Sul mistero del Fantoma - II

Esoterismo

Sul mistero del Fantoma - II

Nel momento in cui l’Io, pur se immerso nella materia, conquista un pensare pienamente libero e vivente, se ne serve come annientatore della sostanza terrena: inizia a liberare l’uomo dalla “rocca” in cui è imprigionato, avvia un’opera rigenerante della compagine umana, comincia a operare coscientemente anche sul corpo fisico per attrarre il Fantòma, generandovi anche i primi germi autonomi del suo Atma, del suo uomo-Spirito. Però un tale agire non può essere attuato senza il Christo, e quando grazie al Christo inizia a divenire una realtà, allora non può piú riguardare un Io isolato dagli altri, perché ciò che si accentra in lui reirradia, come virtú solare, verso l’altro da sé, secondo un potere resurrezionale di ordine cosmico.

Si accenna a questo argomento, che meriterebbe ben altro spazio, consultando la conferenza del 16 maggio 1920, O.O. N° 201): «Se ci accingiamo a studiare in modo reale il pensiero umano quale si presenta nel nostro capo, notiamo che esso ha molto a che fare con l’intimo operare che vi è nei rapporti di calore. …Osservando l’interagire dei pensieri entro lo spazio di calore, entro lo spazio calorico delimitato [dal corpo umano vivente], si vedrà che accade qualcosa come un cooperare dell’attività del pensare con l’attività del calore. In che cosa consiste? Siamo di fronte a qualcosa che esorterei a considerare con molta attenzione. …Supponiamo di avere un liquido; lo portiamo a ebollizione e cosí il liquido evapora, trapassa in una sostanza piú sottile. Nel pensare umano tale processo avviene con un’intensità ancora maggiore. Il pensare fa sí che, mediante il ricambio che avviene nel corpo umano, ogni sostanza si separi, per cosí dire si sedimenti, venga poi eliminata, e non ne rimanga che la pura immagine. Affinché mi si possa comprendere, voglio servirmi di un’altra immagine. Pensiamo di avere un recipiente contenente una soluzione. Facendola raffreddare (si tratta pur sempre di un processo calorico), in basso si raccoglie un deposito e in alto rimane il liquido piú sottile. La stessa cosa accade nel corpo umano. Solo che in alto non si raccoglie nulla di materiale, ma le sole immagini, mentre quel che è materiale viene eliminato. Questa è l’attività del capo umano: raccoglie le immagini ed elimina ciò che è materiale. Tale processo avviene effettivamente in ciò che si può chiamare il passaggio al puro pensare. …Quando ci liberiamo nel puro pensare, viviamo effettivamente in immagini. …Non rimane la sostanza materiale ma le immagini. …Tale processo avviene soltanto quando i pensieri si trasformano in immagini. …Ma dobbiamo distinguere bene ciò che nel pensiero puro, nel pensiero libero dai sensi, si distacca dal processo materiale, distinguerlo dai pensieri che furono propri di quella che …ho chiamato “saggezza istintiva degli antichi”. …Gli antichi cioè non erano giunti a una filtrazione dei pensieri in virtú della quale ogni sostanza materiale possa venir eliminata. …Prima del Mistero del Golgotha, l’umanità terrestre in sostanza …formulava sempre solo pensieri collegati con l’elemento materiale; nel tempo in cui l’evento del Golgotha irruppe entro la vita terrestre, l’umanità era giunta a un punto della sua evoluzione, da poter eliminare nell’interiore processo animico-spirituale del pensiero l’elemento materiale: divenne allora possibile il pensare libero dalla materia. …Prima del Mistero del Golgotha l’universo agiva sull’uomo in modo che egli non perveniva a immagini libere dal corpo, libere dalla materia. A partire dal Mistero del Golgotha, l’universo, per cosí dire, si ritrae. L’uomo è trasferito in un’esistenza che si svolge soltanto in immagini. …Alle immagini si dovette allora dare una nuova sostanzialità. Vi era il pericolo che rispetto alla sua vita animica l’uomo si trasferisse del tutto in un’esistenza di immagini. Gli uomini non riconobbero subito quel pericolo. …Quando infatti viviamo nelle immagini, appunto non siamo. Nell’esistenza del solo pensiero abbiamo il segno migliore che non siamo, che il pensiero deve venir riempito di sostanzialità. Affinché l’umanità non continuasse a vivere in mere immagini, irruppe nell’umanità l’Entità che penetrò in essa attraverso il Mistero del Golgotha, affinché vi fosse di nuovo nell’essere umano un’intima sostanzialità. …Lo sforzo di quelli che nel Medio Evo aspiravano a una comprensione della figura di Parsifal, di quelli che desideravano far vivere nell’anima umana l’anelito di Parsifal, era di portare sostanzialità, interiorità ed essenzialità entro l’umana esistenza in immagini, che può cristallizzarsi dopo aver filtrato ogni elemento materiale.

Augustus Knapp «Parsifal»

Augustus Knapp «Parsifal»

Mentre la saga del Graal mostra ancora un irraggiare da fuori, di fronte ad essa si erge la figura di Parsifal che dal centro deve irraggiare nelle immagini ciò che di nuovo conferisce loro realtà. La nascita della leggenda di Parsifal equivale per l’umanità del Medioevo all’anelito di trovare la via verso il Christo interiore. È un istintivo tendere verso la comprensione del Christo che vive nell’evolu­zione dell’umanità. …Nel Medioevo era ancora presente una coscienza talmente diretta che nell’anelito a comprendere il rappresentante dell’umanità, il Parsifal, ci si voleva innalzare alla figura del Christo. Se si riflette su ciò, si può anche avere un’idea della posizione del­l’uomo rispetto all’intero universo. Fuori, nel mondo naturale, impera dovunque la trasformazione delle forze [qui Steiner si richiama alla legge della conservazione dell’energia di Julius Robert von Mayer]; soltanto nell’uomo la materia viene eliminata mediante il puro pensare, la materia che ora, grazie al puro pensare, è realmente estromessa dalla sfera umana, distrutta come materia, annientata. La vita umana è presente nell’universo in modo che nell’uomo vi è il luogo in cui l’elemento materiale cessa di esistere, non è piú presente. …In ogni altro luogo essa si trasforma; nell’uomo viene distrutta. La Terra materiale scomparirà nella misura in cui la materia terrestre sarà distrutta attraverso gli uomini stessi. …Quando succederà che tutta la sostanza terrestre sarà passata attraverso l’organizzazione umana, in modo da venirvi utilizzata per il pensare, la Terra come corpo celeste cesserà di esistere. Ciò che della Terra cosmica resterebbe agli uomini come loro conquista sarebbero le immagini. Esse avranno però acquisito una nuova realtà originaria. Tale realtà proviene dalla forza che si affermò come forza centrale attraverso il Mistero del Golgotha. …Dio Padre fece in modo che l’evoluzione della Terra da lui creata fosse dedicata alla parte morente dell’evoluzione terrestre. Con il Mistero del Golgotha venne posto un nuovo inizio. Di tutto quanto lo precedette dovettero sussistere soltanto le immagini, per cosí dire il ritratto del mondo. Le immagini però dovettero ricevere una nuova realtà attraverso l’entità che, con il Mistero del Golgotha, penetrò nell’evoluzione terrestre. …Non si comprenderà il Cristianesimo finché non si riuscirà a capire, fino alla fisica, come la sostanzialità cristica operi nell’esistenza cosmica. Non avremo compreso il Cristianesimo finché non arriveremo a dire: proprio nel campo del calore avviene nell’uomo una trasformazione tale per cui la materia viene distrutta, estraendo dalla materia una pura esistenza in immagini, la quale, però, grazie all’unione dell’anima umana con la sostanza del Christo, diviene nuova realtà. …Esse [le immagini] acquistano realtà per il futuro perché penetra in loro una nuova sostanza, la sostanza che è generata attraverso il Mistero del Golgotha. In tal modo viene anche fondato però il pensiero umano della libertà …perché alla materia e al­l’energia viene riconosciuta solo una durata temporale. Noi non facciamo soltanto parte del cosmo materiale in continua evoluzione, ma prendiamo parte al suo estinguersi, e già ora stiamo lottando per arrivare alla sola esistenza in immagini, e per compenetrarci con l’essere a cui soltanto per nostra volontà ci possiamo dedicare, con l’essere del Christo. Infatti l’essere del Christo è inserito nell’evoluzione umana in modo che il rapporto dell’uomo verso il Christo può essere soltanto un rapporto libero. …Tutte le dimostrazioni di libertà falliscono, poiché non si deve voler provare la libertà, ma la si deve voler afferrare. E la si afferra nel momento in cui si comprende il carattere del pensare libero dai sensi.Pensare libero Tale pensare ha però a sua volta bisogno della connessione con il mondo. Ma non la trova, se non si unisce con la nuova sostanza che è penetrata nell’evoluzione cosmica attraverso il Mistero del Golgotha. Già in una giusta comprensione del Cristianesimo si ha quindi il ponte tra la concezione naturalistica del mondo e la concezione morale del mondo. …Egli [l’uomo] è organizzato sia nell’elemento fluido, sia in quello solido, sia in forme aeree e prima di ogni altra cosa nel calore. Salendo sino al calore, si trova il punto di passaggio nel­l’animico-spirituale, poiché nel calore si ha già il passaggio dall’elemento spaziale a quello temporale, e l’animico scorre appunto nell’elemento temporale. Attraverso il calore si ascende sempre piú dall’elemento spaziale a quello temporale, e indirettamente, come ho accennato, si ottiene la possibilità di ricercare l’elemento morale entro il fisico. Chi è di corto ingegno non giungerà mai a capire come, nella natura umana, vi sia la connessione tra l’elemento morale e quello fisico. …Il modo di considerare le cose oggi è tale per cui si bada soltanto a un determinato livello, si bada soltanto all’astrazione, come se in alto avessimo l’elemento del pensiero e in basso l’elemento fisico-materiale. Non riusciamo però a trovare il passaggio se non ci trasferiamo nell’elemento del calore in sé mobile, che è nel mezzo, nel calore che, almeno per l’istinto umano, ha ancora un aspetto sia animico sia fisico, ma dall’istinto non si è ancora passati a vedere che l’uomo possa anche moralmente sviluppare calore per il suo prossimo, calore animico, la reale controimmagine del calore fisico. Il calore animico non sorge però da una trasformazione fisica. …Come sorge dunque? Direi che qui si tocca con mano come. Perché mai parliamo di un caldo sentire? Perché sentiamo, percepiamo, che il calore del sentimento è l’immagine del calore fisico esteriore. Qui il calore filtra nell’immagine. E quello che oggi è soltanto calore animico, in esistenze successive, future, svolgerà un ruolo fisico, perché in esso vivrà l’impulso del Christo. Quando il calore della Terra sarà scomparso, in quello che oggi è soltanto immagine-calore del nostro mondo di sentimento, e affinché possa assumere consistenza fisica, vivrà la sostanza del Christo».

Veramente il Cristianesimo appare, sempre piú, non una dottrina da conoscere e una morale da servire, ma una vera forza, una forza del tutto nuova che pervade la Terra e gli uomini, una forza a cui dobbiamo destarci, poiché essa opera in noi a nostra insaputa, e potremmo guastarla terribilmente. Perciò la vita dovrebbe divenire l’occasione di svolgere, con sempre piú profonda dedizione, il compito di trovare il ponte tra l’elemento fisico in cui ci si disperde, e l’elemento morale. Si è appreso che questo è possibile attraverso una giusta comprensione dell’impulso del Christo e dei Suoi piú profondi misteri, quelli del Suo Pane e del Suo Sangue. Essi scaldano la nostra fredda razionalità e il nostro intelletto utilitaristico, e «attraverso il calore si ascende sempre piú dall’elemento spaziale a quello temporale, e indirettamente …si ottiene la possibilità di cercare l’elemento morale entro il fisico. Chi è di corto ingegno non giungerà mai a capire come, nella natura umana, vi sia la connessione tra l’elemento morale e quello fisico».

Giotto «Crocifissione»

Giotto «Crocifissione»

Quando ogni Caino imparerà a pensare con calore, suscitando in sé calore animico esente da brame, in questo potrà operare l’elemento morale universale, e grazie ad esso l’egoismo del corpo astrale inizierà a coltivare interesse anche per quanto ha carattere universale. Da questo elemento morale scaturirà un sentimento di profonda solitudine, che unito a tutto ciò di cui abbiamo letto permetterà infine a ogni uomo di divenire «custode del fratello superiore», non piú suo assassino. Ma tutto ciò, da un altro punto di vista, significa che ogni Caino dovrà imparare a rendere il proprio sangue un veicolo di vita celeste, non piú un’arma di morte terrestre che continuamente ferisce e mortifica il Graal umano, come la lancia di Longino che sul Golgotha uccise il Christo-Gesú. Come nel Cranio-Golgotha si aprí il Graal della Terra per ricevere il Sangue-Io del Christo, cosí oggi il cranio umano è pronto a ricevere la sostanza del Christo, la Sua essenza, nel Graal individuale (si osservi per questo “La Crocifissione”: un affresco di Giotto facente parte del ciclo della Salita al Calvario, nella Cappella degli Scrovegni a Padova, dove, proprio sotto la croce, figura un teschio alludente al primo Adamo, ovvero a tutta l’uma­nità da lui discendente).

Nel teschio-Golgotha si continua a distrugge­re la vita, ma nel Graal del Golgotha la sostanza del Christo, il Suo sangue, si è unito alla Terra, e allo stesso modo la sostanza-Christo si unisce all’uomo con il Cibo del San Graal, e continuerà a farlo se l’uomo non sceglierà, rinunciando ogni volta alla vera libertà, di distruggere sempre di piú questo Calice in se stesso. Se egli si deciderà a non uccidere più il meglio di sé, inizierà a dare sostanza e vita del Christo alle proprie immagini, e questo significherà avviarsi sul sentiero che fu già di Parsifal, di colui che ora è il Christoforo, il rappresentante del Christo nell’umanità, il “rappresentante dell’umanità” nel Christo.

Con il cibo del San Graal, l’elemento morale del cosmo entra in comunione con l’elemento fisico-animico dell’uomo. Con questa Eucaristia l’uomo diviene un centro di reirradiazione della sostanza Christo. Non piú un Graal che solo riceve, ma un Graal che dispensa anche Cibo divino: quel Pane di Vita eterna e quel Vino-Sangue che disseta per l’eternità la nostra brama di vita, reintegrandoci nell’Albero della Vita creante. Non è piú un calice che solamente riceve il Christo, ma una coppa che lo riversa agli altri; cosí Parsifal, che ha inscritto il suo nome spirituale sulla Luna, reirraggia agli altri uomini la luce spirituale-solare-cristica, che colma e trabocca dal suo Graal microcosmico.

C’è una via spirituale che, dopo quella del Christo-Gesú, da Parsifal in poi qualificherà ogni tredicesimo fra i dodici. Parsifal, per quanto attiene all’umano, ha realizzato in sé sia il principio del Manas ‒ come portatore della Fede che dà la saggezza della Sophia, dell’Anima del Verbo ‒ sia il principio della Budhi, come portatore dell’Amore del Verbo, ma anche il principio dell’Atma, come portatore delle forze di resurrezione del corpo fisico, scaturenti dalla Speranza di una nuova Giustizia karmica che, ritessuta come Grazia dal suo nuovo Signore, ci reintegrerà nella nostra vera figura, nel Fantòma.

Questa via archetipica, dopo Parsifal, venne percorsa anche da Christian Rosenkreutz, che come tredicesimo, come guida dei dodici, ebbe l’eredità di curare la corrente spirituale del Graal fino al Sesto Periodo storico. Ma oggi, sopraggiunto il nuovo tempo di Michele, questa via archetipica comincia ad aprirsi anche a esseri umani che, pur non essendo stati nel passato dei Maestri dell’umanità, grazie al loro karma, e se sono capaci di tanto, possono compierla. Si sa, infatti, che Rudolf Steiner, nei tre settenni dal 1902 al 1923, sacrificò per la causa antroposofica prima il suo corpo astrale, poi l’eterico e infine, nei giorni di Natale 1923, con l’istituzione dei Nuovi Misteri, anche il suo corpo fisico. Egli riuscí a farlo anche se nel passato, nonostante la sua grandezza, non fu mai un Maestro dell’umanità; è stato il primo a poterlo fare in piena e assoluta libertà, con forze puramente umane, come il piú potente discepolo di Michele. Lo poté fare perché «il Tempo cosmico dell’Uomo-Spirito» è iniziato, ed è sotto la direzione di Michele.

Il “Rappresentante dell’umanità”, il Parsifal, cosí come appare nel gruppo ligneo scolpito anche dallo stesso Rudolf Steiner, avanza su questa via equamente librantesi fra Lucifero e Ahrimane, senza piú necessità di combatterli in se stesso, portatore di un androginico Fantòma umano-cristico, ‘figlio’ di una ‘madre’ e di un ‘padre’ anch’essi in equilibrio fra loro. Questo è il mistero del tredicesimo: ogni comunità umana di buona volontà, archetipicamente rappresentata dai dodici, può meritare di accoglierne uno al proprio centro, come portatore del Christo. Una comunità umana cosí formata, con il tredicesimo al centro, è un cosmo umano in azione, una sorgente di esistenza con al centro un microLogos. Una comunità ove, in ogni individualità, l’umanità diviene universale, e l’universale diviene umano, secondo un cosmico ritmico respiro nel quale ciò che fluisce è la Sostanza-Io del Christo.

Ogni comunità capace di cosí costituirsi è, e sarà, una cellula sociale vivente che, in ultimo, andrà a comporre l’organismo della futura comunità umana. In quel tempo, ogni individuo autocosciente − reintegrato in sé dopo la scissione originaria e completamente riassunto nella comunione dell’umanità scaturita dalla volontà del Padre (Ex Deo nascimur) − comporrà la decima Gerarchia, irradiando creativamente le forze della libertà e dell’amore, con ciò rinnovando il mondo. Ecco come (conferenza del 31 dicembre1922 – O.O. N° 219): «Una Terra del futuro può nascere esclusivamente se possiamo inserire in essa ciò che non ha. Ma ciò che non è di per sé presente sulla Terra sono in primo luogo i pensieri attivi dell’uomo. …Se egli realizza questi pensieri autonomi, offre il futuro alla Terra. Ma per far ciò deve prima avere egli stesso questi pensieri autonomi, poiché tutti i pensieri che ci facciamo di ciò che è morente nella consueta conoscenza naturale, sono pensieri riflessi, non sono realtà. …Questo pensiero rappresenta la forma spirituale della comunione dell’umanità. …Mentre vivifica egli stesso i propri pensieri, si unisce mediante la propria entità ‒ comunicandosi, ricevendo la comunione ‒ all’elemento divino-spirituale che compenetra il mondo e ne assicura il futuro. La conoscenza spirituale è quindi una vera comunione. …Allora l’uomo sperimenta che, guardando il proprio organismo che opera nel solido, si sente collegato in esso al mondo stellare nella misura in cui questo è un essere in riposo. …L’uomo è in relazione alle forme dello spazio cosmico [le costellazioni zodiacali] con il proprio organismo fisico. Ma facendo fluire in esse, in queste forme, il proprio elemento animico spirituale, trasforma egli stesso il mondo. Analogamente l’uomo è attraversato dalla propria corrente di linfe. Nella corrente linfatica vive già l’organismo eterico, che fa circolare il sangue in noi. …Con questo organismo eterico l’uomo è in collegamento con …il movimento dei pianeti. Proprio come le calme immagini del cielo delle stelle fisse agiscono sulla forma di per sé fissa dell’organismo umano, o sono in rapporto con esso, cosí operano sulla corrente linfatica i movimenti dei pianeti del sistema planetario cui apparteniamo. Ma come appare alla visione diretta, si tratta di un mondo morto. L’uomo lo trasforma, partendo dal proprio elemento spirituale, quando comunica al mondo ciò che proviene dal proprio elemento spirituale, vivificando i propri pensieri mediante l’immaginazione, l’ispirazione, l’intuizione, compiendo la comunione spirituale dell’umanità. …Accogliamo in noi la natura degli astri, la natura del cielo, con la sostanza terrestre …ritrasformiamo in spirito nella nostra volontà, nella nostra volontà permeata d’amore, ciò che è divenuto sostanza, compiamo una vera transustanziazione, allorché diveniamo consci del nostro essere inseriti nel mondo, cosicché diviene viva in noi la vita spirituale-intellettuale.

 

La natura celeste degli astri,

datami in immagine di sostanza,

mi si avvicina nell’operare terrestre:

la vedo trasformarsi, amando, in volontà.

 

Accade che, guardando a una qualsiasi formazione della Terra, che assumiamo come nutrimento, abbiamo in essa un’immagine dei calmi raggruppamenti stellari. E allorché pensiamo a ciò che accogliamo in tal modo, che permea la parte liquida del nostro organismo, l’azione delle linfe, la circolazione sanguigna, ciò è allora, nella misura in cui proviene dalla Terra …un’immagine …dei movimenti dei pianeti. E io posso divenire consapevole di come spiritualizzi ciò, stando in modo giusto nel mondo, mediante la formula seguente:

 

Le celesti azioni degli astri,

formandomi con la potente forza della sostanza,

premono in me nella vita acquea;

le vedo saggiamente trasformarsi in sentimento.

 

Mentre posso vedere, nel volere, la natura e il tessere degli astri, che si trasformano con amore nel contenuto spirituale del futuro, vedo trasformarsi saggiamente in sentimento ciò che mi viene dato qui sulla Terra, accogliendo in quello che permea il mio organismo linfatico l’immagine delle azioni celesti. Posto in tal modo, l’uomo può sperimentarsi nella volontà e nel sentimento. Nella propria donazione all’onnipotenza dell’esistenza cosmica che lo circonda, può sperimentare ciò che viene attuato mediante se stesso nel grande Tempio del cosmo come transustanziazione, mentre sacrifica al suo interno [nel suo Tempio] in modo puramente spirituale. …L’uomo che conosce, raccogliendosi nel sentimento e nella volontà, diviene un essere che sacrifica. Il rapporto di fondo dell’uomo con il mondo sale dalla conoscenza al culto cosmico. Che tutto ciò che costituisce il nostro rapporto con il mondo si riconosca dapprima come culto cosmico nell’uomo, è il primo inizio di ciò che deve accadere se l’Antroposofia deve attuare la propria missione nel mondo».

Attraverso «una qualsiasi formazione della Terra che assumiamo come nutrimento», ci giunge «la natura celeste degli astri», dataci come sostanza e forma stellare, come Pane quotidiano. Se questo nutrimento è riconosciuto e amato per mezzo di un pensare autonomo e desto, diviene la vera comunione, un’eucaristia cosí potente da transustanziarlo in umano volere moralmente libero, capace di generare il futuro spirituale dell’uomo, della Terra, del cosmo. Similmente, ciò che in noi permea i liquidi e il sangue sono immagini dei movimenti dei pianeti: se sono accolte con saggezza, transustanziano in vero sentire puro. L’uomo che si avvia a fare di se stesso un Tempio dello Spirito, grazie al fatto che si va conquistando, con il suo vero pensare, la vera saggezza, la vera Sophia, inizia, come sacerdote di se stesso, a sacrificare il proprio vero sentire e il proprio vero volere in totale devozione e dedizione al cosmo, da cui riceve il Pane delle stelle fisse e il Vino-sangue delle stelle mobili, mentre domina in lui le infere forze Lunari. Sorge, nella memoria, l’immagine apocalittica della Donna celeste, posta tra le dodici stelle della sua corona, irradiante il pensare stellare, e la Luna sotto i suoi piedi, dove il suo volere domina sia le viventi forze superiori sia le serpentiformi forze infere, mentre il suo sentire, come Sole-cuore al centro dell’immagine, mantiene tutto ciò in perfetta armonia, in ritmico equilibrio. Nell’essere umano che sacrifica il Pane e il Vino cosmico, pensare, sentire e volere sono ugualmente in equilibrio, come un tripode sorreggono la fiamma del sé, che ora può accendersi e irradiare luce e calore spirituali nell’edificato Tempio interiore. Pensare, sentire e volere il mondo in modo autonomo e cosciente è, nella piú piena delle realtà, una Eucaristia, un culto cosmico, «è il primo inizio di ciò che deve accadere se l’Antroposofia deve attuare la propria missione nel mondo».

Ma l’antroposofia è la “Nuova saggezza del Graal”, cosí l’ha qualificata varie volte Rudolf Steiner, e se si vorrà attuarne la missione nel mondo, allora ci si dovrà avviare sul cammino aperto dal sacrificio del Golgotha e già percorso da Parsifal, che ha anticipato lo sviluppo dell’anima cosciente. Lo stesso Steiner ha cercato, al suo livello, di comprendere il senso arcano di questo percorso, interiore ed esteriore, e collegato al mistero del Graal. Nel suo ciclo Christo e il Mondo spirituale – La ricerca del San Graal descrive la sua appassionata ricerca di questi misteri, ed è proprio nella quinta conferenza (1° gennaio 1914 – O.O. N° 149), che tra l’altro egli ricorda l’esperienza avuta dopo la visita alla Pietà di Michelangelo, e confessa modestamente di non aver saputo darsene subito un significato. Tutto quel ciclo è poggiato sulla sua confessata inadeguatezza rispetto a quanto fino allora rivelato del mistero del Graal, ma nella successiva e ultima conferenza egli seppe darci un contenuto senza pari, un contenuto che può darci, se diverremo capaci di compenetrarcene con le massime forze dell’anima cosciente, il senso del mistero del Golgotha e del cammino di Parsifal. Si cercherà in seguito di trasmettere, con la massima buona volontà possibile, l’estratto essenziale di quest’ultima conferenza, capace di dare un senso ai tanti temi proposti in questo lavoro.

 

Mario Iannarelli