Sui disturbi del comportamento degli educatori

Pedagogia

Disturbi del comportamento degli educatori

e loro riflessione nel mondo del bambino

«Tra mezzo secolo al piú tardi, quello che chiamiamo nervosismo assumerà forme molto gravi. Come in passato si sono manifestate malattie come la peste, il colera e, nel medioevo, la lebbra, cosí in futuro insorgeranno epidemie d’origine psichica, malattie del sistema nervoso in forma epidemica. Queste saranno le reali conseguenze derivanti dalla carenza negli uomini del nucleo vitale spirituale. Avendo coscienza di questo nucleo vitale quale centro, quale punto centrale, l’essere umano risana grazie all’influenza che esercita su di lui una visione del mondo sana, vera, savia. Il materialismo, invece, nega l’anima, nega lo Spirito, mina, indebolisce l’essere umano, lo invia alla sua periferia, al suo ambito perimetrale. È sano solo l’essere umano il cui nucleo es­senziale piú profondo è spirituale e vero. La malattia reale, che è la conseguenza della debilitazione, dell’estenuazione dell’interiorità, è l’epidemia spirituale alla quale stiamo andando incontro».

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Rudolf Steiner

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Storia e contenuti della prima sezione della scuola esoterica 1904-1914

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«Se il materialismo si protraesse ancora per decenni, esso susciterebbe un’azione devasta­trice sulla salute dei popoli. Se nulla venisse opposto a quest’abito materialistico del pensiero, in avvenire gli uomini in genere non soltanto sarebbero nervosi, ma i fanciulli già nascerebbero tremuli, e il mondo, oltre che agire sulla loro sensibilità, desterebbe in essi una continua sofferenza. Soprattutto si diffonderebbero con rapidità prodigiosa malattie mentali e nei futuri decenni si manifesterebbe la pazzia epidemica. È proprio questo il pericolo cui l’umanità andrebbe incontro: epidemie di malattie mentali».

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Rudolf Steiner

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Alle porte della Scienza dello Spirito – VII conferenza, 28 agosto 1906 – O.O. 95



 

L’einsehen infantile, il “vedere dentro” con cui i bambini ci osservano, non esercita funzione discriminatrice: sentimenti e pensieri vengono accolti dall’essere infantile in modo incondizionato allo stesso modo in cui verrebbero introdotte in noi sostanze inquinanti impercettibili ai sensi.

Constantin Noica

Constantin Noica

Il filosofo rumeno Costantin Noica (1909 – 1987) nel suo saggio Sei malattie dello spirito contemporaneo introduce al tema delle “malattie ontiche”. Indipendentemente dalla ri­cerca di Noica (che andrebbe opportunamente approfondita) dovremmo chiederci: ha senso parlare di malattie ontiche, malattie dell’essere, dell’Io? Fin dove oggi l’essere umano – come direbbero a Napoli – può sbariare, può, in definitiva, scollegarsi da se stesso, dal suo “nucleo vitale”?

L’anima cosciente è il luogo ove oggi si insinuano quelle forze che Rudolf Steiner chiama con il nome di Asura. L’uomo si ammala – anche se per la relazione con la terza forza di Ostacolatori non si dovrebbe parlare di malattia (poiché nella malattia è implicita la possibilità di guarigione) – fin nella regione dell’Io, poiché l’Io dell’uomo sorge nell’anima cosciente.

Fëdor Dostoevskij

Fëdor Dostoevskij

Rodiòn Romànovič Raskòl’nikov, protagonista del romanzo Delitto e Castigo di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, preconizza – attraverso un sogno occorso in una condizione di deliquio – quanto Rudolf Steiner chiamerà successivamente “epidemie spirituali” ed “epidemie di malat­tie mentali”. Si rimanda all’audiolettura de Il sogno di Raskòl’nikov.

Gustav Meyrink ne La notte di Valpurga scrisse: «Credete che tutta questa gente che si vede camminare nelle strade pos­segga un Io? – Essi non posseggono niente. Sono piuttosto posseduti in ogni istante da uno spettro che svolge in loro il ruolo del­l’Io».

Gustav Meyrink

Gustav Meyrink

Lo spettro di cui parla Meyrink è innanzitutto il prodotto dell’attuale concetto di Io: una coscienza che non assurge mai a coscienza dell’Io, essendo essa data dalla somma delle sue parti.

È attraverso la menzogna che si realizza quel vuoto pneumatico con cui la centralità dell’Io viene marginalizzata entro la periferia dell’organizzazione umana.                                                                                                         

Nel libro La galassia mente di Rita Levi Montalcini si legge: «Lo psicologo americano W. James definiva la coscienza come una facoltà che si delinea quando il sistema nervoso è divenuto troppo complesso per regolare se stesso. In altre parole, la coscienza è come una proprietà emergente del cervello che assume il controllo dello stesso sistema nervoso».

Ed ecco in che modo il nucleo dell’essere umano “viene inviato alla sua periferia”: non stupirà dunque se un domani sarà l’Io umano ad apparire quale proprietà emergente della coscienza.

Rita Levi Montalcini

Rita Levi Montalcini

Per evidenziare chiaramente la traccia del dogma scientifico, la Montalcini aggiunge: «Quando e come questa proprietà sia emersa, nessuno è in grado di precisarlo. …In quale momento il cervello, durante lo sviluppo, diventa cosciente?».

Se la domanda fosse stata: «In quale momento l’anima, durante lo sviluppo, diventa cosciente?» la Scienza dello Spirito avrebbe risposto: «L’anima diventa cosciente – iniziando ad individualizzare una coscienza dell’Io  – a partire dal 1413. Tale coscienza viene preceduta (tra il 747 a.C. e il 1413 d.C.) da un sentimento dell’Io, e prima ancora (tra il 3564 e il 747 a.C.) da una sensazione dell’Io.

Prosegue la Montalcini: «Alla fine del secolo scorso, il fondatore della psicologia William James formulò, contemporaneamente a un altro studioso, Carl Lange, la teoria dell’emozione. Secondo questo concetto, l’emozione scaturisce dalla percezione delle modifiche viscerali e somatiche che si verificano di fronte a un pericolo: sarebbe cioè la conseguenza e non la causa di manifestazioni emotive quali l’accelerazione del battito cardiaco, del respiro, il tremore e le altre ben note alterazioni funzionali». Ed infine, sempre dallo stesso libro: «Il mondo quale noi lo percepiamo con i suoi colori, odori, suoni, è frutto del nostro cervello, cosí come le allucinazioni e le sensazioni che insorgono anche in assenza di stimoli esterni al delirio».

Tale processo di ricerca sembra voler animare il disanimato (ricercando dunque nel corpo fisico le ragioni del corpo eterico, del corpo astrale e dell’Io) disanimando l’animato (l’anima senziente, l’anima razionale, l’anima cosciente e l’Io). Si vorrebbe aggiungere a riguardo che tra una oggettiva percezione del reale e una percezione allucinata esisterebbe vieppiú una “proprietà emergente” in grado di mantenersi autonoma (autocosciente) nonostante uno stato di delirio.

nel boscoSi immagini una persona incamminarsi in un bosco. Ella osserva il paesaggio, la natura incon­taminata, la vegetazione che s’infittisce. Ad un certo punto raccoglie da un rovo delle more e ne mangia. Il cammino riprende, ma dopo un po’ il passeggiatore stranisce: il respiro diviene corto, ansante e suda. Il paesaggio allora diviene mo­struoso e si popola di orride creature silvane che tentano di aggredirlo con pungoli e frustini. Egli cerca di difendersi come meglio può, ma quattro fauni lo accerchiano, lo immobilizzano conducendolo in una grotta buia da cui cadono gocce d’acqua dalla parete superiore. Al risveglio si ritrova assicurato ad un letto con robuste fascette attorno a mani e piedi. Urla in preda al panico e subito arriva un infermiere che gli racconta quanto gli è accaduto: è stato trovato in uno stato di pieno delirio da alcuni uomini che andavano per funghi. Chiamata l’ambulanza, è stato portato in ospedale ove resterà in cura per alcuni giorni. Il paziente comprende l’accaduto e quanto adesso sta vivendo. I fauni incontrati nel bosco, in realtà, erano semplici fungaioli, l’acqua della grotta, il sudore che aveva imperlato il suo volto durante il deliquio.

PanMentre realizza tutto ciò l’infermiere prosegue: «E quindi la terremo ancora un po’ in osserva­zione per sincerarci che le sue allucinazioni siano andate via». Improvvisamente l’infermiere assume le fattezze di un satiro e va via suonando alla siringa l’Epitaffio di Sicilio.

Il nostro paziente a questo punto strabuzza gli occhi, vede il satiro ma non se ne spaventa piú di tanto e pensa: «Meglio che me ne sto zitto, altrimenti qua ci lascio le penne e non posso neanche tornare a casa, che domenica gioca la Lazio!».

Cosa è accaduto al paziente? Egli ha realizzato di essere stato nuovamente vittima di allu­cinazioni, con la differenza che adesso le distingue mentre prima ne era succube. Il soggetto questa volta discrimina il reale dall’irreale, e dunque il mondo – almeno per lui – non è piú un prodotto del cervello, perché altrimenti non potrebbe distinguerlo dal precedente stato di delirio.

L’attività organica diviene pensiero d’organo, sconfinando dalla regione sub-diaframmatica a quella polmonare. Tale spostamento viene solitamente regolato immaginativamente dalla cin­tola diaframmatica che regola i processi di transizione del pensiero organico. Quando questa coscienza si ottunde – magari dopo un lauto pasto, oppure nel sonno – tutti sperimentiamo il pensare organico. Alcuni commensali diventano filosofi improvvisati oppure, nel sonno, si sogna. In uno stato confusionale il pensiero d’organo rompe l’argine della coscienza arrivando a soffocare il pensiero dell’encefalo. L’individuo mantiene uno stato di vigilanza ma la coscienza è alterata. Di tutto questo l’individuo non può essere cosciente. La situazione cambia non ap­pena l’individuo diviene nuovamente in grado di dire a se stesso: “Ehi, ma questo non può esser vero. Non ci sono satiri che intonano l’Epitaffio di Sicilio in ospedale”.

Un’esperienza analoga ma inversa capita anche nei sogni quando, a volte, data una situa­zione assurda, ci accorgiamo di stare sognando.

BasiliscoDormiamo e veniamo colti da un profondo terrore perché sappiamo di essere seguiti da un basilisco che ci ha ormai raggiunti pro­prio davanti al portone di casa. Non possiamo voltarci indietro per capire quanta distanza ci separi dall’orrido mostro, altrimenti incor­reremmo nel rischio di venir annientati dalla potenza devastatrice del suo sguardo, o tutt’al piú trasformati in sculture fumiganti. Pro­viamo allora a trovare la chiave del portone ma ci accorgiamo che tutte le chiavi del mazzo iniziano a squagliarsi una dopo l’altra. La fine ormai è certa.

Lo spavento provato nel sogno allora ci scuote leggermente, quel tanto da permettere ad un barlume di coscienza di entrare nella regione del sonno inerendo alle trame dell’incubo. Veniamo cosí raggiunti dal pensiero: “Ma dài, sto semplicemente sognando! Sto dormendo e questo è solo un sogno”.

BasiliscoContinuiamo a dormire – in realtà non ci sia­mo mai destati dal sonno – il basilisco è sempre là ma non fa piú paura, anzi, è diventato al­quanto pacioso. Senza saperlo allentiamo nuo­vamente le briglie della coscienza – che altrimenti non ci permetterebbe di riposare – e riprendiamo placidamente il sogno.

Nel primo caso è il sogno a irrompere nello stato di veglia (ma l’Io è cosciente dell’irrotto); nel secondo caso è la coscienza a baluginare nel sogno (ma l’Io sa che dovrà ritrarre la coscienza per permettere al sonno di continuare senza intoppi).

Un brusco risveglio, invece, cagionato da un’incidenza prepotente del reale (magari per un improvviso rumore notturno, o per un gavettone estivo mentre riposiamo sotto l’ombrellone…) è un po’ simile ad un “delirio”: veniamo feriti improvvisamente da contenuti che non sono stati sottoposti al vaglio della coscienza. La realtà entra violentemente nel sonno, ci svegliamo, ma la coscienza di sogno resta ancora con noi, pronta a razionalizzare l’accaduto con i propri strumenti: immagini oniriche che vorrebbero colmare il vuoto riguardo all’accaduto. Quando arriva la coscienza di veglia e comprendiamo il perché del brusco risveglio, la coscienza di sogno fa fatica a ritirarsi: le porte del sonno sono chiuse ed essa non può ripercorrere la strada per ritornare entro la sua naturale sede di appartenenza.

Nei pochi istanti in cui le due coscienze convivono si ingenera una sorta di shock, poiché mentre siamo ancora imbambolati, sognanti (e tuttavia vigili) si compie una sorta di battaglia entro la coscienza. Coscienza di veglia e coscienza di sogno tendono a riorganizzarsi, a capire chi dovrà prendere in mano la situazione: in quel momento si produce una sorta di nervosità, di stato di shock.

Quando viene negato il nucleo spirituale della costituzione umana e l’essere umano viene inviato alla sua periferia, al suo ambito perimetrale, l’organizzazione dell’Io continua a spingersi verso la periferia, come se volesse escarnarsi verso l’esterno, in una sorta di esercizio di con­centrazione rovesciato. Un subitaneo episodio di nervosità (si pensi all’esempio del brusco risveglio) in un individuo in grado di non lasciar inerire la nervosità al corpo astrale – rap­presenterebbe il tentativo ultimo con cui provare una sorta di manovra di ammaraggio, nella speranza di mantenere uno stato di coscienza minimo entro la costituzione umana.

In un’individualità ammalata nell’anima cosciente la nervosità rappresenta la persiana che sbatte in una casa abbandonata: l’autopercezione di un sistema nervoso che ormai assurge a surrogato dell’Io.

William-Adolphe Bouguereau, “Il canto degli Angeli”

William-Adolphe Bouguereau,     “Il canto degli Angeli”

La coscienza infantile – che è normalmente immessa in un placido stato di sogno – viene scioccata dai bruschi risvegli in cui irrompe quel mondo rappresentativo o razionale che il bambino in alcun modo può comprendere. Quando la con­dizione di “brusco risveglio” diviene una tragica esperienza quotidiana per la coscienza infantile, allora si creano quei processi di laminarizzazione con cui il bambino viene so­vraesposto al mondo e da esso ferito. Il “senso dell’involucro” si logora e la condizione di sofferenza porta la coscienza verso la periferia, avviando quel processo con cui il nucleo spiri­tuale umano viene “inviato alla sua periferia”, ingenerando nel tempo quei fenomeni – oggi tristemente noti – di scon­nessione da se stessi, dalla natura, dalla relazione con gli altri e di perdita della dimensione etica originaria.

Il 26 giugno 1924, Rudolf Steiner, a Dornach, comunicò  ai partecipanti al Corso di Pedagogia Curativa, quella che verrà definita la regola aurea pedagogica:

 

«Su una qualsiasi parte costitutiva dell’essere umano, quale che sia la sua provenienza, agisce la parte immediatamente superiore, e solo cosí si arriva a uno sviluppo efficace. …Questo che cosa significa? Se ci accorgiamo che in un bambino il corpo eterico è debole, in un certo senso dovremo conformare il nostro corpo astrale in modo da svolgere un’azione correttiva su di esso.

Possiamo dire senz’altro che uno schema educativo si può scrivere cosí:

   

Bambino:               Educatore:

 

corpo fisico             corpo eterico

corpo eterico           corpo astrale

corpo astrale           Io

Io                            Sé spirituale

                  

Il corpo eterico dell’educatore, grazie alla sua formazione professionale, deve poter agire sul corpo fisico del bambino, il suo corpo astrale deve poter agire sul corpo eterico del bambino. L’Io dell’educatore deve poter agire sul corpo astrale del bambino. Ci si spaventerà addirittura, poiché ora c’è il Sé spirituale dell’educatore, del quale si pensa che non sia sviluppato. Esso deve agire sull’Io del bambino, la legge è cosí. Mostrerò come in effetti il Sé spirituale dell’edu­catore, di cui egli non è affatto cosciente, agisca sull’Io del bambino non solo nel caso di un educatore ideale, bensí spesso anche dell’educatore peggiore. L’essenza dell’educazione è in realtà avvolta in una serie di misteri».

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(Corso di pedagogia curativa, O.O. N° 317)

 

In poche parole, l’educatore educa attraverso se stesso. In un modo o nell’altro, quando l’educatore è dinanzi alla sua classe produce un’impressione immediata. Il corpo imitativo del bambino assorbe quanto portato dal maestro secondo quanto espresso dalla legge pedagogica.

Se il maestro, nonostante il bell’aspetto, non avrà educato il suo corpo astrale, anzi lo avrà esposto ad ogni genere di sozzura (magari parlando male di colleghi e genitori… godendo dell’altrui sventura ecc.…) tale corpo astrale agirà negativamente sul corpo eterico dei bambini a lui affidati.

La maestra dedita abitualmente all’utilizzo del pc o del telefonino in classe (magari per scam­biare messaggi con le amiche) educherà attraverso vacanze dell’Io; vacanze che diverranno alimento per il corpo astrale degli alunni.

Le malattie ontiche – imperanti nella nostra epoca – per essere combattute hanno bisogno che singoli o gruppi di individui riescano a permettere all’Io di andare oltre se stesso e, da quell’oltre, portare forza all’Io umano. 

«Con la parola “sobornostj” – scrive Sergej Prokof’ev – in russo si identifica una moltitudine di coscienze individuali che nella loro globalità costituiscono una piú elevata totalità organica».

Cosí come la comunità dei Nicolaiti dell’Apocalisse è l’espressione di un insieme di individualità smembrate nell’Io dalla pluralità degli istinti individuali, addormentate nella coscienza e deste, dunque in una sorta di io di gruppo di natura sub-umana, cosí la “co­munità sobornica” vive in un elemento supe­riore nato dalla coralità delle individualità (real­mente vive e operanti nell’Io).

Si legga a tale propo­sito l’articolo intitolato “Il-canto-della-natura”.

La falce lunare tra­sformata diviene lo stru­mento terapeutico per operare nell’astrale su­periore.

 

Nicola Gelo (4. Fine)