La creazione

Poesia

La creazione

Gustave Doré Angeli

 

Si svolsero cosí, ve l’assicuro,

i fatti nella genesi del mondo:

in Paradiso c’era un giubileo

con melodie d’angelici cantori

e il Creatore ne godeva appieno

insieme ad altri spiriti celesti.

Ma ecco che dall’erebo fumoso

un ghigno ruppe l’inclita armonia

e Satana, crollando il gran portone

dei Campi Elisi, cominciò a berciare

all’indirizzo del buon Padre Eterno.

«Io non sopporto piú le sviolinate

dei cherubini, i sanctus, gli alleluia,

le laudi, i panegirici e gli osanna,

mentre laggiú nuotiamo nella broda

fetida dello Stige, respirando

gli umori solforosi a pieni bronchi.

Mi tocca far la parte del dannato

affumicato come un salacchino!».

 

Demonio

 

«A che ti lagni? ‒ fece il Provocato ‒

tua fu la scelta di cadere in basso,

poiché non ti piaceva sottostare

all’ordine supremo che amministro,

senza vantarmi, con giustizia e classe.

Puoi sempre ripensarci, dismettendo

la spocchia del ribelle presuntuoso,

gettar la spugna e ritornar nei ranghi

delle mie schiere, con l’antico grado».

«Per chi m’hai preso? ‒ rimbeccò Mefisto. ‒

Non cambio idea neppure se prometti

di farmi pari tuo nell’Alto Empireo.

Contesto invece la tua sicumera,

dovuta al fatto che sei favorito

dalla possanza dell’autorità.

Ma sono certo che una creatura

senza l’immunità trascendentale,

fragile, delicata e cagionevole,

sarebbe volta al Male e non al Bene,

non sopportando la caducità

della materia labile e mortale.

Si dannerebbe, ci scommetto il grugno!».

L’Altissimo accusò 1’impertinenza,

ma sulle prime non rispose a tono:

in fondo, le obiezioni del marrano

colpivano nel segno, e lui doveva

salvare la sua fama d’onniscienza

gabbando il tristo con diplomazia.

«Tu vuoi sfidarmi ‒ replicò ‒ sta bene!

Raccolgo il guanto e vado a dimostrare

ch’ogni prodotto d’indole divina

ha dentro un crisma che non gli consente

di svicolare dalla retta via

servendo le tue mire scellerate.

Lasciami lavorare, e poi strabilia!».

Mischiando carbonati, sodio e quarzo,

potassio, silicati e manganese,

fece un cristallo d’iridi brillanti.

 

 

Ma Belzebú s’oppose a quel portento

dicendo che una roccia non fa testo,

essendo inerte, refrattaria al Male,

in quanto manufatto minerale.

Ed ecco allora che 1’Onnipotente

plasmò dal nulla un seme e lo depose

dentro una zolla della nuova terra.

Soffiò la bocca santa l’energia

su quel baccello, e subito dal fango

spuntò crescendo un arboscello verde:

era una pianta con il fusto e i rami,

e, sopra questi, foglie che rivolte

al cielo ne gloriavano il Padrone,

nutrendosi di luce e clorofilla.

 

pianta giovane

 

«Un’altra delle tue birbanterie!

‒ ritorse il Capintesta dell’Inferno. ‒

Un essere animato dalla linfa

non ha passioni, vegeta, si ciba

senza fatica con la fotosintesi,

rimane fermo, non uccide, attende

il polline dal vento per amare

e riprodursi: un marchingegno eccelso,

alieno da malanni e da incidenti.

Lo tagli, ed esso rapido ricuce

le sue ferite e rifiorisce a nuovo.

E basta un chicco, un grano miserello,

a tramandarne specie e discendenza.

Rigetto le tue furbe procedure,

non amo i bari al tavolo da gioco!».

«E sia, m’arrendo, giocherò pulito!»

gli garantí l’Eterno, ed intraprese

a modellare un essere sanguigno,

soggetto a infermità, dolore e istinto,

costretto a procacciarsi il nutrimento

lottando per la vita e per la morte,

e lo muní di un’anima senziente.

Ma per salvarlo dalla perdizione

dispose che l’improvvido animale

agisse in libertà, ma uniformato

al codice del regno naturale.

 

Gatto

 

«Eh, bella forza! ‒ protestò il Maligno. –

Un altro dei tuoi subdoli raggiri.

È chiaro che non posso rovinare

un’opera siffatta, programmata

rispettando un cliché da te voluto.

A questo punto mi ritiro, e bada

che non fai certo onore al tuo buon nome.

Se vuoi condurre al giusto la partita,

l’oggetto piú indicato al nostro scopo

dev’essere del tutto svincolato

dal tuo volere, arbitro di scelte:

successo e fallimento in parti uguali

governeranno il Fato che gli spetta.

Solo cosí io lo potrò tentare,

e vincere la posta, se lo merito».

E Dio, che è paladino di coerenza,

elaborò d’argilla una figura,

riproducendo l’uomo in carne ed ossa.

Lo rese vulnerabile, sapiente,

passibile di vizi e crudeltà.

Il Diavolo esultò per quell’impasto:

dell’essere che libero nasceva

poteva farne quello che voleva!

 

Uomo

 

Ma l’Altro aveva un asso nella manica:

senza che l’Avversario lo notasse

dotò quel corpo della facoltà

di concepire il Verbo che sublima,

salvando l’Uomo per l’eternità.

 

 

Fulvio Di Lieto