Scienza dello Spirito e confessione religiosa - La Scienza dello Spirito, un bene per la vita

Antroposofia

 

Scienza dello spirito e confessione religiosa - La Scienza dello Spirito, un bene per la vita

Mani tese

 

In questa serie di conferenze, prima di passare ai risultati della Scienza dello Spirito, che saranno presentati nel corso di questo inverno a partire dalla prossima conferenza, vorrei iniziare oggi con una riflessione su uno dei tanti errori di interpretazione che la nostra educazione contemporanea ha della Scienza dello Spirito.

 

Tra le varie obiezioni, si sente sempre quella che la Scienza dello Spirito allontana l’uomo da ciò che, in quanto confessione, vita, concezione religiosa del mondo, gli è prezioso e caro, e forse anche interiormente necessario. Al giorno d’oggi, in un certo senso, perché non dovremmo avere questo timore? Soprattutto quando la Scienza dello Spirito, come è già stato qui sottolineato e dovrà esserlo ancora piú spesso, vuole essere la continuatrice e la realizzatrice nel vero senso della parola della scienza naturale, cosí come si è sviluppata nella nostra vita spirituale da tre o quattro secoli? Come non si dovrebbe temerlo, visto che in numerosi ambienti della nostra attuale popolazione colta si ritiene che il modo di pensare scientifico e una visione del mondo che, come si dice, è costruita sul solido terreno della scienza naturale, non possa avere nulla a che fare con i presupposti che sono alla base della vita religiosa? È opinione di molti, infatti, che colui che al giorno d’oggi si fa veramente strada fino a quell’altezza che viene chiamata la “vera scienza” odierna, deve liberarsi da ciò che attraverso lunghe epoche di evoluzione umana è stata chiamata vita religiosa, confessione religiosa. E in molti circoli si stima che le idee religiose, il sentimento e il pensiero religioso corrisponderebbero a una specie di tappa infantile dello sviluppo umano, mentre siamo già entrati nell’età matura dello sviluppo spirituale dell’uomo, che è chiamato a liberarsi dei vecchi pregiudizi religiosi, corrispondenti appunto a una concezione infantile, e a passare a quello che è un modo di pensare e addirittura a una visione del mondo puramente scientifici.

 

Se vi guardate intorno e osservate diverse persone, troverete oggi molto spesso uno stato d’animo come quello che abbiamo appena caratterizzato. Ma anche una panoramica storica della fase piú recente della vita intellettuale umana, quella degli ultimi tempi del XIX secolo, può produrre un’impressione caratterizzata all’incirca nel modo seguente: gli animi religiosi, le persone che si occupavano di preservare, di sviluppare il senso religioso, sentivano – questo è in molti casi un fenomeno caratteristico del XIX secolo – che la religione era in pericolo, e si sentivano obbligati, da un certo punto di vista, a proteggere la sfera della vita religiosa dall’assalto della vita scientifica moderna. Questo continua anche ai giorni nostri. E soprattutto oggigiorno ci sono numerosi scritti e opere letterarie di ispirazione filosofica o di altro tipo che, di fronte a tutte le esigenze del modo scientifico di pensare e della visione del mondo, si pongono il compito di spiegare la necessità, per l’anima umana, di una vita religiosa.

 

Albrecht Ritschl

Albrecht Ritschl

 

Ci sarebbe però molto da dire se volessimo indicare i presupposti che giustificano molte delle affermazioni appena fatte. Poiché si tratta di una caratteristica, di un fenomeno sintomatico che testimonia come nei singoli pensatori sia vissuto qualcosa che giaceva sopito nel cuore di molti. Si potrebbe, ad esempio, fare riferimento agli sforzi della Scuola di Teologia Ritschl-Hermann ma, sia ben chiaro, non per caratterizzare questa scuola, né per caratterizzare l’eccellente pensatore religioso Ritschl, o per descrivere ciò a cui Ritschl e i suoi seguaci aspiravano. Non è tanto il contenuto effettivo del punto di vista di Ritschl-Hermann che viene qui riportato, quanto piuttosto lo stato d’animo da cui è derivato.

 

Si vede in Ritschl un pensatore, un pensatore profondamente religioso, che si è sentito in dovere di proteggere la religione, in quanto bene religioso, dall’assalto della conoscenza scientifica. Come ha cercato di raggiungere questo obiettivo? Ha cercato di realizzarlo dicendo: se prendiamo la scienza come si è sviluppata nel corso degli ultimi tre o quattro secoli, essa mostra come abbia raggiunto numerosi risultati in relazione alla conoscenza della natura, su come la mente umana sia penetrata nei segreti del mondo materiale esteriore. E, si disse Ritschl, se si guarda tutto ciò che è stato realizzato nel corso degli ultimi tre o quattro secoli, non è possibile ricavare da tutto questo qualcosa che possa impadronirsi dell’anima umana nello stesso modo delle verità e della confessione religiosa. Di conseguenza, Ritschl e i suoi studenti hanno cercato per la religione una fonte completamente diversa. Si sono detti : la religione sarà sempre in pericolo se si vuole basarla su quel tipo di conoscenza che è comune anche alla scienza naturale, e ci si troverà sempre di fronte all’impossibilità di ricavare dal modo di pensare della scienza naturale qualcosa che possa entusiasmare e penetrare l’anima umana. Perciò, una volta per tutte, bisogna astenersi dall’in­terferire nella religione con tutto quanto è oggetto di scienza. Ma c’è tuttavia nell’anima umana una vita originaria di fede che deve soltanto mantenersi libera, deve tenersi ben distinta da ogni invasione della scienza, e che, quando si sviluppa e si anima interiormente, può arrivare a esperienze che conducono da sole a fatti interiori e che mettono l’anima umana in connessione con quello che deve essere il contenuto stesso della confessione religiosa.

 

Fede contro scienza

 

Questa scuola ha cercato quindi di salvare la confessione religiosa tentando di purificarla da qualsiasi interferenza della scienza. Quando l’anima rinuncia, nella vita religiosa della fede, a tutto ciò che potrebbe anche solo lontanamente assomigliare a ciò che si ottiene con mezzi scientifici, quando l’anima dispiega in se stessa questa vita cosí purificata, allora sorge interiormente ciò che implica il suo legame con le basi primordiali divine dell’esistenza, allora essa sente che, interiormente, quale fatto spirituale, porta dentro di sé il suo legame con il divino.

 

Se si approfondiscono gli studi della scuola di Ritschl-Hermann, che ancora oggi è dominante per molti pensatori, soprattutto teologici, ci si accorge subito di questo: di come sia l’uomo oggi, come sia la sua attuale vita animica, con tutto ciò che vive in essa; si potrebbe dire che, in un certo senso, può essere tratto da essa una specie di misticismo molto distillato. Ma quando si tratta – come dimostra precisamente la scuola di Ritschl – di avere davvero delle verità individuali religiose o di fede, allora tale scuola di pensiero si vede costretta a riempire l’anima di contenuti presi da qualche parte, perché altrimenti rimarrebbe intrappolata in una vita mistica molto ristretta. E cosí, questa stessa scuola ritschliana, riprende nuovamente il Vangelo, riprende le verità trasmesse dal Vangelo e lascia un profondo abisso tra le sue esigenze, che sono di sviluppare le verità di fede, le verità divine, a partire solo dall’interno dell’anima stessa; per cui, in questa scuola, nessuna anima individuale potrebbe mai arrivare a sviluppare dall’in­terno lo stesso contenuto che si trova nei Vangeli, e lascia un profondo abisso tra ciò che l’anima può ottenere dall’interno di sé e ciò che prende poi di nuovo in sé dall’esterno attraverso le rivelazioni dei Vangeli.

 

Sí, si può arrivare a un abisso ancora piú profondo e gli stessi seguaci di questa scuola se ne sono accorti quando hanno detto: «Ogni essere umano, se si abbandona senza pregiudizi a ciò che sorge e germoglia nella sua anima, può arrivare a una certa connessione con il divino che parla nella sua anima». Vi si trova in una relazione divino-spirituale con la propria anima. Ma le singole anime non potrebbero raggiungere esperienze interiori come quelle che, per esempio, hanno avuto, Paolo o Agostino. Simili esperienze devono pertanto essere accolte anche dall’esterno. Insomma, nel momento in cui un tale indirizzo, che vuole arrivare alla confessione religiosa soltanto attraverso il sentimento religioso, proprio con l’elimi­nazione di ogni scientificità, nel momento in cui una tale scuola desidera un contenuto reale, nel momento in cui non solo desidera inserire in modo mistico i sentimenti generali dell’esperienza interiore divina, nel momento in cui si sforza di esprimere nel pensiero come è il collegamento dell’anima con il divino, lí è costretta a infrangere il suo stesso principio! E saremmo spinti ad avere le stesse opinioni contraddittorie se cercassimo di far passare davanti alla nostra anima le opinioni religioso-filosofiche del XIX secolo, cosí come si sono sviluppate nel nostro tempo.

 

Ma va detto anche questo: è caratteristico che diversi pensatori seri, molto seri nel campo dello studio della religione, abbiano lottato solo per un concetto, per un’idea, per una definizione di religione; ma fondamentalmente, se si cerca di osservare ciò che è stato fatto in questo campo, che non si riesca nemmeno a trovare un concetto soddisfacente di cosa sia la religione, di come la religione sorga nell’anima umana, da quali impulsi dell’anima umana scaturisca. Si tratta di un aspetto che, soprattutto negli studi religiosi seri del XIX secolo e fino ai nostri giorni, è completamente invischiato in un’ampia serie di polemiche. C’è chi parla di persone che, da un certo modo di adorare la natura, sono passate a percepire il divino, lo spirituale, dietro i suoi fenomeni, per poi adorare in essa questo divino, questo spirituale.

 

Ci sono ricercatori che sono dell’opinione diversa: che il bisogno religioso abbia avuto origine in quello che potrebbe essere chiamato il culto dell’anima. Per esempio, per andare subito al sodo, un uomo vedendo morire persone che gli erano care, non poteva concepire che ciò che costituiva la loro essenza piú profonda fosse scomparso, e le ha perciò trasferite in un mondo dove ha continuato a venerarle. Secondo questi ricercatori, l’origine del sentimento e della percezione religiosa dell’anima è il culto degli antenati. Poi gli uomini sarebbero andati oltre e avrebbero trasferito nella natura ciò che sentivano e adoravano nell’uomo: la divinizzazione delle forze della natura sarebbe derivata cosí dal fatto che si supponeva che esistessero in origine solo anime ancestrali, le quali, adorate, venivano innalzate al divino e rese sovrane delle forze e dei mondi naturali.

 

Dio Padre buono

 

Una terza tendenza, la cui opinione è stata chiaramente espressa in particolare dal ricercatore religioso Leopold von Schroetter – lo testimonia anche la ricerca dei popoli piú primitivi – afferma che nella natura umana esiste una spinta, una vera e propria spinta e un impulso a supporre che dietro tutti i fenomeni ci sia un essere buono che veglia sul bene del mondo; e lo sviluppo di questa spinta e di questo impulso si può vedere nelle varie religioni e confessioni religiose.

 

Non c’è abbastanza tempo, oggi posso solo accennarlo, ma si può mostrare come, se si ha semplicemente una comprensione della vita e della confessione religiosa dell’uomo, ogni visione di questo tipo non si adatta a qualcosa che, secondo quest’ultime, deve comunque essere chiamata religione. Poiché la Scienza dello Spirito, come si intende qui, vuole collocarsi nello sviluppo dell’umanità come qualcosa di nuovo per la nostra formazione spirituale, sarebbe di scarsa utilità se essa volesse affrontare tutte queste opinioni sui fondamenti, sull’origine e sull’essenza della confessione religiosa. Va detto, infatti, che tutte queste controversie lasciano insoddisfatta l’unica domanda fondamentale: che dire della confessione religiosa all’interno della totalità della natura umana, della personalità umana? Questa volta procederò perciò in modo simile a come ho fatto l’ultima volta con la discussione sulla “Antisofia”. Come non ho approfondito il tema dell’Antisofia che emerge qui o là, ma ho cercato di mostrare a titolo introduttivo, proprio dal punto di vista della Scienza dello Spirito, come l’Antisofia sia fondata nella natura umana in quanto tale, e come non ci si debba stupire se appare dunque qui o là, cosí cercherò di descrivere la base della religione nella natura umana per poter mostrare come la Scienza dello Spirito, in quanto tale, vuole considerare l’intera natura umana; cercherò di descrivere il fondamento della religione nella natura umana, per poter poi mostrare come la Scienza dello Spirito si collochi nella sua interezza nella vita che vuole essere veicolata nell’anima umana da una confessione religiosa.

 

La Scienza dello Spirito, per sua natura, non è tenuta a sostenere dispute polemiche; è chiamata soprattutto a descrivere come stanno le cose, per poi lasciare a ciascuno il compito di decidere quale rapporto questa scienza spirituale possa avere con i singoli aspetti e correnti della vita dell’anima umana. Quindi, oggi il mio compito non è quello di trattare la confessione religiosa in quanto tale in termini di Scienza dello Spirito, ma di mostrare cosa vuole essere la Scienza dello Spirito e cosa può essere la confessione religiosa, per poi lasciare sostanzialmente a ciascuno la possibilità di trarre le proprie conclusioni riguardo al rapporto tra le due. Si tratterà soprattutto di richiamare l’attenzione su alcune delle cose, già dette in queste lezioni introduttive, sulle caratteristiche della Scienza dello Spirito e di metterle in relazione con alcuni dei fondamenti piú profondi della natura umana.

 

Come è stato spiegato, la scienza spirituale, la ricerca spirituale, si basa sul fatto che l’anima umana è in grado di trasformarsi, di subire uno sviluppo interiore, intimo, attraverso il quale supera le vedute ordinarie della vita quotidiana e va anche oltre quelle della scienza esteriore elevandosi a un tipo speciale di conoscenza. La Scienza dello Spirito deve avere le sue basi su una ricerca che proviene da un’anima resa indipendente dal fisico, da un’anima che grazie alle sue esperienze è diventata indipendente dalla corporeità fisica. Se quest’anima, con lo sviluppo in anima-Spirito, sperimenta se stessa e il mondo, arriva allora ad avere visioni che non riguardano il mondo dei sensi, ma il mondo spirituale. Dunque, il ricercatore spirituale, con gli esercizi già indicati, che verranno approfonditi nelle lezioni successive, si colloca con la sua anima, dopo averla trasformata, nel mondo spirituale. Si ritrova quindi nel mondo spirituale e, stando al suo interno, parla delle entità e dei processi del mondo spirituale.

 

Questa sua immersione nel mondo spirituale si realizza in varie fasi; nel mio libro Come si raggiunge la conoscenza dei mondi superiori? ho spiegato in sostanza questo sviluppo dell’anima. Dovremo caratterizzare in qualche modo queste fasi per la riflessione di oggi.

 

L'Iniziazione

 

Come è stato indicato nelle due conferenze “Il mondo spirituale e la Scienza dello Spirito” e “Teosofia e Antisofia”, quando l’anima umana giunge a fare un’esperienza indipendentemente dal fisico e dal corporeo, attraverso un tale aumento di attenzione, di devozione, questo per­mette allora di poter chiamare le idee, le sensazioni, l’intero contenuto dell’anima, a cui l’anima giunge allora, “un mondo immaginativo”, non perché esso sia una mera immaginazione, ma perché ciò che l’anima sperimenta in sé, quando si distacca, per cosí dire dall’esperienza del mondo sensoriale, sale come dal mare dell’interiorità, sale ed è dapprima un mondo interiore, puramente spirituale, di immagini, un mondo completamente pieno di immagini. Sarebbe sbagliato se in questo mondo di immagini, che nasce cosí dal mare della vita dell’anima umana, qualcuno vedesse una manifestazione immediata del mondo spirituale stesso; perché questo mondo di immagini, questo mondo immaginativo, non testimonia all’inizio nient’altro che la sua interiorità; l’anima si è rafforzata, potenziata, in modo da poter non solo sperimentare da sé idee, sensazioni, impulsi interiori in riferimento alle impressioni sensoriali esterne, ma si è rafforzata in modo tale che dal suo stesso seno sgorga un mondo di immagini in cui l’anima può vivere. Questo mondo di immagini, che si ottiene in particolare attraverso l’aumento di ciò che nella vita ordinaria si chiama attenzione, è all’inizio, per cosí dire, solo un mezzo per penetrare “il vero mondo spirituale”. Poiché, questo mondo di immagini appare in un modo tale che non si può mai dire se questa o quell’immagine corrisponda o meno a una realtà spirituale; ma occorre aggiungere qualcos’altro, che si ottiene di nuovo attraverso un aumento della devozione, cosicché il contenuto fluisce ora in queste immagini da un lato completamente diverso da quello a cui l’uomo è abituato, cioè dal mondo spirituale.

 

Meditazione

 

Grazie al suo ulteriore sviluppo, il ricercatore spirituale ottiene di poter dire di tale immagine che un contenuto spirituale si diffonde in essa; un essere o un processo del mondo spirituale si rivela a voi attraverso questa Immaginazione che avete sentito sorgere nella vostra anima. Proprio come considerate i colori esterni quale espressione dei processi e degli esseri sensoriali esterni, cosí potete considerare questo mondo come un’immagine del mondo spirituale, perché il mondo spirituale si riversa in essa. Bisogna rifiutare qualsiasi altra possibilità. In tal modo, si impara a sperimentare questo mondo di immagini riferito al mondo spirituale nella stessa maniera in cui nella vita ordinaria si sperimentano le lettere dell’al­fabeto. Come le lettere esprimono qualcosa solo quando, nello Spirito, si sa come metterle insieme in parole significative, come le lettere sono allora solo mezzi di espressione, cosí le immagini del mondo spirituale sono veramente manifestazioni di questo, solo quando diventano mezzi di espressione di un mondo in cui l’anima del ricercatore spirituale è in grado di entrare.

 

In sostanza, si verifica quella che si potrebbe definire una completa cancellazione dell’intero mondo immaginativo. Perché le immagini si trasformano, si combinano nei modi piú svariati. Il ricercatore spirituale si eleva al secondo stadio di una conoscenza superiore, che può essere chiamata – non sentitevi a disagio per l’espressione – “conoscenza ispirata”, conoscenza per mezzo dell’Ispirazione, come le lettere vengono estratte dalla scatola del tipografo e trasformate in parole, quando le Immaginazioni vengono per cosí dire proiettate nella percezione spirituale e diventano mezzi di espressione per un mondo spirituale. Poi, all’interno della conoscenza ispirata, il mondo spirituale oggettivo si inserisce in queste immagini che si è riusciti a sperimentare nell’anima.

 

Ma attraverso questa Ispirazione si raggiunge solo ciò che si potrebbe definire l’esterno dei processi e delle entità spirituali. Per entrare davvero nel mondo spirituale bisogna immergersi, per cosí dire, nelle cose, diventare tutt’uno con le cose del mondo spirituale. Questo avviene nell’Intuizione, al terzo grado della conoscenza spirituale.

 

I gradi della conoscenza superiore

 

Il ricercatore spirituale entra cosí nel regno del mondo spirituale attraverso l’Immaginazione, l’Ispirazione e l’Intuizione. Con l’Intuizione si trova nel mondo spirituale in modo tale che il proprio Io animico-spirituale è diventato indipendente da tutto ciò che è corporeo, come viene descritto piú dettagliatamente in Come si raggiunge la conoscenza dei mondi superiori? ed è immerso nelle entità spirituali del mondo, nella misura in cui ciò è possibile per le sue capacità. Questo caratterizza quello che si può definire il rapporto della ricerca spirituale con il mondo spirituale, uno stare dentro il mondo spirituale, un sentimento di empatia e un’esperienza dello spirituale che va di pari passo con gli esseri e i processi del mondo spirituale. Questa deve essere intesa come la prerogativa della Scienza dello Spirito.

 

Ora la domanda è: se attraverso una tale ricerca sorge una tale scienza spirituale, come si può concepire un rapporto tra questa ricerca spirituale e la confessione religiosa? Ciò avviene se ora consideriamo l’anima umana e la vita della personalità, come si trova all’interno del mondo intero, nella sua totalità, nella sua interezza. Qui ci si presenta quello che potrebbe essere definito il culmine della manifestazione dell’anima, ed è di questo che vorrei parlarvi oggi.

 

In effetti, si potrebbe dire che l’anima umana si manifesta in quattro fasi all’interno della piena vita reale. A scanso di equivoci, per evitare che si creda che il grado designi l’uno o l’altro stadio come piú nobile o piú elevato, vorrei solo dire che nello sviluppo umano dell’anima si distinguono quattro stadi diversi, sul cui valore individuale non c’è nulla da dire. Abbiamo dapprima lo stadio che possiamo chiamare dell’esperienza sensibile del mondo esterno. Nell’esperienza sensibile del mondo esterno l’uomo è effettivamente in mezzo ai fenomeni dell’intero mondo, anche se solo materiale, e non è affatto possibile considerare l’uomo in modo diverso nella misura in cui egli si trova sul palcoscenico della percezione sensibile, in mezzo al mondo materiale.

 

Occhio

 

In base a quello che si intende qui, soprattutto nel presente, si sperimentano cose molto strane. Quando coloro che oggi sono piú o meno oltre la prima metà della vita erano giovani, e magari seguivano studi filosofici, era considerato qualcosa di ovvio che in una maniera o in un’altra si professasse la teoria di Kant-Schopenhauer: «Il mondo è la mia rappresentazione». Ho già sottolineato che l’esperienza ordinaria, per quanto banale, deve capovolgere questa teoria. Perché, se ci si vuole collocare nella realtà, nonostante tutto ciò che è stato detto in questo campo e che si basa soltanto su un malinteso, bisogna dire: lo sperimentatore sano deve distinguere tra la sua immaginazione e ciò che è definito percezione. Se non ci fosse differenza tra immaginazione e percezione, se l’intero quadro del mondo esterno fosse la mia immaginazione, l’uomo dovrebbe sentire un pezzo di ferro rovente a 500° Celsius, che solo immagina appoggiato al suo viso, proprio come sentirebbe un vero pezzo di ferro a 500°. L’uomo, percependo sensorialmente, deve stare all’interno della corrente del mondo esterno. Ma ora si vedono filosofi, come per esempio Bergson, che cercano di ripristinare quella che veniva chiamata ingenuità giovanile. Si parlava di “realismo ingenuo” quando si intravedeva l’essere umano direttamente all’interno del flusso del mondo materiale. Bergson cerca di dimostrare ancora una volta, come se la filosofia stesse solo cominciando con lui, che questa visione è quella giusta, che l’uomo deve essere pensato come un soggetto sensuale che percepisce all’interno del mondo delle leggi sensuali. Cosí si percepisce sensualmente nel mondo e la caratteristica è che i singoli sensi percepiscono, per cosí dire, forme di mondo separate: un mondo di colori e di luce, un mondo di suoni, un mondo di differenze di calore, un mondo di durezza e di morbidezza e cosí via.

 

A questo primo grado dell’esperienza umana del mondo, i sensi individuali si trovano all’interno del corso degli eventi del mondo. Tramite la percezione, stando direttamente all’interno del mondo sensibile materiale, otteniamo un’immagine del mondo. Questa concezione del mondo ci accompagna per tutta la vita; agiamo con questa concezione del mondo, agiamo sotto la sua impronta, essa ci domina e noi a nostra volta dominiamo una parte del mondo a partire da questa concezione del mondo. Cosí l’uomo, vivendo interamente nel mondo dei sensi, per quanto riguarda la materia, si trova all’interno del flusso degli eventi del mondo. Egli è, per cosí dire, un elemento di questo universo, sente e sperimenta se stesso e in questo modo ottiene la sua visione del mondo.

 

 

Rudolf Steiner (1a parte – continua)

 


 

Conferenza tenuta a Berlino il 20 novembre 1913.

O.O. N° 63 – Traduzione di Angiola Lagarde.

Da uno stenoscritto non rivisto dall’Autore.