La reciprocità nel lavoro

Critica sociale

La reciprocità nel lavoro

Scarpe   La divisione del lavoro si articola sia all’interno di una azienda che nell’intera società, secondo una reciprocità di contributi coordinati per deter­minati fini. Un organismo economico diviene vi­vente per il contributo di chi fabbrica scarpe, di chi produce abiti, di chi costruisce case, per la fatica di chi coltiva la terra, per l’impegno di chi impartisce l’insegnamento, per l’inventività di chi crea nuove merci o nuovi modi per produrle.

 

Se qualcuno che si diletta con l’hobby della oreficeria costruisce un prezioso gioiello per se stes­so, malgrado il delicato e lungo lavoro che ha dovuto compiere e i rilevanti costi della materia prima che ha impiegato, se conserva questo oggetto per il suo piacere, non ha creato praticamente nessun valore economico. Parimenti chi per dimagrire pedala ore alla cyclette, spende una quantità rile­vante di forza lavoro ma non produce assolutamente nulla.

 

Ufficio   Ciò che è dunque determinante, dal punto di vista economico, non è solo la quantità di lavoro o il costo di produzione, ma il farsi incontro a una esigenza altrui, come hanno evidenziato i mar­ginalisti, radicalizzando però eccessivamente il concetto di utilità. La materia prima, il lavoro, l’intelligenza organizzativa rappresentano i diversi contributi per pervenire a una qualsiasi merce che va ad esaudire una determinata necessità.

 

Semplificando al massimo, si può affermare che Tizio produce una merce per Caio e a sua volta riceve da questi un’altra merce. Tutti i processi produttivi e di circolazione sono fondati su questo semplice assioma conseguente alla divisione del lavoro. Ogni atto economico che noi com­piamo, ogni fatica, ogni dote che esprimiamo, e che si realizzano in una merce o in un servizio, è rivolto agli altri, cosí come riceviamo dagli altri ciò che mangiamo, quanto serve per coprirci ecc.

 

Antichi mestieri: i cestari

Antichi mestieri: i cestari

Va osservato che la reciprocità insita nella divisione del lavoro sociale è valida anche per la divisione del lavoro all’interno di una azienda. I diversi compiti, le diverse fasi di lavorazione, lo stesso contributo imprenditoriale sono interdipendenti mediante la collaborazione reciproca. Infatti, nella misura in cui siamo capaci di svolgere i nostri compiti oggettivamente, in modo tale che il nostro contributo possa essere efficacemente utilizzato da chi compie la fase successiva o dona un ulteriore apporto, con­sentiremo a un determina­to processo economico di pervenire al fine che si era proposto.

 

…L’uomo attuale, ogni qual volta si dedica a una attività, dona qualcosa agli altri. Per quanto egli creda di lavorare per il proprio benessere e per la propria famiglia, ciò che egli dà è sempre rivolto agli altri: la merce che produce, il servizio che attua, la professione che svolge sono dedicati agli altri, e dagli altri riceve tutto ciò che gli serve per i suoi bisogni. Via via che il principio della divisione del lavoro si è diffuso, consentendo lo sviluppo industriale moderno, ogni uomo ha finito insonsapevolmente per lavorare per gli altri.

 

Nelle antiche economie chiuse l’uomo fab­bricava una gran parte di quanto gli occorreva per vivere da se stesso, o tuttalpiú produceva qualcosa per i membri di una ristretta comu­nità alla quale era legato da precisi vincoli; la circolazione delle poche merci, che erano rivol­te a persone lontane dalla sua comunità, era regolata da una spontaneità ispirata dalla sag­gezza tradizionale.

 

La piramide sociale che genera l’odio di classe

La piramide sociale che genera l’odio di classe

L’uomo attuale ha dovuto perdere l’antica sa­pienza affinché, mediante atto libero, sia un giorno capace di estrinsecare la sua persona­lità attraverso un atto d’amore dedicato agli altri e deciso in assoluta autonomia.

 

La fratellanza, la socialità non possono piú essere comandamenti religiosi o norme imposte da un sistema politico. Le forze che aiutano l’autentica evoluzione dell’uomo gli hanno posto di fronte il progresso economico realizzato mediante la divisione del lavoro. Quanto l’uomo non è ancora in grado di compiere come propria deci­sione interiore, egli lo attua in ogni sua azione economica. Infatti, nella misura in cui è consapevole di non lavorare per se stesso ma per gli altri, acquista pian piano coscienza di un autentico spirito sociale, insito nella sua interiorità, al quale dovrà un gior­no attingere responsabilmente.

 

Il disordine economico dei nostri giorni è, in gran parte, provocato dal­l’incapacità dell’uomo di lavorare ef­fettivamente per gli altri, interferendo a tutti i livelli con la sua soggettività egoica sulla oggettività dei processi economici.

 

Alimentando l’avversione e l’odio fra le classi, l’incomprensione fra le cate­gorie che svolgono funzioni diverse ma complementari, si risospinge l’uomo a credere di lavorare solo per se stesso, di avere diritto a lavorare solo per se stesso, contraddicendo in tal modo le forze meravigliose insite nella divisione del lavoro.

 

 

Argo Villella 


Selezione da: A. Villella Una via sociale Società Editrice Il Falco, Milano 1978.