I tre aspetti di ciò che è personale

Antroposofia

I tre aspetti di ciò che è personale

Congresso di Monaco del 1907

Congresso di Monaco del 1907

Il Congresso di Monaco, il quarto dopo quelli di Amsterdam, Londra e Parigi, ha avuto per scopo di essere, da un certo punto di vista, una tappa nello sviluppo del nostro Movimento di Scienza dello Spirito. Instaurerà una sorte di legame tra le differenti nazioni, anche in rapporto alla nostra causa scientifico-spirituale al­l’interno dell’Europa. Oggi non vi darò un vero e proprio rendiconto sul Congresso, ma soltanto alcune osservazioni per coloro che non hanno potuto prendervi parte.

Esso era inteso a evidenziare qualcosa che è stato da me costantemente sottolineato in riferimento alla nostra causa scientifico-spirituale: mostrare che la Scienza dello Spirito non deve soltanto essere l’oggetto di un personale rimuginare e di un immergersi in se stessi. La realtà della Scienza dello Spirito deve essere inerente alla vita pratica, deve essere questione di educazione, di un suo inserimento in tutti i campi dell’esistenza pratica. Soltanto chi ha una comprensione abbastanza profonda e un profondo concetto dei veri impulsi della realtà scientifico-spirituale sa già oggi quali possibilità la Scienza dello Spirito offrirà in avvenire. Essa creerà l’armonia fra quello che vediamo e guardiamo e quello che sentiamo interiormente. Per chi può guardare piú in profondità, una ragione importante della dispersione [degli uomini attuali] sta in questa disarmonia fra quello che la Scienza dello Spirito è, e quello che vuole. L’hanno provato non solo i suoi seguaci, ma anche altre nature di grande valore come, per esempio, Richard Wagner.

Nei tempi antichi, ogni serratura, ogni casa, ogni forma era una forma dell’anima. Vi era stata colata della sostanza d’anima. Nei tempi antichi, l’opera d’arte era parte integrante del sentire e del pensare umani. Le forme delle chiese gotiche corrispondevano, nei tempi antichi, allo stato d’animo di coloro che andavano in pellegrinaggio alle chiese. Esse ne possedevano la tonalità propria dell’anima. A quell’epoca, colui che andava in pellegrinaggio verso una chiesa, sperimentava le forme come se giungesse le mani, nello stesso modo che l’antico Germano vedeva nelle cime degli alberi che si univano un modo di giungere le mani. In quei tempi tutto era piú familiare agli uomini. Lo vediamo ancora espresso in modo meraviglioso in Michelangelo e Leonardo da Vinci. La riunione di tutto il piccolo villaggio nella chiesa non era nient’altro che l’espressione di tutta la sua vita animica. Tutte le correnti eteriche si raggruppavano nel luogo ove si ergeva la chiesa. L’epoca materialistica ha scavato delle crepe in tutto questo. Coloro che non sanno osservare la vita non lo sanno. Ma il veggente sa che al giorno d’oggi, quando si va in città, non c’è da vedere quasi nient’altro che cose relative allo stomaco o al desiderio di ornarsi. Colui che sa seguire i fili segreti della vita, sa anche in che cosa la cultura materialistica ha contribuito a scavare queste spaccature.

Un ritorno alla salute del mondo esteriore non può aver luogo che se esso diventa un’im­pronta delle piú intime tonalità delle nostre anime. Non si può raggiungere subito quello che è piú perfetto, ma ce ne è stato dato un esempio a Monaco. La visione del mondo secondo la Scienza dello Spirito è stata espressa nello spazio. Tutta la sala era tappezzata di rosso. Certo, si fa spesso un grande errore per quanto concerne il colore rosso, ma non bisognerebbe fraintendersi sul profondo significato del rosso. L’evoluzione dell’umanità consiste in una salita e una discesa. Guardate i popoli primitivi. Hanno il verde nella natura. E verso cosa va la loro preferenza? Verso il rosso! L’occultista sa che il rosso ha un effetto particolare su un’anima sana. Mette in moto nell’anima sana le forze attive, quelle forze che incitano all’azione, quelle forze che l’anima si presume faccia passare dalla comodità alla scomodità dell’agire. Uno spazio con un’atmosfera solenne deve essere tappezzato di rosso. Colui che tappezza un soggiorno di rosso dimostra di non sapere piú qual è un’atmosfera solenne, e profana cosí il colore rosso. Goethe ha detto parole bellissime al riguardo: «L’effetto di questo colore è altrettanto unico che la sua natura. Dà un’impressione sia di serietà e di dignità sia di benevolenza e di grazia. Esso fa questa prima impressione quando è allo stato scuro, condensato, e la seconda nel suo stato chiaro, diluito. Cosí la dignità della vecchiaia e l’amabilità della giovinezza possono rivestirsi di un solo e stesso colore».

Tali sono le atmosfere che possono essere provocate dal rosso, atmosfere che possono essere sperimentate in modo occulto. Se guardate un paesaggio attraverso un vetro rosso, avete la seguente impressione: è cosí che le cose devono apparire il giorno del giudizio. Il rosso fa rallegrare per quanto l’uomo ha compiuto nel corso dell’evoluzione. Il rosso è il nemico delle atmosfere che ritardano, delle atmosfere del peccato.

La Scienza dello Spirito può anche essere costruita: la si può costruire in architettura, nell’educazione e nella questione sociale. Il principio del rosicrucianesimo è di introdurre lo Spirito nel mondo, di compiere un lavoro fecondo per l’anima. Si riuscirà cosí ad elevare l’arte fino al livello dell’arte dei Misteri, al quale Richard Wagner aspirava tanto fortemente.

 

Rudolf Steiner – Schizzo per colonne e capitelli – Congresso di Monaco del 1907

Rudolf Steiner  «Schizzo a matita per colonne e capitelli» – Congresso di Monaco del 1907

Poi, per il tempo in cui si potranno un giorno costruire degli edifici anche per la Scienza dello Spirito, esistono i sette motivi delle colonne. I motivi delle colonne sono tratti dagli insegnamenti degli Iniziati di tempi molto antichi. La Scienza dello Spirito avrà la possibilità di donare all’architettura dei motivi di colonne veramente nuovi. Già da parecchio tempo in realtà le antiche colonne non dicono piú nulla agli uomini. Le nuove hanno un rapporto con Saturno, il Sole e la Luna, Marte, Mercurio, Venere. La legalità si esprimeva nei capitelli. Fra le colonne, avevamo posto i sette sigilli del­l’Apocalisse, alla maniera dei Rosacroce. Il sigillo del Graal è apparso per la prima volta in pubblico.

Un tentativo è stato fatto con il Dramma-Mistero di Édouard Schuré. In esso, Schuré ha cercato di imitare le rappresentazioni dei Misteri. Alla base c’era l’intenzione di cristallizzare la Scienza dello Spirito nella costruzione del mondo. Il programma aveva il colore solenne rosso e portava delle rose intrecciate ad una croce nera su fondo blu. Il rosicrucianesimo porta ancora piú lontano, verso il futuro, di quanto il Cristianesimo abbia fatto. Le iniziali sul programma rendono le idee di fondo.

Vorrei parlare oggi di qualche domanda che si potrebbe porre in questo contesto. Prima di tutto: cosa avverrebbe se la Scienza dello Spirito passasse nella corrente della Rosacroce e si esprimesse in quelle rappresentazioni? A questo proposito, vogliamo farci alcune idee circa l’etica, o morale, scientifico-spirituale. L’etica, o morale, scientifico-spirituale non è qualcosa che dice: devi fare o non devi fare questo o quello. La Scienza dello Spirito non ha niente a che fare con le imposizioni e i comandamenti, ma con le storie e i fatti. Basta prendere l’esempio di un fatto del mondo astrale, nel quale si vede che non è necessario predicare la morale. Del resto, non servirebbe a nulla, perché le esortazioni e i comandamenti non creano la vera moralità; essa si produce invece grazie a fatti della vita superiore.

Se sentite degli occultisti dire che la menzogna è un delitto e un suicidio, ciò agisce come impulso con una forza etica tale che non si può paragonare con la semplice esortazione: «Non dovete mentire». Quando si sa cos’è la menzogna e cos’è la verità, quando si sa che tutto ha la propria impronta nello spirituale, la cosa diventa un po’ diversa. Un racconto corrispondente alla verità, educa le forze di vita per il proseguimento dell’evoluzione. Un’affermazione falsa colpirà la verità e, di rimbalzo, l’uomo stesso. Tutto quello che l’uomo ha detto di falso, deve piú tardi sentirlo lui stesso. Le menzogne sono il piú grande ostacolo per il proseguimento dell’evoluzione. Non è senza ragione che il diavolo viene chiamato spirito delle menzogne e degli ostacoli. La sostanza esplosiva della menzogna uccide obiettivamente e si ritorce su colui che la diffonde.

Conosciamo tre rappresentazioni di ciò che è personale: quello che è personale, quello che è impersonale e quello che è sovrapersonale.

Ci fu un tempo un antenato dell’uomo che era piú elevato dell’animale, ma meno dell’uomo. Era costituito da un corpo fisico, un corpo eterico e un corpo astrale. Poi venne aggiunto l’Io, che forma a sua volta le parti superiori partendo da se stesso, in modo da formare la natura umana composta da sette parti.

L’evoluzione del corpo fisico, del corpo eterico e del corpo astrale si svolge in un lungo lasso di tempo. Cosí che essi hanno acquisito la maturità che permette loro di accogliere in sé la coscienza dell’Io. Ci interesserà oggi la tendenza delle tre parti costitutive inferiori e il modo con cui si sono sviluppate. L’uomo è divenuto sempre piú capace di diventare un essere cosciente di se stesso. Questo è reso possibile solo dalla forza dell’egoismo. Questa può essere divina o diabolica. Bisogna considerare tali termini non soltanto con il sentimento, ma nel loro vero nucleo. L’autonomia presuppone che l’uomo sia diventato un essere egoista.

Allo sviluppo dell’egoismo è legata la forma di perdita – apparente – della coscienza che nella vita umana attuale conosciamo con il nome di morte. La morte si è sviluppata nella stessa misura in cui si è sviluppato l’egoismo. Nei primi tempi, l’uomo non moriva. Era come un membro che si secca e che poi rispunta. Il nostro morire e rinascere di oggi è apparso affinché potessimo avere la nostra attuale coscienza dell’Io. L’egoismo e la morte sono due aspetti della stessa cosa. La parte superiore della natura umana è tale da farle superare l’egoismo, si innalza fino al divino e per questo supera la morte. Piú l’uomo sviluppa in sé la sua parte superiore, piú sviluppa la coscienza della sua immortalità. Dal momento in cui l’uomo è diventato egoista, è anche diventato un individuo. L’animale non è individualizzato, perché ha il suo Io sotto forma di anima di gruppo, che non discende dal piano astrale. L’individualità è ciò che fa attraversare i tre corpi – fisico, eterico, astrale – dai raggi dell’Io. Questo può non essere chiaro, come un’ombra, e quando è il caso l’uomo in questione ha una personalità debole.

Simone Martini «Jacopa de' Settesoli»

Simone Martini  «Jacopa de’ Settesoli»

Per il chiaroveggente, ciò è del tutto riconoscibile. Egli vede l’uomo circondato da un’aura colorata nella quale i suoi stati d’animo, le sue passioni, i suoi sentimenti, le sue impressioni si esprimono con precisione in correnti e nubi di colore. Se tornassimo all’epoca nella quale le tre parti costitutive dell’essere erano solo pronte a ricevere l’Io umano, troveremmo un’aura anche in quell’essere che non era ancora del tutto diventato uomo. Ma mancherebbero le correnti di colore giallo, in cui si esprime la natura superiore dell’uomo. Le forti personalità hanno un’aura che irradia intensamente in giallo. Si può essere una individualità forte, ma senza attività, si può avere una forte reazione interiore senza essere una personalità di azione. Allora, malgrado tutto, l’aura è molto gialla. Ma se si è un essere attivo, se la personalità si manifesta nel mondo esteriore, il giallo passa poco a poco ad un rosso splendente. Un’aura che irraggia del rosso è quella di un essere d’azione; ma deve risplendere.

Esiste tuttavia un ostacolo quando la personalità è spinta a compiere delle azioni. Si tratta dell’am­bizione e della vanità. Personalità forti possono esservi soggette molto facilmente. Il chiaroveggente lo vede nell’aura. Senza l’ambizione, il giallo passa senza transizione al rosso. Ma se per caso l’uomo è ambizioso, ha molto arancione nella sua aura. Occorre superare quel limite per arrivare all’obiettività.

Le personalità deboli sono quelle che sono piú portate verso quanto è loro donato, piuttosto che donare e fare qualcosa. In questo caso si vedono allora principalmente dei colori blu, e se gli uomini amano particolarmente le loro comodità, il colore indaco. Questo ha un rapporto piú con la comodità interiore che con quella esteriore.

Come vedete, la personalità, forte o debole, si riflette nell’aura dell’uomo. L’uomo deve sempre piú superare quanto è personale e far agire quanto è superiore. Cosí sentite molto parlare di superare l’individualismo e l’egoismo. Ma adesso arriviamo al punto principale. Quello che importa è sapere se superiamo il personale con l’impersonale o con il sovrapersonale.

Cosa significa vincere se stessi con l’impersonale? Significa voler indebolire la grande forza, reprimere l’energia della personalità. Ciò sarebbe allora impersonale. Sovrapersonale sarebbe sotto un certo aspetto esattamente il caso contrario. Sarebbe elevare l’energia della personalità, far emergere le grandi forze della personalità.

Troviamo l’Io nell’anima e, dentro, in primo luogo, tutto quello che ha la natura del coraggio, ma in secondo luogo quella delle voglie, dei desideri dell’anima. In fondo, tutto nella vita del­l’anima può essere rapportato a queste due cose. Le cose hanno in essa un trattamento differente. E questa differenza di trattamento viene dalla seguente ragione: l’uomo non si sforza sufficientemente di accogliere ciò che è superiore. Allora egli continua certo ad evolvere, ma quello che è inferiore si sviluppa, la natura del coraggio e dei desideri si sviluppa in modo grossolano. Se egli si accontentasse di indebolire ciò, sarebbe una cultura dell’impersonale. L’uomo perderebbe l’elemento attivo. La parte che agisce, quella che fa dell’uomo un essere che cammina fra gli altri uomini e che fa ciò di cui è capace, questo, sotto un certo aspetto, porta sempre l’uomo stesso ad entrare in conflitto con gli altri. Se si crede chiamato a fare qualcosa, egli deve fare opposizione.

Pierre-Auguste Renoir  «Ballo al Moulin de la Galette»

Pierre-Auguste Renoir «Ballo al Moulin de la Galette»

Si può anche uccidere i propri desideri. Ma con questo la personalità diventa incolore. Si può tuttavia anche fare qualcos’altro: si può nobilitarli. Non c’è bisogno di distruggerne la forza. Si può dirigerli verso oggetti piú elevati. Allora, l’individualità non perde nulla della propria forza e, nel complesso, diventa piú nobile e piú divina. Non c’è bisogno di uccidere i desideri, ma di trasformarli in desideri piú fini e piú nobili, e allora essi possono manifestarsi con la medesima veemenza. Un esempio: pensate a una balera. Chi non ci va, non è necessariamente un asceta. Egli ha soltanto trasformato i desideri inferiori in desideri superiori, cosicché non farebbe che annoiarsi in un tale ambiente.

Da tale punto di vista, sono pro­prio i discepoli della Scienza dello Spirito che possono fraintenderla del tutto. Non si tratta di annullare completamente ciò che è personale, ma di dargli uno slancio verso l’alto, verso qualcosa di superiore. Per questo è necessario proprio tutto quello che ci è trasmesso dalla Scienza dello Spirito. Si tratta dunque, prima di tutto, di risvegliare degli interessi superiori. Interessi di questo tipo afferrano bene l’uomo. Egli non ha assolutamente bisogno di frenare i propri sentimenti, ma può al contrario applicarli al divenire superiore divino, ai grandi avvenimenti del mondo. Se dirigiamo i nostri sentimenti in questa direzione, perdiamo certamente l’interesse per il lato brutale della vita, ma i nostri sentimenti non sono per questo smussati; diventano al contrario ricchi, e tutta la natura dell’uomo vi si infiammerà. Se un uomo apprezza molto l’arrosto di maiale, non si tratta di eliminare il suo desiderio per l’arrosto di maiale, ma di trasformare questo sentimento. Bisogna ricercare una metamorfosi del sentimento. Gli stessi sentimenti che qualcuno prova per la sinfonia di un pranzo, un altro li prova per una vera sinfonia. Se predicate la vittoria sul desiderio e l’attività, predicate l’impersonale. Ma se mostrate il cammino che conduce a dirigere il desiderio verso lo spirituale, vi portate al sovrapersonale. E questo sovrapersonale deve essere il fine del movimento della Scienza dello Spirito.

La Scienza dello Spirito non deve e non vuole allevare dei pantofolai e degli originali, vuole al contrario far nascere uomini d’azione, uomini che agiscono impegnandosi nel mondo. Ma come arriviamo al sovrapersonale? Non scavando nel personale, ma al contrario afferrando ciò che è vero, grande e vasto. Per questo motivo, nella Scienza dello Spirito occorre dirigere lo sguardo verso i grandi contesti della vita. Facendo questo andiamo oltre i dettagli e impariamo a prendere le cose non impersonalmente, ma sovrapersonalmente.

C’è un campo nel quale possiamo conoscere la differenza fra personale, impersonale e sovrapersonale con una specie di “experimentum crucis”. In merito all’amore, si crederà certamente che quello che un essere umano prova per l’altro è qualcosa di impersonale. Ma non è necessariamente qualcosa che ha a che vedere con un elemento sovrapersonale. Qui l’uomo è sottoposto ad una curiosa illusione: confonde l’amore di sé con l’amore dell’altro. La maggior parte della gente crede di amare un’altra persona perché ama se stesso nell’altro. Perdersi nell’altro è pertanto solo qualcosa che soddisfa il proprio egoismo. L’interessato non lo sa, non ha alcun bisogno di saperlo, ma in fondo è proprio comunque un espediente per soddisfare l’egoismo.

In effetti, l’uomo non è un essere isolato. Egli è membro di un tutto. Il dito è in un rapporto pieno d’amore con la mano e l’organismo. Se non lo fosse, morirebbe. Nello stesso modo, l’uomo non potrebbe mai esistere senza gli altri uomini. Questo ha per effetto che l’uomo ama i propri simili. Molti amori nascono spesso dalla povertà dell’anima e la povertà dell’anima nasce sempre da un egoismo amplificato. E quando qualcuno afferma che non potrebbe vivere senza un altro, significa che la sua individualità si è impoverita e che cerca qualcosa che lo riempia. Maschera il tutto dicendo: divento impersonale, amo l’altro.

L’amore piú bello, piú disinteressato si manifesta nel fatto che non si ha bisogno dell’altro, che si può anche farne a meno. Allora, l’uomo non ama piú per se stesso ma per l’altro. Non perde allora nulla quando è abbandonato dall’altro. Evidentemente bisogna per questo che si possa scoprire il valore di un uomo, e ciò lo si può fare solo se ci si immerge nel mondo. Piú diventerete dei discepoli della Scienza dello Spirito, piú imparerete ad entrare nell’essere interiore di un’altra persona. E diventerete allora ancora piú capaci di sentire il suo valore e di amarlo non per egoismo. Se percorrete cosí il mondo, vedrete che alcuni hanno un tipo di egoismo, altri una diversa forma, e che ognuno vive secondo la natura del proprio egoismo.

Ciò che è necessario, è che la personalità evolva verso l’alto. Un amore impersonale che è derivato dalla debolezza sarà anche sempre legato a una sofferenza. L’amore sovrapersonale deriva dalla forza e si basa sulla conoscenza dell’altro. Può divenire fonte di gioia e di soddisfazione. Oscillare fra tutte le tonalità possibili dell’amore è sempre il segno che quest’amore è un egoismo mascherato e proviene da una individualità impoverita. Cosí, a proposito dell’amore, possiamo chiarirci meglio la differenza fra impersonale e sovrapersonale.

Colui al quale la Scienza dello Spirito non dà una base per la vita, non l’ha compresa, perché essa è per l’avvenire una fonte di soddisfazione della vita interiore. Se il materialismo si imponesse sempre piú, e per questo anche l’egoismo, che va di pari passo, l’umanità cadrebbe sempre piú nel pessimismo, che è la scoria degli spiriti bruciati. Se l’umanità adotta la Scienza dello Spirito, le sarà resa la vera allegrezza, che è nel contempo la fonte della salute. La disarmonia è in fin dei conti un’emanazione dell’egoismo, mentre dall’uomo superiore sprizza uno stato d’animo allegro, gioioso. Piú si svilupperà quello che è superiore, divino, piú l’uomo sarà colmo di felicità. Dovremmo pensare di piú al modo di aiutare l’intera umanità piuttosto che al modo con il quale la Scienza dello Spirito può giustamente aiutarci. Se impariamo a conoscere l’etica del sovrapersonale, arriveremo a conoscere sempre piú la fonte della gioia e dell’al­legrezza autentiche, dell’eterna giovinezza.

Lo scopo della Scienza dello Spirito non sta in una negazione, ma nell’affermazione. L’im­personale significa negazione, il sovrapersonale l’affermazione, anche se appare debolmente. È quanto ci mostra allo stesso tempo il compito della Scienza dello Spirito a partire dall’essenza dell’umanità. «Voi la riconoscerete dai suoi frutti», dal fatto che essa rende gli uomini atti alla vita ed efficaci per la vita, con i visi che sono l’espressione di un’anima armoniosa. Lo Spirito non si esprime mai su un viso addolorato. Perfino il dolore attraverso il quale l’uomo deve passare, si trasforma sul viso del saggio e appare nobilitato; l’espressione del dolore si mostra purificata sul viso armonioso del saggio. Un viso triste è l’espressione di un egoismo che non è stato ancora superato.

La Scienza dello Spirito ci incita ad uscire da noi stessi ma non a perderci, a restare al contrario nel mondo esteriore. Ci conduce di là dal personale, non per un annientamento della personalità verso l’impersonalità, ma per un’intensificazione che porta al sovrapersonale.

 

Rudolf Steiner


 

Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner

Berlino, 12 giugno 1907 ‒ O.O. N° 96. Traduzione di Angiola Lagarde.