Il denaro ossigena il nostro respiro

Biologia

Il denaro ossigena il nostro respiro

Una boccata d'ossigeno

Una boccata d’ossigeno

 

«Ossigeno per le nostre finanze!»: ecco un’espres­sione vivace che ben coglie un risvolto fisiologico importante: il ruolo dell’apparato polmonare nell’af­faire denaro-circolazione ematolinfatica.

 

Ricordo il racconto di una paziente, che denomineremo Franca, cuoca tuttofare: «Caro dottore, sa come sono guarita dai miei attacchi asmatici, visto gli insuccessi delle cure allopatiche e per giunta dei suoi rimedi?». Abbozzo un mezzo sorriso, ma mi rizzo sulla sedia ad ascoltare curioso. Franca prosegue: «Con la donazione inaspettata del mio ex-marito a nostra figlia di una casa! Non avrei mai immaginato, dopo anni di tirchierie, quel gesto! Un’autentica boccata d’aria, anzi di ossigeno per le mie scarse finanze!». Franca soffriva di asma da una ventina d’anni.

 

Non ha piú avuto altri attacchi da allora.

 

Questo racconto mi ha portato a riflettere sulla relazione cuore-polmoni e sulle risorse da mettere in gioco per impulsare con la respirazione il principio risanatore grazie all’azione inaspettata del gettito di denaro donato da altri.

 

Muori e divieni

Muori e divieni

 

Il processo respiratorio ha una relazione polare con il processo di formazione del sangue e della linfa: il punto di incontro di entrambi risiede nel cuore. Comprendiamo che, anche in rapporto alla circolazione del denaro, entrambi i processi non sono scissi, ma interagiscono. Il processo respiratorio è in relazione all’uomo superiore, il processo di formazione del sangue e della linfa all’uomo inferiore. I polmoni svolgono un ruolo mercuriale, in quanto mediano tra mondo esterno e mondo interno; il cuore ha una funzione mercuriale nell’uomo stesso, tra uomo superiore e inferiore. Da organi mercuriali entrambi hanno un ruolo risanatore: entrambi operano secondo il detto “muori e divieni”, il primo verso la libertà, il secondo verso l’amore. Libertà e amore intrecciati per lo sviluppo di una nuova coscienza del denaro.

 

Per entrambi il morire corrisponde nell’apparato polmonare alla pausa espiratoria e nel cuore alla pausa che segue la diastole: in quelle pause, che scoccano nel ritmo di 1:4, cioè un respiro ogni quattro pulsazioni, un ritmo micro-macro-cosmico.

 

Avviene nella sospensione silenziosa un attimo in cui l’Io può ritrovare se stesso, può assumere decisioni e destinare il flusso di denaro di prestito o di risparmio verso la donazione o l’acquisto.

 

A proposito di morire, chiediamoci: anche il denaro muore?

 

«È proprio l’invecchiare che imprime un valore al denaro, come l’avanzare in età dà un valore all’uomo» (R. Steiner, I capisaldi dell’economia – O.O. N° 340).

 

Il denaro invecchia e muore nella continua metamorfosi da denaro d’acquisto a denaro di prestito a denaro di donazione. Come denaro di donazione, ormai invecchiato, viene destinato a bruciarsi, a consumarsi, a morire per iniziative culturali/formative/spirituali.

 

Cosí capita alla circolazione del sangue a partire da quella del capo per passare a quella del petto e infine all’addome, con la complicità della milza, il cimitero dei globuli rossi, la sede compartimentata della prevalente polpa rossa coordinata con il sangue e della polpa bianca connessa al circolo linfatico.

 

La milza fa da intermediaria nel ritmo di assunzione del cibo fra il sistema ritmico e il sistema del ricambio, comportandosi da vero cuore del ricambio. Potremo affermare che fa da mediatrice per la trasformazione della circolazione del denaro di prestito in denaro di donazione.

 

Riprendiamo un’altra boccata d’ossigeno con un’altra storia clinica.

 

senza soldi

 

Giorgio, a 67 anni, in seguito al sentirsi fiacco fiacco e con affanno per piccoli sforzi, scopre di aver sviluppato una fibrosi midollare con scarsa produzione di cellule sanguigne: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Indago sulla sua biografia in rapporto al denaro ed emerge che da giovane, pur guadagnando molto come rappresentante, non risparmiava niente, e negli anni successivi ha sempre corso dietro ai debiti, contraendo fidi bancari o prestiti con finanziarie.

 

A 60 anni riceve in modo inaspettato la notizia del licenziamento da parte della ditta rappresentata. Gli tocca ricominciare daccapo: il “ muori e divieni “ avviene in faticosa salita, ma riesce a riconquistare mercati e a rientrare quasi totalmente dei debiti.

 

Poco prima della sospirata quiete pensionistica scoppia la malattia. Il corpo segna il passo della fatica fatta e chiede di cambiare mente sulla visione del denaro nella vita.

 

A volte capita che in visita sia presente anche il consorte, e spesso il suo ruolo diventa determinante quando il paziente non collega le relazioni fra denaro e respiro o sangue attraverso le domande cliniche che pongo.

 

Ritorna da me Rosa, di 66 anni, responsabile di un’agenzia di pulizie; da sette anni è comparsa una tosse a carattere asmatiforme, come confermato dalla spirometria. Vani i risultati di curarla con cortisonici e cure fito-omeopatiche o antroposofiche, da me stesso prescritte. Mi rimetto di buzzo buono ad indagare la genesi del disturbo ricorrente e cerco lungo la pista denaro-respiro. Nessun  debito, nessuna preoccupazione della gestione economica sul lavoro di cui è imprenditrice… finché il marito Le ricorda: e Iris? Iris è stata una dipendente, accolta come una figlia, aiutata in una situazione di forte bisogno con l’offerta di un lavoro ben retribuito anche se faticoso. Al punto che Rosa si fa garante dell’appartamento preso in affitto da Iris. Dopo un incidente di lieve entità sul lavoro, compensato con i dovuti contributi, arriva a Rosa una lettera da un avvocato in cui vengono avanzate delle richieste di rimborso esagerate. Una doccia fredda! Solo allora Rosa prende coscienza dell’azione di strozzinaggio della sua ex-dipendente, al punto di toglierle respiro. Alla ricezione di quella lettera e delle successive dell’avvocato si era detta: “Come fai a trovare una via d’uscita?”. Emerge la paura di essere stata defraudata, anzi di esserlo tuttora, visto che sono ancora in fase di appello dopo sette anni.

 

 

Angelo Antonio Fierro