Una schiavitú inevitabile?

Sociologia

Una schiavitú inevitabile?

Dollari-oro

 

Giuliana Licini, ne “Il Sole 24 Ore” del 7 ottobre 2020: «Il Covid non ferma i paperoni. Patrimoni per oltre 10.200 miliardi di dollari», scrive che nonostante la pandemia secolare abbia prostrato l’economia occidentale – per Cina, Giappone e altre Nazioni asiatiche la situazione è differente – i patrimoni cumulativi dei miliardari, secondo lo studio annuale di Pwc e Ubs, hanno raggiunto i 10.200 miliardi di dollari, pari a circa 8.676 miliardi di euro. L’articolista tende a rassicurare il lettore: non solo gli Usa rimarrebbero al primo posto nella graduatoria, conservando la supremazia occidentale di fronte all’offensiva asiatica, ma sarebbero comunque premiati gli innovatori e i rivoluzionari dell’avanguardistica Silicon Valley, considerata dal mainstream sino a qualche mese fa il “distretto piú innovativo del pianeta”.

 

Negli ultimi mesi, il primato della Silicon Valley è stato invece messo fortemente in discussione a causa del vantaggio quantistico cinese e della nuova proiezione del modello produttivo snello di scuola giapponese, che ha rafforzato i già sperimentati sistemi JIT e Kaizen e ha cosí lanciato una sfida sul piano della modernizzazione al modello singolarista americano e al 4.0 ordoliberista tedesco.

 

Riguardo al modello comunitario 5.0 giapponese, la cui intuizione di fondo meriterebbe certamente un maggiore studio, non possiamo tra l’altro trascurare il contributo dato dalla ricerca italiana, in tandem con specialisti provenienti dal Paese del Sol Levante, sul trattamento dei tumori, che mediante il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (Cnao) punta all’adozione di un simile modello anche in ambito sanitario italiano.

 

Bonanza per paperoni

 

Verificando i valori borsistici delle 10 società con la maggiore capitalizzazione al mondo, ben 7 appartengono effettivamente al cosiddetto websoft, due alla finanza, una alla energia; la prima in ordine di graduatoria appartenente al settore manifatturiero, la Johnson&Johnson, una multinazionale statunitense che produce farmaci, è ben distanziata.

 

Verificando, ancora, la variazione in percentuale dal 1° gennaio 2020 al 1° dicembre 2020, periodo caratterizzato dalla offensiva su scala planetaria della pandemia secolare, abbiamo un balzo in avanti che possiamo mediamente identificare in un pesantissimo +49.5%.

 

Il 19 settembre 2020 l’Institute for Policy Studies ha pubblicato la classifica degli uomini piú ricchi del mondo aggiornata al periodo COVID-19: i 600 uomini piú ricchi degli Usa si sono arricchiti, dall’inizio della pandemia secolare, di altri 434 miliardi di dollari (+15%). Bezos, proprietario di Amazon, ha fatto meglio di chiunque altro, passando in pochissimi mesi da 73 a 181,5 miliardi di dollari (https://ips-dc.org/wp-content/uploads/2020/04/Billionaire-Bonanza-2020.pdf).

 

I proprietari del websoft non sono solo supercapitalisti e non sono solo i padroni della rete che possono censurare ciò che considerano non corretto sul piano dell’interpretazione storiografica, econo­mica o sociologica, ma sono, anche, evidentemente intrecciati a ogni potere politico d’Occidente, sia esso neo-protezionistico o sia esso liberoscambista. Quest’ultimo, solitamente considerato progressista, come mostrarono quegli studiosi che si concentrarono sulla decisiva questione dello scambio ineguale, finisce invece per scatenare un effetto distruttivo sulle economie meno sviluppate (periferia del mondo), addirittura superiore al protezionismo.

 

Di là dal protezionismo conservatore sovranista, che può ben essere considerato, diversamente da come ci viene descritto, il leninismo dei nostri giorni (R. Steiner, in Come si opera per la Tripartizione dell’organismo sociale, conferenza del 2 gennaio 1921, Stoccarda, O.O. N° 338), e dal mondialismo pseudoprogressista, due volti del medesimo deus ex machina supercapitalista, non sembra esservi via sociale sperimentabile per i popoli occidentali.

 

Rudolf Steiner caratterizzò in tal modo la Legge Sociale Fondamentale dell’evoluzione storica tra i popoli, nell’epoca dell’anima cosciente: « La salute di una comunità di uomini che lavorano insieme è tanto maggiore quanto meno il singolo ritiene per sé i ricavi delle sue prestazioni, vale a dire quanto piú di tali ricavi egli dà ai suoi collaboratori, e quanto piú i suoi bisogni non vengano soddisfatti dalle sue prestazioni, ma da quelle degli altri» (R. Steiner, I Punti Essenziali della Questione Sociale , O.O. N° 23). Solo chi lavora del tutto per la comunità può divenire un lavoratore non materialista e non individualista: il bene è prosperato dove in qualche modo esisteva una simile vita dello spirito comunitario. «Quando non venga osservata la legge ricordata, per chi guarda a fondo nelle cose non possono avere importanza né il parlamento, né la democrazia, né l’agitazione delle masse» (R. Steiner, op.cit.).  

 

L’individualismo, assolutamente legittimo sul piano etico, diviene regressivo e utilitaristico se applicato su quello sociale. La legge sociale fondamentale non disprezza il ricco, tantomeno la ricchezza ma vuole superare la necessità sociale del tornaconto individualistico, generalizzando il lavoro non basato sul mero tornaconto.

 

Il pensiero come antimateria

 

Massimo Scaligero, ne Il Pensiero come antimateria (1978), sottolinea come l’eccessiva accumulazione di capitale in selezionatissime e chiuse fasce sociali rappresenti il processo di alienazione e cadaverizzazione del capitale. Il capitale, sintesi spirituale del lavoro umano, è l’elemento centrale di un’autentica Comunità sociale, se connesso con lo Spirito trionfatore della materia. La tecnocrazia materialista annienta perciò la funzione oggettiva del capitale, assolutizzando il cadavere sociale capitalistico. «Questo è il vero capitalismo: l’uso illegittimo del capitale, un potere nelle mani del sopraffattore».

 

Strike the GiantIl Supercapitalismo occulto dei no­stri tempi è una precisa metamorfosi storica dell’antico schiavismo: nelle masse anonime costrette al forzato aggregamento salariale risuona la primitivistica assenza di vita individuale e lo spegnimento di qualunque slancio personale tipico dell’antica società schiavista. Strike the giant, giornale internazionale online, abbonda di testimonianze di lavoratori che vanno proprio nella direzione intuita da Scaligero nel 1978, ovvero 42 anni fa. Una magazziniera di Amazon di Passo Corese, operatrice nel magazzino “piú robotizzato d’Italia”, ha denunciato nel febbraio 2020 una costante e metodica politica del terrore nei confronti dei lavoratori.

 

Come detto, il modello della Silicon Valley è quasi presentato dai media e dai social come rivoluzionario e innovatore. Ma è realmente cosí? Sul piano della infinitesimale specializzazione della mens tecnologica, che ordina tecnicamente e geometricamente sul piano meccanicistico, sicuramente sí! Ciò è un fatto evidente. Sul piano della socializzazione, nella prospettiva ultima di quel vantaggio del bene collettivo cui rimandava Scaligero, della Tecnologia come strumento neutro, viceversa, se i sopra menzionati modelli asiatici sembrano indirizzati verso la potenzialità di un movimento sociale e comunitario il piú possibile inclusivo delle realizzazioni tecnologiche, l’indirizzo della Silicon Valley è un evidente caso sociologico di Controrivoluzione occidentale.

 

Il mondo nuovo

 

Gli oggetti prodotti restaurano il potere trascendente e rituale dei primitivisti totem, il modello totalitario ed eugenetico di società perfetta e piramidale postcapitalista proposto rimanda a Il Mondo Nuovo di Huxley piuttosto che al molto pubblicizzato 1984 di Orwell.

 

La rivolta di Atlante

 

I protagonisti de Il Mondo Nuovo della Silicon Valley sono nella gran parte dei casi i contestatori di ieri, gli ideologi o la manovalanza di quella “rivolta transumanista di Atlante” che la filosofa Ayn Rand, fondatrice dell’oggettivismo, teorizzò.

Rivoluzione

 

Scaligero definí in quegli anni tale movimento come un esempio di “Contestazione Reazionaria” (M. Scaligero, Rivoluzione. Discorso ai giovani) prevedendo con decenni d’anticipo non solo il vasto riflusso individualistico, ma soprattutto la reviviscenza dell’ideologia dei contestatori nel piano di un’autentica teocrazia mec­canicistica e postcapitalistica, fondata anzitutto sull’obiettivo di negare storicamente la realtà profonda del lavoro come movimento oggettivo e comunitario dello Spirito individuale.

 

«Il Cristo penetri nell’umanità come Impulso Sociale»: questa la dimensione meditativa e pratica cui Rudolf Steiner rimandava costantemente quale impulso immaginativo dei Nuovi Tempi, il quale, tra il polo astrattamente trascendente e idealista luciferico e quello subnaturale, meccanicizzatore ahrimanico, possa rappresentare una sana e concreta volontà terrestre di dinamico equilibrio.

 

Silvano Aspromonte