La Scienza dello Spirito fonte d'impulsi per la vita

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La Scienza dello Spoirito, fonte d'impulsi per la vita

Helena Petrovna Blavatsky

Helena Petrovna Blavatsky

Questa sera, vigilia della giornata che è stata denominata “Giorno del Loto Bianco”, ricordiamo la grande personalità alla quale dobbiamo l’impulso del movimento teosofico. Madame Blavatsky ha lasciato il piano fisico quindici anni fa, l’8 maggio. Quando ci ricordiamo il giorno in cui l’individualità che, nel­l’ultimo terzo del XIX secolo, con il suo corpo fisico, ha compiuto dei compiti cosí importanti per l’umanità ed è stata chiamata in altre sfere per continuare ad agire partendo da lí, non parliamo del giorno della morte, ma di un altro, un giorno di nascita. Questo giorno deve suscitare in noi i sentimenti e le emozioni per mezzo di cui ci eleviamo fino a percepire sempre di piú il modo d’agire al quale l’uomo è destinato quando non soggiorna piú sul piano fisico. Questa azione può essere di tanto piú importante, in quanto trovi sul piano fisico gli strumenti piú adatti. I membri del movimento teosofico devono diventare degli strumenti di questo tipo. Ciò che li rende capaci di farlo, sono le verità della Scienza dello Spirito come quelle che accogliete in voi durante tutto l’anno.     

L’individualità che con un incomparabile altruismo doveva prima proclamare i grandi messaggi del movimento teosofico, deve ogni anno in questo giorno diventarci piú vicina. Certo non ci sono ancora fra di noi molte persone che abbiano un’idea di cosa in realtà significa e significherà ancora per il mondo Helena Petrovna Blavatsky. Ma che importanza ha? Nel I secolo dopo Cristo viveva a Roma Tacito, storico d’incomparabile importanza. Del movimento spirituale sul quale è stata fondata tutta la nostra cultura occidentale, un secolo dopo la sua apparizione, non sapeva nient’altro se non che laggiú, ai confini dell’Impero romano, c’era una setta insignificante che si supponeva fosse stata fondata da un certo nazareno di nome Gesú.

Possiamo noi oggi stupirci che dei sapienti, dei professori d’università e delle larghe cerchie di uomini colti non sappiano niente della missione di Madame Blavatsky o abbiano comunque al suo riguardo delle rappresentazioni e dei pregiudizi che poggiano sui peggiori malintesi? Un grande avvenimento che appare nel mondo deve, conformemente a certe leggi, suscitare l’opposizione, il pregiudizio e il malinteso. Perché si riprodurrà costantemente che ciò che è piccolo, poco degno di considerazione, può essere superato dai grandi sicuri valori dell’avvenire solo poco a poco e lentamente. Quello che è venuto al mondo grazie ad Helena Petrovna Blavatsky non è un avvenimento che si possa misurare dopo poco tempo. Si tratta di un avvenimento riguardo al quale le nostre parole di oggi sono diventate troppo evanescenti. Se quello che era previsto nella missione di Helena Petrovna Blavatsky si realizzerà, entreranno in un nuovo stadio non solo la comprensione del mondo, non soltanto la concezione delle cose, ma tutto il modo di sentire e di provare dell’umanità. Dobbiamo dunque porre davanti alla nostra anima il capovolgimento di sensibilità che interviene oggi per alcuni e che interverrà ancora in avvenire per molta gente.

Per intenderci, vorrei dipingere un’immagine davanti alla vostra anima. Ritorniamo molto indietro, al tempo dell’ellenismo. Quando poniamo lo sguardo su quelli che chiamiamo i Misteri greci, è presente in noi come riassunto tutto ciò che è rimasto di quel tempo: le ammirevoli sculture, le creazioni poetiche, le scienze, i suoni divini di Omero, i pensieri penetranti di Platone, l’insegnamento spirituale di Pitagora. Un tale luogo di Misteri era allo stesso tempo scuola e tempio. Era sottratto agli sguardi di coloro che non potevano ricevere degnamente la verità nelle loro anime e lasciava entrare solo coloro che si erano preparati per stare di fronte alla verità con sentimenti sacri. Quando simili individui erano ammessi nel luogo da cui è derivata tutta l’arte, tutta la poesia e tutte le scienze, allora lo spettatore che non era ancora stato iniziato alla forza della chiaroveggenza, aveva il diritto di vedere in immagine – ma colui le cui forze dello Spirito sopito erano già state svegliate lo vedeva realmente – come il dio scendeva nella materia, vi s’incarnava e restava nel regno della Natura fino alla resurrezione. Per un tale allievo dei Misteri diventava chiaro che tutti i regni della natura ‒ minerale, vegetale e animale ‒ contengono in fondo al loro essere il dio addormentato, e che l’uomo ha per missione di vivere in se stesso l’esperienza della resurrezione di questo dio, di sentire la sua anima come una parte della divinità. Ovunque, in quello che è esteriore, l’uomo può percepire qualcosa in cui deve risvegliare la divinità che vi dorme. Ma egli sente la scintilla divina in sé, percepisce se stesso in quanto divinità e acquista la certezza della sua immortalità, del suo agire e tessere in tutto l’infinito. Niente può essere paragonato a quello che l’allievo dei Misteri sentiva in quei luoghi. Tutto vi era presente: la religione, l’arte, la conoscenza. Egli sperimentava la religione con gli oggetti della sua pia venerazione, infiammava la sua santa ammirazione con le opere d’arte, e gli stessi enigmi del mondo si rivelavano a lui in belle immagini, che incitavano alla devozione. Alcuni dei piú grandi che avevano fatto questa esperienza dicevano: «È soltanto grazie all’Iniziazione che l’uomo si eleva al di sopra dell’effimero e al di sopra del terrestre fino a ciò che è eterno. Una scienza e un’arte immerse nel fuoco sacro dei sentimenti religiosi rappresentano qualcosa che può essere designato solo con il piú bel nome di “entusiasmo”, cioè essere in Dio.

Quando abbiamo posto questa immagine davanti alla nostra anima e lasciamo poi errare il nostro sguardo sulla nostra epoca, non vediamo soltanto che sperimentiamo ogni cosa separatamente – la bellezza, la saggezza e la devozione – ma vediamo che la nostra cultura, divenuta astratta e intellettuale, ha perduto il vivente fuoco di quel tempo e ci appare come qualcosa avente la natura di un’ombra.

È per questo che certi eminenti rappresentanti della nostra vita dello Spirito, che si sentono incompresi e solitari, guardano indietro a quelle grandi epoche del lontanissimo passato in cui l’uomo manteneva ancora il contatto con gli spiriti e gli stessi dèi. Lo sapevano, e nella calma della notte piú di uno aspirava a ritornare ai Misteri d’Eleusi. Era l’ultimo, mirabile germoglio dei Misteri greci. Un profondo pensatore tedesco, uno di quelli che si erano immersi negli enigmi dell’esistenza, ci restituisce lo stato d’animo ‒ stato d’animo di un viaggiatore dello Spirito ‒ che l’invadeva quando i suoi pensieri ritornavano negli antichi luoghi della saggezza greca. Si tratta di Hegel, quel potente Maestro del pensiero, che cercava di afferrare in pensieri le immagini che gli allievi dei Misteri avevano visto una volta. Questo poema è suo:

 

EleusiCarteggio Eleusis

 

Il poema filosofico del giovane Hegel

 

Intorno a me, dentro di me, la pace.

Mai non s’arrende al sonno il faticoso

affanno dei mortali intenti alle opere,

ma essi mi danno pace e libertà

Grazie a te, notte, che mi rendi libero!

Fascia la luna dei remoti colli

Gli sfumati contorni con un velo

Di bianche brume. Per di qua scintilla

ridente il lago in strisce luminose.

La memoria dei giorni si dilegua

coi suoi tediosi strepiti e lunghissimi

anni pare distante.

 

 

Cosí parla il pensatore che medita e vede nel profondo gli enigmi del mondo, che può solo afferrare ciò in pensieri nel suo petto e che getta adesso uno sguardo retrospettivo sui Misteri d’Eleusi. Egli continua:

 

 .

Friedrich Hölderlin

Friedrich Hölderlin

                      La tua immagine

mi si presenta, caro, nella mente

e dei giorni fuggiti il godimento.

Ma una speranza li dilegua: quella

Di un ben piú dolce rivederci. Il quadro

dell’abbraccio focoso, lungamente

aspettato, già sorge a me davanti.

Poi le domande; poi, celatamente,

il mutuo sguardo, che all’amico scruta

se abbia alterato il tempo l’espressione,

i modi, i sentimenti; poi la gioia

di trovare piú salda e piú matura

la fede alla promessa di altri tempi

che non ebbe a sigillo un giuramento,

di viver solo per la verità

libera e mai far pace con la norma,

che su opinioni e sentimenti impera.

Al di sopra di fiumi e di montagne

agile a te la brama mi traeva,

poi col greve reale scende a patti.

Un sospiro il dissidio presto svela

e fugge il sogno della fantasia.

Wolfgang Goethe

Wolfgang Goethe

Verso l’arco dei cieli sempiterni

alzo allora lo sguardo, a te rivolto,

astro pieno di luce della notte,

che di brame e speranze dall’eterno

piovi su noi l’oblio. Nel contemplare,

a se stessa la mente fa naufragio:

ciò che mio nominavo si dilegua;

all’immenso mi affido; sono in esso,

io sono tutto, sono esso soltanto.

Quando, cosí straniato, a sé riapproda,

teme il pensiero l’infinito e, attonito,

del contemplare il fondo non attinge.

La fantasia, sposandolo alle forme,

alla mente l’eterno fa vicino.

Spiriti eccelsi, ombre nobilissime,

fronti raggianti piena perfezione,

salute, dunque, a voi! Non ha timore

ora la mente e il lume che vi avvolge

sento che è l’aura del suolo natío».

 

 

Cosí, questo pensatore lancia il suo appello verso quegli spiriti che sono apparsi veramente ai discepoli di Eleusi. Poi egli invoca la stessa dea Cerere, che agisce al centro dei Misteri. Perché Cerere non è soltanto la dea della fecondità terrestre, ma anche quella che feconda la vita spirituale.

 

Tempio di Eleusi

Una ricostruzione del Tempio di Eleusi

.

 

Cerere, che in Eleusi avevi trono,

se oggi da sé crollassero le porte

del tempio che ti è sacro! Con lo spirito

colmo d’ebbrezza coglierei nel fremito

ora la tua presenza. Ai tuoi Misteri

sarei Iniziato e al senso dei tuoi simboli,

dei conviti dei numi saprei i cantici,

del loro senno le sentenze altissime.

Antoine Watteau - Cerere

Antoine Watteau «Cerere»

Si son fatte silenti le tue case,

ahimé, mia dea: disertati gli altari,

all’Olimpo è fuggita degli dei

la bella cerchia. E il Genio d’innocenza,

che in incanto l’aveva trattenuta

quaggiú, pure è fuggito dalla tomba

dell’empia umanità. Tace il sapere

dei sacerdoti tuoi. Neppure un suono

dei sacri riti s’è per noi serbato.

Chi ricerca curioso e del sapere

vanta il possesso (mentre ti disprezza),

quanto l’amore del sapere supera

invano indaga. A farsene padrone

scava, invano, alla cerca di parole

che dell’alto tuo senno abbiano l’orma.

Altro che polve e cenere non trova

con cui giammai ti può tornare in vita.

Ma materia senz’anima, putredine,

pregia la gente eternamente morta,

del proprio quasi-nulla sempre paga.

E tutto invano, ché delle tue feste

segno non resta, non rimane traccia

dell’immagine tua. Troppo eran sacri

all’Adepto la piena perfezione

degli alti insegnamenti e i fondi abissi

dei sentimenti non comunicabili:

n’erano indegni segni senza vita.

Invano già il pensiero si affatica

ad afferrare l’anima, che, fuori

dello spazio e del tempo sprofondata,

s’oblia nel presagire l’infinito,

poi, di nuovo, si desta alla coscienza.

Chi con parole ad altri lo esplicasse,

anche fornito della lingua angelica,

la miseria del dire proverebbe.

Fremerebbe d’aver pensato il sacro

limitato cosí; d’averlo reso

tanto meschino e gli parrebbe colpa

solo parlarne e ammutirebbe in tremito.

Svelare quanto nella sacra notte

aveva udito, visto ed esperito,

a se stesso vietava il consacrato;

lo proibiva la legge ai miserabili,

perché il clamore degli eccessi loro

non turbasse ai migliori il meditare

e non li distogliesse il vaniloquio

dall’ossequio del sacro, dato al fango

e affidato in tutela alla memoria,

perché, ludibrio del sofista, merce

per lui non fosse di meschino prezzo;

oppure manto al mentitore garrulo;

o ferula al monello; e tanto vuoto

da radicare la sua vita all’eco

d’estranei idiomi. Avari di te, dea,

erano i figli tuoi, né per gli empori

o le vie strascinavano il tuo onore,

lo celavano, invece, nella cripta

fonda del loro petto. E non vivevi

tu sulle labbra di essi. Ti onorava

la vita loro. E ancora sei vivente

tu nelle azioni di essi. Oh sacra dea,

questa notte io pure ti ho sentita;

ti disvela sovente dei tuoi figli

la vita, e ti intravedo come l’anima

spesso dei loro atti! Tu sei l’alto

senno. Tu il credo cui si può dar fede:

andasse pure il mondo in perdizione,

un divino tu sei, che mai non crolla.

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La traduzione dei versi è di Vincenzo Errante.

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Nell’epoca moderna era necessario che la forza del pensiero si esprimesse in un modo ideale da una parte e in un modo piú materialistico dall’altra. Non si comprendeva piú nemmeno Hegel, egli fa parte degli spiriti dimenticati dell’umanità in generale. Nella seconda parte del XIX secolo, tutto fu impregnato dallo spirito del materialismo, e ancora oggi questo spirito regna nelle cerchie piú vaste. Se dovesse mantenere la supremazia, condurrebbe l’umanità dei fenomeni della cultura ad una completa pietrificazione.

Una curiosa maniera di pensare è diventata predominante nella seconda metà del XIX secolo. Nel XVIII secolo Lessing aveva già detto che non era per il fatto che una credenza fosse apparsa durante l’infanzia pura ed innocente dell’umanità che questa dovesse essere priva di senso. Ma il materialista presenta come manifestazioni infantili, chimeriche, le credenze che si trovano in tutti i popoli in quanto fondamento della cultura, e vede solo in quello che ha creato il pensiero scientifico qualcosa che corrisponde ancora ad uno spirito virile, che ha raggiunto la maturità. La vita pratica è diventata una corsa sfrenata alla ricerca di beni materiali per soddisfare dei bisogni puramente fisici, e cose ben peggiori minacciano di apparire in avvenire. La scienza, con il suo motto “che progressi magnifici abbiamo fatto!” si crede molto superiore a tutto quello che è stato una volta prodotto dall’umanità per acquistare il legame con il mondo: le saggezze dei sacerdoti caldei e babilonesi, gli insegnamenti di Pitagora e di altri. Del grande Platone si dice che non ci si ritrova nel guazzabuglio confuso che ha lasciato. Del Timeo si dice che è incomprensibile, ma non si cerca la ragione per la quale non lo si capisce piú. Ricordiamo con piacere le parole di Lichtenberg: «Quando una testa e un libro si urtano, e questo provoca un suono vuoto, non è necessariamente colpa del libro». Nella pratica, il materialismo ha inoltre provocato l’ipocrisia che non vuole soprattutto ammettere che la vita è dominata solo dalla ricerca di ciò che è puramente materiale. Nella nostra epoca, non si è mai parlato cosí tanto di ideali avendoli cosí poco compresi.

È in quest’epoca che si svolge la missione di Helena Petrovna Blavatsky. Senza diminuire in alcun modo l’importanza della sua personalità, si può ben dire che alla sua anima fu imposto un lavoro che era in realtà troppo grande. Se si vuole risolvere l’enigma che consiste nel sapere perché proprio questa donna fu chiamata a portare nel mondo il messaggio della teosofia, si arriva al seguente risultato: offriva agli spiriti dirigenti l’unica possibilità di farsi comprendere dagli uomini dell’Occidente. Le personalità che occupavano delle posizioni ufficiali non avevano la minima comprensione dei fatti spirituali che erano necessari all’umanità. Si era perduto perfino il concetto di Spirito, e quando si parlava di Spirito, questo risultava una parola vuota di significato. Questa donna singolare, con le sue strane facoltà psico-spirituali, fu chiamata a portare nel mondo, fin dalla sua giovinezza, un messaggio che nessun erudito era in grado di portare. Già molto presto, ella vedeva nel mondo qualcosa d’altro rispetto a quello che prescriveva la cultura del XIX secolo. In tutto quello che ci circonda poteva percepire delle entità spirituali che erano per lei altrettanto reali quanto ciò che si può toccare con mano. E dalla sua prima giovinezza, una facoltà le era propria: una profonda venerazione per un sublime Spirito. Nessun essere umano arriva mai alla conoscenza senza questa profonda venerazione. Qualcuno può possedere la piú chiara comprensione, la piú penetrante ragione che si voglia, oppure potrebbe anche sviluppare delle facoltà crepuscolari di chiaroveggenza, ma non si arriva ad un’au­tentica vera conoscenza senza quella che si chiama una profonda venerazione. Perché possono darci la vera conoscenza solo quegli esseri che nella loro evoluzione hanno preceduto nel tempo l’umanità. Tutti riconoscono che i vari esseri umani sono ad un diverso livello di evoluzione. Nella nostra epoca materialistica, pur non confessandolo forse molto volentieri, tuttavia certe differenze non possono essere contestate. Ma la maggior parte delle persone ha l’opinione che la propria conoscenza sia la piú alta. Che esistano delle entità ancora piú elevate di Goethe e di Francesco d’Assisi, non lo si ammetterà forse cosí in fretta. Eppure è proprio questa la fondamentale condizione per una vera conoscenza. La raggiunge solo chi ha quella profonda venerazione che si è totalmente persa per la concezione della nostra epoca, che mette tutto sullo stesso piano.

Eva e la melaQuella profonda venerazione è per l’uomo la condizione di un fatto importante. Tutti noi veniamo dai mondi spirituali, da una vita originaria nello Spirito. La parte propriamente divina della nostra anima proviene da un fondamento divino originale. Per ciascuno di noi ci fu un giorno che fu il primo nel quale si aprí in noi lo sguardo sul mondo sensibile a partire da quello dell’anima. Nei tempi di un lontano passato tutti gli uomini avevano una coscienza attenuata ma chiaroveggente. Per loro, dal­l’anima nascevano delle immagini che li rinviavano alla realtà che li circondava. Fu soltanto piú tardi che cominciò la coscienza sensoriale come l’abbiamo oggi. Ad un certo momento dell’evoluzione, in un tempo che risale a molto lontano, come è descritto simbolicamente per Eva nella storia del Paradiso, verso ciascuno di noi venne il serpente della conoscenza che disse queste parole: «I tuoi occhi si apriranno, tu conoscerai il Bene ed il Male nel mondo esteriore visibile». Il serpente è sempre stato il simbolo dei grandi Maestri spirituali. Ognuno aveva accanto un simile Maestro progredito, e un giorno quel Maestro fece risuonare in lui tali parole: «In futuro tu conoscerai il mondo sensibile che ti circonda».

L’uomo che possiede questa profonda venerazione incontra ancora una volta nella sua vita un simile Maestro, quando i suoi sensi spirituali sono aperti. In occultismo questo si chiama “ritrovare il guru”, il grande Maestro che ognuno deve cercare, e che può trovare solo se ha la profonda venerazione, e se sa allo stesso tempo che esiste qualcosa che trascende l’umanità media.

Questa profonda venerazione e la coscienza dell’esistenza dei grandi Maestri vivevano in Helena Petrovna Blavatsky, e per questo ella fu chiamata a trasmettere all’umanità qualcosa di quei grandi Maestri. Il guru agisce in segreto, ed è capace di riconoscerlo solo colui che ha trovato da sé la via verso di lui. Inoltre, Helena Petrovna Blavatsky ha portato la giusta sensibilità per dare qualcosa di completamente nuovo all’umanità attuale.

Colui che ha potuto immergere il proprio sguardo nei luoghi in cui è rappresentata la verità, si rende conto di come la conquista di tali cose nuove sia legata a molte difficoltà. Per l’uomo che conosce personalmente qualcosa della ricerca della verità, viene allora il momento in cui smette di criticare le grandi personalità. Non guarda piú le banalità della loro vita quotidiana. Solo le persone che non hanno alcuna idea della situazione nel mondo delle grandi personalità, si attaccano alle banalità quotidiane. Ma colui che si rende conto della situazione, ha della gratitudine per ciò che queste personalità hanno apportato. Ed è anche l’unico punto di vista possibile nei riguardi di una personalità come quella di Madame Blavatsky. Quando venne fra gli uomini, ella fu “altrettanto ammirata che bistrattata” e non c’è probabilmente nessuna persona su cui siano state dette e scritte cosí tante assurdità e scempiaggini che su Helena Petrovna Blavatsky, oltre naturalmente a quelle che erano al suo stesso livello. Alcune persone erudite hanno affermato la seguente cosa bizzarra: «Ha scritto la grande opera La Dottrina segreta, dove si trovano le strofe di dzyan. Si dice di queste che costituiscano delle tradizioni estremamente antiche. Gli avversari affermano tuttavia che Helena Petrovna Blavatsky avrebbe inventato queste strofe e avrebbe fatto credere al mondo che riguardino tradizioni molto antiche». Non c’è veramente che l’erudizione che può permettersi tali stupidaggini. Supponiamo un solo istante che Helena Petrovna Blavatsky abbia realmente inventato queste strofe ed immergiamoci in esse. Se ce ne occupiamo, anche se solo per un po’, diciamo per due o tre anni, troviamo che tutta l’erudizione e tutte le scoperte ci interessano certamente ancora; ma in rapporto alle grandi rivelazioni che sono contenute in queste strofe dzyan, tutto quello che la scienza moderna ha prodotto nel tempo presente ci appare effettivamente come qualcosa del tutto banale. Non credete allora che la venerazione per Helena Petrovna Blavatsky dovrebbe diventare ancora piú grande? A dire il vero, a chi consacra un breve periodo di due o tre anni per penetrare nel senso profondo di queste strofe, sarà indifferente che esse siano state scritte qualche millennio fa o composte nell’ultimo terzo del XIX secolo da Helena Petrovna Blavatsky. Se si riflette, ci si dovrà anche dire che la meraviglia sarebbe ancora piú grande nel secondo caso. Si trova allora ancora piú stupida l’obiezione dei critici che mostrano soltanto che non hanno capito una sola parola di tutto l’insieme. In questi esempi avete un po’ dei grandi ostacoli che si sono accumulati contro Helena Petrovna Blavatsky. La gente dice inoltre che aveva tale e tale difetto. Quella gente non ha senza dubbio alcuna idea della sua vera importanza.

Ora, Madame Blavatsky ha comunicato all’umanità alcuni fenomeni del mondo occulto. Chi conosce il cammino verso i mondi occulti da lei percorso, sa anche quali pericoli vi siano abbinati. Chi riflette a qual punto possono essere suscitate facilmente le passioni nel mondo sensibile e di quali abissi fa esperienza colui che ha dovuto immergere lo sguardo nei mondi occulti, com’è stato necessario fare per scrivere un libro come La Dottrina Segreta, non fa piú domande sulle particolarità esteriori attinenti a questa personalità importante e alla sua cerchia. Perfino questa forte natura si è quasi frantumata contro l’opposizione del mondo. Proprio perché tanta incomprensione e falsa autorità si opponevano a lei, possiamo comprendere, considerando la ricettività e la sensibilità delle sue forze occulte, che sia arrivata al crepuscolo della sua vita come una personalità in un certo modo spezzata. Ma quello che ha apportato al mondo deve vivere nell’umanità ed avere un avvenire.

Occorre che lo stato d’animo che ho voluto dipingere davanti alle vostre anime con l’aiuto di uno dei piú grandi figli dell’epoca moderna, occorre che questo stato d’animo nostalgico si estenda sempre di piú. Potrà nutrirsi di quello che Helena Petrovna Blavatsky era destinata a portare nel mondo, e che deve prendere una forma sempre piú precisa. Il piú grande onore che possiamo fare a questa personalità è di considerarla come una istigatrice. Voleva agire solo in qualità di fedele discepola delle grandi potenze spirituali che si trovavano dietro di lei, e soltanto chi opera nel senso di queste potenze spirituali agisce nel senso della corrente teosofica. La vita dello Spirito che è stata messa in ombra, acquisterà nuovamente vita nella misura in cui si comprenderà meglio ciò che Helena Petrovna Blavatsky ha voluto portare nel mondo con tale coraggio, tale energia e tale audacia. È possibile acquistare una comprensione piú profonda di quello che può essere un tale “Giorno del loto” se ignoriamo tutte le chiacchiere e ci sforziamo di considerare l’essenziale.

Capire in modo giusto il movimento teosofico è rendersi coscienti che lo spirito vivente di Helena Petrovna Blavatsky deve continuare ad agire attraverso di noi per la salvezza e il progresso del­l’umanità. Allora non diremo soltanto con un vago sentimentalismo che il suo Spirito è immortale e che festeggia un nuovo anniversario, ma al contrario contribuiremo noi stessi a farlo vivere e agire là dove deve agire. Perché fu probabilmente il solo desiderio personale della fondatrice che i membri del movimento teosofico diventino lo strumento vivente di espressione dello Spirito che lei ha posto in modo altruistico interamente al servizio di questo movimento spirituale, e piú i membri capiranno questo spirito d’altruismo, piú impareranno ad afferrare il concetto che esiste un dovere di conoscenza, e piú porteranno nella realtà lo spirito di Helena Petrovna Blavatsky. Si sente costantemente la gente dire: «Essenziali sono l’amore e la compassione». Certo l’amore e la compassione sono essenziali, ma solo la conoscenza può rendere fecondi l’amore e la compassione. Esiste un certo gusto della comodità, e non è per niente raro anche fra coloro che credono di aspirare allo Spirito. In un attimo si può imparare a dire “Amore”. Per acquistare la conoscenza in vista della salvezza e della prosperità dell’umanità ci vuole un’eternità. Instaurare in noi questa coscienza che la conoscenza è la base di ogni vero agire spirituale, deve diventare sempre piú il senso del movimento teosofico. Perciò è importante imitare la fondatrice di questo movimento nella ricerca incessante di conoscenza – un punto dopo l’altro – senza lasciarsi distogliere dal gusto per la comodità che non vuole imparare, che vorrebbe afferrare tutto in un giorno. È proprio quello che si può studiare nelle opere e nell’agire di Helena Petrovna Blavatsky, e per questo è vano ogni discorso che emana dall’oziosa pigrizia. Ma ciò che dobbiamo apprendere, praticandolo come un prolungamento di ciò che ella stessa ha iniziato sul piano fisico, è l’aspirazione alla conoscenza della Scienza dello Spirito.

 

Rudolf Steiner



Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner

Berlino 7 maggio 1906  ‒  O.O. N° 96.  Traduzione di Angiola Lagarde.