Il mosaico di Otranto

Siti e miti

Il mosaico di Otranto

 

Otranto è la città piú orientale d’Italia, affacciata fra l’Adriatico e lo Ionio sul canale che da essa prende il nome. È protesa verso l’Africa e il vicino Oriente e nel XII secolo diviene centro di intensa cultura, punto e crogiolo di varie civiltà, lingue e culti diversi.

 

La Cattedrale di Otranto

La Cattedrale di Otranto

 

Questo preambolo per portarci poi a scrivere sul monumento piú insigne della città, la Cattedrale.

 

L’attuale Cattedrale sorge tra il 1080 e il 1088 per volontà dell’Arcivescovo del tempo Guglielmo, che la vuole come segno di pacificazione dopo lunghe lotte tra Bisanzio e i Normanni. Per far presto e bene chiama nei suoi cantieri i migliori maestri, coinvolge il popolo e il Duca Ruggero a cui chiede e ottiene un forte contributo.

 

La cripta con le 42 colonne

La cripta con le 42 colonne

 

Sorge sul punto piú alto del centro storico della città. Sorge in alto perché tutti, greci e normanni, la vedano e ad essa si riferiscano come simbolo di una Presenza Superiore. Confluiscono in lei l’arte della scuola pittorica Basiliana e i maestri lapicidi che lavorano ai capitelli tutti diversi della cripta, 42 colonne diverse per tempo, stile e qualità del marmo.

 

Ciò però che rende unica la Cattedrale di Otranto è il Mosaico che decora la navata centrale, la navata destra e quella di sinistra, voluto dall’Arcivescovo Gionata e realizzato sotto la guida e le indicazioni del Presbitero Pantaleone tra il 1163 e il 1165.

 

Autentico poema musivo, costituisce uno dei piú gran­diosi complessi artistici che l’Arte Sacra abbia creato in tutta Italia, un’opera per molti aspetti non sempre facile da interpretare, perché Pantaleone salda l’arte bizantina alla cultura occidentale, ed usa un linguaggio simbolico-allegorico introducendo tutto il sapere del tempo, compresa la Quabala ebraica.

 

Navata centrale con il pavimento musivo

Navata centrale con il pavimento musivo

 

Il Mosaico si colloca in un tempo quando ancora l’unico pensiero filosofico, accettato dalla Chiesa di Oriente e da quella d’Occidente era quello di Ago­stino, autore a cui piú di ogni altro si richiamavano gli uomini della Chiesa di quel tempo. Per lui «tutte le dottrine dei Gentili non contengono soltanto finzioni menzognere, superstizioni e un’insopportabile carico di pratiche inutili, ma contengono pure discipline li­berali assai adatte alla ricerca della verità e una serie di utilissimi insegnamenti morali» (Sant’Agostino, La Dottrina Cristiana).


 

Adamo ed Eva

Adamo ed Eva

 

Ecco che allora il Mosaico attinge non soltanto al Vecchio e Nuovo Testamento ma pure alla ricca messe delle culture pre­cristiane e a miti e tradizioni di culture e poli diversi.

 

Quando l’arcivescovo di Otranto Gio­nata decide di far scrivere sul pavimento della Cattedrale un “libro in pietra”, che parlasse con voce intesa da tutti, non si ri­volge all’Accademia Talmudica, tanto rinomata in quel momento, né ai Centri culturali latino e italico normanni, anch’essi molto noti in Italia, Grecia e in Normandia, ma al sapiente monaco Pantaleone, Preside della facoltà pitto­rica dell’Università del Monastero di Casole. poco distante da Otranto.

 

i mesi dell'anno

I mesi dell’anno

 

Pantaleone si mette all’opera, è il 1163, suo in­tendimento è riprodurre con immagini quanto i suoi confratelli insegnavano e studiavano nel Mo­nastero, e con la sua opera affida ai secoli e alla cultura la fede del suo tempo, ma vuol dare ad essa un significato che superi i limiti angusti degli Stati e delle Religioni confessate.

 

Evidenzia cosí che Oriente ed Occidente non sono che una distinzione richiesta dalle contingen­ze del tempo e della storia, e che non rappresentano lo scontro di due culture, bensí il compendio di una sola cultura.

 

Pantaleone crea un poema musivo, testimone di un dialogo con l’Oriente che aveva modellato la vita e la civiltà occidentali, lo crea in un tempo in cui vi è una sola fede, una sola lingua, una sola letteratura, un solo pensiero e un solo diritto, scrive un libro in immagini, lo distende su circa seicento metri quadri di superficie pavimentale e vi tratta la concezione della società di allora, modellandola sulla storia della Salvezza.

 

L'Albero della Vita

L’ Albero della Vita

 

L’Albero della Vita, altissimo, svetta nella navata centrale, insieme alla Cosmogenesi, la Redenzione nella navata destra e il Giudizio Universale in quella di sinistra.

 

Lo Zodiaco

Lo Zodiaco

 

Nel discorso simbolico-allegorico che va da Adamo ed Eva fino al 1165 d.C. entrano in scena la Tentazione, la Regina di Saba e Salo­mone, l’Unicorno, Diana cacciatrice, il Cervo ferito, lo Scacchiere dell’essere, i Cavalieri con l’olifante e il Volo di Alessandro Magno, la Torre di Babele e l’Arca salvatrice di Noè, Sansone, scene di vita domestica e agricola regolate dallo Zodiaco, la Morte di re Artú e di Abele, i Mesi dell’anno, le Virtú teologali per combattere il mondo feroce e bestiale degli errori e dei vizi, raffigurati in un vasto Bestiario, dove vengono rappresentati animali reali e fantastici, ognuno a simboleggiare un vizio o una virtú, anche le Norne vi trovano posto, nel tessere il Destino dell’uomo, un rimando alla mitologia nordica che l’Autore dell’opera sicuramente conosceva,

 

Re Artù

Re Artú

 

Nella navata destra è raffigurato l’Albero della Reden­zione e nel “Leone della tribú di Giuda, il Germoglio di Davide” si riconosce il Salvatore, il Cervo vittorioso, simbolo del Cristo Risorto, i Profeti, i Giusti e gli Eletti; nella navata sinistra, invece, l’Inferno e Satana con Cerbero e Caronte ed intorno demoni e animali mostruosi a tor­mentare i dannati. Nel capolavoro musivo, ogni figura ha un fine, un senso, una ragion d’essere, tutto tende ad ele­vare l’uomo verso il Cielo. In questa visione l’avventura umana non sembra né assurda né disperata: ciascuno sa perché lavora, soffre, vive e dovrà morire.

 

Alessandro Magno

Alessandro Magno

 

L’Unicorno e il monaco Pantaleone

L’Unicorno e il monaco Pantaleone

 

La firma di Pantaleone

La firma di Pantaleone

 

La chiave di lettura del Mosaico parte dalla chioma dell’Albero della Vita e da lí si conosce il valore simbo­lico e allegorico di ogni figura e il discorso scorre, del resto non solo i cristiani ma anche la mistica ebraica, gli indiani, i siriani ed altri consideravano l’Albero della Vita come simbolo della Divinità; essenzialmente è una biografia dell’uomo che si esprime nelle varie culture e nelle varie epoche, è un racconto esemplare che il sapiente Pantaleone scrive per la salvezza di tutti, è il viaggio dell’anima umana dalle terre servili della caduta alla libertà dei Figli della Luce.

 

 

Davide Testa