Il lavoro manuale

Tripartizione

Il lavoro manuale

Stuzzicadenti

 

Gli oggetti di uso comune, quelli che giornalmente ci circondano, sono tutti costruiti grazie alle macchine. Pensiamo ad esempio a uno stuzzicadenti. Quanto tempo e con quale precisione un artigiano potrebbe creare uno stuzzicadenti dal legno di betulla?

 

Nelle aziende e nel futuro prossimo, sarà utile la creatività e non la manualità?

 

Eppure l’operaio specializzato utilizza la sua capacità manuale con la macchina, proprio per arrotondare le estremità dello stuz­zicadenti.

 

Tutti gli oggetti, dai piú semplici ai piú sofisticati, hanno bisogno dell’automazione e l’ausilio della macchina.

 

Idraulici, elettricisti e falegnami sono ancora lavori manuali che reggono.

 

L’oggettistica fatta a mano sembra l’ultimo lavoro che permette all’artigiano di sposare la sua manualità con la fantasia.

 

lavoretti

 

Quest’ultimo lavoro manuale, inteso come lavoro dove usare la fantasia, è estremamente importante anche per lo sviluppo del bambino. Lo sviluppo dell’abilità delle mani anticipa la capacità di modellare il pensiero, di articolarlo. Oggi nelle scuole si parla di “lavoretti”, anche se non si dovrebbe usare questo termine per i bambini, quanto piuttosto di gioco, o di creazioni artistiche, ma ci conformeremo al termine lavoro per indurre il lettore a farsi una propria idea in proposito.

 

Con il transumanesimo a un passo, l’uso dei media tecnologici nelle scuole come metodica di insegnamento è una realtà alle porte.

 

Sebbene l’utilizzo dei media nell’insegnamento nel terzo settennio potrebbe avere un senso, (almeno per non far annoiare gli adolescenti), neo due settenni precedenti l’uso dei media prepara i bambini ad essere fiacchi, specie nel pensiero, anche se si crede di aver loro insegnato molte cose. Lasciamo però uno spiraglio all’insegnamento della storia con i documentari per gli adolescenti, sempre che il contenuto non sia di partito e il documentario abbia un tema preciso e non generico. Il documentario dovrebbe avere in linea di principio, sempre come linea guida, un personaggio storico e non una tema storico. Comunque ribadiamo che nulla è piú importante del lavoro manuale per un bambino, tanto che il gioco vero comporta sempre l’uso delle mani. Pertanto l’inglese, lo sport, la piscina, lo studio, assumono tutti un aspetto secondario nel primo settennio rispetto al gioco individuale, con o senza compagni.

 

Non è cosí nei videogames, dove la fantasia è omessa. Non è cosí nei giochi di costruzioni, dove si insegna a costruire il robot o la macchinetta secondo uno schema. Per arginare questi pericoli, basta lasciare prima il bambino giocare liberamente senza uno schema da seguire, e solo dopo semmai, e sempre su iniziativa dello stesso bambino, approcciarsi alle istruzioni del gioco.

 

Troppi giocattoli

 

Oggi sappiamo che si regala di tutto e di piú ai bambini, che posseggono un’infinità di giochi, anche se sappiamo tutti che stiamo esagerando. Tuttavia ve­niamo sistematicamente vinti dalla forza della pubblicità e dalla mancanza di fermezza interiore.

 

Oggi non esiste un problema adolescenziale in sé, esiste semmai un problema genitoriale e scolastico. In quest’ultimo caso, è assolutamente necessario svin­colare l’istruzione dallo Stato, per il bene della società in tutti i modi, e lo vediamo in quanto, invece di parlare di pedagogia, nella scuola si inizia a parlare di gender, di carriera alias.

 

Videogames

 

Quanto ai videogames e alla televisione, che portano il bambino in un mondo che tende a trasformarlo in un piccolo adulto anzitempo, diremo che qui, alla fine delle attività, è necessario interrogare il bambino su cosa ha fatto, cosa gli è piaciuto, cosa lo ha colpito, per riportarlo a “terra”. Bisogna rendere cosciente il bambino di quello che ha visto, di quello che lo ha fatto ridere, di quello che ha ritenuto interessante, senza giudicarlo o partecipare alle sue emozioni.

 

Bisognerebbe, in generale, prendere l’abitudine di parlare con il bambino, facendogli domande sulle sue esperienze dirette all’asilo, a scuola, o in un posto nuovo che ha visitato in una gita scolastica.

 

Oggi è sorta la brutta abitudine della scuola di non coinvolgere i genitori nei compiti a casa dei bambini, ma piuttosto di andarli a vedere su un sito. Qui occorre fare un dietrofront, cosí come bisognerebbe interrogare il bambino su cosa ha mangiato a scuola ogni giorno, invece di studiare il menu settimanale della mensa. Si vedrà che il bambino diventerà in tal modo sempre piú “cosciente” del­l’esperienza, anche se non possiamo parlare di vera coscienza, ma è importante che si predisponga in lui la capacità di partecipare alle esperienze sensoriali.

 

Diremo infine che i bambini non devono essere tacitati. L’abitudine di zittirli è quanto di piú deleterio possa esserci. In realtà sia come genitori che come insegnanti dovremmo dare loro il diritto di esprimersi liberamente. Rudolf Steiner, in proposito, si è espresso chiaramente, e invito i lettori a farsi una propria opinione sulle due frasi seguenti, che non commenteremo.

 

«I bambini fanno chiasso. Se un bambino non ha voglia di far chiasso non diventa un individuo abile» (Abbiamo conosciuto Rudolf Steiner, ricordi dei suoi allievi).

 

In un discorso a una serata per i genitori, nel 1923, Rudolf Steiner dice: «Nelle classi può anche infuriare un tumultuoso parapiglia, ma se c’è la giusta relazione con il maestro… il far chiasso avrà un significato del tutto diverso».

 

Infine sosteniamo che il lavoro manuale è fondamentale per l’educazione del bambino, mentre per gli adulti, dal futuro del lavoro manuale dipenderà la futura società. Se verrà coltivato, il settore economico si orienterà sempre piú sul fai da te, altrimenti si orienterà sul chiavi in mano. Nel primo caso, avremo sempre piú persone in sintonia con la vita, nell’altro persone sempre piú per “aria”, incapaci di mettere un chiodo sul muro, come ammoniva Rudolf Steiner ai “pensatori” del suo tempo, troppo intenti a pensare e poco a fare.

 

 

Marco De Berardinis