Il potere del sorriso

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Il potere del sorriso

Bambino in carrozzina Evidenza

Esco da casa la mattina per una rapida spesa e incrocio una mamma con un bimbetto di forse due anni nel passeggino. Il piccolo mi guarda con gli occhi spalancati e io gli sorrido, lui risponde al sorriso con entusiasmo. La mamma incrocia i nostri sguardi e sorride anche lei, compiaciuta perché il figlio ha suscitato il mio interesse. Proseguiamo senza una parola, ma quel sorriso, contagioso, ha rallegrato tutti e tre.

 

Entro nella panetteria e la ragazza, nel riconoscermi come cliente abituale, mi fa un largo sorriso, al quale rispondo volentieri mentre chiedo il pane.

 

Esco dal negozio e vedo un signore che, camminando, apre un giornale per leggere i titoli. Evidentemente l’ha comprato da poco. In zona molte edicole hanno chiuso, gli domando con cortesia dove l’ha comprato, per sapere se c’è un giornalaio nelle vicinanze che forse non conosco. Mi spiega che va piuttosto lontano, ne approfitta per fare una passeggiata. È vero, dice, che ormai molti chioschi di giornali sono chiusi, perché tanti preferiscono leggere in internet le notizie. Poi mi guarda e mi gratifica di un largo sorriso. Rispondo sorridendo anch’io e lo ringrazio.

 

Tornata a casa, la giovane portiera Malvina, sempre gentilissima, mi saluta augurandomi una buona giornata con un largo sorriso di simpatia, che è reciproca. Le rispondo sorridendo anch’io.

 

Dunque, nella mia breve uscita ho collezionato cinque bei sorrisi che hanno fatto bene alla mia anima, e li ho a mia volta restituiti. Può sembrare qualcosa di meccanico, o di ripetuto per consuetudine, ma non è cosí. Il vero sorriso viene dal cuore e non si insegna con l’educazione. Il sorriso cosiddetto di circostanza è freddo, stereotipato, non rasserena e non riscalda, mentre noi tutti abbiamo bisogno di calore umano. In mancanza di quel calore diventiamo aridi, ripiegati su noi stessi.

 

Diceva Massimo Scaligero che gli angeli non ridono, sorridono. La risata umana può essere a volte gioiosa, piú spesso però può provenire da scherno, derisione ai danni di qualcuno, o da volgarità, o persino da blasfemia. Il sorriso è gentilezza, volontà di stabilire un rapporto con l’altro, anche se fuggevole e con persone che non si conoscono.

 

Nella zona dove vivo ci sono molti turisti stranieri provenienti da ogni parte del mondo. Qualcuno di loro mi sorride guardandomi. È come un muto dialogo in cui la persona sembra dirmi: Roma è bella, ti saluto con simpatia per la gioia di essere qui!

 

Non rispondere a un sorriso, farlo spegnere sulle labbra dell’altro, è un grave peccato. È segno di incomprensione, mancanza di sensibilità. A cosa ci formeremmo noi che seguiamo la Scienza dello Spirito, esercitando la positività, l’assenza di giudizio, l’equanimità, l’equilibrio interiore, se poi avessimo un cuore freddo e poco empatico?

 

La festa del Natale potremmo chiamarla la festa del calore del cuore. Nel periodo freddo del solstizio invernale, rispondiamo con un sorriso piú caloroso, una benevolenza piú marcata, una maggiore attitudine alla comprensione dell’altro, una risposta piú partecipe, aperta, amorevole. Le amicizie si rinsaldano, le vecchie incomprensioni o i rancori vengono superati, dimenticati.

 

La trentottesima settimana del Calendario dell’anima di Rudolf Steiner riferita al Natale ci dice, nella traduzione di Giovanni Colazza: «…La santa Parola cosmica / ha generato nella luce del cuore / il frutto celeste della speranza, che giubilando cresce nelle lontananze cosmiche / dal fondamento divino del mio essere».

 

Questa “luce del cuore” va alimentata con la disposizione cordiale verso l’altro. A volte è piú facile che questo avvenga con gli amici, o con i colleghi di lavoro, piuttosto che nei riguardi dei membri della propria famiglia. Problemi inerenti alla vita pratica, o economica, o le difficoltà che insorgono nella vita in comune, possono talvolta allontanare persone che il karma ha messo vicino per motivi che sfuggono agli stessi diretti interessati, e che forse risalgono a esistenze precedenti. Una ragione importante ci ha unito a persone che fanno parte della nostra stretta cerchia famigliare: ragione per noi sconosciuta ma non per questo da ignorare. Sappiamo che dobbiamo sentirci indipendenti dagli stretti legami famigliari, ma indipendenti non significa indifferenti e ancor meno contrastanti.

 

Pace in terra

Questo è il periodo giusto per sciogliere i nodi negativi che abbiamo volontariamente legato, o che siamo stati costretti a legare, con amici o con parenti lontani, vicini o vicinissimi. Il canto di lode al Salvatore che viene dal Regno dell’Altissimo sulla Terra deve risuonare in noi dal vangelo di Luca, nel quale il Nirmanakaya del Buddha, apparso ai pastori in forma angelica, canta la pace per gli uomini, in particolare in questo momento dell’anno: «Pace in terra agli uomini di buona volontà!». Pace che ognuno di noi deve far nascere in sé con il calore del cuore, la luce del cuore, la disposizione al perdono, alla riconciliazione.

 

La celebrazione della nascita del Redentore dell’umanità è stata trasformata in una festa pagana, consumistica, con lo scambio dei regali come solo simbolo di quello che invece dovrebbe essere il vero dono: quello di sé, della propria maggiore disposizione all’affetto, alla considerazione dell’altro.

 

Inutile recriminare per quello che fanno gli altri, cominciamo da noi. Non per sottrarci alle riunioni conviviali, ma per dare un senso interiore a un periodo tanto particolare, quello delle tredici Notti sante: dodici piú una: quella di fine anno e inizio del nuovo. Vivere dunque questo tempo con una diversa intensità rispetto al tempo ordinario, consapevoli della sacralità di quanto si semina per il nuovo anno. Dodici notti per i dodici mesi dell’anno che verrà. Ogni notte prepariamo il karma del rispettivo mese.

 

Chi è solo non se ne rammarichi: non siamo mai soli, se potessimo vedere da quante anime siamo circondati, gioiremmo della loro presenza. Se invece partecipiamo a una riunione famigliare, o di amici, che diventa chiassosa in maniera esagerata, forse a causa di qualche brindisi che fa agli altri perdere la propria centralità, non recriminiamo: cerchiamo di essere noi a riportare un tono diverso alla riunione, proponiamo temi di conversazione interessanti e non futili, soprattutto andiamo incontro a chi ci è vicino con il calore del cuore. Un calore di cui tutti hanno bisogno. Lo cercano anche quando non sanno di cercarlo. A volte pensano persino di poterlo comprare!

 

E se negli incontri ci sono dei bambini, diamo ai piccoli quell’esempio di sacralità che forse intorno manca. Lo ricorderanno in seguito, lo porteranno come un ricordo prezioso fino agli anni della maturità.

 

Rendiamo il nostro Natale una festa di scambio di sorrisi, di riconciliazioni, di recupero di amicizie perdute o allontanate. Andiamo a trovare parenti o amici anziani che in questo periodo sentono maggiormente la solitudine e regaliamo loro la nostra amorevole presenza. È il dono migliore che possiamo fare.

 

 

Marina Sagramora