Volontà o distruzione

Spiritualità

Volontà o distruzione

Sisifo

 

C’è un rapporto indissolubile tra volontà ed istinto. Essendo l’istinto volontà inversa, cioè non dominata dall’Io e dal pensare.

 

L’individuo, nel suo fisico materiale è istinto, volontà legata al sentire.

 

Il vivere con i suoi problemi da risolvere, le difficoltà da affrontare, crea le condizioni per lo sviluppo del volere.

 

Durante la sua esistenza egli si prefigge degli obiettivi e lotta contro le avversità per realizzarli. E questo è il muovere la volontà verso l’accordo con il pensare, che non è condizione naturale, ma naturale obiettivo della nostra evoluzione. La stessa lotta per il soddisfacimento dei bisogni primari, è un primo abbozzo, un primitivo tentativo di realizzazione dell’asse pensare-volere. Accordo che si sublima verso ideali sempre piú nobili, man mano che l’individuo si evolve, anche d’incarnazione in incarnazione.

 

Lo sforzo continuo sulla propria volontà per raggiungere un obiettivo, fa sí che vengano strappati sempre piú lembi alla propria istintività. Il sacrificio richiesto all’uomo materiale, per realizzarsi quale Uomo, è proprio il mondo istintivo, che viene essiccato dalle forze del volere.

 

Il concetto stesso di volontà richiama un atto cosciente e deciso, e che quindi non può avere nulla di spontaneo e incosciente. Come il volere smette di agire, l’istinto, seguendo la via della spontaneità, tende e riprendere il controllo dell’anima.

 

Un po’ come avviene per un giardino con erba coltivata e tagliata, che richiede continua attenzione, e se la si trascura, basta pochissimo, e l’erba incolta prende il sopravvento.

 

Il proverbio “L’ozio è il padre dei vizi”, detto da Catone, ripreso poi da San Francesco, vuole proprio sottolineare come il non agire della volontà paziente e continuativa lasci aperta la strada alla distruzione istintiva dell’individuo. Quindi non un atto ciclopico di una sola volta, ma un’azione continua e radicale, che se però viene interrotta, si annienta in pochissimo tempo.

 

In tutta la sua storia terrestre l’umanità ha avuto un’arma eccezionale che l’ha aiutata in questo percorso evolutivo: la necessità di muovere le gambe per spostarsi nello spazio. Ed anche di braccia e mani per procacciarsi la sussistenza.

 

Gli esseri umani non se ne sono mai accorti, ma il contributo ricevuto dal movimento degli arti, quale aiuto evolutivo, è sempre stato enorme.

 

Camminare in una stanza

 

Il movimento dell’arto richiede una decisione ed un fine come prerequisito per il raggiungimento di uno scopo prefissato. Cioè un continuo accordo tra pensare e volere. Senza volontà non si raggiunge nessun posto, anche se si è attratti istintivamente e passionalmente da un luogo o da un fatto.

 

Soprattutto il muoversi nello spazio ha un enorme valore. Basta riflettere sul fatto che spesso il ragionare su un problema, alla ricerca di una soluzione, porta a camminare su e giú per una stanza. Oppure quando si è angustiati e confusi, si fa una passeggiata per il quartiere per ritrovare un certo equilibrio, ma anche, come detto popolare, per “schiarirsi le idee”.

 

Tutto questo deve, ovviamente, essere elaborato con attenzione: l’istinto e la passionalità, troppo spesso, sono infaticabili stimoli all’agire ed al muoversi. Né si può confondere l’ascesi spirituale con il camminare.

 

Con l’invenzione dei mezzi di locomozione meccanici, progressivamente, gli individui hanno rinunciato a camminare, lasciando sempre di piú alla meccanica il compito del proprio movimento nello spazio. L’azione è stata progressiva ma continua, suggerita dagli Ostacolatori, ma sicuramente accolta con entusiasmo dalle persone, sempre in cerca di metodi sempre piú comodi per fare il proprio lavoro.

 

Perdendo il senso del movimento a piedi, l’accordo, se pur primitivo, tra volere e pensare, è saltato, lasciando che fossero le macchine a realizzare gli obiettivi prefissati. Quindi il volere è stato spinto verso il sentire diventando sempre piú istinto.

 

Movimento compromesso da una crescente tecnologia che riesce a sostituirsi sempre meglio alle “fatiche” umane.

 

Corridoio

 

Un esempio per tutti il telefono cellulare, che ha tolto, si stima, circa dodici chilometri al giorno a famiglia, fatti per rispondere al telefono, che una volta era situato in fondo al corridoio, e che aveva già tolto tantissima strada alla necessità di incontrarsi per parlare.

 

Massimo Scaligero in Yoga meditazione magia ci avvisa, dicendoci che l’evoluzione dell’attuale umanità è compromessa proprio dalla macchina.

 

Camminare è necessario, oltre che ovvi motivi di salute, proprio per mettere in moto la volontà, che altrimenti si trasforma in istinto e ci schiavizza in sempre maggiori vortici passionali e ideologici.

 

Passeggiare

 

Vivendo in un mondo di cui dob­biamo essere partecipi, dominato dalla piú sofisticata tecnologia, non è possibile, pur se auspicabile, rinunciare a tutto per una vita piú sana spiritualmente. Però rimarrebbe importante, almeno, ritagliarsi momenti della giornata dedicati al movimento a piedi.

 

L’azione, qualunque essa sia, che nella routine tende a diventare abitudinaria, per cui nello svolgerla ci si comporta in modo automatico, distraendosi e pensando ad altro, spinge verso una maggiore istintività. Condizione che crea stanchezza e alienazione, proprio come resistenza dell’anima all’agire del volere. È importantissimo quindi che l’agire abitudinario sia accompagnato da un’azione di pensare che contrasti la routine; creando pensieri che riconducano all’essenzialità, il piú possibile, dell’Io Sono: pregare, recitare qualche mantra del Dottore, proprio mentre si compiono gesti abituali e ripetitivi, e che, in apparenza, non richiedono attenzione.

 

Lo stato di moltiplicazione di forza travolgente che si raggiunge, è proprio quella zona di volontà che entra in azione al posto dell’inerzia istintiva. Non è il fine, ovviamente, di un simile modo di comportarsi; però è la prova che stiamo dirigendo il nostro agire nella direzione giusta.

 

 

Massimo Danza