Noi oracoli del futuro

Spiritualità

Noi oracoli del futuro

Furia su Atlantide

 

In piena notte la città è devastata da violenti incendi, vento e pioggia di tempesta la sferzano, scosse telluriche distruggono case e templi.

 

In tutto il continente, quella notte, infuria la violenza della natura. Terribili scosse di terremoto sconvolgono intere regioni che si staccano dalla terra, per essere inghiottite tra le onde dei maremoti, nella profondità dell’oceano. Ovunque è disperazione umana. Orde di persone urlano agghiacciate, correndo scomposte alla ricerca della salvezza, si calpestano, sono travolte dal crollo dei palazzi, fulminate dalle saette della tempesta che squarciano il cielo notturno.

 

Attraccata ad un porto secondario, ben riparato dalla furia del mare, una piccola imbarcazione a vela, attorno alla quale un manipolo di uomini si affanna febbrilmente. Il loro capo, serio e composto, chiama tre o quattro di loro: «Andate a prenderlo, è quasi tutto pronto».

 

Quel manipolo di eroi comincia correre tra le vie della città, schivando crolli, scosse di terremoto, incendi e folla impazzita. S’inerpicano lungo tortuosi viali del colle maggiore verso il Tempio del Dio Sole. Lo raggiungono. Istintivamente rallentano. Entrano con devoto rispetto dietro un malcelato nervosismo. Non hanno il coraggio di chiamare a gran voce, anche se la paura suggerirebbe di farlo al fine di accelerare i tempi.

 

Attraversano i corridoi, ed entrano negli appartamenti privati del Custode. Devozione e rispetto hanno la meglio su paura e fretta.

 

Nella stanza principale, accanto ad un braciere sacro ancora ardente, intravedono, tra gli squarci dei lampi, la figura di spalle di un uomo, esile e non alto. È completamente calvo. Guarda fuori dalla finestra la devastazione della città.

 

I marinai gli si avvicinano; nessuno ha il coraggio di parlare. Lo fa lui: «Ditemi».

 

«Maestro – trova il coraggio uno dei quattro – «Maestro, è ora di andare, qui tutto è perduto».

 

Il Sacro Sacerdote lentamente si volta, dopo un ultimo sguardo verso quel panorama di distruzione. Con molta calma esorta quegli uomini a seguirlo.

 

La scena riprende con la piccola imbarcazione che prende il largo, appena in tempo per lasciarsi alle spalle gli impeti della natura che inghiottono gli ultimi resti della mitologica Atlantide.

 

Questa l’ultima notte del grande continente, quando il Grande Sacerdote Custode dell’Oracolo del Dio Sole portò quella Luce in salvo verso Oriente, approdando nell’antichissima India.

 

Sono passati molti secoli. All’improvviso, al primo albeggiare, si ode il frastuono di migliaia di daghe che battono contro gli scudi, usanza delle falangi romane prima di attaccare battaglia. Le coorti, disposte a tenaglia, muovono verso le mura della città di Qumran. Ogni Romano sa che piú batte forte la daga contro il proprio scudo, piú mette paura al nemico e piú lontano fugge la morte.

 

Solo a quell’assordante frastuono gli Esseni si accorgono di essere attaccati. Dalle mura della città assistono allo scempio delle legioni che calpestano i villaggi e le tende degli aspiranti Esseni, in attesa del visto di accettazione cittadina, che attorniano la città.

 

Concitati corrono ad indossare le loro armature nel piú breve tempo possibile, sanno di avere pochissimo tempo.

 

Molti Esseni pensano che sia l’ultima grande battaglia tra il Bene ed il Male. Sono generazioni e generazioni che si preparano a quest’evento.  Hanno imparato a costruirsi armature sempre piú belle e lucenti affinché possano risplendere agli occhi di Dio il giorno della grande sfida.

 

Offrono il loro olocausto alla Divinità e sorridono felici per il loro sacrificio fino alla morte. I soldati romani mostrano una rabbia crescente perché gli Esseni sorridono sempre, anche quando muoiono trafitti dalle loro lame.

 

Romani in battaglia

 

La battaglia infuria; le legioni passano a fil di spada gli sprovveduti religiosi, troppo dediti alla preghiera e alla meditazione per riuscire ad offrire un’efficace difesa.

 

Un gruppo di discepoli attornia il Maestro, che dice: «Dobbiamo preparaci alla nostra sconfitta. I Romani ci soverchieranno facilmente e non avranno nessuna pietà. Presto sarà tutto morte e distruzione. Già lambiscono le mura di Qumran. Tutto è perduto. A voi il compito di preservare per il futuro i testi sacri. Prendete le giare che li custodiscono e correte! Dio vi indicherà il percorso fino ad un luogo sicuro».

 

Le mura di Qumran cedono. Una breccia è aperta ed il primo Romano l’attraversa. Suo l’urlo di felicità, raggiante per la ricompensa che lo aspetta. Si lancia su vergini inermi, bottini d’oro e a caccia di tutto quello che può uccidere, violentare, accaparrare. Altri lo seguono, la città è messa a ferro e fuoco. Le estreme difese attorno al Tempio cedono facilmente.

 

Intanto un manipolo di seguaci si lancia verso la salvezza, seguendo pertugi stretti e segreti. Portano seco le sacre giare contenenti i Testi degli Dei. Le nasconderanno in grotte inaccessibili. Verranno ritrovate dopo ben duemila anni.

 

E cosí quel gruppo di discepoli rinunciò ad ogni disperata difesa, e corse via portando con sé il vero tesoro della propria Civiltà.

 

copisti_scriptorium

 

Dopo altri secoli, anche molti monaci medievali scapparono con i testi sacri nei monasteri, dopo che l’impero romano era venuto meno. Si dedicarono a copiarli, con calligrafia perfetta. I termini “certosino e “amanuense” sono diventati sinonimi per indicare pazienza e laboriosità nel copiare, compilare, ornare graficamente. Un lavoro estremamente paziente e delicato che li impegnava tutta una vita per vergare e illustrare pochi capitoli, lasciando ai posteri in eredità il completamento delle opere.

 

Anche noi, seguaci dell’Archetipo Scienza dello Spirito, oggi siamo chiamati ad un lavoro “certosino” o “amanuense”. Compito tutto interiore. Copiamo le grandi Verità dello Spirito, per farle fiorire nelle nostre anime.

 

L’Europa, devastata da malvagità, corruzione, egoismo, sta cedendo il passo alla futura civiltà. E noi, novelli marinai di Atlantide, novelli Esseni cristiani, novelli monaci medievali, abbiamo il compito di custodire l’Oracolo del Christo che fiorisce nel nostro cuore, grazie alle rivelazioni di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero.

 

Nasconderlo ai demoni che infestano ogni dove; salvarlo per il futuro che verrà.

 

«Signore, non sono degno, ma di’ soltanto una Parola ed io sarò salvato!».

 

 

Massimo Danza