerca spirituale porta alla luce. Il ricercatore spirituale stesso, per quanto possa sembrare strano, non trae alcun vantaggio da ciò che ottiene attraverso i suoi esercizi, da ciò che gli dà la ricerca spirituale vera e propria, da questo sguardo sul mondo spirituale, non ne trae alcun vantaggio la sua vita eterna, ma solo per il fatto che è in grado di trasformare ciò che vede come animico-spirituale nei consueti concetti pratici del senso comune. Il buon senso può comprendere ciò che il ricercatore spirituale ha da dire quando trasforma ciò che vede nel mondo spirituale in concetti, in idee.

 

Questo buon senso deve solo liberarsi da tutti i pregiudizi che ancora oggi si accumulano cosí alti di fronte alla vera comprensione. D’altra parte, l’uomo di oggi non deve limitarsi a prendere per vero qualcosa in buona fede, ma deve convincersi fino a un certo punto di tutto. Per questo oggi devono esistere scritti che permettano a tutti di verificare ciò che dice lo scienziato spirituale, come fanno gli scritti citati. Tuttavia, le obiezioni che molto spesso vengono sollevate da chi crede di avere il diritto di giudicare sono, per quanto possibile, sbagliate. Si dice, ad esempio, se un ricercatore spirituale parla di come lui o coloro che sono da lui introdotti alla ricerca spirituale guardano realmente nello Spirito, allora lasciate che ci mostrino come osservano l’animico-spirituale di altre persone. Portiamo loro alcune persone, non devono sapere nulla di ciò che accade nell’animico-spirituale di queste persone, ma devono osservare queste persone con una visione spirituale. Poi potranno fare le loro affermazioni. Se saranno corrette, allora crederemo.

 

È molto strano che sia stata avanzata questa obiezione – ne ho parlato alla fine del mio libro Enigmi dell’anima – e che sia sorta ancora e ancora, mentre la ricerca spirituale offre a tutti la possibilità di indagare e dice: questo e quello si possono fare; ci si può convincere di tutto ciò che il ricercatore spirituale afferma. Invece di convincersi in questo modo, si pretende da essa ciò che ogni ricerca spirituale deve distruggere. Infatti, ciò che si deve osservare dell’anima le sfugge sempre se le si avvicina una mancanza di libertà, se le si avvicina una costrizione, quando le forze che sviluppa non emergono da essa stessa. Non si può fare ciò attraverso la possibilità di osservare esperimenti esterni; ognuno può farlo solo con se stesso. Ma se si sforza, arriverà a quello che ottiene il ricercatore spirituale. L’evento esterno, l’espe­rimento, è qualcosa che deve disperdere le capacità del ricercatore spirituale, proprio come la vita si allontana quando si fa a pezzi l’organismo. Per quanto possa sembrare strano, è cosí.

 

Visione

 

Vi ho mostrato come si può sperimentare l’anima. Naturalmente, questo è solo l’inizio. Questi esercizi devono essere ripetuti piú volte. Si va sempre piú avanti, finché alla fine si trova un regno spirituale con esseri che vi circondano, proprio come il mondo sensoriale si estende davanti ai vostri sensi. Ma questa realizzazione spirituale ha delle caratteristiche particolari. E vorrei citare alcune di queste peculiarità. Innanzitutto, quando il ricercatore spirituale ha una esperienza, guarda questa esperienza, prende coscienza di questa esperienza, si potrebbe ora credere che tale esperienza debba comportarsi nei confronti dell’essere umano nello stesso modo in cui si comporta qualsiasi altra esperienza del mondo sensoriale esterno. Non è cosí. Si scopre che se il ricercatore spirituale ha un’esperienza del genere, non può portarla nella sua memoria, nella memoria ordinaria. Come si deve andare oltre la memoria ordinaria, come ho mostrato, per due o tre giorni, cosí si esce dalla memoria anche quando si entra nel mondo spirituale. Una volta che si è visto qualcosa di spirituale, non ci si può limitare a memorizzarlo in modo da ricordare questa esperienza spirituale. Bisogna sempre rievocarla.

 

Dovete comprendere bene questo: se il ricercatore spirituale riesce a trasformare le sue esperienze in idee, in concetti, ha i concetti come sono di solito; naturalmente li può ricordare. Ma questa non è l’espe­rienza spirituale, è l’immagine concettuale. Si può ricordare quella. Ma non si può ricordare l’esperienza spirituale. Le esperienze spirituali sono fatti che esistono nel mondo spirituale. Si possono guardare, ma non rimangono impresse nella memoria. Quando un ricercatore spirituale vuole avere di nuovo un’espe­rienza spirituale di questo tipo o ripeterla, non gli basta applicare l’energia che altrimenti userebbe per un ricordo; questo non lo porterà da nessuna parte. Deve piuttosto far sí che gli stessi eventi interiori del­l’anima si verifichino di nuovo in lui, deve fare esattamente le stesse cose che ha fatto per arrivare al­l’esperienza. Allora potrà avvicinarsi alla stessa esperienza. Il fatto che un’esperienza spirituale non si imprima nella memoria, che si possa rivivere solo attraverso quegli eventi interiori dell’anima, è la prova che ciò che vive realmente nello Spirito ha durata e non può essere distrutto dalla morte. Ha una durata.

 

Il modo in cui il ricercatore spirituale sperimenta, dimostra l’indipendenza dell’animico-spirituale dal fisico. Il ricercatore spirituale si convincerebbe immediatamente che, come le sue percezioni sensoriali svaniscono con la morte, anche ciò che ha dell’esperienza spirituale dovrebbe svanire con la morte, se potesse ricordarlo. Infatti, anche i poteri legati alla memoria sono legati al corpo mortale. Si incontra l’immortale solo quando si è al di là della memoria.

 

Vorrei citare un’altra strana esperienza, un’esperienza che colpisce particolarmente molte persone che fanno esercizi spirituali. Se, in qualche modo, ci si mette in cammino nella vita ordinaria e si fa qualcosa piú e piú volte, si acquisisce una certa pratica. Si diventa sempre piú bravi. Stranamente, è vero il contrario quando si tratta di esperienze spirituali: una volta che si è avuta una visione spirituale molto vivida, molto vivace, una volta che si è visto qualcosa che ha una durata spirituale, e si vuole realizzarlo una seconda volta, una terza volta, diventa sempre piú difficile, e si devono fare sforzi maggiori. Non esiste la pratica, non esiste l’abitudine; bisogna lavorare sempre piú duramente per ottenerla di nuovo. Una volta che abbiamo avuto l’esperienza spirituale, essa fugge da noi, per cosí dire.

 

Ciò sorprende molti per un certo motivo: quando qualcuno si avvicina per la prima volta a un’espe­rienza spirituale, ha in sé molta forza di riserva, ha accumulato molto di ciò che era precedentemente dormiente e che ora viene risvegliato alla visione spirituale. In determinate circostanze può avere una esperienza spirituale molto vivida. Se poi non è ancora sufficientemente preparato, non è ancora sufficientemente maturo, e viene immediatamente spinto a ripeterla – prima lo faceva piú attraverso le sue riserve, dal subconscio, che in modo pienamente cosciente – allora non può piú farlo, e forse ne è molto scontento, perché vuole fare quell’esperienza sopra ogni altra cosa. E spesso evita di fare lo sforzo di esercitarsi di piú e di diventare piú attivo animicamente per poter fornire lo stimolo che può portare a quella esperienza. Quindi, come vedete, è vero l’opposto di ciò che è cosí importante per noi nella vita ordinaria. Non si tratta di acquisire conoscenze per ripetere le cose quando si tratta di esperienze animiche. Piú ci avviciniamo alle esperienze dell’anima, piú queste si separano dal fisico e rivelano cosí la loro peculiarità animico-spirituale.

 

Inoltre, è un requisito assoluto che, se si vogliono avere esperienze spirituali, bisogna prestare attenzione al fatto che la propria vita concettuale e immaginativa sia preparata per queste esperienze spirituali. Si entra in un’oscurità spirituale che non è patologica, ma solo una confusione spirituale, ma che porta a ogni tipo di illusione quando si ha un’esperienza spirituale che non si può afferrare con i concetti, che non si può comprendere. Quindi bisogna cercare di far maturare sempre di piú le proprie capacità di comprensione prima di avvicinarsi all’esperienza spirituale.

 

Percezione dei colori

 

Come si ha bisogno di un occhio maturo per percepire i colori, cosí si ha bisogno di un’immaginazione matura per essere in gra­do di afferrare veramente ciò che si affronta spiritualmente.

 

Quindi, ciò che il ricercatore spirituale de­scrive può essere compreso in ogni dettaglio attraverso il buon senso se si osserva la vita, se si confronta ciò che il ricercatore spirituale ha da dire con ciò che la vita presenta nella quotidianità. Non è necessario essere un ricercatore; e il ricercatore stesso ha i frutti della sua ricerca solo quando riesce a trasformare le sue percezioni spirituali in idee ordinarie e comprensibili, che comunica a se stesso nello stesso modo in cui può comunicarle a un altro. Il ricercatore spirituale deve anche comprendere queste idee attraverso il suo sano buon senso. In questo modo anche un altro può comprenderle. Ciò che l’occultista ricava dai risultati, dai frutti della ricerca spirituale, l’uomo può ottenerlo anche senza essere un ricercatore spirituale. Solo per convincersi che le cose sono vere non è necessaria la ricerca spirituale.

 

Ora, vorrei dire che ci possono essere delle obiezioni al significato pratico dei risultati della Scienza dello Spirito. E discutendo alcuni dei risultati della Scienza dello Spirito in riferimento a ciò, devo ovviamente affermare che quest’altra via della ricerca spirituale viene presa in considerazione. Prima si deve realizzare l’evento nell’anima, poi si arriva al fatto dei risultati. Il ricercatore non dice: «Questo è cosí o cosà», ma: «Se si realizzano gli eventi corrispondenti nell’anima, si arriva a fatti spirituali che si presentano in questo o quel modo». La prova sta nella natura della ricerca.

 

Naturalmente non posso presentare tutte queste cose esattamente in un’ora scarsa; bisognerebbe tenere non solo dieci conferenze, ma un corso di molti mesi per poter dare ciò che si dovrebbe dare. Pertanto può essere molto comprensibile se si scopre che il ricercatore spirituale accenna in modo elementare a quello che è il cammino, ma poi presenta degli enigmi che sembrano essere stati tirati fuori dal nulla. Non lo sono, però, e se la via viene seguita correttamente, con esattezza scientifica, come solo la scienza moderna si sforza di fare con i suoi enigmi, con la stessa precisione si può condurre la ricerca in modo animico-spirituale.

 

Prima di tutto, vorrei accennare a un tale fatto della vita, a un tale contesto della vita, riferendomi alle affermazioni di quelle persone che ripetono, per i pregiudizi e i preconcetti del presente, qualcosa del genere: perché esplorare ciò che si trova oltre la morte? Perché esplorare questo eterno nell’anima umana? Quando subentra la morte, vedrò come vanno le cose, posso aspettare e vedere.

 

Collegamento con il cielo

 

Nulla è piú sbagliato di ciò. La ricerca spirituale, quan­do incontra le anime che hanno raggiunto l’indipenden­za dal corpo dopo la morte, mostra che queste anime vivono in un ambiente che hanno preparato per sé tra la nascita e la morte. Qui nel mondo dei sensi viviamo nell’ambiente sensoriale. Questo ambiente sensoriale si avvicina a noi. Dopo la morte viviamo come anime in ciò di cui abbiamo preso coscienza riguardo allo spirituale tra nascita e morte. E ciò che non esisteva per noi tra la nascita e la morte non esiste per noi come mondo esterno dopo la morte.

 

Il nostro mondo interiore – questa sarà una grande legge di conoscenza spirituale – nella misura in cui lo abbiamo visto consapevolmente come spirituale, lo abbiamo riconosciuto non attraverso la visione spirituale, ma riconoscendo attraverso il buon senso ciò che la visione spirituale porta con sé, quello diventa il nostro mondo esterno. E noi dopo la morte abbiamo come mondo esteriore solo quello che abbiamo avuto come mondo interiore tra la nascita e la morte.

 

Arco in cielo

 

Se tra la nascita e la morte acquisiamo solo idee legate al mondo esterno dei sensi, o idee che sono legate solo alla materia, allora il nostro ambiente dopo la morte deve essere costituito da tali idee. Poiché desidero dimostrare che la Scienza dello Spirito giunge a risultati concreti e reali, non mi sottrarrò dall’esprimere ciò che ancora oggi è ritenuto ridicolo da moltissimi, cosí come fu ritenuta ridicola la visione copernicana del mondo quando apparve per la prima volta; ma le cose devono essere dette. Se tra la nascita e la morte non acquisiamo altro che idee tratte solo dal mondo dei sensi, dalla vita nel mondo esterno dei sensi, allora quello è il nostro mondo interiore durante la vita fisica e sarà il nostro mondo esterno dopo la morte. E la conseguenza è che le anime che non si sono sforzate di prendere coscienza che dietro il mondo dei sensi c’è il mondo spirituale, dopo la morte vengono relegate nella sfera sensoriale terrestre, finché non si liberano dopo la morte, dove è molto piú difficile, dalla convinzione che non ci sia lo Spirito, dall’abitudine di non guardare lo spirituale.

 

Un ambiente spirituale di tipo diverso da quello terrestre-materiale può essere acquisito solo passando attraverso la morte con idee consapevoli dell’esistenza di un mondo spirituale. Pertanto, le anime che non acquisiscono questa consapevolezza rimarranno nella sfera terrestre dopo la morte. Possono essere trovate lí da coloro che vi sono giunti attraverso la ricerca spirituale.

 

Venti distruttivi

 

E ciò che è ancora piú profondamente impresso nell’anima è l’altro fatto: si impara a riconoscere, quando si trovano le anime sul sentiero indicato, che queste anime operano favorevolmente nella sfera terrena solo quando lavorano su questa sfera terrena attraverso il corpo. Qui, nella sfe­ra terrestre, siamo posti nella giu­sta relazione con l’ambiente circostante attraverso il corpo. Se dopo la morte rimaniamo nello stesso ambiente, come dimostra il fatto sopra citato, abbiamo un effetto distruttivo. Allora siamo attivi nel modo sbagliato.

 

Chiunque sia un vero ricercatore lo sa: se le persone qui credono che le forze distruttive arrivino da sole e si dissolvano da so­le, se le cose distruttive fluiscono nella vita umana senza che ci siano ragioni concrete, allora sono le anime di coloro che non hanno trovato la coscienza spirituale qui e che quindi hanno un effetto distruttivo su questa vita terrena dopo la morte.

 

Quando questa verità, che per molti è ancora oggi ridicola, che l’uomo si lega alla Terra per essere un distruttore delle condizioni terrene dopo la morte, che sulla Terra nel modo piú triste interviene furioso tra gli uomini dopo la morte, sarà compresa, allora si conquisterà di nuovo un rapporto concreto dell’uomo con il mondo spirituale, allora diventerà un dovere cosmico, un dovere verso l’ordine del mondo, non limitarsi a ciò che può essere sperimentato solo esternamente nella vita fisica, ma ciò che viene sperimentato in modo tale che l’uomo sia permeato nella sua esperienza interiore dal fatto che è in un rapporto spirituale con il nucleo eterno dell’essere con il mondo spirituale, che è intorno a noi proprio come il mondo dei sensi, solo che la coscienza ordinaria non lo percepisce.

 

Proprio come il contadino che non ha mai sentito parlare dell’aria non crede che l’aria lo circondi, ma pensa che lí non ci sia nulla, cosí si crede, attraverso la coscienza ordinaria, che dove qualcosa non può essere percepito attraverso i sensi, non c’è nulla.

 

Il mondo spirituale è qui e può essere percepito quando realmente si risveglia la coscienza di questo mondo spirituale.

 

 

Rudolf Steiner (2. continua)

 




 

Conferenza tenuta a Berna il 28 novembre 1917.

O.O. N° 72 – Traduzione di Marco Allasia.