La demenza senile

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La demenza senile

 

«Sarà soprattutto importante che da un lato non si formi l’inclinazione ad abbandonare le scienze specialistiche ai cosiddetti esperti, e dall’altro che nell’Antroposofia non si soddisfino esigenze egoistiche, ma si colleghino nel modo giusto questi due poli poi, affinché si possano davvero fecondare a vicenda».

 

La demenza senileCosí – all’interno del primo Goetheanum ancora in costruzione nell’ottobre del 1917 a Dornach, Svizzera – si raccomandava Rudolf Steiner con gli intervenuti ad ascoltare il ciclo di conferenze denominato La caduta degli Spiriti delle tenebre – I retroscena spirituali del mondo.

L’interessantissimo e agile volumetto di cui si tratta è una riprova della validità di questa raccomandazione del Dottore, poiché Judith von Halle è un architetto che segue la via della Scienza dello Spirito, non un medico.

 

Judith von Halle: «Questo studio è nato in seguito a una domanda di progetto architetturale destinato a un centro istituito per persone colpite da demenza senile. Chiunque abbia conosciuto o curato una persona colpita da questa malattia sa che tale genere di persone ha bisogno di un adattamento speciale del loro ambiente. Il disorientamento interiore, ma anche quello spaziale di queste persone, rappresentando un problema fondamentale impongono un progetto di architettura che prenda in considerazione i bisogni della persona ammalata. Una tale conoscenza può, fino ad un certo punto, aver bisogno di indagini empiriche. Ma per me era chiaro che bisognava prima di tutto ricercare le cause della malattia, prima di poter sapere quali fossero i veri bisogni degli ammalati».

 

Contraltare inaspettato ‒ ma solo per l’approccio scientifico materialistico ‒ l’aumentata potenzialità di vita dell’uomo dei nostri giorni si confronta con la progressione geometrica di quegli stati di deficit cognitivo, riassumibili per i non specialisti nel termine sintetico di “Demenza senile”, all’interno dei tre quarti della Società umana contemporanea.

La cosa sorprendente è che Demenza, Parkinson, Alzheimer e altre malattie di deterioramento mentale, statisticamente si comportano in modo “inversamente proporzionale” rispetto alla longevità: piú questa aumenta oltre i novanta… piú quelle anticipano verso la giovinezza: verso i quaranta, trent’anni e ancor meno.

La povertà dei concetti utilizzati di norma dal pensiero scientifico moderno non vuol vedere, o non può vedere, questa correlazione, perché ha un’immagine altrettanto povera del mondo e dell’uomo. Di quest’ultimo poi, senza avvedersene alcuni e scientemente altri, ha un’im­magine mutilata: limitata solo all’aspetto corporeo che si vede, si pesa, si tocca.

Mentre la realtà dell’uomo, per intenderci, è paragonabile ad una cassettiera di 4 cassetti, in ognuno dei quali riporre in ordine dall’alto al basso l’intimo (nel primo cassetto), magliette e camicie (nel secondo), maglioni (nel terzo) e tute (nel quarto), l’idea che se ne fa il pensiero scientifico che oggi va per la maggiore è quella di un unico enorme cassettone in cui accatastare tutto indistintamente.

Pensare solo al corpo fisico come collettore unilaterale di materia, vita, sensazione e coscienza è il modo migliore per togliersi la possibilità di capire l’uomo nella sua realtà. Ma poi lo scienziato moderno, nelle sue varie forme, si stupisce a posteriori che la realtà non segue que­sta immagine ipotetica: la smentisce. E tuttavia non aderisce alla concretezza quadripartita dell’uomo (entità fisica, entità vitale, entità della sensazione, entità della coscienza o “Io”) perché non ne ha la forza, bensí elabora, anoressico, un’altra ipotetica opinione, costringendosi in un disperante ciclo di illusioni-delusioni continue.

Judith von Halle, con il suo approccio scientifico, sí, ma spirituale, segue l’aureo consiglio di Rudolf Steiner di non pensare con la testa degli altri. E per prima cosa si fa quella domanda: Che cos’è l’uomo? che l’opposto indirizzo materialistico non si fa piú: non solo per pigrizia, ma anche perché ormai è cosciente di non sapervi rispondere.

Interessantissimo quindi, in un contesto storico e culturale piú ampio, passare all’esame della memoria e della formazione dei ricordi per poter distinguere fra la normale perdita della memoria dovuta all’età e la demenza; per poter distinguere il ricordo “morto” da quello “vivo”. In seguito l’Autrice esamina l’effetto trinitario delle forze spirituali ‒ quelle che il pensiero materialistico comodamente attribuisce alla sola corporeità (l’uomo “visibile”), mentre costituiscono l’uomo “invisibile” ‒ per comprendere le cause spirituali delle malattie individuali e dell’Umanità che portano poi alla comprensione di quella trasformazione che avviene, per l’uomo “invisibile” e quello “visibile”, con la Demenza.

L’ultima domanda che Judith von Halle si pone (Dove va lo Spirito di una persona in caso di Demenza, e come fare per aiutarlo?) ci conduce inevitabilmente non solo alla progettazione architettonica degli spazi necessari al malato per il trattamento ottimale della malattia, ma anche alla necessità di una relazione rinnovata e cosciente, soprattutto per gli operatori coinvolti, con le risananti forze del Christo vivente.

 

Andrea di Furia


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