
Raffaello «La Dama con liocorno»
Fin dai tempi dell’Università alcuni amici, con un’espressione malinconica del viso, mi dicevano che non riuscivano a capire che cosa si dovesse provare di fronte ad un’opera d’arte. Si sforzavano di comprendere, magari studiavano alcuni testi inerenti ad un quadro di un celebre pittore, però sembravano restare interiormente immobili, incapaci di sperimentare qualche cosa di significativo, e di questo si dispiacevano molto.
In effetti noi viviamo in un periodo in cui l’arte pare essersi allontanata dall’umanità, ed è il motivo per cui oggi si celebrano come capolavori a livello planetario e museale oggetti che soltanto un povero malato mentale potrebbe riconoscere come tali. E sappiamo anche come dialetticamente si possa trovare una giustificazione per tutto: molti anni fa ho assistito ad un dibattito fra un illustre filosofo ed il suo assistente universitario in cui il primo riusciva a dimostrare all’altro, senza ombra di dubbio, che il nero era bianco ed il bianco era nero, fino ad arrivare ad una risata liberatoria di tutto il pubblico piú o meno allibito e sconcertato.

Paesaggio ad imitazione della natura
Anche io, che frequento “attivamente” il mondo dell’arte fin dalla piú tenera infanzia, faccio spesso molta fatica nel riconoscere una vera opera da un semplice oggetto estetico o da un lavoro puramente artigianale. I miei amici mi chiedevano infatti “cosa” si dovesse cercare contemplando un quadro o una scultura, e per me non era assolutamente facile dare una risposta. Molti ritengono che un’opera debba “piacere o non piacere”, ma questo non è sufficiente per decretare l’“artisticità” di un manufatto: a me può piacere molto anche una semplice cartolina oleografica di un paesaggio idilliaco: una marina, un paesaggio montano, un tramonto, ma non per questo so di trovarmi di fronte all’arte. Altri ritengono che un capolavoro debba “emozionare”, ma anche la tragica visione di un incidente stradale o un energumeno che improvvisamente mi tirasse un ceffone mi emozionerebbero senza per questo assurgere al livello di opera d’arte.

Carmelo Nino Trovato «Mondi Astrali – La rosa»
Ed allora non resta che cercare una soluzione nelle parole di Rudolf Steiner contenute ad esempio in Arte e conoscenza dell’arte (ed. Antroposofica, O.O. N° 271), laddove egli dice: «La domanda che ritengo potrebbe sorgere di fronte alla vita artistica sarebbe questa: qual è la causa positiva, reale, per cui portiamo le arti nella vita? L’arte riguarda la concreta realtà che scorre fra nascita e morte soltanto nell’epoca materialistica. In essa si è dimenticata l’origine sovrasensibile dell’arte, e per lo piú non si cerca che di imitare quel che esiste nella natura esterna, percepibile ai sensi. Solo chi dunque abbia un sentimento davvero approfondito di fronte alla natura da un lato e all’arte dall’altro, non potrà essere d’accordo con l’imitazione della natura nell’arte, col naturalismo. Occorre infatti sempre riproporci la domanda: può ad esempio il miglior paesaggista incantare in qualche modo sulla tela la bellezza di un paesaggio naturale? Chi non abbia il gusto deformato, anche davanti a un paesaggio naturalisticamente ben colto, dovrà provare il sentimento che ho espresso nel prologo del mio primo mistero drammatico La porta dell’Iniziazione, che cioè nessuna imitazione della natura potrà mai raggiungere la natura. Il naturalismo si mostra appunto contrario al sentimento di chi sente giustamente. Questi potrà certo considerare legittimo nell’arte solo ciò che esorbita dalla natura, che tenta di dare almeno nella rappresentazione qualcos’altro che non sia quanto ci offre la semplice natura».
Da quanto ci rivela il Dottore anche in altri brani, l’arte in un certo senso è una sorta di eco del mondo che noi attraversiamo fra la morte ed una nuova nascita: la difficoltà sta proprio nel riuscire a cogliere l’elemento sovrasensibile nell’opera, al di là della semplice e mai perfetta riproduzione passiva della realtà materiale.
Un’ultima considerazione di carattere generale, pensando anche ai miei colleghi e amici: è per me triste constatare come in quest’epoca intrisa di materialismo anche persone pur seguaci di una delle grandi religioni, quando sporadicamente sentono parlare di Scienza dello Spirito e dei misteri da essa indagati e rivelati, restino di fatto assolutamente indifferenti. È come se uno dicesse loro, col massimo della serietà, di avere appena incontrato un meraviglioso Angelo con le ali iridescenti e di avere avuto da lui rivelazioni fondamentali sul destino dell’umanità, per sentirsi distrattamente rispondere: «Ah sí?… Lo sai che ho portato l’auto dal carrozziere?»…
Carmelo Nino Trovato