Fuoco amico e denaro immortale

Inviato speciale

 

GWB@dailyhorrorchronicle.inf

2 ter. Dabliu

 

Proseguo nel mettere a disposizione dei lettori la corrispondenza via e-mail, procurata illegalmente, che il giovane diavolo Giunior W. Berlicche, inviato speciale per il «Daily Horror Chronicle» nel paludoso fronte terrestre, ha confidenzialmente indirizzato alla sua demoniaca collega Vermilingua, attualmente segretaria di redazione del prestigioso media deviato, all’indirizzo elettronico

 

Vermilingua@dailyhorrorchronicle.inf.

 

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Andrea di Furia

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Vedi “Premessa” 

 

www.larchetipo.com/2007/set07/premessa.pdf




 

Fuoco amico e denaro immortale

 

Carissima Vermilingua,

 

non sono sparito in uno dei miei tour abusivi sul paludoso fronte terrestre. È stato Fàucidaschiaffi stesso che mi ha dotato di mascherina, pass, assicurazione sugli infortuni e nullaosta del Daily Horror Chronicle.inf e mi ha inviato per verificare come procedevano i nostri campi estivi sul paludoso fronte terrestre.

 

Benissimo, direi. È tutto un entusiasmante divampare di incendi: impressionante, visto dall’atmo­sfera. Il piú grande in Siberia, dove il fumo acre si sparge per migliaia di chilometri e, per la prima volta nella storia recente delle nostre vittimucce aulenti, ha raggiunto persino il Polo Nord.

 

Pensa, Vermilingua, da quando team manager delle nostre caviucce incendiarie in Russia è stato nominato il megalitico Frantumasquame, ci aspettavamo tutti un nuovo record. E cosí è se vi pare: i roghi qui, per estensione, superano tutti gli altri incendi del mondo messi insieme. È un singolo fronte di ben 1,5 milioni di ettari che per Farfarello, il nostro iguanesco bibliotecario hikikomori, ormai è a un passo dal diventare il piú grande incendio nella storia documentata di quel sassetto cerúleo orbitante.

 

Per darti un’idea, è 15 volte l’estensione degli incendi dall’inizio dell’anno nella Penisola che è spesso sede dei miei tour abusivi. Qui, nonostante il forte impegno di Ciriatto, sono bruciati appena 102.933 ettari di terreno, un’area grande quanto 140mila campi da calcio: una bazzecola rispetto ai 2.100.000 campi di calcio di vegetazione andata in fumo nelle taighe del Nord.

 

Però non possiamo lamentarci del cinghialesco team manager in Italia. Finora, mi ha segnalato Farfarello, ha fatto scoppiare 393 incendi di grandi dimensioni (oltre i 30 ettari), contro una media di 224 nel periodo 2008-2020 ed è riuscito a mandare in fumo il quadruplo rispetto ai 28.479 ettari arsi, in media, ogni anno sempre dal 2008 al 2020.

 

Dabliu con fuoco

 

Mentre il tuo infernale collega tribale Calcabrina, responsabile per i campi estivi dell’Unione europea, ha raggiunto un piú che soddisfacente ritmo doppio rispetto agli anni scorsi. Qui dall’inizio del 2021 ad oggi sono stati distrutti dalle fiamme 324.774 ettari di boschi, il doppio dei 160.875 ettari arsi, in media, dal 2008 al 2020. E si è posizionato stabilmente nei primi posti del ranking di produttività mondiale per il numero di grandi incendi: che è arrivato a 1.238, a fronte di una piú stitica media annua precedente di 494.

 

Certo, Calcabrina gode dello splendido score di Ciriatto in Tontolandia. Ma Ciriatto stesso usufruisce dell’ossessivo pre­cedente impegno di Draghignazzo: che si è dato da fare perché i cosiddetti “piromani” diventassero una stimata professione e si annidassero nelle fila di chi è chiamato a rimediare al disastro.

 

Certo, ha avuto vita facile operando nel cassonetto della spazzatura sociale: lo Stato, quale contenitore indifferenziato dei rifiuti sociali economici, politici e culturali.

 

L’intreccio gordiano di Economia, Politica e Cultura nello stesso contenitore statale gli ha permesso di ottenere questo sulfúreo risultato: la mano che appicca il fuoco è spesso la medesima che poi viene pagata dallo Stato per spegnerlo. Tiè!

 

Perciò è normale che in tempo di recovery found il desiderio di accedere ad una piú ampia quota di investimenti e ristori abbia gettato benzina astrale sul fuoco, e messo il turbo alle nostre caramellate caviucce del settore. È il distruttivo loop virtuoso tra incendi dolosi e industria dello spegnimento da parte della volenterosa manovalanza registrata sul nostro libro paga animico, ma che necessita anche della confort zone statale dell’intervento emergenziale per il rimboschimento: che porta pilatescamente quest’ultimo a non approfondire la ricerca degli incendiari dopo le prime sdegnate invettive sui media.

 

Fiamme dell’Inferno, Vermilingua! È il classico caso del fuoco amico che sconcerta a tal punto le disgraziate vittime, che quasi finiscono di pensare che esso sia la normalità – un poco come un fatto ri­corrente della natura – cosa che impedisce loro di capire. E non è il solo caso che ho potuto riscontrare.

 

In fin dei conti questo degli incendi che giustificano le speculazioni di palazzinari e allevatori – e magari aumentano i posti di lavoro – è solo un fatto stagionale.

 

Eppure, c’è un fuoco amico giornaliero che da diversi secoli imperversa tra le nostre brioscine emotive appena fuoriuscite dal buio medioevale: ed è molto, molto piú distruttivo, perché è anche una delle ragioni sottostanti a questo tripudio incendiario stagionale.

 

Ma proprio perché da generazioni si è sempre fatto cosí, nessuno piú si ferma a riflettere su quest’altro fenomeno che incendia anch’esso ogni aspetto dell’economia e della vita sociale: il denaro immortale.

 

Da quando la nostra visione materialistica del mondo si è imposta come pensiero unico, tutto ciò che riguardava la divinità trascendente, grazie agli sforzi di uno dei massimi top manager della tentazione della Furbonia University, Mammona, l’abbiamo riversata nell’attuale sviluppatissima religione del dio Denaro.

 

Rammenterai la soddisfazione nel dircelo di nonno Berlicche, in visita parentale quando frequentavamo l’asilo nido infernale.

 

Nonno Berlicche: «Fino al momento del master in damnatio administration, motivatevi con l’im­presa del collega Mammona. Curate come lui i particolari, perché la vostra azione maligna passi il piú possibile inosservata fino ad entrare nelle abitudini di pensiero delle vostre animiche leccorníe».

 

Eravamo entusiasti a sentirlo raccontare di come Mammona aveva convinto primi commercianti a innovare. Aveva fatto notare loro che usare le merci come strumento utile per la loro attività commerciale fosse scomodissimo. Perché usare il sale come salario e le pecore come pecunia? Quello che sale e pecore facevano negli scambi commerciali poteva benissimo essere fatto da un minerale – meglio, un metallo – non soggetto agli sbalzi di natura: che per sette anni è madre generosa e per altri sette anni è perfida matrigna.

 

Fin qui non c’è nessuna differenza con l’azione di un odiatissimo Agente del Nemico, ribattevamo ingenuamente al Nonno. Tutto ci sembra andare sdolcinatamente a loro van­taggio. Ma qui nonno Berlicche, da abile prestidigitatore dei pensieri qual è, tirava fuori dal suo cilindro narrativo il coniglio astrale di Mammona.

 

Denaro immortale

 

Quel metallo, quell’oro – che ora diventava salario o pecunia al posto di sale e pecore, ossia diventava a tutti gli effetti denaro – rispetto al sale e alle pecore si differenziava in un aspetto fondamentale. Per sua specifica natura quel metallo durava talmente tanto nel tempo, durava millenni, da essere immortale. Cosa che non era nella natura di quelle stesse merci che il denaro ora rappresentava come strumento di scambio commerciale.

 

Subdolamente, Mammona non ha destato la loro attenzione su questa contradizione tra le merci che deperiscono velocemente, ad esempio il latte se non viene trattato, e il denaro immortale che non deperisce mai, apparentemente, ma che rappresenta quel latte che di minuto in minuto si deteriora e muore inutilmente se non viene consumato entro il tempo in cui presenta il massimo dei benefici alimentari a chi se ne nutre.

 

Se, per assurdo, Mammona fosse stato un inopportuno Agente del Nemico, avrebbe subito fatto notare loro che ciò che la Natura fa con le merci (le fa deperire), col denaro toccava fare all’uomo (farlo deperire). Bastava solo mettere una data di emissione al denaro e, dopo un tempo concordato, ritirarlo dal mercato: come si ritira una merce scaduta. Cosí quel denaro apparentemente immortale diventa realmente mortale. E cosí – come il seme che muore alla Terra quando lo si semina produce una pianta con molti nuovi frutti – il denaro produce lo sviluppo sano della vita economica. Viceversa – non facendolo morire come muoiono le merci stesse che esso rappresenta – il denaro diviene, slealmente, un frutto avvelenato.

 

E per renderlo ancor piú velenoso, il nostro Mammona ha invece destato la loro attenzione su di un’altra contraddizione: le merci coltivate o da allevamento si riproducono, ma il denaro no. E ha suggerito astutamente che ciò che la Natura fa con le merci (generare nuove merci), col denaro toccava farlo all’uomo (generare nuovo denaro). Chapeaux!

 

Albero degli zecchini d’oro

 

Cosí, senza che se ne avvedessero, le nostre ineffabili verdurine emotive hanno realizzato quell’allucinazione portatrice di molta morte che un fetentissimo Agente del Nemico ha definito la truffa dell’Albero degli zecchini d’oro del Gatto e della Volpe di Pinocchio.

 

Però Vermilingua, poiché so come questo apparentemente attribuito al denaro immortale tu non l’hai mai digerito, provo di nuovo a spiegartelo utilizzando una frase delle nostre pastasciuttine animiche: «Con i soldi non arriviamo alla fine del mese».

 

Che cosa si vuol dire, con questa frase? Non tanto che il denaro non basta mai per sodisfare le esigenze di consumo (questo è un rovello che per ulteriormente confonderli immettono in loro i Malèfici custodi della Fanatic University), ma che “oggi piú di ieri e meno di domani” ne serve sempre di piú di quello disponibile. Perché? Perché giorno dopo giorno il denaro perde il suo potere d’acquisto: un uovo è un uovo ieri, oggi e domani, e tuttavia ieri serviva una moneta per comprarlo, oggi servono 2 monete per comprare il medesimo uovo, e domani serviranno 4 monete sempre per acquistare lo stesso uovo!

 

Questo fenomeno della perdita del potere d’acquisto del denaro (il cui aspetto preoccupante, Mammona ha sterilizzato con il termine neutro inflazione) ha l’entusiasmante conseguenza di un costante rincaro della vita alle nostre polpettine emotive: il che li costringe alla necessità di una “crescita continua” dell’economia, che è diventato il mantra della cattedra economica piú prestigiosa della Furbonia.

 

Dannazione, Vermilingua! In questo modo uno strumento utile diviene il cappio al collo che prima o poi li soffocherà. Ma ciò che abbiamo ottenuto noi Bramosi pastori della Furbonia è un costante flusso di disperazione proveniente dalle nostre fragoline animiche perché la crescita economica continua ha bisogno di quelle guerre, quegli incendi e quell’estrazione illimitata di materie prime che devastano il Pianeta. Doppio-tiè!

2 ter. Dabliu

 

Comprendi, Vermilingua, perché il Master Truffator ha conferito a Mammona il premio Nobrut per l’economia? Perché col denaro immortale ha preso due Chimere con una fava astrale.

 

 

Il tuo fuocamicissimo

 

Giunior Dabliu