Uomo, figlio dell'Uomo

Recensioni

Uomo, figlio dell'Uomo

di Shri Madhava Ashish

Man Son of Man Evidenza

 

L’autore di questo libro, riprendendo il tema del sanātana dharma, evidenzia che all’uomo contemporaneo manca realmente il senso dell’orientamento nell’immenso mondo delle parole: non pensa piú per pensieri, ma solo per nomi.

 

Questi nomi prendono forza come veicoli di suggestione collettiva; diventano “miti” o, a volte, superstizioni. Accade cosí che il significato originario di alcuni nomi, per quelli che vi si aggrappano, possa essere ribaltato; e che sotto tali nomi confluiscano nell’umano forze di tipo impersonale e oscuro, ostinatamente attaccate ai fini della propria azione, a questa mascherata dialettica, poiché non potrebbero apparire sotto il loro vero nome.

 

Se, di fronte a un simile caos nominalistico, si potesse evocare un principio di rettifica, in nome dell’irrefrenabile visione spirituale del mondo, ci si troverebbe in grave imbarazzo nel tentare di comunicare ad altri quanto può essere apparso alla nostra intuizione come avente le caratteristiche della chiarezza e dell’assolutezza. Ma una tale considerazione non deve scoraggiarci e rendere impossibile riaffermare quei perenni valori della ricerca che soli possono fornirci la risposta al problema. Tale è il significato di questo studio di Sri Madhava Ashish; il suo contenuto è certamente gnostico ed esoterico, ma allo stesso tempo critico ed esotericamente orientante.

 

Sri Madhava considera il tempo come uno dei fattori positivi in una “rettifica” spirituale che può verificarsi attraverso la cooperazione cosciente dell’uomo, poiché il tempo è un processo di divenire che ha luogo inseparabilmente dal tessuto degli eventi terreni.

 

In un certo senso, il tempo può essere pensato come trascendente nel suo procedere come “negazione”: tutto ciò che non è conforme al suo spirito, ovvero a ciò di cui esso è la forma non sufficientemente intuita, è respinto quasi con forza inesorabile e costretto a chiudersi entro il suo guscio e a difendersi, fino a morire piú o meno lentamente dentro quel guscio.

 

Forme spettrali

 

Un dato tempo, allora, può offrirci un drammatico panorama delle rovine di forme e di sagome con una sostanza interna decomposta, ma può anche presentarci forme intatte, proprie di una sostanza che il tempo ha in effetti condannato, ma che usa ogni mezzo per difendersi furiosamente cosí da continuare ad essere ciò che è all’infinito. E nell’ultimo caso arriva solitamente a utilizzare energie creative appartenenti alla positività dei nuovi tempi, e le danneggia subordinandole alla propria cristallizzazione. Questo spiega una possibile relazione sotterranea tra il mondo cosiddetto progressista e quello conservatore.

 

Questo è sostanzialmente il dramma della nostra epoca. Forme già obsolete, cadaveriche o spettrali, tuttora dotate di vitalità automatica e rette soltanto da potenti fattori quantitativi o collettivistici che dal mondo di quelle ideologie legate a un tale dominio quantitativo hanno formato un’enorme barriera, una formidabile massa, il cui disordine, mentre grava drammaticamente sull’anima dell’uomo, si maschera nella sua inesauribile possibilità di organizzarsi progressivamente: un’apparenza di progresso insieme alla meccanizzazione dà l’aspetto, a questa enorme massa in decomposizione, di essere vivo: un aspetto che può anche essere brillante e dinamico.

 

La scienza, cessando di essere ancella dello “spirituale ed eterno”, diventa fine a se stessa. Ma per la scienza essere fine a se stessa significa che diventa l’inconsapevole mediatrice dell’opposizione di forme obsolete e di una morta tradizione contro il vero “spirito del tempo”. Per la qualità esoterica di cui Sri Madhava è l’autorevole interprete, questa frase non indica l’abitudine psicologica o la caratteristica dominante di una data epoca, ma quella di un’entità spiritualmente viva nella sfera sovrasensibile, una forza ispiratrice che non può essere ridotta al livello di astrazione razionalistica, ma che può essere intuita attraverso la pratica mistica interiore: lo stesso significato, presenta poi uno degli aspetti del Divino, Krishna, nella Bhagavad-Gītā (XI, 32) come il distruttore del mondo, «eretto nella sua enorme statura, per la distruzione dei popoli».

 

Lo Spirito del tempo spinge verso la decomposizione tutto ciò che non possiede l’intima forza di trasformarsi da sé, tutto ciò cui manca la virtú della perenne attualità: lo Spirito del tempo appare a tutto ciò come un distruttore, cioè come il portatore della vera rivoluzione contro la falsa, oscura e retorica rivoluzione dell’umanità; quest’ultimo tipo di rivoluzione è, infatti, una falsa forma di conservatorismo con la sua frenesia di rovesciare o cambiare solo l’aspetto esteriore, il mondo dei valori fisici che possono essere eliminati attraverso colpi o esplosioni.

 

La natura positiva del conservatorismo travestito da progressismo consiste nella distruzione finale di se stesso, proprio perché vuole continuare ad esistere grazie a un impulso che è il contrario di ciò che è, contrario perché tende ad affermare come valore il proprio modo di essere che comporta la cristallizzazione e la morte di ogni valore. La māyā finisce sempre per cancellare se stessa.

 

Il fisico matematico Richard Dedekind

Il fisico matematico Richard Dedekind

 

La società e le sue forme, l’uomo e le sue manifestazioni, impiegando tutte le loro energie per preservarsi all’interno di un processo finito connesso alla sfera sensibile, per mantenersi in posizioni ritenute morali, una volta per tutte, esprimono realmente il dominio che il corpo del desiderio, il kāma rūpa, ha il sopravvento sul linga sharira. Il fallimento della filosofia contemporanea è il segno dell’incapacità del pensiero di uscire dalla serie della dialettica per diventare forza cosciente; il materialismo, che per poter esistere deve nutrirsi della sua dialettica, ricorrendo in ogni caso alla normativa speculativa, finisce per essere ipocrisia. Non possiamo parlare di pensiero russo, ma solo di pensiero occidentale che regredisce con il massimo del vigore razionalistico verso il realismo primitivo. Il mondo della cultura e della filosofia sembra un enorme fonografo con una serie di dischi che si alternano, contenenti varie liste delle stesse parole: non una luce, non una forza autentica disgrega la serie. Il concetto dei sistemi autorappresentativi di Dedekind può darci l’idea della reiterazione indefinita di un processo il cui valore è il continuum negativo del suo automatismo.

 

L’energia nucleare, prodotta da una maniera di pensare unilaterale da parte dell’uomo, si volge contro l’uomo come una forza che tende a dissolverlo in quel mondo materiale nel quale egli oggi sta veramente rovinando la propria umanità, a meno che non venga utilizzata per fini pacifici. Possiamo considerare il mondo tecnico privo della sua controparte spirituale come il simbolo del demoniaco.

 

Con il continuare a trovare rimedi, nuove formule e nuovi meccanismi lungo quella stessa dimensione unilaterale data dal pensiero legato esclusivamente alle impressioni sensibili (anche quando mobilitate da una dialettica spiritualistica), e con l’ignorare ogni altra dimensione della vita interiore dell’uomo (che viene liquidata scientificamente con i suggestivi termini “inconscio” e “subconscio”), si prepara realmente l’arrivo del sub-uomo. Alcuni segni di ciò sono già evidenti: in effetti, non pochi segni. Basta guardarsi un po’ intorno, liberando il proprio sguardo dal velo dell’abitudine.

 

Le stanze di Dzyan

 

La stessa necessità di un atteggiamento spirituale da evocare come unico valore possibile per l’uomo in quanto uomo, e comunque comprensibile come effettivo senso ultimo della sua storia, è falsificata e contraffatta a livello d’azione di forze equivoche sotto forma di uno “spiritualismo” che deve essere adeguato ai tempi e alla mentalità dominante. Quest’ultimo è endemicamente conservatore, ovvero del tutto malato di attaccamento a se stesso e alle posizioni che gli danno vita. Qui Madhava propone una via dello Spirito che si conforma alla tradizione ma che è illuminata da una intuizione di ciò che lo Spirito del tempo ora richiede. La sua indicazione si configura come commento alle antiche Stanze di Dzyan, patrimonio della piú antica tradizione esoterica del Tibet.

 

Dal punto di vista del sanātana dharma, è raro oggi trovare iniziative esoteriche che non siano una moda dialettica subordinata a quello stesso gioco di forze che cercano di utilizzare soprattutto la necessità dell’azione spirituale, per affermare se stessi; cosí che si può dire che ogni “via spirituale”, ogni sādhana, ogni “Iniziazione” che pubblicamente si presume tale nel mondo contemporaneo, non è che l’espres­sione di uno stato di fatto anti-spirituale alla ricerca del proprio stato di diritto. A questo scopo si mobilita quella cultura tradizionale o gnostica che meglio si presta a mantenere l’elemento conservatore opposto a ogni possibile vera trasformazione o rinnovamento.

 

Questo spiega perché, di fronte alle “monadi eteree” dei popoli e al karma delle collettività, le attuali correnti gnostiche mostrino la stessa insufficienza metafisica che impedisce loro di stabilire un vero e attivo contatto con la Philosophia perennis, e rivelano la stessa ostinazione che caratterizza un mondo che deve essere trasformato, contro la forza trasformatrice. E si può realmente parlare di una coalizione mondiale delle forze conservatrici attive nel dominio “psichico” o spirituale, quelle incapaci di qualsiasi autentico impulso spirituale, fino alla conclusiva nascita dell’“anima cosciente”, l’unica forza che può porre l’uomo dinanzi all’aridità luccicante del mondo meccanico come suo dominatore, sotto il segno del Cielo: che Madhava chiama il “Potere Dominante”.

 

Qualunque organizzazione meccanica della vita, anche quella piú dotata di enfasi progressista, tradisce uno spirito conservatore. Non c’è conservatore piú pericoloso del cosiddetto “progressista”, che ha saputo cristallizzare in una formula il suo istinto rivoluzionario non troppo consapevole. Coloro che si illudono di poter rettificare o rinnovare i sistemi attraverso la distruzione esterna sono allo stesso livello di coloro che, scientificamente, scoprono finalmente nuove forme di energia per soddisfare solo i bisogni esterni dell’uomo. La stessa energia può essere utilizzata tanto per compiere la distruzione nel mondo esterno, quanto per mantenere quel mondo condizionato dalla necessità materiale.

 

La bomba atomica può essere pensata come l’espressione di uno spirito conservatore: è contro lo Spirito del tempo, ma in realtà agisce in suo favore: la sua negatività è affermativa solo per quello Spirito. La bomba all’idrogeno è uno degli ultimi barlumi di potere in un mondo impotente: è un atto di accusa, al massimo grado, contro l’estrema povertà spirituale del mondo della scienza. È il risultato di una superficialità vagamente esplorata di un mondo reso stantío, ovvero il risultato del potere acquisito dall’uomo nella sfera dell’inorganico; al di là, però, non è in ultimo capace di penetrare il mistero della vita, se non con immobili e inconcludenti astrazioni.

 

Prāna, ākāsha e il mondo etereo, pur costituendo la base vitale della realtà, rimangono un mistero per gli scopritori dell’energia nucleare: la vita animale, la natura dell’uomo, l’anima dell’uomo e il destino dell’uomo rimangono un mistero. E lo stesso strumento di comprensione che lo scienziato non può fare a meno di usare rimane un mistero: il pensiero. Egli lo usa, ma non se ne rende conto, o almeno non sa da quale zona dell’anima gli venga, come nasce e cosa può essere: lo rivolge al mondo della quantità e attraverso di esso acquisisce una innegabile conoscenza riguardo a quel mondo; eppure continua a non sapere nulla della forza qualitativa che entra in gioco in questo processo.

 

Ma il genio della terra ha infinite risorse: servendosi della disintegrazione nucleare, si vendica di questo mistero sottraendo le basi e i sostegni puramente fisici a quella vita organica in cui il mistero appare senza rivelarsi, a quella vita organica che per apparire cosí come per essere nel mondo esistenziale, necessita di quelle basi e di quei sostegni. Non è difficile vedere che, di conseguenza, questa ulteriore creazione di una civiltà automatizzata senza speranza (che cosa può fare, infatti, il sentimento religioso tradizionale o qualsiasi atteggiamento meramente mistico per redimerla?) può diventare definitivamente uno strumento dello Spirito del tempo nel suo aspetto distruttivo.

 

Questa è la contraddizione della forza pensante con il suo principio, manas: nata nell’interiorità sovrasensibile, va a servire il mondo sensibile in una passività esasperata, non riconoscendo piú – anzi rifiutando – la propria origine, riducendo al livello delle morte rappresentazioni ogni aspetto dell’essere, ogni significato, ogni tipo di rivelazione: con ciò si oppone alla Kriyā Shakti da cui scaturisce. Sul piano sociale, il fenomeno assume una qualità tragica particolare, per il fatto che possiede una propria dialettica, una propria giustificazione filosofica: nato dallo Spirito, il pensiero estroverso va a servire l’“antispirito”. Troviamo oggi molti pensatori di questo tipo: alcuni filosofi di questa “antisofia”, come John Dewey e Arthur O. Lovejoy, arrivano addirittura ad affermare di essere arrivati al realismo fisico, non partendo, ad esempio, dalle scienze naturali , ma dalla metafisica: vale a dire da una metafisica senz’anima, un vero fallimento metafisico.

 

Sanatana Dharma

 

La prakriti inferiore ha la sua māyā dialettica. Quando si parte da una speculazione di tipo idealistico per giungere alle stesse attitudini mentali di chi si accontenta della realtà sensibile, anche ignorando l’esistenza di quel minimo processo di pensiero che deve entrare in gioco per far sostenere una tale opinione, si deve avere il coraggio di riconoscere che non si può sperare di piú da un tale mondo. Attraverso un fenomeno simile di recessione dialettica, il quale per mancanza di consapevolezza rinuncia al principio ideale e mette al suo posto solo la mediazione discorsiva, lo Yoga antico diventa l’insieme dei metodi moderni finalizzati a rafforzare il corpo e la psiche in opposizione al loro principio, l’Atman-purusha. Cosí che quella divinità che è lo Spirito del tempo trova il suo cammino bloccato: riguardo a questa barriera può solo mostrare, per ora, il suo aspetto distruttivo, inconsciamente richiesto dall’umanità, attualmente sotto forma di una bomba nucleare. Quest’ultima, come ogni altra arma moderna, è destinata ad autodistruggersi, finché la scienza non diventi ancella dello Spirito.

 

Ma proprio quando sembra che non ci sia via d’uscita, quando nessuna soluzione appare possibile, può essere invocata la virtú del sanātana dharma. Secondo l’autore, l’uomo può decidere il proprio destino in libertà e consapevolezza, perché può far emergere dalla propria anima il massimo della sua volontà creatrice: il momento piú tragico e negativo può essere quello piú eroico e affermativo. Ma solo una Scienza dello Spirito può indicare all’uomo la via di questa possibilità: che è il senso della sua evoluzione, e indipendente dalla sua natura animale.

 

 

Massimo Scaligero

 


 

Shri Madhava Ashish, Man Son of Man

London, Rider and Company, 1970.

Tratto da East & West – Settembre-Dicembre 1971, Vol. 21, N° 3/4.

 


 

Link all’articolo in inglese: “Man, son of Man by Shri Madhava Ashish”