Morale creatrice

Scienza dello Spirito

Morale creatice

Contributi alla conoscenza del Mistero del Golgota

 

In una conferenza berlinese del 10 Aprile 1917 (In Contributi alla conoscenza del Mistero del Golgota, ed. Antroposofica, O.O N° 175) Rudolf Steiner affronta il tema dei rapporti tra la concezione legata alle leggi della natura e la necessità di un ordine morale, particolarmente sentita dai kantiani ispirati dalla celebre sentenza del loro mentore: «Il Cielo stellato sopra di me, la Legge morale dentro di me».

 

«L’uomo oggi considera la natura secondo l’educazione che ha ricevuto. …Tutto viene considerato alla stregua delle leggi naturali. …Accanto a ciò ci si sente collegati all’ordinamento morale del mondo».

 

Il tempo non sembra trascorso; la situazione è tuttora la stessa e altrettanto forte la percezione di come l’elemento naturale e quello morale suscitino reazioni molto diverse: «Ma pensiamo un po’ a come è già divenuto debole il pensiero, la rappresentazione che l’ordine morale del mondo abbia per sé realtà obiettiva come l’ha la natura».

 

Com’è tuttora assordante la visione onnicomprensiva della realtà quale conseguenza di tangibili leggi naturali, e quasi evanescente ogni richiamo a fenomeni non scientificamente acquisibili e quindi consegnati alla sfera della fede!

 

«Oggi della fede si ha un’idea teorica, troppo astratta. …Ci si immagina che le cose stiano cosí: ciò che si può dimostrare con qualche mezzo è un sapere; ciò che non si può dimostrare con alcun mezzo, ma che tuttavia è tenuto per vero, è una fede».

 

 

Siamo davvero lontani dalle vigorose parole del Cristo ai discepoli: «Se avrete fede quanto un granello di senape, direte a questo monte: trasferisciti da qui a là ed esso vi si trasferirà, e niente vi sarà impossibile» (Matteo 17/20); «Direte a questa pianta di sicomoro: sradicati e trapiantati in mare, ed essa vi obbedirà» (Luca 17/6)

Direte al monte: trasferisciti da qui a là…

Direte al monte: trasferisciti da qui a là…

 

Immediata quanto sofferta la constatazione del Dottore: «Che immensa distanza fra la rappresentazione della fede che ha l’umanità moderna (si tratta proprio solo di un surrogato del sapere) …e quella espressa …radicalmente nelle parole del Cristo!».

 

È dunque alla stessa concezione naturale omnipervasiva che dobbiamo ricondurre anche la degenerazione in forma di “surrogato” dell’elemento morale, e Rudolf Steiner approfondisce il concetto servendosi di due teorie scientifiche molto note: «Quando un giorno la Terra sarà congelata, o sarà giunta all’entropia (“Morte fredda” dell’universo allorché la temperatura sarà prossima allo zero assoluto, n.d.r.), che cosa avverrà dell’ordine naturale del mondo? …Le idee morali a cui ci si sente congiunti …senza dubbio appaiono necessarie; ma se si vuole essere proprio onesti, esse non hanno alcun rapporto con l’ordine naturale, con l’ordine che la scienza considera assolutamente necessario».

 

Ma non basta; veniamo condotti ad un esame piú radicale: «Come può ciò che secondo le idee naturalistiche vive solo nei pensieri, ciò che è solo una rappresentazione cui ci si sente moralmente congiunti, come può essere convertito in una realtà come il carbon fossile. …Come può essere un’idea concreta, afferrabile, qualcosa di tanto tenue come un’idea morale?».

 

Evidentemente le idee morali, di cui sentiamo comunque la necessità, non appaiono in grado di proporsi con la stessa concretezza della realtà naturale, occorre loro un elemento performante: «A ciò è necessario un impulso: questa rappresentazione morale deve essere afferrata da un impulso».

 

Si comincia ad intravedere una luce che però postula un ulteriore richiamo alla natura della fede: «Dov’è questo impulso? Ricordiamoci quanto abbiamo detto prima: la fede non deve essere soltanto un surrogato del sapere».

 

Moralità attiva: il miracolo. Václav Mánes «Guarigione del cieco»

Moralità attiva: il miracolo. Václav Mánes «Guarigione del cieco»

 

E veniamo qui richiamati all’interpretazione autentica delle menzionate parole evangeliche: «Basta però un po’ di attenzione, e si può subito scoprire in che cosa effettivamente consista l’essenziale nel­la rappresentazione che della fede ci dà il Cristo. A che cosa deve servire la fede? Essa deve effettuare, deve produrre qualcosa. …Si esamini il Vangelo da questo punto di vista: in ogni suo passo in cui compare l’espressione aver fede e credere, si troverà che si tratta di una rappresentazione attiva mediante la quale qualcosa si compie, qualcosa si fa, qualcosa avviene. Ciò è straordinariamenteimportante» (n.d.r.).

 

Si ripropone dunque il quesito: “Dov’è questo impulso?” cosa occorre aggiungere alle nostre rappresentazioni morali perché possano diventare azioni concrete in grado di trasmutare la realtà?

 

«Queste idee morali sono diventate deboli. …Che cosa rende realmente efficace ciò che vive nelle nostre idee morali? È il Cristo. Questo è un aspetto del Suo essere».

 

Quanto precede non è solo una toccante spiegazione della clamorosa inanità delle pur sincere intenzioni morali che si moltiplicano incessantemente; non è solo una conferma della necessità assoluta di basare sul Risorto i nostri intenti migliori; rivela anche un grandioso retroscena occulto.

 

«Secondo la concezione cristiana, nell’entità del Cristo sta la forza che accoglie le nostre idee morali e forma con esse un nuovo mondo; “Cielo e Terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Matteo 24/35); questa è la forza che trasporterà su Giove la moralità della Terra».

 

 

Francesco Leonetti