Musica, Scienza, Teosofia ed Antroposofia

Musica
Musica, Scienza, Teosofia ed Antroposofia

Il principio delle forze plasmatrici eteriche e dell’Io superiore in relazione alla produzione artistica

Rudolf Steiner

Rudolf Steiner

Nei primissimi anni del XX secolo si impone all’attenzione del pubblico attento a determinate tematiche (e non è difficile affermare che tale pubblico era tanto piú vasto di quanto oggi si possa registrare, in relazione all’aumento della popolazione globale) un filosofo che già da tempo si occupava di approfondimenti sul­l’opera di Wolfgang Goethe, e aveva abbracciato la causa teosofica divenendo presidente della sezione tedesca della stessa Società: Rudolf Steiner.

Quest’uomo, dotato di una incredibile lucidità di pensiero e di una strabiliante dote sintetica, avrebbe di qui a poco divulgato il suo pensiero, che, se pur basalmente legato ai princípi teosofici, avrebbe dichiarato la nascita di un perfetto equilibrio tra la “medianità” di ordine orientale e la “coscienza intellettiva” dal profumo occidentale.

Questa corrente di pensiero, o per meglio dire questo Pensiero, trova la sua piú celebre e perfetta definizione nell’espressione donatale dallo stesso Steiner: Scienza dello Spirito.

Per quanto a tutt’oggi sono ancora poche le prove che dichiarano la fondatezza di una attivissima collaborazione, a cavallo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, tra l’indagine scientifica e quella spirituale, una tale espressione esprime alla perfezione lo spirito di una grande moltitudine di scienziati e fisici dell’epoca, i quali ardevano risalire ai princípi primi della materia, coscienti che tali princípi avrebbero aperto le porte a una lucida e “scientifica” – nel senso piú ampio – penetrazione nella dimensione metafisica.

La Scienza dello Spirito è definita, ancora dallo stesso Steiner, con una evoluzione del termine “Teosofia”, con il termine “Antroposofia”.

Come evidente dal termine stesso, nel Pensiero antroposofico ha ingresso un elemento che determinerà una inarrestabile ricerca di quanto il manifesto teosofico definiva i “poteri latenti nell’uomo”: l’elemento dell’Io, correlato con l’essenza del Christo.

La posizione di Rudolf Steiner, infatti, sull’evento Christo, sarà determinante per l’allontana­mento definitivo dalla Società Teosofica, la quale in merito alla questione dell’essenza cosmica del Christo affermava, in opposizione al pensiero di Steiner, la possibilità della reincarnazione di tale essenza in un singolo individuo.

Rudolf Steiner avanza invece, con forte determinazione, che gli eventi cosmici piú potenti nell’evoluzione di questa fase dell’umanità, ovvero la risalita del Buddha nella coscienza umana quale rischiaratore della reale essenza immanente e trascendente della sfera corporea, e la discesa del Christo, o Io-Christo, nello Spirito umano quale liberatore dalla supremazia indiscussa dell’ego, siano eventi di ordine eterico, in continua e fluida dilatazione eterica entro la sfera umana e appartenenti all’umanità tutta.

È ovvio che una tale posizione, realisticamente scientifica, sull’essenza del Christo determinò una reazione di scandalo da parte di una grande fetta dell’istituzione religiosa cristiana, ma l’appoggio di alcuni teologi e la indiscutibile chiarezza del pensiero antroposofico, superando qualsiasi forma di boicottaggio intellettuale, permise a Rudolf Steiner di tenere, nel corso della sua vita, migliaia di conferenze nei luoghi piú disparati e sugli argomenti piú vari, trattati tutti alla luce di una visione che superava tutte le convinzioni stratificatesi nel tempo, donando luce all’essenza dell’argomento stesso.

Questa posizione è definita perlopiú chiaroveggente, ovvero capace di penetrare direttamente l’essenza del fatto derivando le tesi non già da una sperimentazione ma da una “Conoscenza diretta”, ed è proprio questa l’essenza del discorso affrontato sino ad ora sulla tanto amata dimensione eterica: nell’Antroposofia l’uomo ambisce a risvegliare i suoi sensi spirituali, i quali, unen­dosi alle funzioni dei sensi corporei, determinano un ribaltamento rivoluzionario, se pur non del tutto considerando le dichiarazioni dell’ufficialità accademica sulla funzione dell’intuito umano riguardo al metodo conoscitivo-scientifico.

La vera e propria rivoluzione che si attua, non si rivela tanto nel metodo di analisi dell’oggetto di conoscenza, ovvero nella scomposizione in fattori di entità minore dell’oggetto, ma nel ribaltare del tutto le fasi originanti una qualsiasi ipotesi sull’oggetto stesso o sul comportamento delle sue parti; il metodo scientifico ordinario non ammette alcuna ipotesi che non si fondi sulla riproducibilità del fenomeno in qualsiasi condizione, il metodo scientifico-spirituale, ribaltando le fasi di ipotesi-tesi, aggiunge alla conoscenza fisico-sensibile la convinzione che gli stessi sensi fisici e la stessa capacità razionale-intellettiva non possano essere metodi di certa conoscenza, per il semplice motivo che qualsiasi fenomeno osservabile sul piano fisico presuppone l’obbedire a delle leggi che di certo lo trascendono e ne regolano l’attività.

Si potrebbe facilmente obiettare ad una tale osservazione, che non rappresenta motivo di interesse approfondire un aspetto dimensionale del fenomeno fisico che viene solo presupposto svolgersi in una sede trascendente, ma una tale obiezione produrrebbe solo il perpetuarsi di un metodo analitico che non può fare altro che dividere e frammentare, un metodo a tutta prima fondamentale, ma che non risolverebbe mai il dilemma dell’origine prima, archetipica, di un fenomeno qualsiasi.

L'Anima della MusicaIl ribaltamento infatti, paradossalmente ma rivoluzionariamente risolutivo, pone in prima linea la conoscenza nell’immediato del fenomeno nella sua interezza materica e meta-materica e nella contemporaneità di tutte le sue fasi generative ed evolutive. Rudolf Steiner chiarisce la posizione dell’osservatore scientifico-spirituale, definendo come un tale osservatore che ponga all’oggetto della sua attenzione il seme di una pianta, ne osservi, con la capacità di conoscenza trascendente meta-sensibile, al contempo l’attualità dello stato e tutte le future evoluzioni in germoglio, pianta ecc…

Claudio Gregorat, eminente punta del pensiero musicale e antroposofico italiano, nel suo testo L’Anima della Musica cosí descrive l’idea di un metodo di indagine alternativo, o per meglio dire sintetico: «In qualsiasi ricerca conoscitiva, per ottenere risultati soddisfacenti e concreti – vale a dire aderenti alla realtà, sia fisica che spirituale – è stato sempre estremamente importante il modo secondo cui impostare e svolgere il problema, cioè il metodo. Finora ci si è basati in prevalenza o sull’empiria predominante o sull’astrazione delle ipotesi. Entrambe unilaterali, non assicurano risultati “reali”, intendendo per reali i risultati veri, estetici e moralmente produttivi. Va dunque sviluppato un “senso della forma “ tale che dia la possibilità di comprendere i nessi fra le varie forme, le similitudini, i parallelismi, le difformità… un senso che faccia intuire prima e scorgere poi, nella concretezza, la metamorfosi delle forme, la loro derivazione comune da una fondamentale».

Si prospetta dunque l’essenza metodologica dell’indagine di ordine antroposofico. La volontà determinata di partire da una sede umana ancora poco esplorata, l’Io, abbatte impietosamente il metodo della supposizione, in favore del metodo che risale, ovviamente non per mezzo della sola attività analitica cerebrale, alle fasi generative dell’oggetto con processi analogici che pongano in relazione fenomeni affini per “forma” (ove per forma si intenda il retroscena eterico formante, l’idea primigenia di un qualsivoglia fenomeno non intesa solo concettualmente ma vissuta interiormente con un evento metafisico coerente) e magari estremamente lontani per contenuto e funzione.

Ove dunque l’uomo, in senso davvero antropo-sofico, ritrovi lucidamente la perduta capacità sognante nella quale l’oggetto si manifesta in tutta la sua interezza visibile e non, l’Io si manifesta nella sua realtà, mettendo in condizione l’individuo di conoscere l’oggetto in senso coscientemente estatico, ovvero fuori del sé legato al puro senso corporeo.

A tal proposito è di grande utilità citare ancora un passo dal testo di Claudio Gregorat: «Le ipotesi relative al metodo ordinario si fondano su di un lavoro intellettuale che si serve delle medesime forze pensanti legate al cervello fisico, in uno stato di coscienza niente affatto dissimile da quello ordinario. Ma nel nostro caso ci chiediamo: che risultati ci si può attendere se non quelli, scontati, delle attività ordinarie? Per esaminare il mondo vegetale o quello vivente in generale, o il mondo stellare, non si dovrebbe richiedere uno stato di coscienza diverso da quello proprio di un’attività nel campo della meccanica, dell’economia, della finanza e cosí via? Al sano buon senso parrebbe di sí. Ma la ricerca scientifica e conoscitiva in genere è incapace di liberarsi da un’attività vincolante come quella dell’intelletto legato all’attività cerebrale, e ciò a causa di un difetto conoscitivo fondamentale: non è il cervello la sede del pensiero».

Non è il cervello la sede del pensiero.

Pensare LiberatoQuesta osservazione racchiude in sé la totalità del percorso cosciente avviatosi con le prime società teosofiche e che nel pensiero di ordine antroposofico trova la sua massima espressione; i pensieri non sono eventi immagazzinati dalla materia cerebrale, e in particolar modo il cervello non è sede fisica ove l’informazione si deposita e si rende disponibile a qualsiasi richiesta. Il cervello è piuttosto lo strumento fisico-sensibile (formato a immagine dei movimenti spiraliformi eterici) atto a tradurre perennemente tutte le informazioni provenienti dalla Memoria eterica, in perenne rinnovamento e contenente una illimitata quantità di eventi e informazioni.

Nell’esporre un tale pensiero ci si rende perfettamente conto di porsi in una condizione di facile ridicolizzazione, ma il lettore si fermi un attimo a riflettere quante volte un luogo gli è parso familiare pur non avendolo mai visitato, e quante volte ha avuto la sensazione di conoscere una persona, mai incontrata prima nell’attuale vita, già da tempo al solo primo saluto. Se anche volessimo spiegare il tutto con una “memoria genetica”, questo non varrebbe comunque a rispondere alla domanda che si pone nel chiedersi donde avrebbe tratto origine una tale memoria genetica!

Certo, i codici genetici sono espressioni manifeste delle trasformazioni e della memoria, ma donde trae origine l’impulso che opera in senso trasformativo sul codice genetico?

Si può rispondere che gli eventi stessi modifichino, per adattamento, le informazioni genetiche, manca però ancora un passo: può un’informazione genetica trasformarsi ad opera delle sole capacità di identità dei geni e con i soli mezzi dei geni? Sarebbe come voler dimostrare che un’automobile possa muoversi senza l’ausilio del motore meccanico e del carburante, e questo sarebbe possibile solo a patto che l’automobile provasse l’influsso di qualcosa che è a capo del motore stesso: la potenza del Pensiero.

Palla rotolanteChiariamo.

Rudolf Steiner nell’introduzione al pensiero antroposofico pone questa domanda: ci siamo mai chiesti come mai una pallina cui imprimiamo un moto iniziale prosegue il suo cam­mino senza necessità di altri impulsi sino a che l’attrito glielo permetta?

Facile, questo è il principio di inerzia.

Sí, ma il principio di inerzia si occupa di spiegare come il moto possa continuare a seguito di un impulso primo, e soprattutto spiega la cosa nell’ambito del movimento stesso; ma se proviamo a distoglierci dall’ambito del movimento stretto e ci chiediamo qual è la forza che permette all’impulso primo di rinnovarsi autonomamente una incalcolabile serie di volte, sino a che l’attrito non ne impedisca l’ulteriore rinnovarsi, qui non troviamo risposta.

Il principio di inerzia si occupa di spiegarci, con grande perizia e lodevole attitudine analitico-sperimentale, quali sono i rapporti svolgentisi nell’ambito del moto in relazione all’atmosfera nella quale avviene, ma donde si trovi la forza che permette l’esistenza del principio stesso di inerzia non può trovare risposta.

È bene riproporre alcune parole di Claudio Gregorat prima citate: «Le ipotesi relative al metodo ordinario si fondano su di un lavoro intellettuale che si serve delle medesime forze pensanti legate al cervello fisico, in uno stato di coscienza niente affatto dissimile da quello ordinario. Ma nel nostro caso ci chiediamo: che risultati ci si può attendere se non quelli, scontati, delle attività ordinarie?».

Siamo al punto decisivo della nostra dissertazione. Se vogliamo davvero rispondere a questo quesito e prenderne in considerazione la veridicità, dobbiamo ammettere l’esistenza di un metodo di osservazione ed indagine ancora non conosciuto coscientemente, un metodo che ribalta appunto l’osservabile successione degli eventi di causa-effetto in favore di qualcosa che manca e si presenta necessario al completamento della conoscenza scientifica per il reale raggiungimento della coscienza delle leggi primarie della Realtà, e ciò che manca è il processo inverso, il processo di effetto-causa.

Cosa vuol mai dire?

Il pensiero lucido ed impietosamente aperto alla visibilità e alla conoscenza ci pone un immediato interrogativo; noi siamo, sí, esseri in grado di osservare il fenomeno e speculare su di esso nel limite dell’evento stesso, ma se noi siamo in grado di osservare, e quindi potenzialmente in grado di compenetrare l’evento, vuol dire per forza di logica che esiste qualcosa che supera i limiti dell’osservazione stessa nel senso del suo immediato svolgersi, altrimenti non vi sarebbe coscienza dell’osservazione dell’evento da parte dell’osservatore entro la sua coscienza.

In poche parole, il nostro occhio osserva, traduce, analizza, ma noi possiamo contemporaneamente osservare il nostro occhio che osserva e analizza. Come può mai il nostro solo corpo ergersi al di sopra di esso per osservare se stesso che osserva un fenomeno, e addirittura speculare contemporaneamente sull’osservazione del fenomeno e sul fenomeno stesso dell’osservazione?

Ecco il facile inganno in cui un corpo che non ammetta l’esistenza di una corporeità trascendente può cadere: il non soffermarsi mai per la vita intera sull’atto dell’auto-osservazione, di per sé strumento innegabile di dimostrazione di una sede non visibile e trascendente della Coscienza-Pensiero.

Il Pensiero antroposofico introduce con metodologia cosciente e similmente scientifica la presenza nella sfera umana di una sillaba che in sé porta qualcosa di cui l’umanità tutta mostra un bisogno sempre crescente nell’atto di presa di coscienza della sua esistenza reale e trascendente: l’Io.

A tal punto possiamo facilmente chiarire l’utilità dell’accostamento del processo inverso di effetto-causa al ben noto e visibilissimo continuo svolgersi del processo di causa-effetto. Se presupponiamo – e sembra oramai arduo non presupporlo – che l’ambito della nostra corporeità reale sia ben piú ampio del solo strumento fisico, e riprendiamo il concetto di etere quale dimensione meta-sostanziale, possiamo altrettanto presupporre che se nella dimensione particellare i fenomeni si svolgono in una determinata direzione, nella dimensione continua eterica lo stesso fenomeno debba svolgersi nella direzione opposta, a completamento del suo movimento circolare e spiraliforme, movimento che la fisica piú avanzata ha introdotto, come ben esposto nel primo capitolo del presente lavoro, a completamento dei moti unidirezionali od oscillatori.

Potenziamento memoriaPossiamo ricordare al lettore che negli ultimi anni l’editoria si è interessata di una moltitudine di corsi interattivi per il miglioramento delle facoltà mnemoniche. Proviamo ad analizzare il metodo comune a tutte le applicazioni: il principio base è, oltre all’associazione (per esempio nella memorizzazione di una serie di parole) di una trama ipotetica svolgentesi a legame delle parole in successione, l’analisi della serie da memorizzare non nella sua successione normale ma nella sua successione rivoltata.

Questo principio introduce un principio fondamentale di cui la fisica piú anarchica si avvale per la ricerca: l’evento va conosciuto non solo nel moto che va dal principio alla sua fine ma altresí nel moto opposto, ovvero che parte dalla realizzazione del­l’evento per risalire sino al principio.

È bene considerare d’altro canto che un tale pensiero non è nuovo alle menti umane, ed è stato in particolar modo abbandonato con il progresso relativo alla meccanizzazione caratterizzante la totale perdita di controllo degli strumenti di evoluzione scientifica e sub-scientifica dell’XI secolo. È innegabile, d’altronde, che il divario tra alchimia e chimica fosse impercettibile sino al XIX secolo e profondamente drammatico, a totale discapito della visione alchemica, la quale ha trovato rifugio in dubbie credenze di ordine medianico o parapsicologico, nel XX secolo.

In questi termini giunge con perfetta aderenza un’acuta osservazione del cosmologo astronomo Stephen Hawking: «Qualsiasi teoria fisica è sempre provvisoria, nel senso che è solo una ipotesi; una teoria fisica, cioè, non può venire mai dimostrata».

Se ci soffermiamo un attimo su questo, tutto ci appare chiaro: una teoria fisica non potrà mai essere dimostrata nell’ambito del suo stesso svolgimento, perché la dimostrazione si avvale degli stessi strumenti per mezzo dei quali l’evento fisico si svolge.

È compito dell’uomo moderno, dunque, la liberazione del Pensiero dalle catene della propria riflessità, compito arduo e coraggioso ma certamente pago, già nel suo primo nascere, di una missione luminescente: la ricerca dell’essenza prima della Realtà. A questa ricerca saranno chiamati a rapporto tutti i campi di applicazione dell’intelligenza umana molti dei quali si sono nei secoli nobilmente sviluppati e, pur se privi di qualcosa di fondamentale per la completezza ovvero privi del senso della trascendenza, sono e saranno strumento indispensabile per la ricerca sottile cui le generazioni a venire saranno chiamate.

A questo punto l’osservazione lodevolmente coraggiosa del nostro Gregorat risuona piú chiara: non è il cervello la sede del pensiero.

Potremmo dire, in altre parole, che la Coscienza cognitiva, esprimentesi in senso corporeo per mezzo dell’organo fisico ad essa piú simile, il cervello, trova la sua sede in un Super-Osservatore appartenente alla sfera della corporeità trascendente, l’Io, il quale tutto può conoscere perché risiede nel mezzo esatto che esiste tra il fenomeno fisico ed il suo rivolto eterico, e dunque abbraccia la totalità del fenomeno dalle sue primarie leggi imprimenti il moto al suo svolgimento sensibile.

È proprio nella dimensione eterica, dunque, che librano le leggi primarie della condensazione della materia, ed è qui che il Pensiero risiede nella sua piú reale ed intemporale essenza, quale memoria cosmica e principio primo della formazione d’ogni forma.

Non è il cervello la sede del Pensiero; basta tanto a liberare inimmaginabili limiti della conoscenza umana.

Armonia delle sfereE la Musica? Come porre in relazione la Musica con tutto questo?

La risposta è quasi immediata, scontata: la Musica delle Sfere, il suono occulto ed eterno che Pitagora porta come udibile oltre ogni manifestazione sensibile è proprio il Pensiero, il Verbo cosmico primo che muove e forma ogni cosa e del quale ogni brano musicale terreno nostalgicamente ne riproduce, in senso quasi magico, l’infinita bellezza.

Se potessimo partecipare allo svolgimento di qual­cosa che prende vita nel punto che si trova esattamente al centro dell’accostamento del processo di causa-effetto e del suo rivolto effetto-causa, potremmo udire un Suono perenne e comprendente in sé tutte le musiche udite e udibili per mezzo delle piú grandi opere musicali umane; esso sarebbe il Suono primordiale che svela costantemente la Realtà trascendente di qualsiasi fenomeno, potremmo ascoltare la Musica delle Sfere.

A tal proposito sarà introdotto, in un articolo suc­cessivo della presente trattazione, un elemento musicale di fondamentale importanza per la comprensione dell’evoluzione del Pensiero umano verso la coscienza del centro esatto della Realtà, verso l’Io: la divisione esatta dell’ottava, il tritono.

Rudolf Steiner, che in qualsiasi sua conferenza e opera ha sempre chiarito la lucida convinzione della tripartizione della corporeità umana in corporeità fisica, eterica e astrale, in una sua conferenza affida all’intervallo di quarta la particolare capacità di mediare il Sé con il Mondo, e da questo partiremo per osservare come la quarta eccedente, ancor piú, si ponga come mezzo musi­cale di lucida visione delle correnti luminose generate dall’equilibrio degli opposti.

Lo stesso Rudolf Steiner affida, tra tutte le arti, un compito particolare alla musica, e nella conferenza tenuta a Colonia il 3 dicembre 1906, del ciclo L’Essenza della Musica (O.O. N° 283), cosí dice: «Quando l’uomo crea un’opera d’arte, la crea traendola fuori dalla sua propria rappresentazione. …Per esempio il Giove di Fidia non è stato effettuato copiando un uomo reale.

L’artista vi ha combinato molte impressioni, tutti i pregi conservati nella memoria, ed ha scartato tutti i difetti. …Schopenhauer dice che il vero artista riproduce le immagini ideali, gli archetipi. …Cosí accade per tutte le arti, fuorché per la musica. Le altre arti debbono passare attraverso la rappresentazione, dunque fornire immagini della volontà. Ma il suono è una espressione immediata della volontà stessa, senza intervento della rappresentazione».

Dunque il suono terrestre è in realtà un diretto discendente del Suono primordiale e primo creatore, è la nostalgia di quel Suono primo e ne porta lo spirito volitivo, espresso in senso immediato dal suono fisico; la musica è dunque il campo umano nel quale l’Io e il Pensiero nella sua accezione piú reale e vivente si manifestano. Per dirla ancora con Steiner: «Ad ogni cosa del mondo fisico sta alla base un suono».

SinfoniaSiamo quindi ora in grado di risalire per gradi al nostro scopo iniziale, ovvero quello di portare alla luce, con mezzi similmente scientifici, la realtà non visibile dei fenomeni fisici, e possiamo affermare che la musica terrestre è il fenomeno ove piú di tutti possa essere riscontrata l’essenza eterica dei fenomeni, proprio perché priva di rappresentazioni, priva di riscontrabile densità, eppure capace di moti incredibilmente profondi. Lo stesso Steiner parla dell’orecchio come strumento per separare l’elemento aeriforme, essenziale alla propagazione del suono, dall’elemento essenzialmente eterico del suono, il quale sarebbe cosí percepito dall’organo uditivo similmente formato in senso spiraliforme al fine di poterne cogliere il moto eterico intrinseco.

Il fatto stesso che la Musica sia la porta preferenziale per la comprensione del retroscena del fenomeno sensibile, è chiarito con la grande solita lucidità da Rudolf Steiner sempre nella conferenza del 3 dicembre 1906: «Quando il musicista compone, egli non può imitare nulla. Egli deve trarre dalla sua anima i motivi della creazione musicale. Da dove egli li tragga, ci deve risultare se noi ci dirigiamo verso i mondi che non sono percepibili ai nostri sensi. Dobbiamo esaminare di che natura siano veramente i mondi superiori. L’uomo è in condizione di schiudere a se stesso delle facoltà superiori giacenti nella sua anima, che di solito sono assopite».

Il compositore, dunque, è una figura che, in senso privilegiato, ha la facoltà di penetrare, coscientemente o meno, nella sfera eterica dove il suono originario da cui traggono vita tutti i fenomeni vibrazionali visibili gli si manifesta nella sua cosmica atemporalità e gli suggerisce impressioni spirituali, le quali, nella combinazione di suoni fisici, trovano miracolosamente un mezzo perfettamente al centro tra il mondo sensibile e il mondo spirituale, una “Terra di Mezzo” dove si svolge il miracolo del superamento tra il visibile ed il meta-visibile.

Il compositore trae quindi la propria opera da una dimensione non diversa, in certo qual modo, da quella ove penetra chiunque operi un pensiero; l’attività del pensare, del sentire e del volere traggono origine non da capacità fisiche intrinseche, ma da una dimensione dove il Pensiero è in tutti i sensi Vivente e perennemente generante le leggi che si pongono a capo di ogni manifestazione sensibile, compresa una composizione musicale.

Affronteremo in seguito la questione del Pensiero Vivente in relazione alla dimensione eterica e alle manifestazioni sensibili.

 

Andrea Tarantino (4. continua)