Oppenheimer e la bomba atomica - Eventi terresti e retroscena spirituali

Scienza

Oppenheimer e la bomba atomica - Eventi terresti e retroscena spirituali

Oppenheimer

 

Trascinati da un già di per sé rilevante interesse col­lettivo, ci siamo recati al cinema per assistere alla proie­zione di Oppenheimer, lungometraggio di Christopher Nolan, dedicato non al “padre della bomba atomica”, co­me annunciato dal sensazionalistico sottotitolo italiano, ma a chi coordinò il progetto anglo-americano che portò in effetti alla costruzione dei primi ordigni nucleari, ai bombardamenti sul Giappone del 1945 e al famigerato “equilibrio del terrore” della “guerra fredda” mai vera­mente terminata. Consideriamo appunto significativo l’in­teresse per quell’uomo e quegli eventi perché nella co­scienza collettiva è ben presente il fatto che la storia dell’umanità da quel 1945 la si può considerare divisa in due, come lo stesso film rimarca con insistenza. Non intendiamo proporre in questa sede una recensione dell’opera di Nolan, eccezionale per regia, fotografia, recitazione ed ispiratissima colonna sonora, ma forse con qualche sbavatura nella sceneggiatura, ci interessa piuttosto cogliere alcuni fatti rilevanti nella vita dello scienziato e riflettere sul retroscena spirituale a lui collegato.

 

Oltre al film ci siamo serviti anche dell’accuratissima biografia (K. Bird, M.J. Sherwin, Oppen­heimer. Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica, Garzanti, 2023) dal quale è tratto, molto piú ricca di informazioni e spunti di riflessione. Inoltre abbiamo consultato un testo classico su quelle vicende, scritto da Robert Junck (R. Junck, Gli apprendisti stregoni. Dilemmi e contraddizioni degli scienziati nucleari, Pigreco, 2015) nel 1958 e probabilmente ancora piú prezioso per cogliere alcuni nessi storici e spirituali e il significato profondo di quella nefasta realizzazione del sogno alchemico volto alla trasmutatio materiae.

 

Sia il film che la biografia di Bird e Sherwin esordiscono comunque con una citazione dalla leggen­da di Prometeo, per suggerire che Oppenheimer fu appunto una sorta di titano che portò agli uomini una nuova forma di energia e pagò, con inevitabili rimorsi e persecuzioni politiche, come appunto Prometeo venne punito da Zeus.

 

Parlando di Prometeo nell’ottobre del 1904 (R. Steiner, Leggende e misteri antichi (nella loro occulta verità, O.O. N° 92, Ed. Antroposofica 2008), Rudolf Steiner lo dice significativo rappre­sentante della quinta epoca; non solo per aver portato il fuoco sulla Terra, permettendo agli uomini lo sviluppo della tecnologia, ma in particolare per la pena che dovette scontare. Il suo venir legato ad una roccia del Caucaso rappresenta infatti la condizione dell’umanità attuale, ancora incatenata alla mineralità, capace di dominare la sola materia inanimata. Vedremo come ad Oppenheimer e a tutti i padri della bomba atomica sia mancata proprio la spinta a superare il materialismo, a spiritualizzare la materia, a cogliere il vero insegnamento, creativo e non distruttivo, delle loro ricerche.

 

Già fin dall’inizio del secolo scorso le scoperte della meccanica quantistica chiedevano per la loro natura “modi di pensare del tutto nuovi”, come sembrava ben chiaro allo stesso Oppenheimer, chie­devano una riconsiderazione del rapporto soggetto-oggetto, fra l’osservatore e il fenomeno osservato, una nuova moralità nel rapportarsi al mondo circostante. Ciò non avvenne. Vecchi impulsi materialistici ed egoistici furono invece preponderanti, e l’immane sforzo intellettuale e pratico degli scienziati che operarono nella prima parte del ‘900 all’interno del triangolo Cambridge-Copenhagen-Göttingen, britannici, olandesi e tedeschi, dunque rappresentanti della civiltà anglo-germanica che plasma la quinta epoca di civiltà post-atlantica, ebbe su suolo americano come risultato piú significativo l’incubo della distruzione di massa.

 

Secondo Werner Heisenberg, nel 1939 sarebbe stata sufficiente la volontà di 12 uomini, una loro obiezione di coscienza, per impedire la costruzione dell’ordigno, per tener celata a politici e militari le possibilità distruttive della bomba. Mancarono quei 12 cavalieri ed apostoli, furono anzi molti di piú gli apostoli inconsapevoli di un’operazione di natura del tutto anticristica.

 

J. Robert Oppenheimer

J. Robert Oppenheimer

 

Julius Robert Oppenheimer nasce a New York nell’aprile del 1904, in una famiglia di benestanti ebrei emigrati dalla Germania. È un bambino prodigio, precocemente intellettualizzato: nel secondo set­tennio impara il greco antico e legge in lingua originale Omero e Platone. Si interessa prestissimo non solo di fisica ma anche di poesia, al punto che per molto tempo rimane nel dubbio se intraprendere studi letterari o scientifici. Ama i poeti inglesi ma anche il nostro Dante. Quando nel 1922 T.S. Eliot pubblica The Wasteland, il lungo poema con riferimenti alla leggenda del Graal, il diciottenne Robert lo legge con fervore. Una “terra desolata” la sperimenta infatti nell’interiorità e sente parecchia affinità con il deserto del Nuovo Messico, antica terra degli indiani Hopi. Proprio in quel deserto vent’anni dopo dirigerà il “progetto Manhattan”, incaricato dal governo Usa di fabbricare la bomba e dunque di creare una “terra desolata” radioattiva.

 

Ispirato da Eliot, scrive versi che appaiono profetici:

 

 

Terra desolata Eliot

 

Sbiadito e diventato

privo di colore

il sole

divenuto sterile,

e il fuoco crescente

ci risveglia

ci troviamo ancora

ognuno nella sua

separata prigione

pronto, disperato

per la negoziazione

con gli altri uomini

 

 

Oppie, come lo chiamano gli amici, soffre di frequenti crisi depressive e si rivolge alla terapia freudiana. Legge con passione anche I Demoni di Dostoevskij, trova nelle pagine di Marcel Proust un riflesso della sua indifferenza alle sofferenze causate al prossimo.

 

Poco adatto alla vita pratica, appena decide la carriera di fisico, preferisce il lavoro puramente teorico a quello di laboratorio. Non storicamente sicuro, ma dato come un fatto certo nel film di Nolan, fu il suo tentativo di avvelenare un insegnante a Cambridge nel 1925 iniettando cianuro in una mela.

 

Lascerà poi la Gran Bretagna per la vera mecca della fisica quantistica che tanto lo attrae: Göttingen, dove scienziati ebrei, tedeschi, inglesi e statunitensi studiano e sperimentano in un clima di collaborazione e spregiudicatezza impensabile solo qualche anno dopo.

 

Tornato negli Usa, Oppenheimer si lascia trascinare dalla crescente influenza delle idee comuniste fra gli intellettuali; legge in tedesco i tre volumi de Il Capitale di Marx, partecipa a riunioni e mani­festazioni, motivato da un sincero sdegno per le ingiustizie sociali e forse da una certa vergogna per la sua privilegiata condizione economica. Eviterà di iscriversi al Partito Comunista degli Stati Uniti d’America, a differenza del fratello e della fidanzata, ma lo spettro del comunismo gli causerà parecchi problemi negli anni della maturità e della fama mondiale.

 

Bhagavadgita

 

Alterna questa nuova sensibilità sociale con in pionieristico studio sul fenomeno dei buchi neri (questo interesse per i buchi neri, ovvero per le stelle collassate, ci pare biograficamente interessante; purtroppo non abbiamo sufficienti conoscenze per indagare il fenomeno alla luce della Scienza dello Spirito ed auspichiamo dunque interventi di altri ricercatori) e con la passione per il sanscrito e per la Bhagavadgita di cui ama citare passi a memoria. Lo farà anche dopo il primo test atomico, nel luglio 1945, identificandosi in Krishna “distruttore di mondi”.

 

Il 1933 è un anno cruciale per la storia mondiale e, come ricorde­remo, anche per il retroscena spirituale: salgono al potere Adolf Hitler e Franklin Delano Roosevelt, il fisico ungherese Leo Szilard, appena fuggito a Londra dalla Germania nazista ed ispirato da un romanzo di fantascienza di Herbert George Wells, scrive il primo articolo che teo­rizza la possibilità della reazione a catena, ovvero dell’uso bellico del­l’energia nucleare. L’anno dopo Enrico Fermi e i “ragazzi di via Pani­sperna” realizzano inconsapevolmente la prima fissione nucleare, nel 1938 il chimico tedesco Otto Hahn dimostra sperimentalmente che un nucleo di uranio, dopo aver assorbito un neutrone, può dividersi in piú frammenti.

 

Con lo scoppio della Seconda Guerra mondiale inizia cosí la corsa alla costruzione della prima bomba atomica: la gara è fra scienziati tedeschi guidati da Heisenberg (che però sosterrà di aver ritardato e sabotato il progetto per quanto possibile), e gli Usa che ospitano fisici, matematici, ingegneri, esperti di esplosivi soprattutto ebrei europei, fuggiti o esiliati dall’Europa nazifascista.

 

Incaricato dall’esercito statunitense di coordinare il progetto e di ottimizzare tempi e risorse, Oppen­heimer decide di recludere tutti i ricercatori in un unico luogo, segreto, inaccessibile. Sceglie il deserto amato fin dalla giovinezza, l’antica terra degli indiani, non lontana da Santa Fe, alle pendici del monte Sangre de Cristo. A Los Alamos viene costruita una città dal nulla, con tanto di teatro, chiesa e scuola, poiché molti scienziati vi si sono trasferiti con la famiglia. Gli abitanti arriveranno a circa seimila, tutti impegnati nello scopo comune di battere la Germania nella corsa all’atomica. Oppenheimer e molti altri sentono di essere del tutto nel giusto, sanno come i nazisti trattano ebrei e popoli conquistati, imma­ginano con terrore gli scenari di un Terzo Reich rinforzato dalla nuova arma.

 

Lo spirito di collaborazione fra i ricercatori nel deserto è elettrizzante, l’atmosfera esaltante al punto che uno di loro parlerà dello “spirito di Atene” risorto in America. Altri si sentiranno a Shangri-La, il mitico e mistico regno nascosto in Asia immaginato in un romanzo (uscito sempre nel cruciale 1933) di James Hilton ispirato alla Shamballa del buddismo Kalachakra. La biografia di Bird e Shervin non trascura però il fatto che in quel paradiso in terra desertica l’abuso di alcol e di tabacco fosse la norma, e che quello stato di entusiasmo febbrile ed artificiale avesse anche come conseguenza una natalità cosí rilevante da impensierire le autorità militari.

 

Pronta la bomba, gli scienziati vogliono testarla. I loro calcoli escludono una reazione a catena inar­restabile con conseguente incendio dell’intera atmosfera terrestre e dunque la fine di ogni vita orga­nica. Ma non sempre i calcoli trovano conferma nella natura.

 

 

Per l’esperimento trovano un luogo molto isolato nel deserto, chiamato dalla popolazione locale Jornada del Muerto (“viaggio del morto”). Per dare invece un nome all’intera operazione, Oppenheimer decide di omaggiare uno dei suoi poeti preferiti, il metafisico inglese John Donne, vissuto a fra il XVI e il XVII secolo.

 

Trinità

 

Sfascia il mio cuore,

Dio in tre persone!

….Ma perché io sorga e regga,

tu rovesciami e piega la tua forza

a spezzarmi, ad esplodermi,

bruciarmi e farmi nuovo.

Ma fui promesso al tuo nemico.

 

(J. Donne, sonetto XIV, in Poesie amorose poesie teologiche, Einaudi, 1972).

 

 

Sono i versi che ha probabilmente in testa quando battezza l’operazione “Trinity test”. Forse si sta chie­dendo quale Trinità stia realmente servendo, a chi chieda lo sfasciarsi del cuore, chi sia il suo reale nemico.

 

La bomba è dunque in mano agli Usa, ma la guerra sta finendo. Nella notte di Valpurga del 1945 Hitler si suicida, anche il Giappone è in seria difficoltà, soprattutto dopo un bombardamento conven­zionale su Tokyo che ha causato oltre centomila vittime. A questo punto non pochi scienziati presenti a Los Alamos e nel laboratorio teorico di Chicago si chiedono se sia veramente necessario usare “the Gadget”, “l’aggeggio”, come lo hanno sempre chiamato per pudore e scaramanzia.

 

È proprio il primo teorico della reazione a catena, Leo Szilard, a chiedere a gran voce un ripensa­mento, di avvisare l’Urss della creazione della bomba e condividere a livello mondiale, per mezzo del­l’Onu, quella nuova tecnica di morte. C’è chi avanza perfino la proposta di allertare il Giappone, di in­vitare membri del suo governo al Trinity Test, perché abbiano ben chiaro cosa sta per cadere sulle loro teste. Il governo statunitense, con a capo Henry Truman, succeduto all’improvvisa morte di Roosevelt, non vuole saperne di avvisare russi e giapponesi. In ballo non è piú la guerra che sta terminando ma la geopolitica futura: l’America deve far capire a tutti di essere la piú forte. Il “rapporto Franck”, firmato da illustri scienziati, chiede a Truman proprio di evitare il monopolio mondiale della bomba atomica, perché scatenerebbe solo una rinnovata e letale corsa ad armamenti sempre piú micidiali. Viene però secretato ed insabbiato dalle autorità militari, Truman non lo leggerà mai.

 

Oppenheimer è presente alla riunione in cui si decide il primo obiettivo giapponese. Riferisce con poca convinzione le riserve di tanti colleghi, non protesta quando viene individuata Hiroshima, obiettivo non militare, non di necessità strategica. Il Giappone si arrenderebbe comunque, se gli fosse concessa una resa onorevole, che preservi formalmente l’impero e la costituzione. Ma gli Usa non re­cedono dalla pretesa di “resa senza condizioni”, soprattutto perché considerano la terra del Sol levante una cavia, un capro espiatorio che possa dare una lezione al mondo intero

 

Un testimone dell’esercito affermerà che mentre Oppenheimer dava indicazioni sul lancio della bomba “erano i suoi nervi a parlare”. Grande è l’orgoglio per la riuscita dell’impresa, salda la sua speranza che l’atomica possa mettere fine a tutte le guerre, proprio a causa della sua potenza distruttiva.

 

La bomba “Little Boy” su Hiroshima

La bomba “Little Boy” su Hiroshima

 

Il 6 agosto 1945, alle 8,15 del mattino, un primo ordigno ad uranio, ribattezzato “Little boy”, deva­sta Hiroshima; tre giorni dopo un altro, al plutonio, “Fat man”, cade su Nagasaki.

 

La bomba “Fat Man” su Nagasaki

La bomba “Fat Man” su Nagasaki

 

Le sfere di fuoco atomiche hanno causato un nu­mero di vittime stimabile al ribasso fra le 150mila e le 200mila, hanno creato una nuova “terra deso­lata” e radioattiva, hanno spaccato la storia umana in due (per un racconto degli effetti concreti del bombardamento atomico, consigliamo Diario di Hiroshima, di Michihiko Hachiya, SE, 2005).

 

Il mondo non sarà piú lo stesso, si ripete Oppen­heimer, e nel trionfale discorso tenuto a Los Alamos prima della partenza dice che tutti devono provare orgoglio per la missione compiuta ma anche preoccupazione per il futuro. Anche lui ormai invoca una gestione internazionale della nuova arma.

 

Da eroe patrio però Oppenheimer passa presto a sospetto traditore. Già nel 1949, quando l’Urss an­nuncia il primo esperimento atomico, frutto anche di spie presenti a Los Alamos, molti sospettano una sua complicità con i comunisti. Inoltre continua a negare la possibilità tecnica della ancor piú devastante bomba H, ad idrogeno, con meccanismo non di fissione nucleare ma di fusione, che riproduce le reazioni della sfera solare. Questi tentennamenti lo trasformano in una delle piú note vittime del maccartismo, a causa delle sue giovanili passioni comuniste. Alla fine il governo otterrà il risultato sperato: al “padre della bomba atomica” vengono negati l’accesso ai segreti della nuova tecnologia e la possibilità di influire sulle scelte scientifico-militari degli Usa.

 

John von Neumann

John von Neumann

 

Gli Stati Uniti hanno trovato un nuovo guru atomico nella figura di John von Neumann, ebreo ungherese, matematico geniale, pioniere dell’infor­matica; talmente anticomunista da proporre bombardamenti atomici preventivi sull’Urss immediatamente dopo la fine del Secondo conflitto. Il supercomputer da lui progettato, dal significativo nome MANIAC, ha fatto calcoli fondamentali per la costruzione della bomba ad idrogeno, con meccanismo di fissione-fusione-fissione. Viene infatti chiamata inizialmente FFF e non sarà inutile ricordare che per la cabala ebraica la lettera Vau (corrispondente ai suoni F, V e W) ha il valore numerico 6: la bomba all’idrogeno, ormai presente negli arsenali delle principali potenze mondiali, è una manifestazione dell’anticristico 666?

 

Comunque Oppenheimer, prima di morire nel 1967 per cancro alla gola causato dalle troppe sigarette, affermò con una certa consapevolezza di aver svolto “il lavoro del diavolo”.

 

I padri dell’atomica agirono dunque per paura della Germania nazista e poi del totalitarismo sovietico, per ambizione e per una innegabile sete pro­meteica e faustiana di sapere ed azione. Agirono però in stato quasi sonnambolico, trascinati dagli even­ti, quasi privi di Io. Non sapevano cosa stavano facendo, quali energie stavano realmente manipolando. A partire dal principio: cos’è l’atomo?

 

La dottrina segreta

 

Rudolf Steiner già nel dicembre 1904, poco prima che Ein­stein pubblicasse i suoi primi studi sulla relatività, parlò del­l’atomo ai soci della Società Teosofica (R. Steiner, Natura e scopi della massoneria, O.O. N° 93, Editrice Antroposofica, 2019). Disse che l’atomo non era altro che “elettricità con­gelata” e ricordò che tale realtà era nota da millenni agli oc­cultisti. L’ultima ad averla rivelata era stata la Blavatsky ne La dottrina segreta (1888). Aggiungeva che “l’elettricità è proprio quello che è il pensiero umano”. Il pensiero sarebbe dunque elettricità, e quest’ultima, una volta coagulata, congelata, di­venta atomi, realtà materiale.

 

L’umanità del futuro sarà in grado di “utilizzare ciò che vive nell’atomo”, ovvero di creare realtà tangibile con la forza del pensiero, edificare “con particelle di elettricità condensata”.

 

Come dimostrò però Oppenheimer, l’energia atomica ha an­che il potere di distruggere: tale potenza distruttiva caratte­rizzerà probabilmente la “guerra di uno contro tutti” della settima epoca di civiltà post-atlantica (vedi soprattutto gli scenari prospettati da P. Emberson in Le macchine e lo spirito umano. L’età d’oro del Quinto Regno, Agri.Bio edizioni, 2018).

 

L’energia atomica è dunque legata al pensiero, all’etere. Si tratta proprio di un decadimento del­l’Etere della Vita, il quarto sviluppatosi dopo quelli del Calore, della Luce e del Suono. Occorre però superare il limite materialistico ed intellettualistico per possedere tale verità.

 

Le forze eteriche plasmatrici

 

L’etere, o meglio le forze eteriche, non sono meccaniche, come teorizzato dalla fisica ottocentesca, né formano «un medium spo­gliato d’ogni qualità meccanica e cinematica che però condiziona l’atto meccanico», come ipotizzò Einstein nella sua teoria della relatività universale. L’etere è «principio sovrasensibile dell’attività nel mondo dei fenomeni» (G. Wachsmuth, Le forze eteriche plasmatrici nel Cosmo, nella Terra, nell’Uomo, Libreria Editrice Psiche, 2017).

 

I paradossi della fisica quantistica, sorretti – ricordiamo – da pre­cisi calcoli matematici, avrebbero potuto far sorgere nei pionieri del nucleare la possibilità, la centralità del processo pensante, dunque il possesso della vera natura di concetti come atomo, elettricità, mate­ria ed energia. Si fermarono però al piano materiale e cerebrale, man­cando in loro lo sforzo per raggiungere il vivente nella natura. Ciò che potevano esperire con i sensi e calcolare, ovvero che la realtà era sia materia che energia, era paradossale, ma se avessero trovato la via al “pensiero libero dai sensi”, sarebbe stato loro possibile co­gliere la natura eterica del pensare e dunque il retroscena spirituale che permette l’esistenza dello spazio-tempo.

 

Avrebbero anche colto il profondo significato del fatto che osservando la materia, partecipando alla realtà, lo sperimentatore finisce per trasformarla, che “osservare significa interagire”, come ammise Heisenberg. Tale conquista intellettuale chiede però lo sgorgare di una nuova moralità.

 

Segreti dello spazio e del tempo

 

Scrisse Massimo Scaligero: «La matematica e la fisica sono vere come mezzo per identificare nella sua negazione l’elemento vivente del mondo» (M. Scaligero, Segreti dello spazio e del tempo, Tilopa, 1985).

 

Mancò però ai matematici e ai fisici del primo ‘900 questa co­scienza, non solo a quelli che usarono i loro studi per gli ordigni ato­mici. La loro operazione fu del tutto opposta, perché «se si volesse indicare una polarità delle forze eteriche, la si dovrebbe designare come opposta a quella dell’energia nucleare, la quale ne è la negazione, in quanto manifestazione inversa» (M. Scaligero, Yoga, meditazione, magia, Tilopa, 2000».

 

L’alterazione, l’alienazione della forza eterica ha dunque come caduta e degradazione l’energia atomica.

 

Tornando al fatidico 1933, ricordiamo che è da quella data che secondo Steiner è possibile esperire la “seconda venuta” del Cristo nell’eterico e il ritorno degli uomini nella vera Shamballa (R. Steiner, Verso Damasco. Il nuovo avvento, O.O. N° 118, Tilopa, 2006).

 

Sappiamo che esistono precise potenze occulte che contrastano questa esperienza e che si sono manifestate con distruttiva efficacia nel comunismo sovietico e nel nazismo.

 

Abbiamo elementi sufficienti, storici e scientifico-spirituali, per affermare che tale contrasto ha trovato una sua forma ancor piú distruttiva, anti-eterica. anti-cristica nella creazione della bomba atomica di cui Oppenheimer fu uno dei padri.

 

 

Luca Negri