Psicologia spirituale e osservazione del mondo

Spiritualismo

Psicologia spirituale e osservazione del mondo

Psicologia teosofica IV

Cosa trova l’uomo di oggi nella Teosofia?

La visione teosofica del mondo è destinata a coloro che vogliono dare una base piú solida e piú profonda ai loro concetti e rappresentazioni nei confronti del mondo sovrasensibile e al loro sapere concernente l’anima e lo Spirito. E non sono veramente pochi.

Tarros, sito iniziatico arcaico “Tomba dei giganti”

Tarros, sito iniziatico arcaico “Tomba dei giganti”

Vediamo che la scienza che studia le civiltà si sforza da parecchio tempo di fare ricerche sull’origine delle religioni: la ricerca nei popoli primitivi, nei popoli detti delle origini, al fine di conoscere come le rappresentazioni religiose si siano formate nel corso del tempo; ed è proprio in queste rappresentazioni religiose che sono in fondo contenute le idee che l’uomo si è fatto sul mondo sovrasensibile, animico e spirituale. Vediamo dunque che, da una parte, i ricercatori si sforzano di far risalire tutte le religioni ad un’adorazione della natura che nasce nell’uomo semplice, infantile, ingenuo. Dal­l’altra parte, vediamo che diversi ricercatori fanno risalire l’origine delle religioni al fatto che l’uomo semplice, innocente, vede che il suo simile cessa di vivere, cessa di respirare, che la morte s’impadronisce di lui. Quest’uomo semplice non può immaginare che qualcosa possa sussistere; dalle differenti esperienze che ha del mondo sovrasensibile, dalle sue esperienze di sogno e da quelle spirituali, l’uomo primitivo si forma, piú dell’uomo civile, la rappresentazione che l’ante­nato, l’avo morto che se ne è andato, in realtà è ancora là, e agisce in quanto anima, che stende la mano in un gesto di protezione e altre cose del genere. Per certi ricercatori, l’origine delle religioni è dunque rivolta al culto degli antenati, al culto delle anime. Potremmo menzionare ancora tutta una serie di ricerche di questo genere volte ad istruire sulla maniera in cui la religione è venuta al mondo. L’uomo cerca dunque oggi un solido sostegno a questa domanda: le nostre rappresentazioni di una vita dopo la morte, di un regno dell’Aldilà non rinchiuso all’interno del mondo dei sensi, le nostre rappresentazioni di una vita eterna, hanno una base solida? E l’uomo, come arriva a simili rappresentazioni? Queste domande sono uno dei modi con cui l’uomo tenta oggi di farsi un’idea del sovrasensibile.

Non è in questo modo che la visione teosofica del mondo si sforza di offrire questa fondamentale base all’umanità attuale. Se la ricerca sulle civiltà fa risalire all’esperienza dell’uomo primitivo, semplice, innocente, infantile, la visione teosofica del mondo, si pone piuttosto la questione dell’esperienza religiosa del piú perfetto degli uomini, di colui che è arrivato ad un livello superiore di visione spirituale, essa si domanda cosa egli può sviluppare come sua propria visione, le sue esperienze, quello che ha vissuto in merito al mondo sovrasensibile. La base della visione teosofica del mondo è quella che l’uomo, che ha sviluppato la sua vita interiore, che ha acquistato certe forze, certe facoltà che non sono ancora accessibili all’uomo medio attuale, è in grado di fare come esperienza a proposito del mondo superiore. L’esperienza che va al di là del mondo sensibile, che si poggia su ciò che è chiamato la conoscenza di sé, dell’anima e dello Spirito, è questa esperienza superiore che costituisce la base della visione teosofica del mondo. Che cos’è questa esperienza superiore? Cosa significa fare un’esperienza a proposito del mondo spirituale e psichico? Questo sarà anche in un certo senso difficile da capire per una grande parte dell’umanità attuale.

Non era cosí nei tempi antichi. Ma oggi, l’uomo è attirato dalle sue esperienze verso quello che si chiama mondo sensibile, il mondo dei fenomeni esteriori. In questo mondo dei fenomeni esteriori l’uomo odierno si sente a casa. Si domanda come ogni cosa sii presenti per l’occhio, come appaia per la mano che tocca, come si possa comprendere questo o quello con l’intelletto. Non vede che il mondo dei fenomeni esteriori. Perciò questo mondo delle esperienze sensibili è aperto davanti a lui.

Noi guardiamo cosa ci può dare questa esperienza sensibile. Vogliamo far luce sul modo in cui questa esperienza sensibile viene verso noi. Consideriamo ogni minima cosa che faccia parte di questi fenomeni esteriori. Consideriamo un essere qualsiasi, una cosa qualsiasi del mondo. Di tutte queste cose possiamo provare che un giorno esse sono nate, si sono formate e che ci fu un tempo in cui esse non c’erano ancora. Sono fatte dalla natura o dalla mano umana, e fra qualche tempo saranno scomparse. È la qualità propria di tutte le cose che fanno parte dell’esperienza esteriore: nascono e scompaiono.

Cavalieri Visigoti

Cavalieri Visigoti

E non possiamo dire questo soltanto delle cose inanimate, possiamo dirlo anche di tutte le cose viventi e, e ancora di piú dell’uomo stesso. Se lo consideriamo in quanto apparenza esteriore, egli nasce e sparisce.

Possiamo dire la stessa cosa di intere popolazioni. Basta dare un breve colpo d’occhio alla storia universale, per vedere che dei popoli che hanno dominato per secoli, che hanno compiuto grandi azioni, che furono potenti, e sono anch’essi spariti dalla storia universale, come per esempio gli Ostrogoti e i Visigoti. E da lí passiamo ai fenomeni che sono qualificati come creazioni umane, a quanto è considerato come il piú alto e sublime in campo della produzione umana. Consideriamo un’opera di un Michelangelo o di un Raffaello, oppure possiamo considerare una qualsiasi altra cosa, un’opera importante della tecnica; dovrete dirvi: una tale opera dura dei secoli o dei millenni, e gli occhi umani possono essere ben contenti alla vista di tali opere di un Raffaello o di un Michelangelo, i cuori umani possono essere ben felici alla vista di tali opere, ma non potete far a meno di pensare che quanto è qui nato nell’appa­renza esteriore sparirà un giorno, ridotto in polvere. Non resterà niente di quello che dobbiamo chiamare apparenza esteriore. E possiamo anche andare oltre. Oggi la scienza della natura ci insegna che la nostra Terra, che il nostro Sole, sono nati in un preciso momento dell’evoluzione universale e il fisico afferma già che si può quasi calcolare quando arriverà il momento in cui la nostra Terra sarà arrivata alla fine della sua evoluzione, in cui cadrà in uno stato di rigidità cosí che non le sarà piú possibile proseguire la sua evoluzione. La fine sarà allora sopravvenuta nell’apparenza esteriore. Allora, tutto quello che è vissuto in forma esteriore sensibile percettibile, quello che ha in ogni caso agito e creato, tutto questo sarà scomparso. Potete studiare tutti i regni delle cosiddette forme, apparenze esteriori, in questo mondo troverete ovunque nascere e deperire, oppure, se alzeremo lo sguardo al regno del vivente, lo chiameremo nascita e morte. La nascita e la morte regnano nel regno delle forme, in questo regno che è accessibile all’esperienza sensibile.

Poniamoci la domanda: questo regno, è il solo che si presenta a noi? Domandiamoci ancora: il reame nel quale regnano senza fine la nascita e la morte, è il solo accessibile agli uomini? Per colui che ammette solo la visione dei sensi, che non vuol saper nulla della conoscenza di sé, dello spirito, di facoltà che possono andare oltre la semplice osservazione delle forme, al di là dei fenomeni esteriori, a quella persona può ben sembrare che tutto sia in flusso e riflusso, in crescere e deperire, in nascita e morte. Non si può neppure arrivare ad una visione superiore con la stessa osservazione della natura e dello Spirito di quella che vi procura l’esperienza esteriore. GigliNello stesso modo, con i sensi non si può andare oltre la nascita e la morte. Per questo, c’è bisogno di approfondire le piú alte facoltà spirituali; non quelle speciali che hanno soltanto alcuni uomini particolari, no, soltanto approfondire quelle forze dell’anima che si trovano per cosí dire delimitate al di sotto dello strato esteriore superficiale. Quando qualcuno, grazie a un’osservazione meditativa, si reca in quella regione dell’anima che va piú in profondità, sarà in grado di acquisire un’altra visione delle cose e delle entità. Osservate quello che c’è di piú semplice: la vita delle piante. Qui vedete l’eterno alternarsi della nascita e della morte. Vediamo nascere un giglio da un germe, e poi lo vediamo sparire dopo che, durante un certo tempo, ci ha incantato gli occhi e riempito di gioia il cuore. Quando non vedete piú con gli occhi del corpo, ma con quelli dello Spirito, vedete molto di piú. Vedete che il giglio si sviluppa a partire da un bulbo e che dopo lo stadio di sviluppo ridiventa un bulbo, da cui nasce un nuovo giglio che produrrà nuova­mente un germe. Osservate un seme; vedrete allora come in questo mondo una forma nasce e un’altra deperisce, ma che ogni forma contiene già di nuovo il seme e il germe di una nuova forma. È la natura del vivente; è la natura di quella che si chiama forza, che va oltre la semplice forma.

Arriviamo allora in un nuovo regno, che possiamo vedere solo con gli occhi dello Spirito, che è altrettanto certo e vero per l’occhio dello Spirito, di quanto lo sono le forme esteriori per l’occhio del corpo. Le forme nascono e deperiscono, ma quella che appare e riappare una volta dopo l’altra, quella che è ripetutamente di nuovo lí ogni volta con una forma nuova, è la vita stessa. Perché non potete afferrare la vita con nessuna scienza della natura, con una visione esteriore, in qualsiasi maniera intellettuale. Ma con la visione dello Spirito, potete vederla fluire attraverso le forme nascenti e morenti. Qual è il carattere della vita? Essa appare una volta dopo l’altra. La rinascita e il perpetuo rinnovarsi sono le qualità proprie della vita, come la nascita e la morte sono le qualità dei fenomeni esteriori, delle forme. GerminazioneLa forma che qualifichiamo vivente ha, rinchiusa in sé, la forza, quella stessa forza che è in grado di far nascere una nuova forma in una nuova nascita al posto della vecchia. Rinascita e ancora rinascita, questa è l’essenza, la caratteristica nel regno degli esseri viventi, come la nascita e la morte sono le caratteristiche nel regno delle forme, delle forme esteriori. E se ci eleviamo fino all’uomo, se l’uomo osserva se stesso, se immerge lo sguardo nella propria anima, troverà allora che in lui esiste qualcosa che costituisce un grado superiore rispetto alla vita che abbiamo osservato nella pianta, ma che questa vita deve avere la stessa qualità della vita nella pianta che si affretta a passare di forma in forma.

Abbiamo detto che è la forma che fa nascere la nuova forma partendo dalla vecchia. Prendete un seme: la sua apparenza esteriore è insignificante. Ma quello che non potete vedere è la forza, ed è questa forza, non l’apparenza esteriore, che è la creatrice della nuova pianta. Da un seme insignificante esce un nuovo giglio, perché è nel seme che dorme la forza che produrrà il nuovo giglio.

Se guardate un seme, per la visione esteriore vedete qualcosa d’insignificante, ma a seconda di come esso ha formato la vita, potete farvi una rappresentazione della forza. E se guardate nella vostra anima, con gli occhi dello Spirito potete percepire la forza grazie alla quale essa agisce, grazie alla quale questa anima ha un’attività nel mondo delle forme.

simpatia e antipatiaQuali sono le forze dell’anima? Riassumendo a grandi linee quello che chiamiamo vita del­l’anima, queste forze, che non possono assolutamente essere paragonate ad altre forze, ma che si trovano ad un livello superiore e non sono della stessa essenza della forza di vita germogliante della pianta, queste forze sono la simpatia e l’antipatia. È con queste che l’anima si manifesta nella vita e compie delle azioni. Perché compio un’azione? Perché una simpatia qualsiasi che si trova nella mia anima mi spinge a farla. E perché sento una ripugnanza? Perché in me sento una forza che si può qualificare di antipatia.

Se cercate di comprendere attraverso una visione interiore questa vita dell’anima costantemente ondeggiante, troverete ancora e sempre queste due forze nell’anima e potrete collegarle alla simpatia e all’antipatia. Una tale costatazione deve indurre l’osservatore che medita sull’anima a porre questa domanda: in realtà, di che cosa si tratta? Quali tipi di forze devono regnare nell’anima?

ciclo vitale della piantaSe fate la domanda “da dove proviene il giglio”? e vi dite “il giglio viene dal nulla”, allora non potete farvi la rappresentazione che esso viene dal seme nel quale era già deposta la forza della pianta preesistente; allora non potete presupporre che una nuova forma sia potuta nascere dal seme. La nuova forma deve la sua esistenza alla vecchia forma morta, passata, che non ha lasciato nulla dietro di sé salvo la forza di far nascere una nuova forma. E come non comprendiamo che non nascerebbe un giglio se un altro non avesse liberato le forze necessarie perché ne nascesse uno nuovo, ugualmente non possiamo capire come possano esistere il flusso e riflusso della vita dell’anima, composti da simpatia e antipatia, se non vogliamo seguire questa vita dell’anima risalendo alla sua origine.

Come dobbiamo anche avere ben chiaro il fatto che, nella sua forma, ogni pianta deve essere messa in rapporto con la pianta precedente, cosí dobbiamo aver chiaro il fatto che la forza non può provenire dal nulla. E come la forza del giglio non può scomparire nel nulla, nello stesso modo la forza dell’anima non può sparire nel nulla. Essa deve trovare il suo effetto, la sua forma seguente nella realtà esterna. Troviamo la rinascita nel regno del vivente, la troviamo anche nel regno della psiche e nell’osservazione meditativa dell’anima. Ci basta avere in noi questi pensieri nel modo giusto. Ci basta rappresentarci queste sequenze infinite e potremo passare facilmente dall’idea della rinascita alla forza che deve animare l’anima, senza la quale l’anima non può assolutamente essere pensata, se non ci si vuole rappresentare che un’anima sia nata dal nulla e sparisca nel nulla.

In tal modo arriviamo alla rinascita anche nella vita dell’anima e possiamo allora accontentarci di porre questa domanda: come deve essere costituita la rinascita nella vita dell’anima? Si tratta qui di non limitarsi alla visione sensibile, ma che al contrario si sviluppi la visione della vita spirituale per afferrare l’eterno cambiamento delle forme in relazione con la vita che resta sempre la stessa. Vi basta allora di lasciar agire su di voi come si deve lo Spirito di un grande tedesco, vi verrà allora una rappresentazione del modo in cui, con l’occhio dello Spirito, si può osservare la vita che scorre di forma in forma. Basta che prendiate in mano gli scritti scientifici di Goethe, redatti con cosí tanto sapienza: là avete in forma vivente, viste con l’occhio dello Spirito, delle osservazioni della vita, e vedrete come si deve osservare la vita. E se si traspongono queste osservazioni alla visione della vita dell’anima, allora si arriva a dire che le nostre simpatie e antipatie sono in evoluzione, che provengono da un germe, proprio come una pianta, per quanto concerne la sua forma, proviene da un germe.

È la prima primitiva espressione, che costituisce la base di un’idea fondamentale della visione teosofica del mondo, l’idea della reincarnazione della vita dell’anima. La domanda che ci poniamo per mezzo del pensiero meditativo è la seguente: come dobbiamo rappresentarci la complessa vita dell’anima se non vogliamo credere alla sua reincarnazione? Si può obiettare: se dovessi ammettere che la vita dell’anima presente in me è nata tutta d’un colpo e che questo abbia anche il suo effetto, sarebbe certo un miracolo psichico, una superstizione psichica. Si potrebbe obiettare: sí, ma la forma precedente dell’anima non è stata necessariamente sulla nostra Terra e nemmeno il suo effetto deve essere necessariamente, in una qualsiasi maniera, su questa Terra.

Ma anche qui potete superare l’apparente pericolo con un po’ di pensiero meditativo. L’anima viene al mondo: l’anima ha una somma di disposizioni naturali, queste sono sviluppate e non provengono dal nulla. Che la psiche sia derivata dalla materia è altrettanto poco verosimile quanto un lombrico nato da un vaso di terra. Come la vita può derivare solo dal vivente, cosí l’anima può provenire solo dal mondo astrale. L’origine dell’anima non può d’altronde trovarsi che sulla nostra Terra. Perché se le facoltà provenissero da mondi lontani, non si adatterebbero al nostro mondo, allora l’anima non si sarebbe adattata alla vita del mondo dei fenomeni. ReincarnazioneCome ogni essere è adatto al suo ambiente, cosí l’anima, alla sua nascita, è direttamente adattata al suo ambiente. Per queste ragioni, non dovete dapprima cercare le condizioni preliminari alla vita attuale dell’anima altrove, in un mondo sconosciuto, ma al contrario, in questo mondo. E con questo, abbiamo concepito l’idea della reincarnazione.

Cosí, presupponendo che si voglia veramente scavare in profondità, come fa un pensatore che medita con il pensiero puro, ognuno può arrivare all’idea della reincarnazione dell’anima. Vedete, è quello che ha condotto obbligatoriamente tutti gli spiriti eminenti che sapevano comprendere la natura vivente all’idea della migrazione delle anime in questo senso, nel senso di una migrazione delle anime da forma a forma, di una migrazione delle anime che qualifichiamo come rinascita, reincarnazione.

Voglio ancora rimandarvi a Giordano Bruno, uno degli spiriti piú eminenti dell’epoca moderna che, nel suo studio sull’uomo, ha espresso la reincarnazione dell’anima come fosse il suo Credo. Bruno ha subito il martirio per la ragione che, per primo, ha dichiarato pubblicamente che era d’accordo con il padre della scienza moderna, Copernico. Ammetterete dunque che sapeva giudicare sulla forma esteriore sotto la sua apparenza sensibile. Ma sapeva anche fare di piú. Sapeva osservare la vita che scorreva di forma in forma e per questo fu condotto da solo alla reincarnazione. Se continuiamo, troviamo questa teoria della reincarnazione esposta da Lessing, nella sua Educazione del genere umano. Fu evocata anche da Herder. La troviamo infine indicata sotto diverse forme in Goethe, anche se Goethe, che soleva essere prudente, non si è espresso cosí chiaramente.  Si potrebbe ancora citare Giovanni Paolo (J.P. Friedrich Richter) e altri, in numero infinito. Quello che ha condotto gli spiriti moderni, da cui dipende tutta la nostra vita culturale e che hanno anche influenzato le piú importanti rappresentazioni, quello che ha condotto questi spiriti a tutto questo, non è soltanto l’aspirazione a soddisfare l’essere umano, ma soprattutto perché solo con questa teoria viene creata una rappresentazione che rende possibile la spiegazione dell’uni­verso. L’anima è costantemente in corso di rinascita. La simpatia e l’antipatia ci sono sempre state e ci saranno sempre. Questo è quello che bisogna dire sull’anima secondo la concezione teosofica del mondo.

Ritorniamo adesso al nostro punto di partenza. Diciamolo ancora una volta, abbiamo visto che una forma dopo l’altra si alternano nel nostro mondo sensibile, che tutto è crescere e deperire, nascita e morte. Abbiamo visto che anche le opere piú magnifiche, che sono create, periscono. Ma poniamoci ora questa domanda: solo il lavoro fa parte dell’opera? Nella creazione di un Raffaello, o di un Michelangelo, come nelle piú semplici creazioni umane, primitive, non c’è altro che il lavoro? Dobbiamo in ogni caso distinguere fra l’opera e l’attività che un essere umano qualsiasi ha consacrato per realizzare un lavoro, un’opera o qualunque cosa che si possa qualificare creazione.

Michelangelo

Michelangelo

L’opera è lasciata al mondo esteriore delle forme, e sotto questa forma esteriore è anche votata al destino di tali forme esteriori, al nascere e al deperire. Ma l’attività, l’attività che ha luogo nell’essere stesso, quello che una volta è accaduto nell’anima di un Raffaello o di un Michelangelo quando crearono le loro opere, quest’attività è anche quanto l’anima riprende, per cosí dire, nuovamente nella propria essenza, è l’attività che non è rimasta nell’opera. Come l’impronta di un marchio rimane nel sigillo, quest’attività è rimasta nell’anima. E con questo arriviamo a qualcosa che non resta soltanto per qualche tempo nell’anima, ma che vi resta imperituro. Osserviamo infatti Michelangelo qualche tempo dopo. La sua attività è passata in lui senza dare frutto? No! Quella attività ha contribuito all’elevazione delle sue facoltà interiori e, se inizia una nuova opera, non crea soltanto con quanto era in lui prima, al contrario, crea a partire da quella forza che è nata grazie alle opere precedenti. Le sue forze sono state elevate, affermate, arricchite dalla sua prima attività. In questo modo, l’attività dell’anima crea delle nuove facoltà che si trasformano nuovamente nell’opera, sono di nuovo attive, si ritraggono ancora nell’anima e donano forze per una nuova realizzazione. Nessuna attività dell’anima può essere persa. L’attività che sviluppa l’anima è sempre l’origine, la causa di una elevazione del­l’essere interiore, dello sviluppo di una nuova attività.

È quello che si trova nell’anima in quanto attività, in quanto vita, che è imperituro, è questo che è veramente creatore di forme, non la forma in se stessa, non soltanto della vita, ma una forza creatrice. Con la mia attività, io non creo soltanto l’opera, bensí la causa di una nuova attività, e con l’attività precedente creo sempre una nuova attività.

Questo costituisce la base di tutte le grandi visioni del mondo. Un antico testo hindu dice molto bene come bisogna rappresentarsi questa attività interiore di un essere. Vi si narra come tutte le forme spariscano in un mondo infinito di forme, come la nascita e la morte regnino nel mondo esteriore delle forme, come l’anima rinasca continuamente. Ma anche se nasce un giglio dopo l’altro, verrà un tempo in cui non nascerà piú alcun giglio, verrà un tempo in cui l’anima non vivrà piú fra la simpatia e l’antipatia. Il vivente nascerà costantemente di nuovo, ma quello che non cesserà è l’attività, che s’innalza sempre, s’intensifica, è imperitura.

 

Rudolf Steiner (1a Parte)




Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner.

Berlino, 8 marzo 1904 ‒ O.O. N° 52. Traduzione di Angiola Lagarde.